Il giudice ha l’obbligo di sentire i minori in tutti i procedimenti che li concernono, al fine di raccogliere le opinioni, le esigenze e la volontà, salvo che egli motivi espressamente la non corrispondenza dell’ascolto alle esigenze del minore stesso.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 15143, depositata il 2 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Roma disponeva l’affidamento congiunto di una minore ad entrambi i genitori, con residenza presso la madre, la potestà disgiunta sulle questioni ordinarie nei rispettivi periodi di permanenza con la minore e, infine, determinava il contributo di mantenimento per la figlia e la moglie a carico del marito. Riguardo all’affido congiunto con residenza presso la madre, i giudici di merito omettevano l’ascolto della minore infradodicenne, avendo questa già svolto vari colloqui con il consulente tecnico d’ufficio, per poterla così preservare dall’essere ulteriormente pregiudicata dall’esame. Il marito ricorreva in Cassazione, contestando la decisione della Corte d’appello di non aver disposto l’audizione della figlia. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione precisava che, nella sentenza impugnata, si dava atto che la minore era stata sentita più volte dal ctu nel corso del primo grado di giudizio, alla presenza anche del giudice istruttore. Principi applicabili anche nel caso di affidamento. I giudici di legittimità ricordavano inoltre che, nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, l’articolo 15, comma 2, l. numero 184/1983 pone l’obbligo di audizione del minore che abbia compiuto i 12 anni esclusivamente nel giudizio di primo grado, non per il giudice d’appello. Tale principio era applicabile anche al caso di specie. Evitare un pregiudizio per il minore. Infatti, il giudice ha l’obbligo di sentire i minori in tutti i procedimenti che li concernono, al fine di raccogliere le opinioni, le esigenze e la volontà, salvo che egli motivi espressamente la non corrispondenza dell’ascolto alle esigenze del minore stesso. In più, qualora particolari circostanze lo richiedano, l’obbligo può essere assolto anche indirettamente, attraverso una delega specifica a soggetti terzi esperti. Perciò, l’ascolto non va operato tutte le volte in cui esso sia ritenuto inopportuno, in ragione dell’età o del grado di maturità del minore o per altre circostanze, le quali palesino come l’ascolto sarebbe, piuttosto, pregiudizievole per l’interesse ad un equilibrato sviluppo psico-fisico del minore, secondo la specifica motivazione che il giudice del merito dovrà enunciare. Avendo i giudici di merito adeguatamente esposto il proprio convincimento circa la non opportunità della nuova audizione ed essendo posto tale obbligo solo in primo grado, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 giugno – 2 luglio 2014, numero 15143 Presidente Vitrone – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo La Corte d'appello di Roma con sentenza del 2 settembre 2010, respingendo gli appelli principale ed incidentale, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Roma del 22 novembre 2007, la quale - in seguito a sentenza non definitiva del 19 dicembre 2005, che aveva disposto la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto tra l'attore M.M. e Isolde H.E. - ha affidato la figlia minore ad entrambi i genitori, con residenza presso la madre disposto la potestà disgiunta sulle questioni ordinarie nei rispettivi periodi di permanenza con la minore regolato la frequentazione con il genitore non convivente assegnato alla moglie parte della casa coniugale determinato in Euro 500,00 mensili il contributo di mantenimento della figlia ed in Euro 300,00 quello per la moglie, ponendo a carico del padre le spese straordinarie. La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto - posta l'applicabilità dell'articolo 708 c.p.c. nel testo anteriore alla novella del 2005, in vigore dal 1 marzo 2006, posto che il ricorso fu depositato il 2 maggio 2005 - tempestiva la domanda riconvenzionale proposta dalla H. , volta alla corresponsione dell'assegno divorzile, in quanto, all'udienza di comparizione innanzi al giudice istruttore del 29 novembre 2005, essa aveva provato di aver potuto ritirare il ricorso introduttivo del giudizio solo il 19 novembre precedente, con conseguente impossibilità di rispettare il termine di costituzione di dieci giorni prima dell'udienza innanzi al giudice, fissato dal presidente, ed avendo la H. chiesto la rimessione in termini. Nel confermare l'affido congiunto con residenza presso la madre, la corte territoriale ha inoltre omesso l'ascolto della minore infradodicenne, considerando che la stessa aveva già svolto colloqui con il consulente tecnico d'ufficio e che sarebbe stato più opportuno preservarla dall'essere ulteriormente pregiudicata dall'esame. Propone ricorso M.M. , sulla base di due motivi, chiedendo altresì la condanna della controparte ex articolo 96 c.p.c Resiste Isolde H.E. con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli articolo 166 e 167, come richiamati dall'articolo 4 legge 1 dicembre 1970, numero 898, e dell'articolo 798 c.p.c., oltre all'insufficiente motivazione, per non avere la corte d'appello dichiarato la decadenza della controparte dalla facoltà di proporre domanda riconvenzionale, non essendosi essa costituita dieci giorni prima dell'udienza di comparizione innanzi al giudice istruttore, ma unicamente all'udienza stessa. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell'articolo 155 sexies c.c., e la motivazione insufficiente, per non avere la corte d'appello disposto l'audizione della minore. 2. - Il primo motivo è infondato. La corte d'appello ha dimostrato di non ignorare il principio secondo cui il convenuto, che intenda richiedere l'assegno di mantenimento, ha l'onere di formulare la relativa domanda nella memoria di costituzione Cass. 4 aprile 2011, numero 7599 e 5 novembre 2007, numero 23051, con riguardo al giudizio di separazione Cass. 21 marzo 2011, numero 6343 . In particolare, con riguardo all'articolo 4 legge 1 dicembre 1970, numero 898, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'articolo 2.3 bis, d.l. 14 marzo 2005, numero 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, numero 80 che, al decimo comma dell'articolo 4, ha esplicitato il regime ex articolo 167 c.p.c. per il soggetto convenuto nel giudizio , questa Corte ha affermato che, a tutti i fini che concernono i termini per la costituzione del coniuge convenuto e la decadenza dello stesso dalla formulazione delle domande riconvenzionali, deve intendersi quale udienza di prima comparizione, rilevante ai sensi dell'articolo 180 c.p.c. e degli articolo 166 e 167 c.p.c., esclusivamente quella innanzi al giudice istruttore nominato all'esito della fase presidenziale Cass. 7 febbraio 2006, numero 2625 12 settembre 2005, numero 18116 per il giudizio di divorzio, specificamente Cass. 17 febbraio 2011, numero 3905 e 10 marzo 2004, numero 4903 . Ciò posto, la corte d'appello ha tuttavia accertato, come già il tribunale in primo grado, la tardiva consegna del plico raccomandato alla convenuta, in quanto ricevuto solo dieci giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione innanzi al giudice istruttore tale convincimento la corte ha espresso all'esito dell'esame del plico medesimo, che fu consegnato alla H. in data 19 novembre 2005 per l'udienza del 29 novembre 2005. Ha, quindi, aggiunto seppure in modo non perspicuo di ritenere in fatto concessa la rimessione in termini da parte del tribunale, che era stata richiesta. In tal modo, la sentenza impugnata mostra di fare applicazione del principio, enunciato da questa Corte, secondo cui la rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall'articolo 184 bis c.p.c., quanto in quella di più ampia portata prefigurata nel novellato articolo 153, 2 comma, c.p.c., presuppone la tempestività dell'iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, tempestività da intendere come immediatezza della reazione della parte al palesarsi della necessità di svolgere un'attività processuale ormai preclusa, e si ammette anche per le decadenze cui il convenuto sia incorso ex articolo 166 e 167 c.p.c. cfr. es. Cass. 11 novembre 2011, numero 23561 . Il ricorrente non censura tale accertamento, ma allega una meramente ipotizzata e teorica alterazione delle risultanze documentali, e la mala fede di controparte, di cui però avrebbe dovuto fornire allegazione e prova in sede di merito. In mancanza, in definitiva, il motivo va disatteso. 3. - Il secondo motivo è infondato. Il ricorrente si duole della mancata audizione della minore nel grado di appello, giudizio nel cui corso la stessa non aveva compiuto ancora i dodici anni. Peraltro, la sentenza impugnata da atto che la minore fu sentita più volte dal c.t.u. nel corso del primo grado e la controricorrente precisa che ciò avvenne anche alla presenza del giudice istruttore. Dunque, l'ascolto del minore è avvenuto, e soltanto non è stato rinnovato da parte del giudice di appello. Invero, la corte territoriale ha asserito di volere evitare la nuova audizione, per scongiurare il rischio che la minore fosse “ulteriormente pregiudicata, stante le osservazioni formulate dallo stesso c.t.u. in merito ai comportamenti di entrambi i genitori che cercano di coinvolgerla in verifiche di fatti, stati di animo”. Tale omessa reiterazione dell'audizione da parte del giudice di secondo grado non viola la norma dal ricorrente invocata. In primo luogo, con riguardo all'esigenza di un rinnovato ascolto nel grado di appello, nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità l'analogo disposto dell'articolo 15, 2 comma, della legge 4 maggio 1983 numero 184, nel testo novellato dalla l. 28 marzo 2001 numero 149, pone l'obbligo di audizione del minore che abbia compiuto i dodici anni esclusivamente nel giudizio di primo grado, non per il giudice di appello tenuto soltanto, per il disposto dell'articolo 17, 1 comma, a sentire le parti ed il p.m., nonché ad effettuare “ogni altro opportuno accertamento” Cass. 14 giugno 2010, numero 14216 . Lo stesso principio va ribadito nell'ipotesi dell'articolo 155 sexies c.p.c Più in generale, secondo il principio anche di recente riaffermato da questa Corte, il giudice ha l'obbligo di sentire i minori in tutti i procedimenti che li concernono, al fine di raccoglierne le opinioni, le esigenze e la volontà, salvo che egli motivi espressamente la non corrispondenza dell'ascolto alle esigenze del minore stesso, che quell'ascolto sconsiglino, essendosi inoltre precisato che, qualora particolari circostanze lo richiedano, l'obbligo può essere assolto anche indirettamente, attraverso una delega specifica a soggetti terzi esperti Cass. 15 maggio 2013, numero 11687 . La sentenza citata dal ricorrente Cass., sez. unumero , 21 ottobre 2009, numero 22238 , nell'affermare lo stesso principio, riguarda il caso di mancata totale audizione dei figli nel procedimento. Ed ha, parimenti, precisato che l'audizione è adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che riguardino i minori, in particolare relative all'affidamento ai genitori, ai sensi dell'articolo 6 convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, ratificata con la legge 20 marzo 2003, numero 77, e dell'articolo 155 sexies c.c., introdotto dalla legge 8 febbraio 2006, numero 54, salvo che l'ascolto possa essere in contrasto con gli interessi superiori del minore dunque, senza alcun automatismo. Reputa il Collegio che tale principio vada confermato infatti, l'ascolto non va operato tutte le volte in cui esso sia ritenuto inopportuno, in ragione dell'età o del grado di maturità del minore o per altre circostanze, le quali palesino come l'ascolto sarebbe, piuttosto, pregiudizievole per l'interesse ad un equilibrato sviluppo psico-fisico del minore, secondo la specifica motivazione che il giudice del merito dovrà enunciare Cass. 15 maggio 2013, numero 11687, cit. 11 agosto 2011, numero 17201 sez. unumero , 21 ottobre 2009, numero 22238 . Si deve, dunque, concludere che anche questo motivo è infondato sia in quanto la minore non aveva ancora compiuto i 12 anni nel momento in cui la causa è stata assunta in decisione dalla Corte di appello 4 febbraio 2010 sia perché la norma pone l'obbligo solo nel giudizio di primo grado sia, infine, in quanto la corte d'appello ha adeguatamente esposto il proprio convincimento circa la non opportunità della nuova audizione, foriera di ulteriore disagio per la minore medesima. 4. - Le spese seguono la soccombenza. Risultando il procedimento esente dal versamento del contributo unificato, non si fa luogo all'accertamento di cui all'articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall'articolo 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, numero 228, applicabile ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge, avvenuta il 30 gennaio 2013. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori, come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri identificativi delle parti, ai sensi dell'articolo 52 d.lgs. 30 giugno 2003, numero 196.