Attraversamento imprudente, caduta fatale per il motociclista: pedone condannato per omicidio colposo

Confermata la sanzione decisa in Appello un anno di reclusione. L’uomo è stato ritenuto colpevole perché ha provato ad attraversare la strada sulle ‘strisce’ ma col ‘rosso’ del semaforo pedonale e per giunta ‘nascondendosi’ dietro l’autobus da cui era appena sceso. Il conducente della ‘due ruote’ non poteva evitare la collisione, che ne ha poi causato la morte.

Ha provato ad attraversare la strada sulle ‘strisce’, appena sceso dall’autobus, nonostante il semaforo pedonale presentasse luce rossa, e con quell’imprudenza ha provocato la caduta e la morte di un motociclista. Ora, a distanza di anni da quel tragico episodio, arriva per lui la condanna definitiva per omicidio colposo. Cassazione, sentenza numero 32095, sez. IV Penale, depositata oggi Dinamica. Linea di pensiero comune per i giudici del Tribunale e della Corte d’Appello il pedone, un uomo di mezza età, è ritenuto responsabile di «omicidio colposo, commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale», e condannato a «un anno di reclusione». Inequivocabile la dinamica dell’incidente. L’uomo ha attraversato in modo imprudente, cioè ‘nascondendosi’ dietro l’autobus da cui era appena sceso, e ha così causato la «collisione con la motocicletta». A seguito dell’impatto, il conducente «è stato sbalzato, cadendo per terra e impattando prima contro una delimitazione metallica e poi contro un palo di sostegno della segnaletica verticale». E le gravissime lesioni riportate dal motociclista ne hanno poi «determinato il decesso in ospedale». Nessun dubbio, quindi, sulla responsabilità del pedone. Anche se, va aggiunto, in secondo grado i giudici riconoscono comunque «il concorso colposo della vittima, quantificato nella misura del 25 per cento». Imprudenza. Ma la decisione presa in Appello non viene minimamente messa in discussione in Cassazione. Anche per i magistrati del ‘Palazzaccio’, difatti, il pedone va condannato per «omicidio colposo». Ciò perché «l’attraversamento» della strada «è stato assolutamente improvviso ed inaspettato e, come tale, non poteva essere previsto dal motociclista, che ragionevolmente ha fatto affidamento sul rispetto delle fondamentali prescrizioni in materia di circolazione stradale da parte degli altri utenti della strada». In conclusione, «l’incidente è stato cagionato dall’imprudenza attraversamento con il ‘rosso’ da parte del pedone, in direzione ortogonale al veicolo che procedeva nella ‘corsia preferenziale’ con il ‘verde’». Significativi alcuni particolari «le dimensioni alquanto ridotte della corsia, la presenza di due autobus in zona, la contemporanea presenza sulla medesima linea di avanzamento di altre due motociclette». Essi spingono, secondo i giudici, a ritenere l’improvvisa presenza del pedone come «un ostacolo impossibile da evitare» per il conducente della ‘due ruote’, che, peraltro, si trovava «a così breve distanza dall’attraversamento» da «non poter utilmente arrestare il proprio veicolo in condizioni di sufficiente sicurezza».

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 aprile 2016 – 4 luglio 2017, numero 32095 Presidente D’Isa – Relatore Savino Ritenuto in fatto Con sentenza del 13.6.2014 il Tribunale di Milano dichiarava Le. Ma. responsabile del delitto di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale di cui agli articolo 40, comma 1 in relazione all'articolo 191 CDS , 589 commi 1 e 2 c.p. in relazione all'articolo 41 comma 5 lett. a CDS per avere cagionato un sinistro con esiti mortali per Co. Za. Sa Quest'ultimo mentre era alla guida del motociclo Yamaha, percorreva la carreggiata centrale di Viale omissis . - destinata al transito dei mezzi pubblici e dei motocicli - in prossimità dell'incrocio semaforizzato posto su Viale omissis . , collideva con il pedone Le., il quale, sceso dall'autobus, sbucando dalla sagoma del mezzo, aveva, inaspettatamente, iniziato l'attraversamento pedonale posto all'incrocio suddetto nonostante il semaforo proiettasse ancora la luce rossa. Per effetto della collisione del pedone contro la motocicletta, lo Za. veniva sbalzato cadendo per terra ed impattando prima contro la delimitazione metallica della predetta corsia preferenziale e, poi, contro il palo di sostegno della segnaletica verticale. Il motociclista riportava gravissime lesioni personali che ne determinavano il decesso in ospedale. Il Tribunale condannava il Le. alla pena di un anno di reclusione con sospensione condizionale della pena, nonché al risarcimento dei danni patiti dalle costituite parti civili da liquidarsi in separato giudizio, assegnando a titolo di provvisionale la somma di complessivi Euro 200.000,00. Proposto appello, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava il concorso colposo della vittima quantificato nella misura del 25% e riduceva la provvisionale nella misura di Euro 150.000,00. Confermava nel resto il provvedimento impugnato. Avverso la sentenza di appello, l'imputato, a mezzo dei propri difensori di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo i seguenti motivi 1 Vizio di motivazione dovuto ad interazione tra tecnica motivazionale per relationem ed omessa disamina del devoluto. Secondo la difesa i motivi di appello non vengono effettivamente affrontati nella sentenza gravata che, sul punto, rinvia alla lettura dell'atto di appello per la completa conoscenza dei motivi di censura. Ancora il giudice dell'appello, a detta della difesa, si è limitato a respingere le censure richiamando la motivazione della sentenza di primo grado - peraltro in termini apodittici e meramente ripetitivi - senza argomentare sulla in alcun modo sulla inadeguatezza o inconsistenza dei motivi di impugnazione. 2 Mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ricostruzione della dinamica dell'incidente sostenuta nell'atto di appello, con particolare riguardo all'attraversamento dell'incrocio da parte del motociclista con il rosso. Lamenta la difesa che i giudici di seconde cure non hanno tenuto conto della diversa ricostruzione della dinamica del sinistro riportata da alcuni testi. In particolare, richiama il teste oculare Pa. secondo il quale il motociclista aveva attraversato l'area dell'incrocio nel momento in cui il semaforo proiettava la luce rossa per i veicoli. Poi la difesa stigmatizza la preferenza accordata dai giudici alla deposizione del teste oculare Scomma rispetto a quella del predetto Pa. ciò benché nell'atto di appello si evidenziasse che il semaforo regolatore dell'attraversamento pedonale cui faceva riferimento lo Scomma non era quello interessato dall'incidente - posto in Viale omissis . - ma quello situato nella laterale. La sentenza di primo grado non considera che lo Sc., una volta sceso dal bus, attraversava la carreggiata laterale e non quella dell'incidente. Viceversa si doveva attribuire rilievo decisivo alla deposizione del Pa. secondo il quale l'imputato non aveva finito di compiere il terzo passo sulle strisce quando scattò il verde nella sua direzione e nell'istante successivo veniva travolto. Poiché lo spazio di percorrenza da parte del motociclista tra lo stop e l'attraversamento pedonale tre metri è stato stimato in non più di 0,18 secondi, ne consegue che il motociclo ha superato lo stop con segnale semaforico già rosso. Diversamente opinando, continua il ricorrente, si dovrebbe assumere che il segnale giallo nei confronti dei veicoli fosse durato meno di 0,18 secondi. 3 Vizio di motivazione in ordine alla individuazione del punto di collisione. Lamenta la difesa l'omessa considerazione delle deduzioni svolte nell'atto di appello secondo cui il punto di collisione sulle strisce pedonali non si trovava a metà della carreggiata, ma all'interno della semicarreggiata dalla quale proveniva l'imputato - come emerso dalla deposizione del Pa. - sulla terza delle sette strisce dell'attraversamento pedonale. Afferma la difesa che, come emerge dalla planimetria in atti, la terza striscia pedonale era interna alla semicarreggiata nella quale è iniziato l'attraversamento dell'imputato. Osserva poi come anche la teste Ro. abbia riferito che l'imputato si trovava nella prima parte dell'attraversamento e non stava correndo, ma camminando. Sul punto, si lamenta la difesa, il giudice di appello si è limitato ad affermare che l'individuazione della collisione nella semicarreggiata di senso opposto non trova prova concreta, ribadendo che i rilievi degli operanti propendevano per una collisione avvenuta circa al centro della carreggiata. Con il generico richiamo alla presunta deposizione degli operanti, i giudici di seconda istanza hanno individuato una incongruenza mai esistita l'agente Scomma ha definito solo a posteriori un'area di possibile impatto, collocata tra la terza e la quinta striscia. Area perfettamente compatibile con quanto dichiarato dal teste Pa 4 Mancanza, illogicità manifesta della motivazione sulla posizione del motociclo all'interno della carreggiata durante l'avanzamento verso il segnale di stop. Sostiene la difesa che con l'atto di appello veniva introdotto un tema fattuale nuovo secondo una deposizione testimoniale trascurata nella sentenza, resa da un motociclista che avanzava nella stessa direzione della persona offesa, la medesima procedeva, già prima di superare lo stop, in posizione centrale sulla carreggiata. La sentenza di secondo grado attribuisce all'appellante una tesi mai sostenuta che la traiettoria del motoveicolo si collocasse addirittura contromano. Orbene, rileva la difesa che il citato passaggio dell'atto di appello non atteneva alla traiettoria originaria del motociclo durante il suo avanzamento, ma al successivo punto di impatto. 5 Mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione con riferimento alla totale carenza di una composizione unitaria dei nuclei tematici attinenti alla dinamica del sinistro e di un conseguente giudizio controfattuale. Rileva la difesa che la sentenza di appello ammette come possibili o probabili alcuni profili della dinamica, esclusi o trascurati nella sentenza di primo grado, ma omette di coglierne la correlazione causale reciproca. Quanto alla velocità del motociclo, la sentenza di secondo grado afferma che alla luce degli elementi probatori emersi è possibile, ma non provato oltre ogni ragionevole dubbio, che la velocità dello Za. fosse pari o superiore ai limiti di legge . Con riguardo alla posizione del motociclo in carreggiata, una deposizione testimoniale di un motociclista, trascurata in entrambe le sentenze, colloca l'avanzamento sulla fascia centrale della carreggiata. Quanto alla sterzata del motociclo verso sinistra quindi verso la semicarreggiata di senso opposto a quello ove è avvenuto l'impatto la sentenza dichiara la circostanza ben possibile . In definitiva, rileva la difesa, la sentenza esclude dal processo la deposizione del Pa. e, quindi, non chiarisce se il motociclo abbia oltrepassato lo stop con segnale rosso ed il pedone sia stato investito con segnale verde. Né stabilisce se la collisione sia avvenuta sulla semicarreggiata di senso opposto a quello del motociclo a meno di un metro e mezzo dal punto di partenza dall'attraversamento del pedone il quale sarebbe quindi stato investito da un mezzo proveniente da destra anziché da sinistra . A ciò si deve aggiungere, continua la difesa, la mancata considerazione di altri elementi dinamici illogicamente omessi nel giudizio controfattuale quali la velocità del veicolo superiore al limite di legge, la posizione centrale sulla carreggiata, il superamento del bus in corrispondenza dell'attraversamento pedonale e la sterzata finale verso sinistra e, quindi, verso il pedone. Escludendo mentalmente ciascuno di questi segmenti dinamici l'investimento del pedone non sarebbe avvenuto ed il motociclista non sarebbe caduto. 6 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 62 bis, 69 e 133 c.p. Quanto al bilanciamento della circostanze, con l'atto di appello si eccepiva la mancanza di motivazione con riferimento alla ritenuta equivalenza tra le circostanze attenuanti e quelle aggravanti e si evidenziava come le prime dovessero essere ritenute prevalenti. A detta della difesa, però, la Corte di appello si è limitata a osservare che gli altri parametri di cui all'articolo 133 c.p. permettevano la concessione delle attenuanti generiche. In merito alla quantificazione della pena base, con l'atto di appello si domandava quantomeno di rideterminare la pena base nel minimo edittale, stante la rilevanza causale delle violazioni cautelari poste in essere dal motociclista. Tuttavia il giudice di seconda istanza ha omesso totalmente di motivare sul punto. 7 Vizio di motivazione in relazione agli articolo 1227, 2054 c.comma 31 e 43 c.p., con riferimento al risarcimento del danno. Sotto il profilo civilistico, rileva la difesa, è evidente il rilievo determinante delle violazioni poste in essere dal motociclista. Anche da questo punto di vista la sentenza impugnata, secondo la difesa, risulta illogica laddove afferma che non bisogna tenere conto di detti profili in quanto non provati oltre ogni ragionevole dubbio. Invero la citata regola di giudizio rappresenta il criterio da seguire nella valutazione della ricostruzione dell'accusa e non certo nell'apprezzamento delle ipotesi alternative avanzate dalla difesa cui basta far sorgere un ragionevole dubbio . 8 Violazione di legge in relazione agli articolo 2054 c.c., 41 e 43 c.p. e 539 c.p.p. con riferimento alla condanna al pagamento della provvisionale. Lamenta la difesa che la parte civile, come ammesso dai giudici di merito, non ha fornito adeguata prova in merito all'ammontare dei danni. 9 Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla omessa autopsia. La difesa si duole del fatto che non è mai stata effettuata l'autopsia sul corpo della vittima siffatto accertamento, invece, era necessario quale unico strumento idoneo ad escludere oltre ogni ragionevole dubbio che la manovra dell'automobilista sia dipesa da un malessere dello stesso. Ritenuto in diritto Il ricorso è manifestamente infondato in relazione a tutte le deduzioni mosse. 1. Con riguardo ai motivi da 1 a 5 - inerenti la dinamica dell'incidente - e 7-8 va evidenziato come tutte le censure dedotte si sviluppino sul piano del fatto e siano tese a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella effettuata dai giudici del merito, più che a rilevare un vizio rientrante nel novero di quelli delineati all'articolo 606 c.p.p. Ciò, come è noto, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso a questo Corte. Come più volte precisato, infatti, l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura-rivalutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi criteri di apprezzamento dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché ritenuti maggiormente plausibili Cass. Sez. 6, numero 22256/2006 . Peraltro, nessun vizio logico-argomentativo è ravvisabile nella motivazione della sentenza impugnata. Invero la Corte di appello ha delineato, con argomentazioni puntuali ed adeguate, le specifiche ragioni per le quali ha ritenuto la condotta dell'imputato causa dell'incidente che ha condotto alla morte dello Za. per le gravissime lesioni riportate. In particolare, i giudici di appello hanno evidenziato come dalle risultanze istruttorie emergesse che il motociclo della vittima, procedendo in direzione nord, giungeva in prossimità dell'incrocio semaforizzato posto su Viale omissis . mentre un autobus della linea 91 effettuava una fermata poco prima dell'incrocio stesso. Il Le. scendeva dall'autobus ed iniziava ad attraversare sulle strisce alle spalle del bus. Quest'ultimo, per sua stessa ammissione, guardava sia a sinistra sia a destra senza scorgere nessuno in arrivo, ma a destra la sua visuale era di fatto ostacolata dal bus che era appena ripartito. Come risultato dai rilievi, proprio da destra arrivava il motociclo della vittima. Contrariamente a quanto affermato dalla difesa, la circostanza che il semaforo fosse rosso per i pedoni risulta da numerose deposizioni quelle dei testi Va. e Bi. che seguivano, a bordo della propria moto, quella dello Za., e dei testi Scomma - pedone che aveva attraversato poco prima - e Ro. - automobilista che si trovava fermo a bordo della propria auto in una posizione dalla quale non poteva vedere la luce del semaforo pedonale - ma aveva notato i pedoni fermi in attesa di attraversare ed aveva visto il Le. partire prima degli altri. Infine anche il teste Pa., che era fermo accanto al Le., ha confermato la suddetta versione. Peraltro, nota la Corte territoriale, lo stesso imputato, ha dichiarato che il semaforo buttava giallo in direzione dei mezzi e, quindi, per lui non poteva che esserci il rosso. Con riguardo alla circostanza addotta della difesa che il motoveicolo stesse procedendo quasi al centro della carreggiata, i giudici di appello hanno ritenuto l'ipotesi verosimile anche perché c'erano due bus che impegnavano la strada ma di scarsa rilevanza. A bene vedere, infatti, in qualsiasi punto della propria carreggiata il motociclo stesse procedendo, l'incidente è stato cagionato dall'imprudente attraversamento con il rosso da parte del pedone in direzione ortogonale al veicolo che procedeva la propria corsia con il semaforo verde. Del tutto condivisibile appare, poi, la considerazione del giudice di appello secondo la quale - date le dimensioni alquanto ridotte della corsia, la presenza in zona di due autobus, la contemporanea presenza sulla medesima linea di avanzamento delle altre due motociclette del Va. e del Bi. - l'imputato sopraggiunto all'improvviso deve ritenersi un ostacolo impossibile da evitare. Tenuto conto dell'assenza di tracce di frenata, della presenza di almeno un mezzo di grosse dimensioni pullman o filobus che occultava la visibilità dei pedoni e della rapidità con cui è avvenuto l'investimento del Le., correttamente i giudici di merito hanno concluso che lo Za. si trovasse a così breve distanza dall'attraversamento pedonale, da non poter utilmente arrestare il proprio veicolo in condizioni di sufficiente sicurezza anche volendo ipotizzare che il semaforo proiettasse per i veicoli luce gialla e non verde. Dunque, precisa il giudice di appello, l'attraversamento del Le. è stato assolutamente improvviso ed inaspettato e, come tale, non poteva essere previsto dal motociclista, il quale ragionevolmente ha fatto affidamento sul rispetto delle fondamentali prescrizioni in materia di circolazione stradale da parte degli altri utenti della strada. Quanto alla velocità tenuta dalla vittima, la censura mossa dal ricorrente è eccessivamente generica in quanto non precisando quale fosse effettivamente la velocità tenuta non incide sul rilievo causale della evitabilità dello scontro con il pedone. Peraltro, la Corte territoriale - contrariamente a quanto si afferma nel ricorso - ha preso in considerazione tale profilo escludendone la rilevanza. Ciò perché, pur ammettendo che il motociclo della vittima procedesse ad una velocità pari o superiore ai limiti di legge, è stata l'interferenza improvvisa e totalmente indebita del pedone a determinare l'incidente. Lo stesso, come già detto, attraversava con il rosso, sbucando da dietro l'autobus, e non avrebbe potuto essere evitato neppure con velocità inferiore o anche molto inferiore a quella presumibilmente tenuta. Peraltro la velocità del centauro, pur non avendo ripercussioni sulla responsabilità dell'imputato, è stata valutata ai fini del quantum del risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Quanto, poi, alla manovra di emergenza da parte del motociclista la stessa non è affatto imprudente in quanto, stando a destra, il predetto ha cercato di evitare il pedone che si era portato alla sua sinistra. 2. Quanto alla censura inerente il trattamento sanzionatorio, come è noto, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articolo 132 e 133 c.p Di conseguenza, è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. Ebbene anche sotto questo profilo la sentenza impugnata appare del tutto corretta in quanto la Corte di appello ha giustificato il trattamento sanzionatorio applicato all'imputato con riferimento agli indici di cui all'articolo 133 in particolare ha richiamato l'elevato grado di colpa e l'evidente gravità delle conseguenze della condotta imprudente del Le 3. Al pari manifestamente infondata risulta anche l'ultima censura inerente l'omessa autopsia. Come risulta dalla documentazione ospedaliera in atti, la causa della morte del motociclista è da individuarsi nel politrauma cranio-cervicale del distretto toracico e del bacino dovuto all'impatto sopra descritto. La tesi della difesa secondo la quale lo Za. avrebbe potuto perdere il controllo sbandando a causa di un improvviso malore - per dimostrare la quale sarebbe stata necessaria l'autopsia - è stata ritenuta dalla Corte territoriale già in partenza del tutto infondata tenuto conto di quanto riportato dai testi che seguivano la moto. Questi ultimi hanno, infatti, riferito che lo Za. stava percorrendo una traiettoria dritta quando, rendendosi conto del pedone, è stato costretto ad effettuare una brusca manovra a destra. Del resto, conclude la Corte di appello sul punto, le analisi mediche sul corpo della vittima hanno escluso che la stessa avesse assunto farmaci o altre sostanze che possano anche solo far ipotizzare un suo malore con conseguente perdita di controllo del mezzo condotto. Tanto premesso il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma, in data 28 aprile 2016.