In tema di reati tributari è sufficiente la dichiarazione modello 770 per dimostrare l’elemento costitutivo del reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, ai sensi dell’articolo 10-bis d.lgs. numero 74/2000? La questione è risolta dalla Sezioni Unite Penali della Cassazione.
La questione di diritto in ordine alla quale sono state investite le Sezioni Unite Penali, nella sentenza numero 24782/18 depositata il 1° giugno, è riassumibile nei seguiti termini se, ai fini dell’accertamento del reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate ai sensi dell’articolo 10-bis d.lgs. numero 74/2000 Legge sui reati tributari , nel testo anteriore all’entrata in vigore dell’articolo 7 d.lgs. numero 158/2015, «sia sufficiente la sola dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro per integrare la prova dell’avvenuta consegna ai sostituiti delle certificazioni delle ritenute fiscali». La vicenda. La questione, oggetto della controversia, veniva posta dalla Terza Sezione Penale della Suprema Corte, la quale veniva chiamata ad esprimersi sul ricorso proposto dall’imputato contro la decisione di merito che lo condannava ad 8 mesi di reclusione per il reato di cui all’articolo 10-bis d.lgs. numero 74/2000 per aver omesso, in qualità di rappresentante legale di una società, di versare, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione di sostituto d’imposta annuale, «alcune ritenute agli emolumenti erogati nell’atto di imposta 2010». La soluzione della Sezioni Unite Penali. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura la pronuncia di condanna nella parte in cui il Giudice di merito ha ritenuto, in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale di legittimità in materia, che «l’elemento costitutivo del reato, rappresentato dal rilascio ai sostituti d’imposta delle certificazioni da parte dell’imputato, sia stato adeguatamente dimostrato sulla base della sola dichiarazione modello 770/2011, di per sé inidonea a tal fine». In relazione a detta doglianza la Terza Sezione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite dei Giudici di legittimità, visti gli orientamenti giurisprudenziali contrastanti sul punto. La Suprema Corte, dopo aver richiamato i tratti essenziali della disciplina relativa al versamento delle ritenute e alle conseguenze in caso di omissioni, ha ritenuto di dover affermare il principio di diritto secondo cui «con riferimento all’articolo 10-bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. numero 158/2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto d’imposta non può essere ritenuta di per sé sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al sostituto della certificazioni fiscale». Nel caso di specie, in applicazione di tale principio, la Cassazione, non ritenendo dimostrato il reato di omesso versamento, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.
Corte di Cassazione, sez. Unite Penale, sentenza 22 marzo – 1 giugno 2018, numero 24782 Presidente Carcano – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 26 gennaio 2017 la Corte d’appello di Ancona ha confermato la sentenza del 27 gennaio 2015 del Tribunale di Fermo di condanna di M.E. alla pena di otto mesi di reclusione per il reato di cui all’articolo 10-bis del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 per avere omesso, quale legale rappresentante della MRC S.r.l., di versare, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, le ritenute relative agli emolumenti erogati nell’anno di imposta 2010 per un ammontare complessivo di Euro 222.602,89. 2. Avverso la suddetta sentenza ha presentato ricorso M.E. . 2.1. Con un primo motivo, ex articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , denuncia violazione ed erronea applicazione dell’articolo 10-bis del d.lgs. numero 74 del 2000, nonché dell’articolo 4, comma 1 e comma 6-ter del d.P.R. 22 luglio 1998 numero 322, per avere il giudice d’appello ritenuto, in contrasto con il richiamato orientamento giurisprudenziale di legittimità, che l’elemento costitutivo del reato rappresentato dal rilascio ai sostituiti d’imposta delle certificazioni da parte dell’imputato sia stato adeguatamente dimostrato sulla base della sola dichiarazione modello 770/2011, di per sé sola inidonea a tal fine. 2.2. Con un secondo motivo, ex articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , lamenta violazione ed erronea applicazione degli articolo 27 Cost., 6 Convenzione Edu e 533 cod. proc. penumero , per avere la Corte territoriale, affermando che l’imputato non avrebbe mai allegato espressamente di non avere rilasciato i certificati, violato la regola per cui la prova della responsabilità penale deve essere fornita dall’accusa. 2.3. Con un terzo motivo, ex articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , denuncia nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 125, comma 3, cod. proc. penumero per motivazione apparente quanto alla individuazione dell’imputato come autore del presunto reato sulla base del modello 770 dallo stesso sottoscritto e tuttavia, per quanto già detto, non valorizzabile quanto al rilascio delle certificazioni né la sentenza avrebbe indicato le prove di un concorso materiale o morale nonostante al riguardo fosse stato proposto motivo d’appello. 2.4. Con un quarto motivo denuncia, ex articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , violazione ed erronea applicazione degli articolo 1, comma 143, l. 24 dicembre 2007, numero 244, 322-ter cod. penumero , 1, comma 75, lett. o , della l. numero 190 del 2012 e 25, comma 2, Cost. lamentando che il giudice d’appello non avrebbe considerato che l’imputato è stato punito con una pena non prevista all’epoca di commissione del reato la pena della confisca per equivalente per un valore corrispondente al profitto del reato sarebbe stata infatti introdotta solo con l’articolo 1, comma 75, lettera o , della l. numero 190 del 2012, laddove il reato risulta commesso invece nel 2011. Sarebbe stato quindi violato l’articolo 25 Cost. inoltre non sussisterebbero i presupposti per la confisca stante la mancanza di prova di effettiva evasione da parte della società e di incasso da parte del ricorrente della somma non versata, né sussisterebbe prova di concorso ex articolo 110 cod. penumero . 2.5. Con un quinto motivo denuncia, ex articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , violazione dell’articolo 1 Protocollo numero 1 Convenzione Edu e degli articolo 42 e 117 Cost. da parte dell’articolo 322-ter cod. penumero . Lamenta il ricorrente che il giudice d’appello ha respinto come manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale dell’articolo 322-ter cit. laddove lo stesso consentirebbe di far luogo alla confisca di beni anche immobili che non hanno alcun vincolo pertinenziale con il reato commesso e la cui confiscabilità risiederebbe unicamente nell’appartenenza dei medesimi al ricorrente, in tal modo violando il necessario equilibrio, imposto dal criterio di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’articolo 1 del Protocollo cit. integrante l’articolo 42 Cost., tra le esigenze di interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. 3. Con ordinanza in data 23 novembre 2017, la Terza sezione penale di questa Corte, rilevata l’esistenza di difformità di orientamenti interpretativi in ordine alla questione di diritto coinvolta dal primo motivo di ricorso, riguardante la idoneità o meno del solo modello 770 a provare l’avvenuto rilascio delle certificazioni delle ritenute fiscali operate, ha rimesso la trattazione del ricorso alle Sezioni unite. Sul punto, infatti, sulla premessa che il rilascio delle certificazioni è presupposto o elemento costitutivo del reato in oggetto, un primo indirizzo originario ha a suo tempo ritenuto sufficiente, per provare il rilascio delle certificazioni attestanti l’effettuazione delle ritenute, la avvenuta presentazione della dichiarazione modello 770 ad opera del sostituto d’imposta giacché non avrebbe senso dichiarare quello che non è stato corrisposto e, perciò stesso, certificato . Un secondo indirizzo, successivamente formatosi, ha invece ritenuto appunto l’inidoneità della sola dichiarazione suddetta, ove non accompagnata da altri elementi, a provare il rilascio delle certificazioni e ciò perché la stessa è unicamente destinata ad attestare, per il suo contenuto, l’importo delle somme corrisposte dal sostituto e delle ritenute da lui operate nonché il loro versamento, nulla invece contenendo in punto di rilascio delle certificazioni. Di qui la natura di mero indizio della dichiarazione non sufficiente a provare l’elemento del rilascio delle certificazioni. Si è inoltre ritenuto, sempre nell’ambito di tale orientamento, che detta impostazione abbia trovato una conferma nella modifica della norma operata con il d.lgs. numero 158 del 2015 che ha posto, accanto al testuale riferimento delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate , anche quello delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione predetta, in tal modo accreditando, per i soli fatti posti in essere successivamente alla novella, di natura innovativa e dunque non retroattiva, l’idoneità della stessa sotto il profilo probatorio richiesto. 4. Il Primo Presidente, preso atto dell’esistenza del contrasto, con decreto del 19 dicembre 2017, ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione del medesimo in pubblica udienza la data odierna. Considerato in diritto 1. La questione di diritto in ordine alla quale il ricorso, con riferimento essenzialmente al primo motivo, è stato rimesso alle Sezioni Unite, è sinteticamente riassumibile nei seguenti termini Se, ai fini dell’accertamento del reato di cui all’articolo 10-bis del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, nel testo anteriore all’entrata in vigore dell’articolo 7, comma 1, lett. b , del d. lgs. 24 settembre 2015, numero 158, sia sufficiente la sola dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro per integrare la prova dell’avvenuta consegna ai sostituiti delle certificazioni delle ritenute fiscali . 2. È necessario in primo luogo richiamare i tratti essenziali della disciplina relativa al versamento delle ritenute, operate sulle retribuzioni, da parte del sostituto d’imposta e, subito dopo, soffermarsi sulla regolamentazione, sotto il profilo sanzionatorio, delle relative omissioni. Va quindi anzitutto ricordato che la sostituzione predetta è uno strumento impositivo con il quale l’Amministrazione finanziaria, in luogo della riscossione dell’imposta direttamente dal percettore del reddito, incassa il tributo da un altro soggetto, ovvero quello che eroga gli emolumenti, il quale assume la qualifica di sostituto d’imposta in quanto tenuto al pagamento in luogo dell’altro normale soggetto passivo, c.d. sostituito , sotto forma di prelievo di una percentuale c.d. ritenuta alla fonte della somma oggetto di erogazione costituente reddito e del suo successivo versamento all’Erario in genere con cadenza mensile . L’istituto ha la sua ragion d’essere nell’esigenza pratica di colpire la ricchezza da tassare nel momento della produzione, prima ancora che la stessa giunga nella disponibilità del destinatario e si applica, in base a quanto stabilito dal Titolo III del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, ad una platea di soggetti comprendente gli enti pubblici, gli istituti di credito, i soggetti esercenti attività di impresa, ovvero artistica e professionale, che corrispondono redditi di lavoro dipendente o assimilati, redditi di lavoro autonomo, redditi di capitale, provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento d’affari o redditi diversi. L’operatività del meccanismo di sostituzione d’imposta comporta l’adempimento di determinati obblighi strumentali a carico del sostituto, il quale deve essenzialmente provvedere, entro scadenze predeterminate precisamente entro il 16 del mese successivo a quello in cui le somme sono state corrisposte , al versamento in favore dell’Erario degli importi delle ritenute operate alla fonte rilasciare al sostituito entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di erogazione delle somme una certificazione unica CU attestante l’ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate in modo da permettere al soggetto passivo di documentare e di dimostrare il prelievo subito , delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali trasmettere in via telematica detta certificazione all’Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo sempre dell’anno successivo presentare infine la dichiarazione annuale unica di sostituto d’imposta mod. 770 dalla quale risultino tutte le somme pagate e le ritenute operate nell’anno precedente. A loro volta i contribuenti sono obbligati a conservare le certificazioni così rilasciate e ad esibirle a richiesta degli uffici competenti per i dovuti controlli come previsto dall’articolo 3, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600 . 2.1. Quanto alla disciplina sanzionatoria, va ricordato che inizialmente l’omesso versamento di ritenute da parte del sostituto era previsto dall’articolo 2 d.l. 10 luglio 1982, numero 429, convertito dalla l. 7 agosto 1982, numero 516, che, nel suo testo originario, contemplava espressamente come condotta delittuosa il fatto di non versare all’erario le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di imposta, sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori . La norma veniva successivamente modificata dall’articolo 3 d.l. 16 marzo 1991, numero 83, convertito dalla l. 15 maggio 1991, numero 154 che provvedeva, diversificando la risposta sanzionatoria, a contemplare, alla lett. a , il fatto del mero mancato versamento nel termine delle ritenute ed invece, alla lett. b , il fatto del mancato versamento nel termine delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti , con ulteriore diversificazione, in tale secondo ambito, della sanzione a seconda del superamento o meno di determinate soglie di punibilità. Allo stesso tempo, la condotta veniva sanzionata anche in via amministrativa per effetto dell’articolo 13, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, numero 471, attesa l’introduzione di una specifica previsione in tal senso riguardante i versamenti tributari in generale dovuti alle prescritte scadenze . La previsione penale veniva tuttavia soppressa dall’articolo 25 lett. d del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, espressamente abrogativo del titolo I del d.l. 10 luglio 1982, numero 429, convertito dalla legge 7 agosto 1982, numero 516, ivi compresi, dunque, anche i reati a carico del sostituto di imposta, senza alcuna contestuale introduzione di fattispecie di reato in continuità normativa rispetto a quella di cui al citato articolo 2 della legge numero 516. Ne derivava, pertanto, che la condotta omissiva più volte indicata, non più prevista come reato, residuava solo come illecito di carattere amministrativo, attesa la scelta del legislatore di eliminare, testualmente, una figura criminosa più di altre al centro di vivaci polemiche anche in ragione della sua caratterizzazione, né più né meno, come di mero inadempimento di un debito, sia pure nei confronti dello Stato, non caratterizzato da alcuna componente di tipo fraudolento. Il fatto tornava però a riacquistare le caratteristiche di illecito penale con l’articolo 1, comma 414, della l. 30 dicembre 2004, numero 311 legge finanziaria per l’anno 2005 , che provvedeva ad inserire nell’impianto normativo del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 l’articolo 10-bis dal titolo Omesso versamento di ritenute certificate , venendo questa volta, infatti, sanzionato l’omesso versamento, unicamente ove riguardante ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti , per un ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo di imposta. La norma è stata infine modificata per effetto dell’articolo 7 del d.lgs. 24 settembre 2015 numero 158, sì che attualmente è punito chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila Euro per ciascun periodo d’imposta . 2.2. A parte l’innalzamento della soglia della rilevanza penale, appare dunque evidente l’elemento differenziale nelle due versioni della norma mentre in quella ante 2015 si faceva riferimento alle sole ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti quindi il CUD o CU ad oggi la norma appare operare anche, ed alternativamente, il riferimento alle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione cioè quella annuale del sostituto, e, quindi, il mod. 770 . 3. Tanto premesso, la questione portata al vaglio delle Sezioni Unite - per vero la stessa questione era stata rimessa nel 2015, ma, in ragione della sopravvenuta estinzione del reato, la Corte, con la sentenza numero 19755 del 24/09/2015 dep. 2016 , Mondello, non è potuta entrare nel merito - affonda le sue radici nel contrasto che, come si dirà in seguito, è in realtà contrasto non già in ordine all’esegesi della norma bensì, piuttosto, sulle conseguenze, sotto il profilo probatorio, della caratterizzazione normativa delle ritenute, il cui versamento venga omesso, come necessariamente risultanti dalla certificazione rilasciata che si è formato in seno alla Terza Sezione penale, nella vigenza della formulazione dell’articolo 10-bis cit. anteriore alla modifica del 2015, quanto in particolare alla sufficienza della dichiarazione mod. 770 del sostituto a dimostrare l’avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni e ciò a fronte della necessità di considerare tale rilascio, sulla base della formulazione della norma, se non quale elemento costitutivo del reato, quanto meno di suo presupposto. 3.1. Un primo orientamento è stato originato dalla pronuncia di Sez. 3, numero 1443 del 15/11/2012 dep.2013 , Salmistrano, Rv. 254152 nell’affermare che nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d’imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal pubblico ministero mediante documenti, testimoni o indizi, la sentenza riconosce espressamente come sufficiente a tal fine la allegazione dei mod. 770 provenienti dal datore di lavoro. Dopo avere premesso che l’articolo 10-bis, pur costituendo una nuova fattispecie criminosa introdotta o reintrodotta dalla novella citata senza alcuna continuità normativa con le disposizioni previgenti , opera sullo stesso piano della norma abrogata, seguendo una ratio consistente nell’ impedire, attraverso la sanzione penale, che il datore di lavoro ometta di versare le somme trattenute, quale sostituto di imposta, sulle retribuzioni corrisposte al lavoratori , la pronuncia sottolinea come la norma, mediante il riferimento alle certificazioni rilasciate ai sostituiti in luogo della più generica formula che si rinveniva nell’articolo 2 del d.l. 10 luglio 1982 numero 429, convertito in l. 7 agosto 1982 numero 516 le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di imposta, sulle somme pagate abbia inteso esplicitare in modo assolutamente chiaro che la sanzione penale trova applicazione soltanto sulle ritenute effettivamente operate sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti non vi sarebbe dunque ragione per ritenere che la prova del rilascio quale elemento costitutivo del reato debba ricavarsi solo dalle certificazioni senza possibilità di ricorrere ad equipollenti potendo l’onere probatorio essere assolto dal pubblico ministero mediante il ricorso a prove documentali o testimoniali oppure attraverso la prova indiziaria . Di qui, dunque, l’idoneità a tal fine anche del modello 770 posto che da esso emerge la prova delle ritenute operate e che tali ritenute devono ritenersi per ciò stesso certificate, dal momento che non avrebbe senso dichiarare quello che non è stato corrisposto e, perciò stesso, certificato . Tale indirizzo risulta successivamente seguito, tra le altre, da Sez. 3, numero 33187 del 12/06/2013, Buzi, Rv. 256429 Sez. 3, numero 20778, del 06/03/2014, Leucci, Rv. 259182 Sez. 3, numero 19454 del 27/03/2014, Onofrio, Rv. 260376, ove i concetti già enucleati dalla pronuncia Salmistrano vengono ripresi e ribaditi pur nella qualificazione del rilascio delle certificazioni talora come elemento costitutivo del reato in tal senso Sez. 3, numero 33187 del 12/06/2013, Buzi, cit., e Sez. 3, numero 19454 del 27/03/2014, Onofrio, cit. e talaltra quale presupposto del reato stesso in tal senso Sez. 3, numero 20778, del 06/03/2014, Leucci, cit. . La differente valutazione giuridica dell’elemento in oggetto, affidata da tutte le pronunce richiamate ad una mera enunciazione definitoria a ben vedere non supportata dalla manifestazione delle specifiche ragioni determinanti la scelta in un senso oppure nell’altro, non appare infatti rilevare quanto all’esigenza, riconosciuta da tutte le pronunce, che dell’elemento in questione sia comunque necessaria la dimostrazione in giudizio è la pronuncia Leucci in particolare a chiarire che, pur dovendo il rilascio delle certificazioni essere individuato quale presupposto del reato la fattispecie penalmente rilevante sarebbe integrata dalla sola condotta omissiva che si realizza con il mancato versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti , il rilascio della certificazione è comunque necessario per integrare il reato de quo. Va anzi constatato che le stesse Sezioni Unite, intervenute sul punto dell’affermata applicabilità della norma, entrata in vigore in data 1 gennaio 2005, anche alle omissioni dei versamenti relativi all’anno 2004, e richiamate dalla sentenza Leucci S.U., numero 37425 del 28/03/2013, Favellato, Rv. 255760 , pur qualificando il reato come omissivo proprio , non appaiono sottrarsi ad una sostanziale linea di incertezza proprio con riguardo alla qualificazione dell’elemento in questione, definito, dapprima, come presupposto del reato analogamente alla erogazione delle somme al sostituito e, poco dopo, come elemento costitutivo , significativamente richiesto per il solo illecito penale e non anche per l’illecito amministrativo e dunque idoneo a rappresentare, insieme alle diverse scadenze temporali previste per il versamento, la linea di demarcazione tra l’uno e l’altro tipo. In ogni caso, anche le sentenze appena sopra richiamate appaiono sposare le impostazioni adottate in via generale dalla sentenza Salmistrano, puntualizzandosi, quanto al modello 770, che nello stesso sono comunicati in via telematica all’Agenzia delle Entrate i dati fiscali relativi alle ritenute operate nell’anno precedente nonché gli altri dati contributivi ed assicurativi richiesti, tra cui i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti in tale anno redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati o indennità di fine rapporto vedi, testualmente, sul punto, sempre la sentenza Leucci . 3.2. Un secondo orientamento, che ha ben presto assunto, nella giurisprudenza della Corte, le dimensioni di indirizzo largamente maggioritario, è stato inaugurato da Sez. 3, numero 40256 del 08/04/2014, Gagliardi, Rv. 259198. Dopo avere premesso che anche secondo l’interpretazione fatta propria dalle Sezioni Unite e dalla prevalente dottrina l’elemento specializzante che determina il configurarsi della natura delittuosa della fattispecie è costituito dal rilascio della certificazione al sostituito e che quindi la norma penale non può trovare applicazione, non solo nei casi in cui il sostituto non abbia operato le ritenute, ma anche nei casi in cui non abbia rilasciato la certificazione o la abbia rilasciata in un momento successivo alla scadenza del termine per effettuare il versamento, si afferma che gli elementi costitutivi della fattispecie, necessari per attribuire rilevanza penale alla fattispecie sono costituiti dalle parti di condotta attiva comprendenti sia l’effettuazione della ritenuta e sia la successiva emissione della certificazione . Si aggiunge che trattandosi di elementi costitutivi del reato ma le conseguenze non cambierebbero anche se si volesse parlare di presupposti del reato per ritenere sussistente il delitto è necessario che l’accusa fornisca la prova di tali elementi e, in particolare che il sostituto abbia rilasciato ai sostituiti la certificazione o le certificazioni da cui risultino le ritenute il cui versamento è stato poi omesso , dovendo, peraltro, detta prova non essere necessariamente data dalla produzione delle certificazioni stesse, ma potendo consistere anche in altre prove documentali ovvero anche orali. Tra di esse, tuttavia, si aggiunge, non può essere ricompresa la sola dichiarazione modello 770 da un lato perché la stessa non contiene la dichiarazione di avere tempestivamente emesso le certificazioni ma solo di avere erogato le retribuzioni ed effettuato le ritenute, e dall’altro perché, tra dichiarazione modello 770 e certificazione rilasciata ai sostituiti, disciplinati da fonti distinte, rispondenti a finalità non coincidenti e che non devono essere consegnati o presentati contestualmente, vi sono differenze sostanziali tali da non consentire di ritenere, automaticamente, che l’uno non possa risultare indipendente dall’altro. Di qui, dunque, le diverse conclusioni rispetto al primo indirizzo ricordato. Gli assunti della pronuncia Gagliardi sono stati successivamente ribaditi da numerose pronunce, tutte nel senso, per le medesime ragioni, della inidoneità della sola dichiarazione modello 770 a provare l’avvenuto rilascio delle certificazioni Sez. 3, numero 10475/15 del 9/10/2014, Calderone, Rv. 263007 Sez. 3, numero 11335/15 del 15/10/2014, Pareto, Rv. 262855 Sez. 3, numero 6203 del 29/10/2014, Rispoli, Rv. 262365 Sez. 3, numero 37075/15 del 19/12/2014, Ravelli Sez. 3, numero 5736 del 21/01/2015, Patti Sez. 3, numero 10104 del 7/1/2016, Grazzini, Rv. 266301 Sez. 3, numero 7884 del 4/2/2016, Bombelli Sez. 3, numero 41468 del 30/03/2016, Pappalardo Sez. 3, numero 48591 del 26/4/2016, Pellicani, Rv. 268492 Sez. 3, numero 48302 del 20/09/2016, Donetti Sez. 7, numero 53249 del 23/09/2016 D’Ambrosi Sez. 3, numero 51417 del 29/11/2016, Fontanella Sez. 3, numero 10509/17 del 16/12/2016, Pisu, Rv. 269141 Sez. 3, numero 57104 del 12/4/2017, Polinari Sez. 3, numero 30139 del 15/6/2017, Fregolent, Rv. 270464 Sez. 3, numero 36057 del 11705/2017, Cerere Sez. 3 numero 1439/18 del 12/7/2017, Sesana Sez. 3, numero 46390 del 9/10/2017, Gambardella Sez. 3, numero 2393 del 22/1/2018, Vecchierelli . Va anche qui precisato che, in tale ambito, appare essersi riproposta senza che ciò, come già detto, abbia potuto comportare una differente conclusione quanto, comunque, alla necessità di prova del’elemento la divergenza circa la qualificazione da dare al rilascio delle certificazioni, se cioè, di presupposto del reato in tal senso, solo Sez.3, numero 7884 del 2016, Bombelli cit. ovvero di elemento costitutivo dello stesso in tal senso, Sez.3, numero 1439 del 2017, Sesana, cit. Sez. 3, numero 10475 del 2015, Calderone, cit. Sez. 3, numero 10509 del 2017, Pisu, cit. Sez.3, numero 11335 del 2015, Pareto, cit. Sez. 3, numero 30139 del 2017, Fregolent, cit. Sez. 3, numero 57104 del 2017, Polinari, cit. Sez. 3, numero 36057 del 2017, Cerere, cit. . In seno a tale indirizzo, peraltro, una particolare attenzione va assegnata a quelle pronunce che, a cominciare, cronologicamente, da Sez. 3, numero 10104 del 7/1/2016, Grazzini, Rv. 266301, sono giunte a confermare gli approdi ermeneutici della sentenza Gagliardi anche tenendo conto delle modifiche operate dal d.lgs. numero 158 del 2015. Infatti, dopo avere escluso che alla novella operata, là dove la stessa ha posto, come visto in principio, accanto alle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, anche le ritenute dovute sulla base della dichiarazione di interpretazione autentica, possa assegnarsi, in ragione dell’esigenza di dipanare il contrasto creatosi, natura di norma di interpretazione autentica a fronte della problematica coesistenza di disposizioni di tal fatta con la necessità di rispettare il principio di irretroattività proprio delle norme incriminatrici, la sentenza ha colto la incidenza interpretativa della nuova disposizione se il legislatore, si è affermato, ha inteso estendere la tipicità del reato anche alle ipotesi di omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione modello 770, deve ritenersi che non soltanto la precedente formulazione racchiudesse nel proprio perimetro di tipicità soltanto l’omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, ma richiedesse, sotto il profilo probatorio, la necessità di una prova del rilascio delle certificazioni ai sostituiti. Di qui, dunque, l’ulteriore conferma dell’indirizzo negativo quanto alla idoneità probatoria del solo modello 770. Tali assunti sono stati seguiti anche da Sez.3, numero 48591 del 2016, Pellicani, cit. Sez. 3, numero 48302 del 2016, Donetti, cit. Sez. 7, numero 53249 del 2016, D’Ambrosi, cit. Sez. 3, numero 51417 del 2016, Fontanella, cit. Sez. 3, numero 10509 del 2017, Pisu, cit. Sez. 3, numero 57104 del 12/4/2017, Polinari, cit. Sez. 3, numero 30139 del 2017, Fregolent, cit. Sez. 3, numero 36057 del 2017, Cerere, cit. Sez. 3 numero 1439 del 2018, Sesana, cit. Sez. 3, numero 46390 del 2017, Gambardella, cit. Sez. 3, numero 2393 del 2018, Vecchierelli, cit. . In particolare, Sez. 3, numero 10509 del 2017, Pisu, cit., ha specificato, quanto alla nuova norma, che la natura innovativa e non meramente interpretativa della stessa non può essere posta in discussione per il solo fatto che, nella relazione illustrativa al d.lgs. numero 158 del 2015, si sia affermato che la modifica ha chiarito la portata del precedente modello legale della fattispecie incriminatrice a fronte comunque dell’oggettivo precipitato della norma. 4. Queste Sezioni Unite ritengono che, con riferimento alla normativa previgente alla modifica intervenuta nell’anno 2015 il reato contestato all’imputato è stato commesso nell’anno 2011, sì che la nuova formulazione, di chiaro stampo innovativo per come si dirà oltre, non può in alcun modo retroagire , debba essere condiviso l’indirizzo, maggioritario, che esclude la idoneità del solo modello 770 di dichiarazione delle erogazioni effettuate e delle ritenute operate , a provare l’elemento, da considerare presupposto del reato, del rilascio delle certificazioni. 4.1. Deve anzitutto premettersi come non possa porsi in dubbio la circostanza che il legislatore del 2004, nel reintrodurre secondo il percorso illustrato sopra l’illecito penale di omesso versamento delle ritenute, già previsto, anteriormente, dalla l. numero 516 del 1982 e successivamente abrogato dal d.lgs. numero 74 del 2000, abbia condizionato testualmente l’illecito alle sole ritenute, il cui omesso versamento viene sanzionato, risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti in altri termini, solo le ritenute che risultino, ovvero siano attestate, dalle certificazioni predette sono quelle idonee ad attingere il grado di disvalore penale considerato dal legislatore. Né un tale dato, la cui evidenza è tale che nessuna delle pronunce di questa Corte che si sono occupate del tema al vaglio di queste Sezioni Unite, sia se riconducibili al primo sia se riconducibile al secondo degli indirizzi illustrati, ha mai potuto affermare il contrario, appare revocabile in dubbio sulla base di pur plausibili considerazioni di carattere sistematico la eventuale irrazionalità della scelta di assoggettare a sanzione penale, diversamente dalla originaria impostazione della l. numero 516 del 1982, il mancato versamento delle ritenute solo se accompagnato dal rilascio delle relative certificazioni sì che una condotta altrimenti penalmente irrilevante verrebbe ad assumere significato penalistico solo là dove ad essa si accosti un comportamento costituente adempimento di un dovere, finalizzato a garantire al sostituito il diritto a detrarre la ritenuta subita, evitando così il prodursi di una doppia imposizione non potrebbe certo offuscare il chiaro significato della norma, insuscettibile, per il rispetto dovuto al principio di legalità, di interpretazioni in definitiva abrogatrici della locuzione qui in esame. Ed anche restando sul piano di una interpretazione di ordine logico-critico, non potrebbe sottacersi il significato di un elemento quello, appunto, del rilascio delle certificazioni che, come a suo tempo già evidenziato da Sez. Unumero Favellato, appare svolgere in realtà la funzione di differenziare l’illecito penale dal mero illecito amministrativo una funzione, dunque, di carattere selettivo, che, sia pure comportando il sacrificio della realtà materiale al fine di privilegiare solo quella contabilizzata o certificata , appare tutt’altro che incomprensibile, ove si rifletta sulla necessità, alla luce del principio del ne bis in idem e della sua portata sempre più cogente, di una precisa demarcazione, a partire soprattutto dal momento della legiferazione, tra il fatto intrinsecamente penale a prescindere dalle denominazioni coniate dal legislatore e quello solo amministrativo. Del resto, non è secondario considerare, sempre nell’ambito di una razionale differenziazione dei due campi, la maggiore gravità di una condotta destinata ad incidere, proprio perché accompagnata dal rilascio delle certificazioni, sullo stesso rapporto fiduciario con il sostituito. 4.2. Ne deriva dunque che, ai fini della consumazione del reato in oggetto, occorre il rilascio delle certificazioni, sia che lo stesso venga configurato come elemento costitutivo del reato come è dato rinvenire nella gran parte delle decisioni sopra segnalate , sia invece che lo stesso venga configurato quale presupposto di esso come una parte minoritaria della giurisprudenza mostra di ritenere . Entrambi gli indirizzi segnalati, come già visto, significativamente non uniformi al loro interno proprio su questo punto, convengono su tale postulato, in definitiva implicitamente fatto proprio anche dalle già rammentate Sezioni Unite Favellato che, sia pure restando, come visto, ondivaghe sulla esatta qualificazione di tale elemento, hanno però implicitamente considerato necessario, ai fini della consumazione del reato, il rilascio delle certificazioni. Così come entrambi gli indirizzi appaiono convenire sul fatto o comunque appaiono implicitamente muovere dallo stesso, non essendovi affermazioni di segno contrario che, ai fini di provare il rilascio delle certificazioni, non è necessaria l’acquisizione materiale delle certificazioni stesse, perché ben possono supplire prove documentali anche di altro genere o prove orali tra cui in primis le dichiarazioni rese dal sostituito , conclusione, questa, del tutto corretta e logicamente discendente, evidentemente, dal principio di atipicità delle prove penali insito nel disposto di cui all’articolo 189 cod. proc. penumero , dovendo, dunque, anche qui ribadirsi l’incompatibilità, con l’assetto processuale penale, di un sistema di prove tipiche o legali. Né appare infine in discussione il fatto che l’onere di tale prova incomba, ancora una volta non essendo determinante sul punto la classificazione formale dell’elemento in oggetto quale elemento costitutivo o, piuttosto, quale presupposto del reato, sul pubblico ministero giacché, riprendendo le parole della già citata sentenza Leucci, incombe appunto al pubblico ministero di provare i fatti costitutivi dell’addebito contestato, tra cui, per quanto qui interessa, il rilascio delle certificazioni e incombendo invece all’imputato provare i fatti estintivi o modificativi che paralizzino la pretesa punitiva . 4.3. In definitiva, dunque, il contrasto verte, in realtà, su null’altro che su una valutazione di carattere probatorio. Semplificando, si potrebbe affermare che l’unico vero sostanziale effetto differentemente conseguente ai due orientamenti sarebbe quello di esonerare o meno il pubblico ministero dall’onere di ricercare, al fine del raggiungimento della prova richiesta sul punto già sottolineato, elementi ulteriori e diversi orali, come ad esempio le dichiarazioni dei sostituiti, o documentali rispetto alla sola dichiarazione modello 770 nel panorama giurisprudenziale già complessivamente richiamato solo Sez. 3, numero 37075 del 2015, Ravelli, cit., sostiene, con affermazione che parrebbe presentare margini di equivocità rispetto al principio di atipicità delle prove penali, che il giudice deve fornire anche risposte precise e concrete sulle ragioni per le quali non ha percorso la strada diretta dell’acquisizione dei certificati stessi privilegiando una prova pur sempre indiretta del reato ma a rischio di derive analogico sostanzialistiche . Ed il pubblico ministero, vale ribadire, non è comunque esonerato da tale prova per il fatto che l’imputato non abbia allegato circostanze ed elementi in senso contrario, non essendo, nell’ordinamento processuale penale, previsto un onere probatorio a carico dell’imputato modellato sui principi propri del processo civile Sez. 5, numero 32937 del 19/05/2014, Stanciu, Rv. 261657 . Infatti, sia norme sovraordinate di carattere generale internazionali specificamente l’articolo 6.2. della Convenzione Edu e l’articolo 14 numero 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, entrambe espressamente indicanti la necessità che la colpevolezza dell’accusato sia provata secondo legge e interne articolo 25 Cost. in ordine alla presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva , sia norme processuali specificamente l’articolo 533 cod. proc. penumero ove si stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di condanna solo là dove l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio appaiono indicative della fissazione in senso sostanziale , a carico di chi sostenga la tesi di accusa nel processo penale, di un preciso onere di prova in tale ultimo senso, Sez. 3, numero 2393 del 2018, Vecchierelli, cit. . 5. Escluso, dunque, che il contrasto segnalato riguardi l’esegesi della norma, in particolare con riguardo all’elemento oggettivo del reato contemplato, ciò su cui gli indirizzi già illustrati divergono viene, in definitiva, ad essere rappresentato dalla possibilità o meno di includere di per sé solo, tra gli elementi indicativi dell’avvenuto rilascio della certificazione unica attestante le ritenute effettuate, il documento rappresentato dal mod. 770 dichiarazione del sostituto d’imposta . Appare allora significativo un primo dato oggettivo il quadro ST del modello 770 non appare, come ben posto in risalto dall’indirizzo maggioritario, recare alcuna specifica indicazione in ordine al rilascio delle certificazioni avendo invece ad oggetto, per quanto qui interessa, unicamente i dati dell’ importo versato e delle ritenute operate . Né alcun valore probatorio potrebbe evidentemente connettersi alle istruzioni per la compilazione del modello 770 semplificato là dove si prescrive che detto modello contiene i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti i redditi di lavoro dipendente dizione questa, testualmente ripresa da Sez. 3, numero 20778 del 2014, Leucci, cit. al fine di giungere alla soluzione già vista sopra , essendo chiara in tale dizione la volontà di riferirsi non già al fatto del rilascio, ma a quello della necessità di indicazione, in dichiarazione, delle medesime ritenute di cui alla certificazione unica, ove rilasciata. Ed infatti, proprio per superare un tale impasse, l’indirizzo più risalente è ricorso sostanzialmente ad un ragionamento di carattere presuntivo, essendosi affermato che non avrebbe senso dichiarare quello che non è stato corrisposto e perciò stesso certificato testualmente, Sez. 3, numero 20778 del 2014, Leucci, cit. . Sennonché, intesa tale affermazione come volta ad affermare che, secondo l’id quod plerumque accidit, ciò che si dichiarerebbe nel mod. 770 sarebbe allo stesso tempo anche ciò che si certifica il riferimento alla corresponsione deve ritenersi improprio perché ciò di cui si tratta non sono gli emolumenti ma le ritenute, che non si corrispondono ma si effettuano , ed equiparati dunque l’indicazione nel modello 770 alla attestazione nelle certificazioni, resta tuttavia, anche in tale assioma, ancora una volta scoperto , e non colmabile dal punto di vista logico, il dato del rilascio. Correttamente, pertanto, la sentenza Sez. 3, numero 40256 del 2014, Gagliardi, cit. ha potuto affermare che se davvero la presentazione della dichiarazione di sostituto presupponesse, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, sempre e comunque la formazione e consegna dei certificati ai sostituiti, il legislatore ne avrebbe certamente tenuto conto ed avrebbe, con notevole semplificazione probatoria, punito unicamente il mancato versamento delle ritenute riportate nella dichiarazione modello 770. Se ciò non ha fatto, ed ha anzi modificato la precedente normativa che richiedeva soltanto l’omesso versamento delle ritenute , è proprio perché il legislatore era ben consapevole delle differenze strutturali e della radicale autonomia dei due distinti documenti, sicché non era possibile desumere automaticamente dall’esistenza dell’uno la sussistenza dell’altro . Anche la questione della natura da attribuire al modello 770, se cioè avente valore di confessione stragiudiziale, come parrebbe adombrato da Sez. 3, numero 10104 del 2016, Grazzini, cit., ma escluso da Sez. 3, numero 11335 del 2015, Pareto, cit., e da Sez. 3, numero 2393 del 2018, Vecchierelli, cit. nel senso della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza , Sez. U. Civ. numero 13378 del 07/06/2016, Vetro Associati S.r.l. contro Ministero delle Finanze, Rv. 640206 appare fondamentalmente irrilevante proprio perché il modello non contiene alcun riferimento al rilascio delle certificazioni sì che da esso potrebbe dunque eventualmente dedursi la confessione di avere operato le ritenute ma non certo quella di avere rilasciato le relative certificazioni. Infine, anche il riferimento al modello DM 10 di versamento dei contributi previdenziali attestante le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l’ammontare degli obblighi contributivi la cui accertata presentazione da parte del datore di lavoro è valutabile, in assenza di elementi di segno contrario, secondo questa Corte, come prova della effettiva corresponsione degli emolumenti ai lavoratori tra le altre, Sez. 3, numero 21619 del 14/04/2015, Moro, Rv. 263665 appare impropriamente evocato ove si tenga conto della diversità di contenuto della prova necessaria corresponsione degli emolumenti da un lato, appunto, e rilascio delle certificazioni dall’altro . Di qui, dunque, la condivisibilità della conclusione secondo cui le indicazioni contenute nel modello 770 non sono da sole idonee a provare il fatto del rilascio delle certificazioni, essendo indizio che, se può essere sufficiente in sede cautelare reale a fronte del differente standard dimostrativo richiesto Sez. 3, numero 46390 del 2017, Gambardella, cit., e Sez. 3, numero 48591 del 2016, Pellicani, cit. , non lo è però in giudizio a fronte del canone, ad esso riferito, dell’accertamento al di là di ogni ragionevole dubbio cristallizzato dall’articolo 533 cod. proc. penumero e ciò, va sottolineato, a prescindere, come già affermato in talune delle pronunce sopra richiamate, dalla attribuibilità, alla circostanza del rilascio delle certificazioni, della veste di presupposto del reato ovvero di elemento costitutivo dello stesso. Sul punto deve essere anzitutto chiarito, sul piano generale, come una formale distinzione tra presupposti del reato ed elementi costitutivi dello stesso sia impropriamente posta si è correttamente puntualizzato in dottrina come i presupposti del reato, tra i quali vengono annoverati, tra gli altri, il soggetto attivo e passivo, la condotta e l’oggetto materiale, altro non siano, logicamente, che quegli stessi requisiti necessari per la qualificazione del fatto come illecito penale ovvero, in altri termini, gli stessi elementi costitutivi, sì che nessuno spazio di reale differenziazione tra i due concetti potrebbe evidentemente sussistere. Dovrebbe allora più correttamente parlarsi di presupposti della condotta , da intendersi, atteso anche il significato lessicale della locuzione ciò che si pone come precedente ad altro e come sua condizione , come circostanze, di fatto o di diritto, preesistenti alla realizzazione di essa in relazione al criterio di anteriorità cronologica necessariamente discendente dal già indicato significato letterale del sostantivo e necessarie per attribuire un significato criminoso alla condotta stessa ma anche in tal caso, va subito detto, e proprio perché anche tali circostanze sarebbero comunque necessarie ai fini dell’integrazione del reato, sarebbe assai difficile individuare una reale differenza rispetto agli elementi costitutivi del reato, se non in termini di elemento psicologico posto che, essendosi tali circostanze già realizzate, le stesse potrebbero essere unicamente conosciute, ma non volute dal soggetto agente. Del resto, i sintomo della difficoltà di attribuire un significato autonomo alla nozione di presupposto rispetto a quella di elemento costitutivo del reato appare nella specie plasticamente dato dalla incertezza in cui, con riferimento alla questione di specie qui trattata, appaiono essere incorse le pronunce già richiamate allorquando si è trattato di inquadrare il rilascio delle certificazioni nell’una o nell’altra delle due categorie. E tale incertezza appare nella specie accentuata dal fatto che il rilascio delle certificazioni è circostanza ordinariamente consistente in una condotta posta in essere dallo stesso soggetto agente che incorra nell’omissione del versamento salvo che, successivamente al rilascio e prima della scadenza del termine annuale prevista per la presentazione della dichiarazione, abbia a mutare la persona fisica del sostituto di imposta sicché, in tal caso, anche l’eventuale margine di utile significato rinvenibile nel concetto di presupposto della condotta conosciuto ma non voluto secondo appunto la dottrina sopra richiamata verrebbe, nella specie, quasi sempre a dissolversi. Ed allora, ove, come pare necessario, si debba privilegiare il significato letterale del termine, chiaramente volto ad evidenziare la anteriorità cronologica del fatto, il rilascio delle certificazioni, fisiologicamente anteriore alla scadenza del termine per il versamento anche nella struttura della norma, che significativamente appare impiegare il participio passato rilasciate , appare più correttamente inquadrabile nella categoria del presupposto della condotta senza che, però, ciò possa portare ad escludere la necessità su cui, come visto, convengono, infatti, esplicitamente o implicitamente, tutte le pronunce di questa Corte che di tale circostanza, necessaria per integrare l’illecito penale anche soprattutto per differenziare quest’ultimo, come ricordato in premessa, dall’illecito amministrativo, debba essere data prova. 6. La fondatezza degli approdi raggiunti dalla giurisprudenza di segno più rigoroso appare poi non contraddetta dagli sviluppi normativi già segnalati con riguardo in particolare alle modifiche operate, sul corpus dell’articolo 10-bis cit., dall’articolo 7 del d. lgs. numero 158 del 2015. Come già anticipato sopra, la revisione della norma è consistita nella integrazione della rubrica dell’articolo passata da omesso versamento di ritenute certificate a omesso versamento di ritenute dovute o certificate e nella apposizione, accanto al periodo risultanti dalla certificazione rilasciata , del periodo dovute sulla base della stessa dichiarazione . In tal modo, anziché ricostruire la fattispecie nel senso di un ritorno all’impianto come disciplinato dal d.l. numero 429 del 1982, ove l’obbligo di versamento penalmente presidiato riguardava semplicemente le ritenute effettivamente operate , si è scelto non solo di mantenere la necessità di una fonte di attestazione delle stesse, ma altresì di duplicare la stessa mediante il ricorso anche al contenuto della dichiarazione. La stessa strada prescelta trova del resto come spiegazione logica quanto esternato dallo stesso legislatore nella relazione illustrativa allo schema del d. lgs. numero 158 cit. ove si è scritto essere stata chiarita, con l’articolo 7, la portata dell’omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti di cui all’articolo 10-bis mediante l’aggiunta del riferimento alle ritenute dovute sulla base della dichiarazione . Ora, una tale necessità di chiarimento del significato della norma non può che essere rapportata, logicamente, all’incertezza determinata dal dibattito giurisprudenziale avutosi appunto con riguardo alle modalità probatorie del fatto del rilascio della certificazione unica essendo la disposizione stata ricostruita quanto al momento attestativo delle ritenute, non più confinato solo a quanto risultante dalla certificazione ma esteso anche a quanto dovuto sulla base del contenuto della dichiarazione modello 770 che riporta l’indicazione delle ritenute operate in tal modo si è reso dunque non più indispensabile provare il previo rilascio della certificazione unica potendo guardarsi, per l’individuazione delle ritenute il cui omesso versamento deve essere sanzionato, anche al solo modello 770. Se questo è il significato della modifica, non può allora sussistere dubbio sulla portata innovativa della norma che, prendendo atto del prevalente orientamento di questa Corte, ha obiettivamente inciso sullo stesso oggetto materiale della condotta la cui omissione è sanzionata, la cui individuazione, dapprima limitata a quelle sole ritenute che risultavano dalla certificazione, è oggi estesa alle ritenute emergenti dalla dichiarazione modello 770. Né in senso contrario, come la stessa ordinanza di rimessione a questa Corte pare invece prospettare, può valorizzarsi la volontà di mero chiarimento che avrebbe animato il legislatore nell’effettuare la interpolazione in oggetto se il chiarimento si è tradotto, come pare indubitabile, nella individuazione di un oggetto dell’omesso versamento alternativo a quello in origine contenuto nella norma e in precedenza in alcun modo ricavabile dal testo il riferimento alla dichiarazione compare solo nella nuova versione , appare non corretto discorrere di norma di interpretazione autentica e ciò, tanto più ove si consideri quanto correttamente evidenziato in particolare dalla sentenza Gagliardi in ordine alle differenze e alle diverse finalità di certificazione unica da una parte e dichiarazione del sostituto d’imposta dall’altra in particolare va ribadito che la certificazione delle ritenute è regolata, per quanto qui interessa, dall’articolo 4, comma 6 - ter, del d.P.R. numero 322 del 1998 ed ha la funzione di attestare l’importo delle somme corrisposte dal sostituto di imposta e delle ritenute da lui operate, dovendo essere consegnata entro il 31 marzo di ogni anno. La dichiarazione mod. 770 è invece disciplinata dall’articolo 4, comma 1, e segg. del d.P.R. numero 322 del 1998, ed è destinata ad informare l’Agenzia delle entrate delle somme corrisposte ai sostituiti, delle ritenute operate sulle stesse e del loro versamento all’erario e deve essere inoltrata nella data fissata volta per volta dal legislatore. Infine, mentre le certificazioni devono essere emesse soltanto quando il datore ha provveduto a versare le ritenute, la dichiarazione va invece obbligatoriamente presentata entro il termine stabilito per legge salva, in caso contrario, l’applicazione di sanzioni amministrative . Va del resto osservato come nella stessa relazione illustrativa al decreto legislativo si precisi anche, subito dopo il passaggio già ricordato, che la integrazione della rubrica del novellato articolo 10-bis è stata imposta dalle modifiche introdotte e, in particolare dell’estensione del comportamento omissivo non più alle sole ritenute certificate ma anche a quelle dovute sulla base della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta , una tale precisazione finendo quanto meno per neutralizzare la possibile portata del riferimento all’esigenza di chiarimento nel senso della natura mera interpretativa del nuovo testo. 6.1. Soccorre, del resto, sul punto, quanto affermato dalla Corte Costituzionale con riferimento al fatto che l’essenza di una norma interpretativa deve essere quella di imporre per legge una scelta nell’interpretazione di una norma che rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore Corte cost. numero 525 del 2000 . Sempre il giudice delle leggi ha poi chiarito che va riconosciuto il carattere interpretativo ad una legge, la quale, fermo restando il testo della norma interpretata, ne chiarisca il significato normativo e privilegi una delle tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo sia espresso dalla coesistenza di due norme, quella precedente e quella successiva, che ne esplica il significato e che rimangono entrambe in vigore Corte cost. numero 455 del 1992 e, in altra decisione, ha chiarito essere necessario che la scelta ermeneutica imposta dalla legge interpretativa rientri fra una delle possibili varianti di senso del testo interpretato, cioè stabilisca un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore Corte cost. numero 480 del 1992 . Ora, come appena evidenziato sopra, la diversità strutturale e funzionale dei due documenti impedisce che, nel testo anteriore della norma, potesse rinvenirsi il significato oggetto del chiarimento attuato con la nuova formulazione. Né può trascurarsi che uno dei limiti all’adozione di norme interpretative è da ravvisarsi proprio nella materia penale Corte cost. numero 525 del 2000, numero 311 del 1995 e numero 397 del 1994 . 6.2. Ne deriva il dato della portata innovativa della modifica legislativa, allo stesso tempo di indiretta conferma dell’indirizzo maggioritario della Corte, che esclude qualunque possibilità di sua applicazione retroattiva in ossequio agli articolo 2 cod. penumero e 25 Cost., con la conseguenza che il contrasto devoluto a queste Sezioni Unite, riguardante un’omissione realizzata nell’anno 2011, deve essere sciolto unicamente sulla base del dato previgente. Allo stesso tempo, e per le stesse ragioni, diviene irrilevante, nella specie, ogni possibile questione di legittimità costituzionale o di violazione del divieto di bis in idem, pur prospettate da attenta dottrina a seguito dell’analisi del nuovo testo. Va solo ricordato che, quanto al primo punto, si è dubitato della conformità dell’articolo 7 del d.lgs. numero 158 del 2015, cit. modificativo appunto dell’articolo 10-bis cit. ai criteri direttivi della legge delega con conseguente possibile attrito rispetto all’articolo 76 Cost. posto che l’articolo 8 della l. 11 marzo 2014, numero 23 di delega di riforma del sistema tributario , con riferimento alle fattispecie meno gravi cui viene ricondotta l’omissione in questione , prevedeva solo ed esclusivamente di ridurre le sanzioni o di applicare sanzioni amministrative e non autorizzava il Governo in alcun modo ad estendere la portata dell’incriminazione attraverso la previsione di una condotta in precedenza penalmente irrilevante. Quanto poi al secondo punto, a fronte della precisazione già operata dalle Sez. U. numero 37425/2013, Favellato, cit. con riguardo all’elemento di differenziazione tra illecito amministrativo e reato tributario rappresentato dal rilascio al sostituito della certificazione delle ritenute, previsto solo in quest’ultimo, si è posto in rilievo come, venendo ora sanzionato penalmente l’omesso versamento di ritenute anche solo risultanti dalla dichiarazione, la distinzione in oggetto rischi di venire quanto meno offuscata se non vanificata con conseguente sovrapposizione tra loro delle fattispecie penale ed amministrativa. E tutto ciò a prescindere dai non trascurabili aspetti critici che la novazione legislativa appare avere comportato, primo fra tutti il fatto che le ritenute risultanti dalla certificazione potrebbero anche, nella variegata realtà dei casi, non coincidere con quelle riportate in dichiarazione il legislatore parrebbe invece muovere dal presupposto in senso contrario , sì che l’interprete, a fronte della equipollenza, oggi posta dalla norma, dell’una e dell’altra documentazione, resterebbe libero di propendere per la prima ovvero per la seconda pur in presenza della possibile differenza di importi tanto più rilevante attesa la previsione della soglia di punibilità contemplata dalla disposizione in esame. 7. In definitiva, dunque, va affermato il seguente principio con riferimento all’articolo 10-bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dal d. lgs. numero 158 del 2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto di imposta non può essere ritenuta di per sé sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al sostituito della certificazione fiscale . 8. Tenuto dunque conto di tale principio, la sentenza impugnata deve essere annullata. Premesso che il terzo motivo, in realtà avente carattere logicamente pregiudiziale, è manifestamente infondato assumendosi, pur a fronte dell’incontestata omissione del versamento e della altrettanto incontestata provenienza dall’imputato, rappresentante legale della MRC S.r.l. , della dichiarazione modello 770, che la sentenza non avrebbe indicato gli elementi di responsabilità, sono invece fondati i primi due motivi di ricorso, tra loro strettamente connessi. La Corte dorica, infatti, ha desunto dalla dichiarazione suddetta il solo elemento sulla cui base ritenere dimostrato il rilascio delle certificazioni a fronte del silenzio serbato sul punto dall’imputato, in tal modo ponendosi in contrasto con il principio sopra enunciato e non considerando che è onere del pubblico ministero provare il rilascio delle predette certificazioni. Si impone pertanto l’annullamento della sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia che procederà a nuovo giudizio nell’osservanza dei criteri di valutazione probatoria posti da questa Corte. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Perugia.