Saranno le Sezioni Unite a stabilire se i giornalisti dipendenti hanno diritto di optare per la prosecuzione del rapporto di lavoro fino ai 70 anni di età in base a quanto previsto dall’articolo 24, comma 4, l. numero 214/2011.
Così ha deciso la Corte di Cassazione nell’ordinanza interlocutoria numero 23380, depositata il 3 novembre 2014. Il fatto. La Corte d’appello di Milano, nel respingere il reclamo della RAI avverso la sentenza del Tribunale di Milano che aveva accolto la domanda del lavoratore dipendente RAI, aveva spiegato che la norma invocata da quest’ultimo per il suo trattamento in servizio fino al settantesimo anno di età trovava applicazione anche nei confronti degli iscritti all’I.N.P.G.I. Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani quale istituto che gestiva, in regime di sostituzione, le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti. Per la cassazione della sentenza ricorre la RAI. Viene chiesto alla Corte di Cassazione di esprimersi in merito alla sussistenza o meno del diritto del lavoratore dipende della RAI, licenziato in data 8.03.2012 a seguito del conseguimento dei requisiti assicurativi e contributivi per la maturazione della pensione di vecchiaia, a vedersi riconosciuta la richiesta di rimanere in servizio fino al compimento dei 70 anni ai sensi dell’articolo 24, comma 4, l. numero 214/2011, con conseguente accertamento dell’illegittimità del licenziamento. Il punto nodale della controversia è rappresentato dalla necessità di stabilire se nella fattispecie è applicabile l’articolo 24, comma 4, l. numero 214/2011, che, in relazione ai lavoratori la cui pensione è a carico dell’A.G.O. e delle forme esclusive e sostitutive della medesima tra queste ultime è ricompresa, per giurisprudenza della Cassazione, l’I.N.P.G.I. , prevede l’incentivazione del proseguimento dell’attività lavorativa, fatti salvi i limiti ordinamentali dei rispettivi settori o l’articolo 24, comma 24, l. numero 214/2011, in base al quale gli enti e le forme gestorie di cui al d.lgs. numero 509/1994 e numero 10371996 tra i quali pure rientra l’I.N.P.G.I. adottano nell’esercizio della loro autonomia gestionale entro e non oltre il 30.09.2012 misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Finora i Tribunali non hanno espresso un orientamento univoco sulla materia. L’estrema delicatezza e la particolare importanza della questione fin qui esaminata risiedono proprio nel fatto che qualsiasi soluzione venga adottata finisce inevitabilmente per incidere sull’assetto degli equilibri del sistema pensionistico di una determinata categoria con ripercussioni a catena sul sistema contributivo, ipotizzato dalla normativa invocata, o su quello retributivo, applicato nella fattispecie fino al momento del licenziamento, ragion per cui si ritiene doveroso sottoporre la presente vertenza all’esame del Primo Presidente della Cassazione affinché valuti l’opportunità di assegnarla alla Sezioni Unite della Corte.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza interlocutoria 24 settembre – 3 ottobre 2014, numero 23380 Presidente Macioce – Relatore Berrino Ritenuto in fatto Si dibatte della sussistenza o meno dei diritto di C.V. , dipendente della R.A.I., licenziato in data 8/3/2012 a seguito del conseguimento dei requisiti assicurativi e contributivi per la maturazione della pensione di vecchiaia, a vedersi riconosciuta la richiesta di rimanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno d'età ai sensi dell'articolo 24, comma 4, del D.L. numero 201/2011 convertito nella legge numero 214/2011 , con conseguente accertamento dell'illegittimità del licenziamento. La Corte d'appello di Milano, nel respingere il reclamo della RAI avverso la sentenza del Tribunale di Milano che aveva accolto la domanda del lavoratore, ha spiegato che la norma invocata da quest'ultimo per il suo trattenimento in servizio fino al settantesimo anno d'età trovava applicazione anche nei confronti degli iscritti all'I.N.P.G.I. Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani quale istituto che gestiva, in regime di sostituzione, le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti. Per la cassazione della sentenza ricorre la R.A.I. s.p.a. con cinque motivi. Resiste con controricorso il C. . Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Considerato in diritto Il punto nodale della controversia è rappresentato dalla necessità di stabilire se nella fattispecie è applicabile il quarto comma dell'articolo 24 della legge numero 214/2011, che, in relazione ai lavoratori la cui pensione è a carico dell'A.G.O. e delle forme esclusive e sostitutive della medesima tra queste ultime è ricompresa per giurisprudenza di questa Corte l'I.N.P.G.I. prevede l'incentivazione del proseguimento dell'attività lavorativa, fatti salvi i limiti ornamentali dei rispettivi settori, o il ventiquattresimo comma della stessa norma di legge, in base al quale gli enti e le forme gestorie di cui al d.lgs numero 509/1994 e numero 103/1996 tra i quali pure rientra l'I.N.P.G.I. adottano nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30.9.2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Ebbene, il ragionamento dei giudici di merito, che hanno riconosciuto al C. il diritto di permanere in servizio fino al settantesimo anno di età, parte dalla considerazione che l'istituto previdenziale dei giornalisti, quale ente che attua una forma sostitutiva della gestione obbligatoria nella sentenza numero 1098 del 26/1/2012 della Sezione lavoro di questa Corte si ribadisce che l'INPGI gestisce, per espresso disposto dell'articolo 76 della legge 23 dicembre 2000, numero 388, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall'INPS non può ritenersi escluso dalla previsione normativa di cui all'articolo 24, comma 4, del D.L. numero 201/2011, convertito nella legge numero 214/2012. Tale norma, nello stabilire che per i lavoratori la cui pensione è liquidata a carico dell'A.G.O., delle forme esclusive e sostitutive e della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge numero 335/1995,18 pensione di vecchiaia si può conseguire all'età in cui operano i requisiti minimi previsti dai successivi commi, aggiunge che il proseguimento dell'attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza si pensi ad esempio a quelli delle forze dell'ordine , dall'operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all'età di settantanni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita, come previsti dall'articolo 12 del d.l. numero 78/2010, convenuto con modificazioni dalla legge numero 122/2010 e successive modificazioni e integrazioni. Infine, nello stesso quarto comma dell'articolo 24 cit., è previsto che nei confronti dei lavoratori dipendenti l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 18 della legge numero 300/70 e successive modifiche opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità. L'Inpgi gestisce, quindi, una forma di assicurazione sostitutiva, ancorché sia un ente privatizzato dal D.Lgs. numero 509 del 1994. Peraltro, nella citata sentenza numero 1098/2012 della sezione lavoro di questa Corte, si è precisato che il fatto che l'Inpgi gestisca una assicurazione sostitutiva è inequivocabilmente ribadito dalla L. numero 388 del 2000, articolo 76, laddove, modificando la L numero 416 dei 1981, articolo 38, prevede che L'Inpgi ai sensi delle L. 20 dicembre 1951, numero 1564, L. 9 novembre 1955, numero 1122, e L. 25 febbraio 1987, numero 67, gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti . . Nella stessa sentenza numero 1098/2012 si è anche rilevato che, a differenza delle Casse dei professionisti, avvocati, ingegneri ecc., l'autonomia finanziaria dell'Inpgi non è integrale , perché in alcuni casi soccorre, nei confronti dei suoi iscritti, la fiscalità generale. Infatti con il D.L. 29 novembre 2008, numero 185, articolo 19, comma 18 ter, lett. a , punto numero 2 , convertito, con modificazioni, con L. 28 gennaio 2009, numero 2, si è inserito nell'articolo 37 della legge 5 agosto 1981, numero 416 il seguente comma 1 bis L'onere annuale sostenuto dall'INPGI per i trattamenti di pensione anticipata di cui al comma 1, lettera b , pari a 10 milioni di Euro annui a decorrere dall'anno 2009, è posto a carico del bilancio di Stato. L'INPGI presenta annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali la documentazione necessaria al fine di ottenere il rimborso degli oneri fiscalizzati. Al compimento dell'età prevista per l'accesso al trattamento di pensione di vecchiaia ordinaria da parte dei beneficiari dei trattamenti di cui al primo periodo, l'onere conseguente è posto a carico del bilancio dell'INPGI, fatta eccezione per la quota di pensione connessa agli scivoli contributivi, riconosciuti fino ad un massimo di cinque annualità, che rimane a carico del bilancio dello Stato Inoltre, anche la legge 7 marzo 2001, numero 62 riguardante le Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, numero 416 pone gli oneri del pensionamento anticipato dei giornalisti a carico della Cassa per l'integrazione dei guadagni degli operai dell'industria. Se tutto ciò induce a ritenere, per un verso, che anche per gli iscritti all'I.N.P.G.I. non può non valere la disposizione di cui al quarto comma del citato articolo 24, d'altra parte non possono ignorarsi le problematiche sollevate dalla difesa della società radiotelevisiva che tendono ad una soluzione di segno opposto. Invero, quest'ultima invoca, anzitutto, l'applicabilità del ventiquattresimo comma del citato articolo 24 sull'autonomia gestionale degli enti e delle forme gestorie di cui ai d.lgs numero 509/94 e numero 103/96 nell'adozione delle misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche e sostiene che tale disposizione esclude in radice che la previsione del proseguimento dell'attività lavorativa fino a settantanni - quale misura volta al contenimento della spesa pubblica - possa interessare i predetti enti privatizzati dotati di autonomia. Inoltre, la stessa società ricorrente aggiunge che la gestione dell'I.N.P.G.I. adotta ancora il sistema retributivo, per cui la generalizzazione del metodo contributivo non è di per sé applicabile ai lavoratori giornalisti in regime di calcolo retributivo. Ciò in quanto la disposizione di cui al quarto comma del citato articolo 24, posta a base del riconoscimento del prolungamento del servizio fino a settantanni, presuppone che nella disciplina del calcolo della pensione siano previsti coefficienti di trasformazione del montante contributivo più favorevoli per chi esercita l'opzione per il prolungamento del servizio e che l'ammontare della pensione sia calcolato col sistema di computo contributivo o misto a seconda dei casi, condizioni, queste, non presenti nel differente sistema retributivo adottato dall'I.N.P.G.I Orbene, a tal riguardo si potrebbe obiettare che la scelta di adozione del differente sistema retributivo non dovrebbe costituire un ostacolo alla finalità perseguita dal legislatore di incentivazione del proseguimento dell'attività lavorativa fino al limite massimo dei settantanni, stante il fine ultimo, perseguito attraverso tale rimedio, del consolidamento dei conti pubblici in un particolare momento di crisi economica del paese. Tuttavia, anche a prescindere dal rilievo che la R.A.I. non ha indicato quali misure siano state adottate dall'I.N.P.G.I. entro e non oltre il 30 settembre 2012 ai sensi dell'invocato ventiquattresimo comma del citato articolo 24 ai fini dell'assicurazione dell'equilibrio finanziario per l'erogazione delle prestazioni pensionistiche dopo l'entrata in vigore della stessa legge numero 214/2011, resta il dato di fondo che il contestato quarto comma dello stesso articolo 24 si limita a prevedere semplicemente una incentivazione del proseguimento dell'attività lavorativa fino a settantanni attraverso un determinato meccanismo incentrato sul calcolo dei coefficienti di trasformazione. Ciò non autorizzerebbe l'interprete, secondo l'assunto difensivo della società radiotelevisiva, ad ipotizzare un caso di esercizio di un diritto potestativo di opzione del lavoratore, presupponendo la disposizione normativa in esame un consenso del datore di lavoro all'attuazione del suddetto sistema di incentivazione che è possibile solo attraverso l'adozione dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all'età di settantanni. Inoltre, secondo la tesi della ricorrente, la insussistenza di un vero e proprio diritto di opzione troverebbe conferma indiretta nell'ultima parte del quarto comma del citato articolo 24, laddove è stabilito che nei confronti dei dipendenti l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 18 della legge numero 300/70 e successive modifiche opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità. In definitiva, l'estrema delicatezza e la particolare importanza della questione fin qui esaminata risiedono proprio nel fatto che qualsiasi soluzione venga adottata si finisce inevitabilmente per incidere sull'assetto degli equilibri del sistema pensionistico di una determinata categoria con ripercussioni a catena sul sistema contributivo, ipotizzato dalla normativa invocata, o su quello retribuivo, applicato nella fattispecie fino al momento del licenziamento, ragion per cui si ritiene doveroso sottoporre la presente vertenza all'esame del Primo Presidente della Corte affinché valuti l'opportunità di assegnarla alla Sezioni Unite di questa Corte. P.Q.M. La Corte dispone rimettersi il ricorso al primo Presidente per eventuale assegnazione alle Sezioni unite, stante la particolare importanza della questione e rinvia la causa a nuovo ruolo.