Rapporto usuraio avviato dalla madre, ed ‘ereditato’ dalle figlie: condannate

Confermata la linea dura nei confronti delle donne. Assolutamente irrilevante il fatto che esse siano subentrate alla madre, quindi molto dopo la costituzione del rapporto usuraio. Poco plausibile la tesi della non consapevolezza, soprattutto tenendo presenti le modalità delle richieste ‘pressanti’ nei confronti dei debitori.

Crediti da riscuotere, come ‘frutto’ dei prestiti effettuati dalla defunta madre ciò spinge due sorelle a ‘pressare’ i debitori. Ma la verità è che quei rapporti sono usura in piena regola. Conseguenziale la condanna per le due donne. Assolutamente improponibile l’ipotesi della loro ‘inconsapevolezza’ rispetto all’operato ‘oscuro’ della madre. Cass., sent. n. 5943/2014, Seconda Sezione Penale, depositata oggi Sostituzione Linea dura, quella adottata dai giudici di primo e di secondo grado, nei confronti di due donne, responsabili di avere proseguito il ‘mestiere’ – quello di usuraio – della madre condanna, per entrambe, per i delitti di usura e di estorsione , alla pena di 6 anni e 8 mesi di reclusione , più 2mila euro complessivi di multa. Secondo le due donne – che scelgono di proporre ricorso in Cassazione –, però, è stato trascurato il fatto che esse divennero ‘operative’ nella fase esecutiva del rapporto usuraio, costituito dalla propria madre, dopo il decesso di quest’ultima . Anche per questo, viene aggiunto, è valutabile la tesi della buonafede , e dell’ esercizio arbitrario delle proprie ragioni , essendo, come detto, subentrate nel rapporto usuraio . Ma questa visione viene respinta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano le condanne stabilite in secondo grado. Nessun dubbio, innanzitutto, è possibile sulla piena consapevolezza dei rapporti usurai da parte delle due donne – subentrate nella richiesta di versamento delle somme, costituite dagli interessi sulle somme mutuate –, soprattutto alla luce delle modalità particolarmente minacciose e violente delle richieste . E comunque, aggiungono i giudici, è irrilevante il fatto che le due donne abbiano ‘sostituito’ la madre difatti, il reato di usura è reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata, perché i pagamenti, effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario, compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, e non sono qualificabili come ‘post factum’ non punibile della illecita pattuizione .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 gennaio – 7 febbraio 2014, n. 5943 Presidente Petti – Relatore Iannelli Fatto e diritto S.A. e S.I., già condannate, in abbreviato, con doppia conforme - sentenze del tribunale di Torre Annunziata in data 13.10.2011 e corte di appello di Napoli in data 4.10/ 19.11.2012 - alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione ed euro 1400,00600 di multa, ciascuna, per i delitti, in continuazione di usura e di estorsione ex artt. 81 cpv., 110, 629 e 644 c.p., - ricorrono, con atto congiunto, avverso la seconda decisione, deducendo, con il richiamo all'art. 606 lett. b c ed e codice di rito, i rilievi critici che si possono sintetizzare nel modo seguente a omessa considerazione delle deduzioni difensive centrate sul fatto che le imputate subentrarono nella fase esecutiva del rapporto usuraio costituito dalla propria madre, dopo il decesso di quest' ultima b carenza di motivazione sul diniego della possibile diversa qualificazione del fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni per essere in buona fede le imputate subentranti nel rapporto usuraio. Infondato il ricorso. Invero il reato di usura appartiene al novero dei reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata perchè i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, e non sono qualificabili come post factum non punibile della illecita pattuizione. In difetto poi di allegazioni difensive, deve ritenersi la piena consapevolezza dei rapporti usurai da parte delle imputate subentrate nella richiesta di versamento delle somme costituite dagli interessi sulle somme mutuate, come evidenziato peraltro dalle modalità particolarmente minacciose e violente delle richieste, incompatibili certo con la consapevolezza di esercitare un diritto che solo avrebbe consentito la prospettazione di adire le vie giudiziarie, vie precluse per l'appunto dal carattere illecito delle richieste stesse. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.