Fermo amministrativo per un debito Irpef: al giudice tributario l’ardua sentenza

Spetta al giudice tributario decidere la causa relativa al fermo amministrativo disposto per un debito Irpef.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza numero 9568 del 5 maggio 2014. Il caso. Un uomo impugnava il preavviso di fermo amministrativo dell’autovettura, deducendo l’inesistenza di un valido titolo legittimante la pretesa al pagamento di alcune somme di denaro nei suoi confronti. In particolare, gli era stata inviata una cartella esattoriale come erede di un uomo del quale, in realtà, era stato solo curatore della relativa eredità giacente. Il Giudice di Pace di Pescara dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in quanto, poiché il fermo amministrativo impugnato afferiva a credito tributario per Irpef, l’impugnazione doveva essere proposta davanti al giudice tributario. Tale decisione veniva confermata anche in appello. L’uomo ricorre in Cassazione, sostenendo la spettanza della giurisdizione al giudice ordinario. La competenza va al giudice tributario. Il ricorso deve essere rigettato l’opposizione avverso fermo amministrativo di veicolo resta attribuita al giudice tributario a meno che l’ente impositore abbia formalmente riconosciuto il diritto alla sgravio trattandosi, in tale ultimo caso, di un mero indebito oggettivo di diritto comune. Il ricorrente, invece, si è limitato a dedurre che non era stata valorizzata la circostanza fattuale che sia l’ente impostore che la concessionaria avevano riconosciuto l’erroneità e la non riferibilità della cartella esattoriale ad esso ricorrente. Tuttavia, proprio il fatto che egli fosse il curatore della eredità giacente lo obbligava al pagamento, rendendo legittima la pretesa nei suoi confronti. Disposta, quindi, la giurisdizione del giudice tributario, il ricorso del contribuente è da rigettarsi.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 25 febbraio – 5 maggio 2014, numero 9568 Presidente Adamo – Relatore Di Blasi Svolgimento del processo D.F.P. impugnava in sede giurisdizionale, il preavviso di fermo amministrativo dell'autovettura, per asserito omesso pagamento di somme, deducendo l'inesistenza di un valido titolo, legittimante la pretesa nei propri confronti. Evidenziava di avere, in precedenza, ricevuto una cartella esattoriale, erroneamente indirizzatagli quale erede di tale D.G.F. , del quale, in realtà, era stato solo curatore della relativa eredità giacente, e che tale erroneo operato aveva tempestivamente segnalato alla competente Agenzia, che ne aveva preso atto. Nell'incoato giudizio, si costituiva l'Agenzia Entrate, mentre non svolgeva difese l'intimata concessionaria. L'adito Giudice di Pace di Pescara, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, opinando che, poiché il fermo amministrativo impugnato afferiva a credito tributario per IRPEF, lo stesso risultava impugnabile davanti al Giudice Tributario. Il D.F. , proponeva appello, deducendo la giurisdizione del Giudice Ordinario e la fondatezza, nel merito, dell'impugnazione, per essere estraneo alla pretesa impositiva, ed il Tribunale di Pescara, con la sentenza in epigrafe indicata ed in questa sede impugnata, lo rigettava, confermando la decisione di primo grado. È stato, quindi, proposto il ricorso di legittimità, di che trattasi, che il D.F. ha affidato ad un mezzo. L'Agenzia Entrate, difende le proprie ragioni, con controricorso. Motivi della decisione Con l'unico mezzo, il ricorrente ha censurato l'impugnata decisione per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, deducendo che le argomentazioni nella stessa svolte si porrebbero in contraddizione con quanto documentato e provato in atti e che, alla relativa stregua, è a ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario. Deduce, pure che l'ente impositore e la concessionario avrebbero agito con malafede e colpa grave, ragion per cui ne chiede la condanna al risarcimento dei danni ai sensi degli articolo 96 cpc e 2043 c.c Ritiene il Collegio che il ricorso vada rigettato, tenuto conto che la sentenza del Tribunale di Pescara, che ha riconosciuto e dichiarato la giurisdizione del giudice tributario, è in linea con l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte, e che, d'altronde, il mezzo risulta inidoneamente formulato. In vero, la CTR è pervenuta alla decisione, con argomentazione sul piano giuridico e logico formale corretta, richiamando, per un verso, il consolidato orientamento, secondo cui l'opposizione avverso fermo amministrativo di veicolo e del relativo preavviso ex articolo 86 del dpr numero 602/1973, come interpretato dall'articolo 35 comma 25 quinquies del di numero 223/2006 convertito con legge numero 248/2006, resta, per principio generale, attribuito al Giudice tributario salvo il caso eccettuato che l'ente impositore abbia formalmente riconosciuto il diritto allo sgravio, dovendo, in tal caso, riconoscersi la giurisdizione del giudice ordinario, non riguardando, in tal caso, più la controversia una questione tributaria, bensì un mero indebito oggettivo di diritto comune e, sotto altro profilo, rilevando che, nel caso, la P.A. non aveva effettuato alcun riconoscimento formale dell'inesistenza del credito nei confronti del D.F. e, neppure, aveva disposto alcuno sgravio della somma pretesa e, d'altronde, che la Concessionaria non aveva mai rinunciato alla pretesa fiscale nella quale aveva insistito, continuando a pretenderne il soddisfacimento dal D.F. , quale curatore dell'eredità giacente e non già quale erede del de cuius G.F. . In buona sostanza, il riconoscimento dell'Ente impositore aveva riguardato, non già l'insussistenza della pretesa nei confronti del D.F. , bensì solo la diversa qualità in base alla quale lo stesso era richiesto del pagamento e ciò era conclamato dalla posizione processualmente assunta dall'Agenzia delle Entrate, la quale costituendosi in sede di opposizione, aveva dedotto la legittimità della pretesa nei confronti dell'opponente quale curatore dell'eredità giacente ex articolo 131 ora 187 dpr 917/1986 e non già quale erede. A fronte di tale ratio decidendi, il D.F. ha sostenuto l'erroneità della decisione di appello, limitandosi a dedurre che non era stata valorizzata la circostanza fattuale che tanto l'ente impositore come pure la concessionaria, avevano riconosciuto l'erroneità e la non riferibilità della cartella esattoriale , ad esso ricorrente. Il ricorrente, infatti, non muove critiche puntuali e specifiche alla argomentazione, che costituisce ratio della decisione impugnata, - secondo cui nessun riconoscimento dell'inesistenza del credito aveva operato l'Amministrazione Finanziaria, la quale non aveva neppure disposto alcuno sgravio della somma pretesa, essendosi la stessa limitata a prendere e dare atto che il D.F. era tenuto al pagamento non già quale erede del de cuius, bensì quale curatore della relativa eredita giacente, ferma restando, quindi, la legittimità della pretesa nei confronti dello stesso. In concreto, il tessuto argomentativo della ratio dell'impugnata decisione, non risulta incrinato dalle censure svolte, che risultano generiche, prive di specifica attinenza al decisum Cass. 20652/2009, numero 13259/2006, numero 21490/2005 e sottese ad ottenere una decisione di segno opposto sulla base dei medesimi elementi già esaminati e diversamente valutati dai giudici di merito. Peraltro, il motivo disattende, pure, il principio secondo cui la parte, in sede di ricorso per cassazione, ha l'onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, segnatamente per potersi configurare il vizio di motivazione è necessaria non solo la puntuale indicazione dei fatti controversi rilevanti e del successivo momento di sintesi Cass. SS.UU. numero 16528/2008, numero 254117/2008, ma pure un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza Cass. numero 9368/2006, numero 21249/2006, numero 1014/2006, numero 22979/2004 . Ritiene, altresì, il Collegio che l'altro profilo di censura, con cui si contesta la responsabilità aggravata delle intimate e se ne chiede la condanna al risarcimento danni, non risulta scrutinabile per il carattere della novità. In base all'articolo 345 cpc e per consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, in vero, è inammissibile la proposizione di domande nuove in appello e la relativa questione, anche se non dedotta dalla controparte, va rilevata d'ufficio dal giudice adito ed, in ipotesi, anche in Cassazione, salvo solo il giudicato Cass. numero 28302/2005, numero 273432/2005 . Dall'esame comparativo dell'impugnata sentenza e del ricorso, si evince, inequivocamente, che la questione, prospettata in questa sede, non era stata dedotta davanti ai precedenti giudici, dove il D.F. si era affidato ad altre ragioni, per l'appunto, con le quali aveva sostenuto la giurisdizione del Giudice Ordinario e la fondatezza del ricorso nel merito, per essere personalmente estraneo alla pretesa esattoriale. Stante, dunque, l'incontestata natura tributaria della pretesa, trattandosi di credito per IRPEF, e l'insussistenza dei peculiari presupposti riconoscimento del diritto del contribuente da parte dell'ente impositore per riconoscere la giurisdizione del giudice ordinario, si ritiene che la causa sia stata, erroneamente, introdotta davanti al giudice ordinario e che, quindi, hanno ben deciso i Giudici di merito nel declinare la propria giurisdizione in favore del Giudice tributario. Ritiene, conclusivamente, il Collegio che il ricorso del contribuente vada rigettato per inammissibilità delle censure e che meriti conferma la decisione di appello, che ha riconosciuto ed affermato la Giurisdizione del Giudice Tributario. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro mille, oltre spese prenotate a debito, in favore dell'Agenzia controricorrente, mentre non sussistono i presupposti per una pronuncia sulle spese in favore dell'intimata Equitalia Pragma spa. P.Q.M. Dichiara la giurisdizione del Giudice Tributario e rigetta il ricorso del contribuente, che condanna al pagamento, in favore dell'Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di Euro mille, oltre spad.