Stravolta completamente la valutazione compiuta dal gip, che aveva condannato l’uomo a sei mesi di reclusione e 4mila euro di multa. Decisivi il numero esiguo di piantine e il quantitativo minimo di droga estraibile. Carente, secondo i giudici, la offensività della condotta dell’uomo.
Volendo parafrasare Battisti, quindici piantine di marijuana non posson bastare per dover fare i conti con la giustizia! Ci si trova, difatti, di fronte a un numero esiguo di piantine, da cui è possibile estrarre un quantitativo minimo di droga. Ciò basta per evitare la condanna, anzi ottenere l’assoluzione dall’accusa di «produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti». Cass., sent. numero 15191, Sezione Seconda Penale, depositata oggi Poca roba Dura la posizione assunta dal Giudice per le indagini preliminari «pena di sei mesi di reclusione» e «4mila euro di multa» nei confronti dell’uomo – di mezza età – beccato a dedicare il proprio ‘pollice verde’ alla «coltivazione di marijuana». Ben quindici le piantine curate, con attenzione, dall’uomo. Ma, nonostante tutto, il nodo gordiano è la «offensività della condotta», assolutamente carente, secondo i giudici della Corte d’Appello, che, difatti, assolvono l’uomo. Su questo punto, però, si sofferma, poi, il Procuratore Generale della Repubblica, contestando l’assoluzione pronunciata in secondo grado, e sostenendo che «costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale». Ma la visione del Procuratore Generale viene respinta, in questo caso, dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, condividendo le valutazioni compiute in Appello, ritengono «non dimostrata l’offensività della condotta» tenuta dall’uomo. Giustamente decisivi, evidenziano i giudici di terzo grado, il «numero esiguo delle piantine di marijuana» e il «quantitativo minimo di sostanza estraibile». Di conseguenza, è da confermare, in via definitiva, l’assoluzione dell’uomo.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 dicembre 2013 – 3 aprile 2014, numero 15191 Presidente Gallo – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo Con sentenza del 21 novembre 2003, il Gip del Tribunale di Vallo della Lucania dichiarò B.C. responsabile del reato previsto dall'articolo 73 dpr 309/90 e lo condannò alla pena di mesi sei di reclusione ed € 4000,00 di multa. Avverso tale pronunzia propose gravame l'imputato, e la Corte d'Appello di Salerno, in accoglimento dell'appello, assolveva il C. perché il fatto non è più preveduto dalla legge come reato. Proposto ricorso per cassazione da parte del Procuratore Generale, questa Corte, sezione VI, con sentenza in data 9.12.2009, annullava la sentenza della Corte d'Appello, rilevando un vizio di motivazione in ordine alla non effensività della condotta coltivazione di 15 piante di marjuana . La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 18.10.2012, pronunciando in sede di rinvio, assolveva il C. dal reato ascrittogli perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Napoli, deducendo l'erronea applicazione dell'articolo 73 d.p.r. 309/90 e la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'articolo 606, co. 1, lett. b ed e c.p.p. rilevando che ogni riferimento alla offensività della condotta, pur legittimo in via di principio, appare del tutto inconferente e che costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Motivi della decisione Il ricorso è infondato, e va rigettato. E' principio pacificamente affermato da questa Corte v. Cass. Sez. VI, sent. numero 22110/2013 Rv. 255773 S.U. sent. numero 28605/2008 Rv. 239921 che, ai fini della punibilità della coltivazione, non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile. Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha ritenuto non dimostrata l'offensività della condotta, né l'idoneità della stessa a porre in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, in considerazione non solo del numero esiguo delle piantine di marijuana, ma anche del quantitativo minimo di sostanza dalle stesse estraibile. E pertanto, la sentenza non appare censurabile in quanto rispettosa dei principi di diritto in materia affermati da questa Corte e non illogicamente motivata. P.Q.M. Rigetta il ricorso.