Chi guidava la moto al momento dell’incidente? Lo si può dedurre tramite presunzioni

Il convincimento del giudice si può basare anche su una sola presunzione, purché grave e precisa non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 132/13, depositata il 4 gennaio. Il caso. Gli eredi di un motociclista morto con il compagno di viaggio a seguito di un incidente stradale ricorrono per cassazione contro la sentenza di appello, contestando l’affermazione che il loro congiunto fosse alla guida della moto al momento dell’impatto e la misura della responsabilità attribuita al conducente dell’autocarro contro il quale la moto si era scontrata. Chi era alla guida della moto? Quanto al primo punto, gli Ermellini ricordano che il convincimento del giudice si può basare anche su una sola presunzione, purché grave e precisa, e che non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente il riferimento a una connessione possibile e verosimile di accadimenti. I giudici di appello, pertanto, sembrano aver fatto buon uso di questo principio, desumendo dalle testimonianze relative a un orario precedente al sinistro che, con ogni probabilità, il congiunto dei ricorrenti era rimasto alla guida della moto. La riduzione di responsabilità è fondata. A proposito della responsabilità del conducente dell’autocarro, individuata in una misura pari al 20% in luogo del 35% statuito in primo grado, la S.C. rileva che i giudici di merito hanno esaminato le risultanze istruttorie con ragionamento completo e immune da vizi logici posto che l’autocarro procedeva a una velocità superiore al consentito, la successiva manovra del conducente volta ad evitare l’impatto fonda la riduzione di responsabilità. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 5 dicembre 2012 – 4 gennaio 2013, numero 132 Presidente Finocchiaro – Relatore Carluccio Ritenuto Che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli articolo 376 e 360-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione che la relazione, per la parte relativa allo svolgimento del fatto, ha il seguente contenuto “1. Gli eredi di L.R. , deceduto, insieme con B.L. , in uno scontro tra la moto, a bordo della quale viaggiavano, e un autoarticolato, condotto da Pi.Sa. , ricorrono in cassazione, deducendo il vizio di insufficienza e contraddittorietà di motivazione con due motivi , avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 18 novembre 2010 . È applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, numero 69. Proposta di decisione. 1. Ai fini che ancora rilevano nella presente controversia, la Corte di merito nel confermare la decisione di prime cure, ha ritenuto che alla guida del motoveicolo vi fosse il L. nel riformare la prima decisione, per il conducente dell'autocarro, ha valutato più adeguata alle circostanze del caso concreto una misura della responsabilità pari al 20%, in luogo di quella del 35%, ritenuta in primo grado. 2. Gli credi di L.R. censurano la prima statuizione motivo secondo, sub b per aver il giudice desunto dalle testimonianze — secondo le quali il L. era alla guida alle ore 10 e 14,30 - che lo stesso fosse alla guida alle 16,40, al momento dell'incidente. Sostengono che tale presunzione manca del requisito della gravità e precisione, potendosi ipotizzare che i due giovani si erano alternati alla guida nei diversi momenti del pomeriggio. 2.1. La censura non ha pregio e deve essere rigettata. La Corte ha in molte occasioni chiarito che il convincimento del giudice può ben fondarsi anche su una sola presunzione, purché grave e precisa, e che non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità cioè che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza Cass. 1 agosto 2007, numero 16993 . Nella specie, la Corte ha fatto buon governo di tale principio avendo ritenuto, secondo un criterio di probabilità, che il L. fosse rimasto alla guida del motoveicolo, dando rilievo alla testimonianze relative all'orario precedente il sinistro. Tanto in un contesto in cui i verbalizzanti avevano affermato che non era stato possibile accertare chi fosse alla guida e nel rapporto era stato indicato il B. solo perché la moto era di proprietà della sorella . 3. La seconda statuizione, relativa alla misura della responsabilità del L. e del Pi. , individuata nel 20% a carico di quest'ultimo, in luogo di quella del 35%, ritenuta in primo grado, viene censurata per difetto di motivazione motivo primo, sub a . In particolare, nella parte esplicativa del motivo si mette in evidenza che il giudice di seconde cure ha valutato gli stessi clementi valutati dal primo giudice, senza dare conto di tale riduzione. Poi, si richiamano critiche svolte dagli attuali ricorrenti, in sede di memoria conclusionale d'appello, rispetto alla consulenza tecnica, in ordine alla velocità dei mezzi, alla dinamica del sinistro, volte a ribaltare la misura della responsabilità a favore del conducente della moto, anche se la statuizione del primo giudice non era stata impugnata sul punto dagli attuali ricorrenti. 3.1. La censura è inammissibile. La Corte di merito, con ragionamento completo e immune da vizi logici ha preso in esame le risultanze istruttorie già valutate dal primo giudice. Ritenuta accertata la preponderante responsabilità del guidatore della moto e riconosciuto che il guidatore dell'autocarro non aveva, comunque, rispettato il limite di velocità, ha ritenuto più adeguata alle circostanze una percentuale del 20% a suo carico. Si tratta di una valutazione di adeguatezza della misura che ben si coordina con la manovra dello stesso guidatore di spostarsi verso destra e di frenare. Anche se, come ha rilevato la Corte, con tale manovra non può dirsi che abbia fatto tutto il possibile per evitare l'evento, proprio in ragione del mancato rispetto del limite di velocità. I ricorrenti si limitano a prospettare una nuova valutazione delle risultanze istruttorie, per di più richiamando critiche alla consulenza d'ufficio, senza la precisa indicazione delle parti rilevanti della stessa, ai sensi dell'articolo 366 numero 6 cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità. 4. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi.” che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte. Considerato che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione che i rilievi, mossi dal ricorrente con memoria, non sono idonei ad inficiare le argomentazioni della relazione che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato che, non avendogli altri intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.