Straordinario di sabato? Ma il sabato non si lavora!

La ricostruzione del rapporto di lavoro con riferimento a tutti gli emolumenti retributivi è circoscritta sempre nell’ambito del potere dispositivo delle parti e poteri officiosi del giudice.

Il fatto. Il Tribunale del lavoro condannava un datore di lavoro alla corresponsione di somme a favore del lavoratore, per differenze retributive maturate in costanza di rapporto di lavoro e non corrisposte, nonché a titolo di trattamento di fine rapporto. In sede di gravame, la Corte di Appello confermava il decisum del giudice di prime cure e con riferimento all’appello incidentale proposto dal lavoratore per il mancato riconoscimento del lavoro straordinario, asseritamente svolto di sabato mattina ovvero oltre il normale monte-orario di lavoro previsto dal CCNL di categoria, determinato in 40 ore settimanali e redistribuito in cinque giorni lavorativi, la Corte medesima lo rigettava. Carenza di prova circa il lavoro prestato di sabato mattina. A fondamento di tale rigetto, i giudici di appello rilevavano che il lavoro straordinario dedotto dal lavoratore ed asseritamente prestato il sabato mattina, non aveva trovato riscontro probatorio in primo grado, neanche all’esito della consulenza tecnica disposta d’ufficio, quindi, correttamente il Tribunale del lavoro aveva accolto solo parzialmente la domanda di differenze retributive azionata dal lavoratore nel ricorso introduttivo. Doglianze del datore in sede di legittimità. Avverso la sentenza di appello, ricorreva in Cassazione parte-datoriale assumendo con sei motivi di ricorso, che la sentenza di merito fosse viziata perché contrastante con il dovere decisorio del giudice cristallizzato nel principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c. nonché per vizi logici consistenti nell’insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia. In particolare, il datore di lavoro censurava l’operato dei giudici del merito, poiché nella ricostruzione degli elementi fattuali sostanziali non avevano tenuto nella giusta considerazione, anzi ne avevano addirittura travisato il valore probatorio, le risultanze emergenti dalla prova per testi, laddove peraltro vi erano anche deposizioni tra loro contraddittorie. La Cassazione non è giudice sul fatto, ma può controllarne solo la ragionevole ricostruzione. Tale censura involgente il giudizio sul fatto strettamente e squisitamente riservato alla fase di merito, è stata disattesa dalla Suprema Corte di Cassazione sull’assunto di una insufficiente articolazione della censura non corroborata dagli elementi atti a dimostrare l’illogicità logico-giuridica del modus procedendi dei giudici del merito. La censura articolata in diversi motivi di ricorso e concernente la violazione del dovere decisorio ex articolo 112 c.p.c. da parte dei giudici del merito, si risolveva nella contestazione del quantum delle somme liquidate a favore del lavoratore a titolo di lavoro straordinario e di altri emolumenti accessori della retribuzione indennità per permessi non retribuiti, ecc. perché di gran lunga maggiori rispetto alle somme indicate dallo stesso lavoratore nel rispettivo petitum del ricorso introduttivo. La clausola di apertura legittima la liquidazione delle spettanze retributive oltre quelle richieste. La Cassazione ha rigettato anche tale censura, sull’assunto della corretta valutazione ed applicazione della clausola di apertura estrapolata dai giudici di prime cure, dal tenore letterale del petitum come riportato nella domanda di giustizia azionata in primo grado. Invero, in virtù della predetta clausola di apertura che consiste nella facoltà esercitata dal lavoratore, nel rispettivo atto introduttivo di lite, di rimettersi ai fini della esatta liquidazione delle somme dovute per differenze retributive, all’applicazione giudiziale di parametri economici stabiliti in via etero-contrattuale in sede collettiva, la Corte di Appello ha puntualmente ritenuto conforme al principio sul dovere decisorio ex articolo 112 c.p.c. il decisum assunto dal Tribunale in primo grado che sulla scorta delle risultanze della CTU riferiti alla tariffazione economica prevista dalla contrattazione collettiva di categoria, ha liquidato le somme dovute al lavoratore in un ammontare maggiore rispetto a quello dallo stesso indicato nell’atto introduttivo, senza incorrere in una pronuncia ultra petizione soccorrendo l’operatività della clausola di apertura.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 gennaio – 27 marzo 2012, numero 4896 Presidente Lamorgese – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Il Tribunale del lavoro di Messina accoglieva parzialmente le domande proposte da S.S. nei confronti di T.A. e condannava quest'ultimo al pagamento in favore del ricorrente delle somme di cui alla sentenza per differenze retributive e TFR per il lavoro svolto alle dipendenze di questi. La Corte di appello di Messina respingeva l'appello del T. e l'appello incidentale dello S. . La Corte territoriale rilevava che lo S. aveva dedotto di aver lavorato con orario pieno per 40 ore settimanali nonché il sabato mattina, che lo straordinario andava riferito alla prestazione effettuata il sabato perché il CCNL prevedeva lo svolgimento di un orario di lavoro di 40 ore su cinque giornate lavorative. La prova dell'orario nei 5 gg. alla settimana era stata effettivamente raggiunta e la somma specificata nelle conclusioni del ricorso era stata richiesta solo in via indicativa e con riferimento anche a quelle somme minori o maggiori eventualmente risultanti dalla CTU. Anche le altre voci per differenze retributive erano state richieste senza una quantificazione esatta, ma con riferimento a quanto dovuto per contratto o a quanto sarebbe stato accertato tramite consulenza tecnica. L'eccezione di prescrizione di parte dei crediti era tardiva. Ricorre il T. con sei motivi, resiste controparte con controricorso. Il ricorrente ha prodotto memoria difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente o contraddico ria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio si era tenuto conto delle sole dichiarazioni della teste To.Anumero , mentre il t.a. aveva dichiarato addirittura di odiare il convenuto Non era vero che il Tribunale, come affermato dalla Corte territoriale, avesse esaminato e valutato i testi di entrambe le parti, mentre si era basato sulle sole dichiarazioni della prima teste, per giunta travisate. Non si era quindi risposto alla censure mosse nel primo motivo del ricorso in appello ed inoltre non si era spiegato perché si era ritenuto attendibili le dichiarazioni della To.Anumero e non quelle del T.G. . Il motivo è infondato. Nella motivazione della sentenza impugnata emerge, al primo periodo, che la Corte territoriale ha ritenuto provato lo svolgimento del dedotto lavoro straordinario il sabato alla luce delle dichiarazioni dei testi, evidentemente sulla base di un esame diretto delle testimonianze, mancando in questo periodo ogni riferimento all'accertamento svolto dal Giudici di primo grado. La Corte territoriale ha comunque aggiunto che non poteva considerarsi insufficiente la motivazione del Giudice di primo grado che aveva complessivamente valutato le dichiarazioni rese dai testi ritenendo provato l'orario dedotto nei primi 5 gg. della settimana in relazione alla fascia oraria di apertura dell'officina. La motivazione appare pertanto congrua ed esauriente peraltro nel motivo non sono indicati elementi specifici di contraddizione tra le due testimonianze di cui si discute, né sono indicate le ragioni per le quali le dichiarazioni rese dalla teste To.Anumero sarebbero state travisate emerge dal mero stralcio delle dichiarazioni rese dalla teste e riportate in altro modo nel controricorso lo svolgimento di attività lavorativa il sabato . Si tratta peraltro di censure di merito, non circostanziate con specifico riferimento a dati processuali che dimostrino la dedotta contraddittorietà della motivazione. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. e l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. L'orario di lavoro emergente della dichiarazioni dei testi era minore di quello riconosciuto dai Giudici di merito. Il motivo è infondato in quanto la Corte territoriale ha osservato che, alla stregua del CCNL peraltro non prodotto unitamente al ricorso, nel quale non è indicato neppure l'incarto processuale ove lo stesso ^ria reperibile , l'orario di lavoro di 40 ore era articolato su cinque giorni la settimana e che, quindi, la prestazione effettuata nella giornata di sabato doveva essere considerata lavoro straordinario alla luce di quanto riferito dai testi. Le censure sono di fatto e comunque non colpiscono il nucleo della motivazione che riguarda la prestazione effettuata di sabato, cioè dopo lo svolgimento dell'orario di lavoro contrattualmente previsto che è, come già osservato, articolato su 5 gg. lavorativi. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. e l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per la controversia. La richiesta per lavoro straordinario era stata fissata in una precisa somma, inferiore e di molto a quanto poi liquidato dal Giudice di prime cure. Il motivo è infondato la Corte di appello ha infatti già risposto sul punto osservando che la richiesta avanzata nel ricorso era stata operata solo in via approssimativa con una clausola di apertura alle somme maggiori e minori che fossero risultate come dovute in base alla chiesta CTU, clausola perfettamente legittima cfr. Cass. numero 6350/2010, Cass. numero 16783/2006 che come tale non viene contestata nel ricorso. Si assume che la quantificazione del dovuto a titolo di lavoro straordinario era chiara e specifica, ma tale assunto risulta smentito da quanto osservato dalla sentenza impugnata, né si riportano le conclusioni del ricorso introduttivo onde smentire per tabulas quanto osservato nella sentenza impugnata. Non emerge, quindi, alcuna violazione dell'articolo 112 c.p.c. per essere stata accolta la domanda oltre il quantum indicato nell'atto introduttivo. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per la controversia. Era stato calcolato un importo di maggiorazione più alto di quello dovuto alla luce del CCNL per il lavoro straordinario riconosciuto, in quanto l'orario straordinario si era distribuito su sei giorni. Il motivo è infondato in quanto la Corte territoriale ha accertato che l'orario straordinario effettuato era quello relativo alla giornata di sabato, posto che il CCNL prevedeva lo svolgimento della prestazione lavorativa ordinaria di 40 ore su cinque giorni e pertanto su tali ore sono state applicate le maggiorazioni. Peraltro il CCNL le cui disposizioni in tema di maggiorazioni sul lavoro straordinario svolto non è stato prodotto, né si è indicato l'incartamento processuale ove questo sia in ipotesi reperibile, né si sono riprodotte le clausole contrattuali richiamate nel corpo del ricorso. Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per la controversia. Si era fatto riferimento in ricorso per la richiesta relativa alle ferie non godute a quanto risultava dalle buste paga, mentre era stato riconosciuto un importo superiore non attestato dalle dette buste paga. Nel motivo successivo sesto si sviluppano le medesime doglianze in relazione all'indennità permessi non usufruiti, richiesti con riferimento ai dati emergenti nelle buste paga. I detti motivi appaiono infondati alla luce di quanto prima esposto in relazione al terzo motivo posto che, come accertato dalla Corte di appello, la clausola di apertura riguardava tutte le voci richieste. In ogni caso il riferimento alle buste paga, dalle quali emergeva che comunque alcuni periodi di ferie non erano stati goduti ed alcuni permessi non usufruiti, non significa affatto che la domanda fosse stata limitata alla corresponsione di una indennità pari alle sole ferie così attestate, posto che sul punto è stata chiesta ed ottenuta una consulenza tecnica. Né per smentire quanto accertato in sentenza si sono neppure riprodotte nel corpo del ricorso le conclusioni del ricorso di primo grado. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite, liquidate come al dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro 3.000,00 per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.