Passo tratto da una storica canzone, ma la lettura, nello scenario dell’arena moderna, è quella della ricerca dello scontro e della violenza. Per lo pseudo-tifoso confermata la condanna inutile il richiamo anche alla capacità critica del cittadino.
Citazione canora, sì, ma in un contesto, lo stadio, che assomiglia, oggi, sempre più a quello delle arene dell’antica Roma Oltre duemila anni trascorsi invano, perché l’odore del sangue sembra sempre il richiamo più forte. E anche lo striscione – fatto passare all’ingresso come omaggio agli ‘Stadio’ – può rappresentare un’istigazione alla violenza, una mina vagante pronta ad esplodere Cassazione, sentenza numero 25833, Prima sezione Penale, depositata oggi . Cappelli coltelli Stadio ‘Olimpico’, campionato di calcio di serie ‘A’, scontro Roma-Inter, destinato a diventare, per qualche anno, il ‘ clasico ’ made in Italy . Per alcuni pseudo-tifosi, però, il calcio funge solo da sfondo, mentre il palcoscenico vero è quello dello scontro fisico, coi ‘nemici’ della squadra avversaria o delle forze dell’ordine. Esemplare lo striscione esposto sugli spalti dell’impianto romano « sotto l’ombra del cappello non ti fa capire se tira fuori il coltello o ti chiede come stai ». Citazione dalla canzone ‘Grande figlio di puttana’ degli ‘Stadio, accompagnata però da una sigla poco rassicurante, ‘Bisl’ ossia ‘Basta infami, solo lame’. Scenario per nulla edificante. E sanzionato dalla giustizia il tifoso che ha esposto lo striscione viene condannato in Appello – che conferma la pronuncia emessa dal Giudice dell’udienza preliminare – a sei mesi di reclusione per «istigazione a delinquere». Decisivo, secondo i giudici, non solo il tenore dello striscione, ma anche il fatto che i tifosi della Roma «si sono già più volte distinti per la particolare propensione all’uso dei coltelli nei confronti dei tifosi delle squadre avversarie». Claritas. Lettura così semplice e univoca? Questa la domanda che, in sostanza, il tifoso pone ai giudici, col ricorso ad hoc in Cassazione, riprendendo in esame lo striscione ‘incriminato’ esposto all’‘Olimpico’. A questo proposito, da un lato, difatti, viene affermato che la frase, tratta dal testo di una canzone, «si prestava a più interpretazioni», e, dall’altro, conseguenzialmente, viene contestato il peso attribuito allo striscione come «forza di suggestione» rispetto alla platea dei tifosi presenti allo stadio, anche richiamando il «grado di capacità critica del cittadino». Ma tale quadro viene respinto completamente dai giudici di Cassazione, i quali confermano la gravità dell’episodio, anche perché «la intrinseca capacità di istigazione» è da valutare alla luce della sigla ‘Bisl’ ‘Basta infami, solo lame’ che caratterizzava lo striscione. Assolutamente fondato, quindi, l’addebito del reato di «istigazione a delinquere». Uniche lacune da colmare, rispetto alla pronuncia di secondo grado, quelle relative alla possibile «conversione della pena detentiva in pena pecuniaria» e alla ipotesi di un ‘alleggerimento’ della posizione del tifoso con la contestazione della ‘semplice’ «istigazione diretta a commettere contravvenzioni».
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 aprile – 4 luglio 2012, numero 25833 Presidente Siotto – Relatore Posta Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell’8.2.2011 la Corte di appello di Roma confermava la decisione con la quale il Gup dello stesso Tribunale, all’esito del giudizio abbreviato e con le circostanze attenuanti generiche, condannava E.T. alla pena di mesi sei di reclusione, con i benefici della sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna per il reato di istigazione a delinquere, per avere esposto, in occasione dell’incontro di calcio Roma-Inter del 3.5.2006, uno striscione con la scritta «sotto l’ombra del cappello non ti fa capire se tira fuori il suo coltello o ti chiede come stai» con la sigla B.I.S.L 2. La Corte territoriale rilevava che la consapevolezza da parte dell’imputato del contenuto istigatorio della scritta era desumibile dalle modalità con le quali era riuscito ad introdurre lo striscione nello stadio sostituendo, una volta entrato, la parola «trofeo» che inizialmente compariva con la quella «coltello». La concretezza ed effettività della istigazione andava ricondotta alla circostanza che lo striscione era stato esposto nel corso di una partita della Roma i cui tifosi si sono già più volte distinti per la particolare propensione all’uso dei coltelli nei confronti dei tifosi della squadre avversarie. Inoltre, la Corte d’appello riteneva proporzionata alla gravità del fatto l’entità della pena inflitta. 3. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo a vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza del reato di cui all’articolo 414 cod. penumero ed in particolare alla concretezza del pericolo per l’ordine pubblico che deve essere accertata tenendo conto della forza di suggestione della condotta istigatrice del grado di capacità critica del cittadino dell’intrinseca attitudine ad incidere sulla sfera volitiva altrui. D’altro canto, nella specie, la frase scritta sullo striscione si prestava a più interpretazioni, essendo tratta dal testo di una canzone. b violazione di legge con riferimento alla ritenuta sussistenza della ipotesi di cui all’articolo 414 comma 1 numero 1, piuttosto che quella di cui al numero 2, atteso che la frase conteneva al più una istigazione diretta a commettere contravvenzioni. c omessa motivazione in ordine alla richiesta di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria. Considerato in diritto 1. Il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall’articolo 414 cod. penumero , è reato di pericolo concreto e non presunto pertanto, l’esaltazione di un fatto di reato o del suo autore finalizzata a spronare altri all’imitazione o almeno ad eliminare la ripugnanza verso il quo autore non è, di per sè, punibile, a meno che, per le sue modalità, non integri un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, non è censurabile in sede di legittimità se correttamente motivato Sez. 1, numero 26907, 05/06/2001, Vencato, rv. 219888 . Alla luce di tale premessa, ad avviso del Collegio, il primo motivo del ricorso non è fondato, atteso che, pur con una motivazione scarna ed oltremodo sintetica, la Corte territoriale, ha valutato la prova della responsabilità del Testi ed ha ritenuto la configurabilità del reato contestato senza incorrere in manifeste illogicità e contraddizioni. D’altro canto, la sentenza deve essere letta in uno con quella conforme di primo grado nella quale è stato evidenziato che la concreta ed intrinseca capacità di istigazione dello striscione e della scritta doveva essere valutata anche tenendo conto della sigla B.I.S.L. il cui significato notoriamente era «basta infami solo lame». 2. Sono, invece, fondati gli ulteriori motivi di ricorso. Benchè espressamente dedotto con l’atto di appello, la Corte territoriale non in alcun modo motivato in ordine alla configurabilità dell’ipotesi di cui all’articolo 414 comma 1 numero 2 cod. penumero istigazione diretta a commettere contravvenzioni in luogo di quella prevista dal numero 1 della stessa norma. Ha, altresì, omesso di valutare la richiesta di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria. Sul punto deve essere ribadito che la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’articolo 133 cod. penumero . Pertanto, la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego Sez. 2, numero 7811, 01/10/1991, Sampugna, rv. 191006 Sez. 2, numero 25085, 18/06/2010, Amato, rv. 247853 . Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente ai predetti punti sui quali deve essere disposto il rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.