Aggiornamento del canone secondo indici Istat: non servono requisiti formali, ma si richiede una chiara percezione

Il locatore che intenda avvalersi dell’aumento del canone di locazione ai sensi dell’articolo 32 l. numero 392/78 non deve inviare alcuna formale comunicazione al locatario. Ciò non toglie che la causa della maggiorazione del canone debba essere chiaramente percepibile. Non assolve a tale funzione la semplice emissione di fatture per importi superiori a quelle precedentemente emesse. L’accertamento di tale fatto è rimesso al giudice di merito e, se adeguatamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità.

A stabilirlo la Cassazione civile, sezione Terza, con la sentenza numero 10720/12 depositata in cancelleria lo scorso 27 giugno. Un decisione, almeno teoricamente, in linea con i precedenti sul punto. L’aggiornamento del canone di locazione . Sia che tratti di locazione per uso abitazione, salvo il caso di scelta della così detta cedolare secca, sia che si parli di locazione ad uso diverso locazione commerciale, professionale, ecc. , il proprietario dell’unità immobiliare, se espressamente convenuto nel contratto, di anno in anno può chiedere che il canone di locazione sia aumentato per far fronte ad eventuali variazioni del potere di acquisto del denaro. Insomma dato che i soldi di anno in anno perdono di valore, l’aumento serve a compensare quella perdita. Quanto alla misura della variazione in aumento del canone, «per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all'articolo 27 sei anni, ossia quelli destinati ad attività commerciali, numero d.A. , non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati» articolo 32, secondo comma, l. numero 392/78 . Nessuna indicazione sulle forme di comunicazione . La facoltà di poter applicare un aumento, secondo i criteri succitati, deve’essere prevista espressamente e preventivamente, ossia alla stipula del contratto cfr. Cass. numero 2527/06 . L’aggiornamento non può essere automatico. In tal senso è stato affermato che «si reputa nulla, ai sensi del combinato degli articolo 32 e 79 l. numero 392 del 1978, la clausola con la quale le parti abbiano convenuto l’automaticità dell'aggiornamento annuale del canone, senza la necessità di specifica richiesta del locatore riferita all'intervenuta variazione Istat, intendendo questa integrata dalla volontà al riguardo già espressa anticipatamente dallo stesso locatore» ex multis , Trib Salerno 4 aprile 2008 . Insomma volta per volta il locatore deve comunicare al locatario l’intenzione di aumentare il canone di locazione. In che modo? La Cassazione ci dice che «la richiesta di aggiornamento del canone ex articolo 32 l. numero 392/1978 può essere formulata, in mancanza della previsione di una forma determinata, anche verbalmente nonché implicitamente o per fatti concludenti» Cass. numero 25645/10 . Nessun obbligo formale ma comunque è fondamentale la chiarezza dell’intenzione . Nel caso risolto dagli ermellini con la sentenza numero 10720, una società immobiliare pretendeva dal Ministero delle finanze dei canoni per la locazione di alcuni locali. In corso di causa il Ministero pagava quanto riteneva di dover corrispondere. La controversia andava avanti per la differenza, che secondo l’attrice era dovuta in ragione degli aumenti del canone come da contratto. Il Ministero si opponeva affermando che questa circostanza non era desumibile da nessuna parte e che le fatture per i canoni superiori a quello originariamente previsto non potevano considerarsi alla stregua di una comunicazione dell’aumento. D’accordo con questa tesi i giudici di entrambi i gradi di merito. Da qui il ricorso per Cassazione. I giudici di piazza Cavour, dopo essersi pronunciati in merito ad una questione processuale inosservanza dell’articolo 366. sesto comma, c.p.c. già di per se assorbente dell’intero ricorso, hanno ritenuto di dover spendere alcune parole sul cuore della vicenda e, pur non entrando nel merito della valutazione del giudice di secondo grado insindacabile in Cassazione trattandosi di valutazione d’un fatto , non hanno nemmeno censurato la concatenazione logica del ragionamento. C’è da domandarsi una cosa se l’aumento è determinato dalla legge non superiore al 75% dell’indice dei prezzi al consumo e può desumersi anche per fatti concludenti, perché l’aumento di una fattura non può essere considerato tale posto che con una semplice operazione matematica sarebbe possibile giungere a comprendere il perché della variazione?

Corte di Cassazione, sez. VI-3 Civile, sentenza 11 – 27 giugno 2012, numero 10720 Presidente Finocchiaro – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo Con sentenza numero 9414/2008 il Tribunale di Milano ha revocato il decreto ingiuntivo emesso ad istanza della R.I. s.p.a. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze di seguito, brevemente, il Ministero per il pagamento della somma di € 1.396.446,16 per canoni di locazione, dopo che in corso di causa il Ministero aveva pagato la minor somma capitale ritenuta effettivamente dovuta di € 1.316.340,50. Con sentenza in data 24.11/22.12.2010 numero 3216 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano, ritenendo che la differenza di € 80.150,66 ancora reclamata dalla R.I. s.p.a. per aggiornamenti canoni non potesse riconoscersi sulla base della mera emissione di fatture contenente l’indicazione del canone complessivo, non concretando tali documenti un’adeguata richiesta di aggiornamento secondo quanto previsto dall’articolo 32 L. 392/1978. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione la R.I. formulando un unico motivo. Ha resistito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione dell’articolo 32 legge numero 392/1978 in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ Assume parte ricorrente che la Corte di appello ha postulato un requisito di “adeguatezza” della richiesta di aggiornamento canoni, che è estraneo alla fattispecie di cui all’articolo 32 osserva che, non richiedendo la norma alcuna formalità, sarebbe bastato raffrontare le fatture inviate per far comprendere al conduttore l’entità dell’aggiornamento richiesto. 1.1. Il motivo risulta inammissibile per inosservanza dell’articolo 366 numero 6 cod. proc. civ Invero le SS.UU. - in tema di procedibilità e ammissibilità del giudizio per cassazione - hanno precisato che l’onere del ricorrente, di cui all’articolo 369, secondo comma, numero 4, cod. proc. civ., così come modificato dall’articolo 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’articolo 369, terzo comma, cod. proc. civ., ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex articolo 366, numero 6, cod. proc. civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi. Cass. civ., Sez. Unite, 03/11/2011, numero 22726 . In altri termini, ai fini dell’osservanza del richiamato requisito di ammissibilità, occorre indicare la sede in cui è rinvenibile l’atto o il documento, su cui il ricorso si fonda, nonché indicare che il fascicolo è prodotto e, se si tratta di fascicolo della controparte, cautelativamente produrne una copia. Nel caso di specie non si ha altra indicazione in ordine alle fatture su cui si fonda il motivo di ricorso, se non che trattasi dei “docc. nnumero 8-13 Reale” non si dice a quale fascicolo monitorio, di primo o secondo grado si riferisce tale numerazione tantomeno si precisa se detto fascicolo è stato prodotto in questa sede l’unica indicazione fornita è quella in calce al ricorso attestante il deposito di “fascicolo di parte”. 1.2. A tale considerazione già di per sé assorbente può, comunque, aggiungersi che il motivo di ricorso, al di là del surrettizio richiamo al vizio della violazione di legge, appare funzionale a una critica nel merito delle valutazioni espresse nella sentenza impugnata, sollecitando un inammissibile intervento in sovrapposizione di questa Corte. Invero i giudici di appello, pur convenendo che la norma di cui all’articolo 32 cit. non richiede alcun requisito formale, hanno precisato che le fatture prodotte dall’appellante indicavano esclusivamente il canone complessivo per il bimestre in corso, non facendo alcun riferimento all’adeguamento ISTAT e non permettendo quindi di comprendere, nemmeno tramite le relative lettere di accompagnamento, il calcolo effettuato per la determinazione dell’importo richiesto e quindi la quantificazione del canone base e l’aumento percentuale su di esso operato. In altri termini gli stessi giudici, allorché hanno parlato di “richiesta inadeguata”, nella sostanza, lungi dal postulare uno specifico requisito formale non previsto dalla norma, hanno semplicemente inteso escludere che detti atti avessero i requisiti minimi di certezza, per fare almeno presumere una richiesta di adeguamento e far comprendere il suo contenuto. Trattasi di valutazioni di stretto merito non sindacabili in questa sede. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.