Errore sull’ammontare delle somme dovute non scusabile …

Non costituisce errore scusabile sull’ammontare delle somme dovute quello contenuto nel verbale di conciliazione sottoscritto dallo stesso opponente al decreto ingiuntivo, il quale, al momento della sottoscrizione del verbale di conciliazione, era assistito dal suo consulente del lavoro e garantito dalla sede pubblica in cui avveniva la conciliazione.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 26291, depositata il 25 novembre 2013. Il caso. Il Tribunale aveva emesso decreto ingiuntivo nei confronti di una ditta individuale per il pagamento di una somma di denaro ciò, in relazione a un verbale di conciliazione ex lege n. 124/2004, art. 11 conciliazione monocratica , comma 3. Il titolare della ditta aveva proposto opposizione avverso tale decreto ingiuntivo, deducendo errore sull’ammontare delle somme dovute. L’opposizione era stata respinta e, in sede d’appello, la Corte territoriale aveva escluso la scusabilità dell’errore dedotto in ordine all’ammontare delle somme riportate nel verbale sottoscritto dallo stesso opponente. Allora, l’ingiunto ha proposto ricorso per cassazione. A suo dire, il giudice distrettuale non avrebbe condotto una appropriata indagine circa la verifica delle ragioni giuridiche poste a supporto dell’errore dedotto, ricadente sulla dichiarazione riportata nel verbale conciliativo. Per la Suprema Corte la doglianza è infondata. Infatti, gli Ermellini hanno avallato le argomentazioni della Corte di secondo grado, la quale ha spiegato perché le ragioni indicate dal titolare della ditta non costituissero errore scusabile. Ecco perché le ragioni indicate dal ricorrente non costituiscono errore scusabile Come evidenziato da Piazza Cavour, il ricorrente, al momento della sottoscrizione del verbale di conciliazione era assistito dal suo consulente del lavoro e garantito dalla sede pubblica in cui avveniva la conciliazione. Pertanto, irrilevante era l’asserita circostanza delle condizioni economiche disagiate dell’opponente ai fini del riconoscimento dell’errore del debitore sull’ammontare dell’importo sottoscritto per € 18.000, anziché € 8.000 . Alla luce di ciò, il Collegio ha ritenuto il ricorso destituito di fondamento e lo ha rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 ottobre - 25 novembre 2013, n. 26291 Presidente Lamorgese – Relatore De Renzis Svolgimento del processo I. Il Tribunale di Potenza in data 24.11.2008 emetteva decreto ingiuntivo a favore di D S. nei confronti della ditta individuale L.E.G. - Lavori Elettrici Generali di V.A. per il pagamento della complessiva somma di Euro 18.000,00, e ciò in relazione a verbale di conciliazione ex lege n. 124 del 2004 – art. 11, terzo comma. Il V. proponeva opposizione avverso l'anzidetto decreto ingiuntivo deducendo asserito errore sull'ammontare delle somme dovute. Il Tribunale di Potenza con sentenza n. 206 del 2010 respingeva l'opposizione con conferma del decreto ingiuntivo. II. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Potenza con sentenza n. 728 del 2010, la quale, in primo luogo, ha considerato domanda nuova il difetto di esigibilità del credito azionato in via monitoria durante il procedimento amministrativo previsto dall'art. 13 della legge n. 124 del 2004 e quindi ha escluso la scusabilità dell'errore dedotto in ordine all'ammontare delle somme riportate nel verbale da lui sottoscritto. La stessa Corte territoriale ha ritenuto inammissibile la censura circa la revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio. III. Il V. , nell'indicata qualità, ricorre per cassazione affidandosi a due motivi. Lo S. resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell'art. 112 CPC circa l'esistenza di di una domanda nuova. Il V. assume cfr pag. 9 del ricorso che in ordine alla mancanza di certezza ed esigibilità del credito si era limitato ad esporre una mera riflessione tout court relativamente ad una possibile carenza dei presupposti per la concessione del decreto ingiuntivo, senza che tale riflessione divenisse oggetto di specifica richiesta di pronuncia sul punto . La censura si appalesa inammissibile, tenuto conto della deduzione svolta circa la mancanza dei presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo in base ad una pregiudizialità del procedimento amministrativo indicato. 2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 132 - 1 comma - n. 4, dell'art. 118 - 1 e 2 comma - disp. att. CPC, per non avere il giudice di appello condotto una appropriata indagine circa la verifica delle ragioni giuridiche poste a supporto dell'errore dedotto dalla parte, ricadente sulla dichiarazione riportata nel verbale conciliativo. Le doglianze sono infondate, in quanto la Corte territoriale cfr. pag. 6 della sentenza impugnata spiega,condividendo quanto argomentato dal primo giudice, perché le ragioni indicate dall'appellante non costituissero errore scusabile il V. al momento della sottoscrizione del verbale di conciliazione era assistito dal suo consulente del lavoro e garantito dalla sede pubblica in cui avveniva la conciliazione e irrilevante era l'asserita circostanza delle condizioni economiche disagiate dell'opponente ai fini del riconoscimento dell'errore del debitore sull'ammontare dell'importo sottoscritto per Euro 18.000,000, anziché Euro 8.000,00 . 3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori.