Diritto all’oblio globale. Google e Wikipedia contro il Garante Privacy francese (CNIL)

Il diritto all’oblio per essere efficace dev’essere globale. Questa la posizione del Garante Privacy francese sul fondamento delle Linee Guida dei Garanti Privacy UE sulla CGUE Costeja 13 maggio 2014. Google e Wikipedia si oppongono proclamando il primato del diritto di libero accesso alla conoscenza, del diritto all’informazione e alla libertà di espressione. Il Consiglio di Stato francese dovrà dirimere la questione che sta assumendo le dimensioni di uno scontro tra “Legge della piattaforma” e “Legge degli Stati”.

Il caso. Il diritto all’oblio planetario nella piattaforma di Google-Search consiste nella disattivazione del collegamento lesivo non solo nello Stato di appartenenza dell’interessato ma anche in tutto il resto del mondo in cui opera il motore di ricerca. In definitiva si tratta di applicare la tecnica del delisting o deindicizzazione del contenuto lesivo non solo nell’ambito dell’estensione di dominio “.it” ove l’interessato sia cittadino italiano ma anche nelle versioni “.fr”, “.co.uk”, “.de”, “.com”, “.com.hk”, “.co.jp”. Il Garante Privacy francese CNIL nel giugno 2015 ordina a Google il delisting globale concedendo all’interessato il diritto all’oblio con estensione planetaria. Questo provvedimento ha alzato i toni dell’eterno dibattito tra privacy e informazione/libertà di espressione al punto che Google facendosi “paladina” dell’interesse pubblico ha disatteso l’ordine del Garante francese che per tutta risposta le ha comminato una sanzione di € 100.000,00. Google ha impugnato la decisione di fronte al tribunale amministrativo senza successo e adesso si sta giocando l’ultima carta di fronte al Consiglio di Stato francese. La questione sta assumendo dimensioni veramente planetarie al punto che Wikimedia la fondazione che gestisce Wikipedia ha presentato una petizione al Consiglio di Stato francese a sostegno di Google. La tesi del Garante Privacy francese. La CNIL con il provvedimento del 12 giugno 2015 ha chiesto a Google Inc. di procedere all’oblio globale perché alla luce della CGUE Costeja il delisting , per essere efficace, deve coinvolgere tutte le estensioni tanto più che il servizio offerto tramite il motore di ricerca “Google Search” è un trattamento unico. Garante Privacy Francese-Commissione nazionale per l'informatica e le libertà CNIL La CNIL met en demeure Google de procéder aux déréférencements sur toutes les extensions du moteur de recherche , 12 giugno 2015 . Questa tesi trae il proprio fondamento dalle “Linee guida per l’interpretazione e l’applicazione della CGUE 13.05.14” pubblicate il 26 novembre 2014 dal Gruppo dei Garanti Privacy UE WP29 che al punto n.7 stabiliscono che è necessario applicare il de-listing globale per garantire piena efficacia al diritto Data Protection dell’interessato e per evitare che la legge UE venga aggirata. «In questo senso – proseguono i Garanti UE limitare il de-listing ai domini europei non può essere considerato sufficiente per assicurare i diritti Data Protection accordati dalla CGUE 13.05.14. Questo significa in pratica che in ogni caso il de-listing dovrebbe essere efficace anche in tutti i domini pertinenti, incluso il dominio “.com”». La tesi del Tribunale amministrativo francese. Alla luce del quadro giuridico sopra esposto, il Presidente del tribunale dell’impugnazione ha deciso di respingere il ricorso amministrativo di Google in particolare alla luce dei seguenti motivi le estensioni geografiche sono solo un percorso di trattamento. Una volta che il de-listing è accettato dal motore di ricerca, deve essere effettuato ovunque in conformità con la sentenza della CGUE Costeja se il diritto di de-listing fosse limitato solo ad alcune estensioni, potrebbe essere facilmente aggirato perché sarebbe sufficiente cambiare l'estensione ad esempio, fare una ricerca su google.com in Francia , vale a dire, la modalità accesso al trattamento, per trovare il risultato del de-listing Droit au déréférencement rejet du recours gracieux formé par Google à l’encontre de la mise en demeure, 21 settembre 2015 . La tesi di Google. La net company USA sostiene l’inammissibilità dell’oblio globale perché violerebbe il diritto di libero accesso alla conoscenza tramite i motori di ricerca. L’ordine di un tribunale nazionale nasconderebbe al mondo intero una determinata informazione consegnandola all’oblio contro l’interesse pubblico all’informazione e alla libertà di espressione. L’oblio globale costituirebbe una pericolosa china verso la censura. Al fine di evitare questa deriva, Google ha proposto un compromesso secondo cui l’accesso all’informazione deindicizzata verrebbe bloccato in funzione della residenza degli utenti che – se appartenenti alla stessa nazione dell’interessato verrebbero interdetti a quel contenuto anche nelle versioni in lingua straniera. Il CNIL però ha rifiutato. La tesi di Wikimedia. Il 20 ottobre 2016 l’Enciclopedia digitale si è rivolta formalmente petizione all’alto Collegio francese a difesa del diritto di accesso alla conoscenza globale libero dalle ingerenze degli Stati. Riconfermare la decisione del Garante francese significherebbe permettere a un singolo Stato «di controllare a quali informazioni il mondo intero può accedere. Questo caso minerebbe fondamentalmente la visione Wikimedia di un mondo in cui ogni singolo essere umano può condividere liberamente la somma di tutte le conoscenze. Ci auguriamo che il Consiglio di Stato permetterà il nostro intervento in materia, e rileverà che la portata dell'ordine del CNIL era ingiustificata» “Wikimedia Foundation files petition against decision to extend the ‘right to be forgotten’ globally” by Aeryn Palmer . In conclusione. La questione del diritto all’oblio globale nel motore di ricerca assume le dimensioni ciclopiche dello scontro tra “legge della piattaforma digitale” e “legge degli Stati”. Il gestore della piattaforma web si fa “paladino” dell’interesse pubblico all’informazione, alla libertà di espressione e all’accesso libero alla conoscenza. In questo modo antepone l’interesse pubblico alla persona e al relativo diritto all’autodeterminazione informativa digitale. Lo Stato cerca di tutelare persona e interesse pubblico contemperandone le posizioni sulla scorta del principio di proporzionalità e così facendo tenta di riacquistare faticosamente la sovranità sui propri cittadini sottrattigli dalla “legge della piattaforma”.