Il datore di lavoro è insolvente ma non fallito? Il lavoratore può star tranquillo, il t.f.r. lo paga l’INPS

Qualora il datore di lavoro sia insolvente, ma non soggetto a fallimento, il lavoratore può conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia dall’INPS, previo infruttuoso esperimento della procedura di esecuzione.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione con sentenza numero 15369, depositata il 4 luglio 2014. Il caso. Il lavoratore, dopo aver infruttuosamente esperito una procedura di esecuzione ed aver altresì proposto istanza per la dichiarazione di fallimento del datore di lavoro istanza rigettata per la modesta entità del debito , otteneva il pagamento del t.f.r. dall’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, a seguito di insolvenza della società datrice. Avverso la sentenza della Corte d’appello proponeva ricorso per cassazione l’INPS. L’azione nei confronti del Fondo di garanzia. L’articolo 2, comma 5, l. numero 297/1982 disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica dispone il pagamento del t.f.r. da parte dell’INPS qualora il datore di lavoro non soggetto a fallimento non adempia, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, a detto pagamento, sempreché il lavoratore abbia infruttuosamente esperito l’esecuzione forzata per ottenere il credito. L’azione nei confronti del Fondo di Garanzia ex articolo 2, comma 5, l. numero 297/82, trova ingresso ogni qual volta il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive, vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo Cass., numero 8529/12, numero 15662/10 . Interpretazione estensiva. La Cassazione ribadisce una lettura estensiva della legge nazionale che trova piena giustificazione nella facoltà data dal diritto comunitario direttiva CE numero 987/1980 ai legislatori nazionali di assicurare la tutela dei lavoratori anche in casi di insolvenza accertati con modalità e in sedi diverse da quelle tipiche delle procedure concorsuali. Inoltre, questa interpretazione estensiva escluderebbe quella situazione di non-copertura assicurativa che altrimenti si verrebbe a verificare quando il datore di lavoro risulti astrattamente assoggettabile al fallimento, ma questo non può in concreto essere dichiarato Cass., numero 11379/08 . Esigenza di tutela effettiva. La Corte di Cassazione ribadisce il principio di diritto secondo il quale, ai fini della tutela prevista dalla l. numero 297/1982 in favore del lavoratore, per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro, quest’ultimo, se è assoggettabile al fallimento, ma in concreto non può essere dichiarato fallito per la esiguità del credito azionato, va considerato non soggetto a fallimento, con conseguente applicazione dell’articolo 2 della legge summenzionata. Il lavoratore può conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia costituito presso l’INPS a condizione che abbia, preventivamente, esperito una procedura di esecuzione in maniera infruttuosa, salvo che risultino in atti altre circostanze che dimostrino l’esistenza di altri beni aggredibili con l’esecuzione forzata. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 aprile– 4 luglio 2014, numero 15369 Presidente De Cesare – Relatore Venuti Svolgimento del processo La Corte d'appello di Catania, con sentenza depositata il 2 maggio 2009, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto la domanda proposta da C.P. nei confronti dell’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, condannando l'Istituto al pagamento della somma di Euro 6.506,53, oltre accessori di legge, a seguito di insolvenza del datore di lavoro, s.r.l. Consortile Torino Park. Il lavoratore aveva infruttuosamente esperito una procedura di esecuzione ed aveva altresì proposto istanza per la dichiarazione di fallimento del datore di lavoro, che era stata rigettata per la modesta entità del debito. La Corte di merito ha ritenuto che il datore di lavoro, assoggettabile a fallimento ma non dichiarato fallito per la esiguità del credito azionato, doveva essere in concreto considerato non soggetto a fallimento e, pertanto, operava la disposizione di cui all'articolo 2, comma 5, della legge numero 297 del 1982, che consente al creditore di richiedere il t.f.r. al Fondo di garanzia, quando ricorra l'altro requisito, costituito dall'infruttuoso esperimento della procedura di esecuzione. Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione l’INPS. Il lavoratore ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria ex articolo 378 cod. procomma civ Motivi della decisione Con l'unico motivo del ricorso, cui fa seguito il relativo quesito di diritto ex articolo 366 bis cod. procomma civ., non più in vigore ma applicabile ratione temporis, il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 della legge 29 maggio 1982 numero 297, deduce che erroneamente la sentenza impugnata ha accolto la domanda del lavoratore sulla base dell'esito infruttuoso di una procedura esecutiva, senza che ricorresse l'ulteriore requisito dell'accertamento e della declaratoria dello stato di insolvenza, con conseguente dichiarazione di fallimento. La Corte di merito, ad avviso del ricorrente, ha erroneamente interpretato la normativa in questione, con una decisione ispirata da considerazioni equitative, inconciliabile con il mancato accertamento dello stato di insolvenza dell'imprenditore ed erroneamente fondata sul rilievo che l'imprenditore non dichiarato fallito per la esiguità del credito azionato doveva essere in concreto considerato non soggetto a fallimento. Il ricorso non è fondato. La legge numero 297 del 1982, articolo 2, comma 5, prevede il pagamento del t.f.r. da parte dell'INPS qualora il datore di lavoro, non soggetto a fallimento, non adempia, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, a detto pagamento, sempreché il lavoratore abbia infruttuosamente esperito l'esecuzione forzata per la realizzazione del credito. Questa Corte ha più volte affermato cfr. Cass. numero 7466 del 2007, Cass. numero 1178 del 2009, Cass. numero 7585/11 che una lettura della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla direttiva CE numero 987 del 1980 consente, secondo una ragionevole interpretazione, l'ingresso ad un'azione nei confronti del Fondo di garanzia, quando l'imprenditore non sia in concreto assoggettato al fallimento e l'esecuzione forzata si riveli infruttuosa. L'espressione non soggetto alle disposizioni del R.D. numero 267 del 1942 va quindi interpretata nel senso che l'azione della citata L. numero 297 del 1982, ex articolo 2, comma 5, trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo cfr. Cass. 15662/10 e Cass. 8529/12 . A tale interpretazione il Collegio intende dare continuità, anche con riferimento all'ipotesi, qui in rilievo, di rigetto dell'istanza di fallimento per la esiguità del credito. Da un lato, la interpretazione estensiva trova piena giustificazione nella facoltà data dalla direttiva comunitaria ai legislatori nazionali di assicurare la tutela dei lavoratori anche in casi di insolvenza accertati con modalità e in sedi diverse da quelle tipiche delle procedure concorsuali dall'altro, la medesima interpretazione esclude quella situazione di non-copertura assicurativa che altrimenti si verificherebbe quando, come nella specie, il datore di lavoro è astrattamente assoggettabile a fallimento, ma il fallimento non può essere dichiarato, mentre il lavoratore abbia intrapreso un'esecuzione forzata e questa non dia esito cfr. Cass. numero 11379 del 2008 . L'esigenza di tutela effettiva, infine, è coerente con la finalità del Legislatore del 1982, che, mediante l'istituzione di un Fondo di garanzia affidato all'ente previdenziale pubblico, ha inteso compensare la peculiarità della disciplina del t.f.r. - in cui il sistema degli accantonamenti fa sì che gli importi spettanti al lavoratore vengano trattenuti e utilizzati dal datore di lavoro - con la previsione di una tutela certa del credito, realizzata attraverso modalità garantistiche e non soggetta alle limitazioni e difficoltà procedurali previste, invece, per la tutela delle ultime retribuzioni ai sensi del D.Lgs. numero 80 del 1992 . Va quindi ribadito il seguente principio di diritto Ai fini della tutela prevista dalla L. numero 297 del 1982 in favore del lavoratore, per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro, quest'ultimo, se è assoggettabile a fallimento, ma in concreto non può essere dichiarato fallito per la esiguità del credito azionato, va considerato non soggetto a fallimento, e pertanto opera la disposizione dell'articolo 2, comma 5, della predetta Legge, secondo cui il lavoratore può conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia costituito presso l'INPS alle condizioni previste dal comma stesso, essendo sufficiente, in particolare, che il lavoratore abbia esperito infruttuosamente una procedura di esecuzione, salvo che risultino in atti altre circostanze le quali dimostrino che esistono altri beni aggredibili con l'azione esecutiva. In base a tale principio, dove concludersi che la decisione impugnata ha correttamente riconosciuto il diritto di ottenere la tutela del Fondo di garanzia, essendo pacifico che il lavoratore aveva vanamente proposto l'azione esecutiva. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con condanna dell’INPS, per il criterio legale della soccombenza, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna l'Istituto ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, a favore della società resistente, in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.