I giudici devono rendere possibile l'individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale completamente carente dell'illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla statuizione di primo grado è nulla

E’ nulla, per violazione degli articolo 36 e 61 d.lgs. numero 546/1992, nonché dell'articolo 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della Commissione Tributaria Regionale completamente carente dell'illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la Commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l'individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo, non potendo ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l'esame e la valutazione dell'infondatezza dei motivi di gravame. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 12467 del 4 giugno 2014. Il caso. Il giudice del gravame ha rigettato l’appello della contribuente e ha confermato la legittimità del silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio alla domanda di rimborso parziale dell’IRPEG presentata dalla società per gli anni 1997 e 1998. Esso ha affermato che «le argomentazioni delle parti sono sostanzialmente quelle già descritte negli atti di primo grado e nulla di nuovo è stato apportato affinché possa essere modificata la sentenza di primo grado , per cui la CTR non può che confermare il lavoro svolto dalla Commissione tributaria provinciale di Lodi, condividendone integralmente le motivazioni». Gli Ermellini hanno sancito con la pronuncia citata la nullità della sentenza del giudice di appello per motivazione apparente, ai sensi dell’articolo 36 d.lgs. numero 546/1992 e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c Essi, pertanto, hanno rinviato la causa, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale provvederà in ordine alle spese anche del giudizio di legittimità. Motivazione apparente Deve rilevarsi il vizio di omessa motivazione della sentenza qualora la stessa si fondi su motivazione omessa o apparente, qualora, cioè, il giudice di merito pretermetta del tutto l'indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza, peraltro, compierne alcuna approfondita disamina logica e giuridica. Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c., nella specie del difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero quando indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. Cass., sez. V Civ., numero 8850/2014 La riformulazione dell'articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c., disposta dall'articolo 54 d.l. numero 83/2012, conv. in legge numero 134/2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Cass., Sez. Unite civ., numero 8053/2014 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 14 febbraio – 4 giugno 2014, numero 12467 Presidente Di Iasi – Relatore Virgilio Ritenuto in fatto 1. La T.B. s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale è stato rigettato l’appello della contribuente e confermata la legittimità del silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio alla domanda di rimborso parziale dell’IRPEG presentata dalla società per gli anni 1997 e 1998. Il giudice d’appello ha affermato che “le argomentazioni delle parti sono sostanzialmente quelle già descritte negli atti di primo grado e nulla di nuovo è stato apportato affinché possa essere modificata la sentenza di primo grado , per cui la CTR non può che confermare il lavoro svolto dalla Commissione tributaria provinciale di Lodi, condividendone integralmente le motivazioni”. 2. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate hanno depositato atto di costituzione. Considerato in diritto 1. Va premesso che la nullità della notificazione del ricorso, derivante dall’essere stata effettuata, per entrambe le parti, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, è stata sanata dal citato atto di costituzione delle parti. 2. Il primo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la nullità della sentenza per motivazione apparente, ai sensi dell’articolo 36 del d.lgs. numero 546 del 1992 e dell’articolo 118 disp. att. cod. proc. civ., è fondato. La motivazione della sentenza si esaurisce, infatti, nelle affermazioni riportate in narrativa, con la conseguenza che va applicato il principio secondo il quale, in tema di processo tributario, è nulla, per violazione degli articolo 36 e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, nonché dell'articolo 118 disp. att. cod. proc. civ., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell'illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l'individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo, non potendo ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l'esame e la valutazione dell'infondatezza dei motivi di gravame da ult., Cass. numero 28113 del 2013 . 3. Il secondo motivo, con il quale la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 2909 cod. civ., in quanto sulla questione controversa della emendabilità della dichiarazione si è formato il giudicato esterno a seguito della omessa impugnazione sul punto, da parte dell’Agenzia delle entrate, di pronuncia analoga intervenuta inter partes nel 2005 per diverso periodo d’imposta e impugnata dalla società cfr., al riguardo, Cass. numero 26318 del 2010 , è, prima ancora che infondato, inammissibile, in applicazione del principio secondo il quale, nell’ipotesi in cui, come nel caso in esame, il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado nella specie, nel 2006 e la sua esistenza non sia stata ivi eccepita dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione Cass., sez. unumero , numero 21493 del 2010 . 4. Con il terzo motivo, infine, si denuncia la violazione dell’articolo 2909 cod. civ., nonché vizio di motivazione si chiede se la non contestazione da parte dell’Agenzia delle entrate dei fatti e dei documenti allegati dalla società contribuente in primo grado a sostegno della fondatezza della domanda di rimborso possa valutarsi come comportamento processualmente rilevante, e se, alla luce del divieto di ius novorum in sede di appello, l’assenza, nel giudizio di primo grado, e la conseguente mancata devoluzione al giudice del gravame, di specifiche censure e/o eccezioni avverso le circostanze di fatto e/o di diritto addotte a fondamento della pretesa di rimborso, determini un giudicato interno sulle circostanze medesime . Il motivo è inammissibile per genericità del quesito di diritto, che riflette, peraltro, quella del contenuto del motivo, del tutto privo di specificità in ordine al contenuto delle censure esposte. 5. In conclusione, va accolto il primo motivo e dichiarati inammissibili il secondo e il terzo la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale provvederà in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibili il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.