Pensione di inabilità ed assegno sociale: sarà la Corte Costituzionale a decidere a chi spettano

La pensione di inabilità per ciechi assoluti e l’assegno sociale maggiorato non sono destinati ad integrare il minor reddito dipendente da condizioni soggettive, bensì a fornire alla persona il minimo sostentamento necessario per assicurarne la sopravvivenza. Potrebbe dunque essere incostituzionale negarne l’erogazione agli stranieri stabilmente residenti in Italia.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 11053/14, depositata il 20 maggio scorso. Il caso . La Corte di Appello di Firenze rigettava le domande con cui una cittadina extracomunitaria, legalmente soggiornante in Italia dal febbraio 2001, aveva richiesto all’INPS l’erogazione dell’assegno sociale maggiorato, della pensione e dell’indennità di accompagnamento per ciechi assoluti con decorrenza dal maggio 2001 in luogo del dicembre 2006, data in cui tali prestazioni le erano state attribuite d’ufficio, in ragione dell’ottenimento della carta di soggiorno . Rilevavano i Giudici di Appello che la carta di soggiorno era stata ottenuta successivamente al quinquennio di stabile permanenza in Italia e che, prima di tale periodo, non avrebbe potuto conseguire i benefici richiesti, atteso il divieto posto dall’articolo 80, comma 19, legge numero 388/2000 a mente del quale «l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno» . Gli stessi Giudici inoltre, richiamando quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia numero 306/2008, ritenevano ragionevole condizionare il riconoscimento delle prestazioni assistenziali ad una durata minima del soggiorno all’interno dello Stato senza con ciò violare il divieto di discriminazione, limitato solo a scelte irrazionali o sproporzionate . La distinzione tra italiani e stranieri regolarmente residenti è legittima? Contro tali pronunce, la richiedente ricorreva alla Corte di Cassazione articolando vari motivi di impugnazione e sollecitando, altresì, un nuovo intervento della Corte Costituzionale. In particolare, per quel che qui interessa esaminare, la ricorrente censurava la sentenza impugnata per avere considerato costituzionalmente legittimo il comma 19 dell’articolo 80 legge numero 388/2000, nella parte in cui subordina la concessione delle «provvidenze economiche» al presupposto della quinquennale residenza nel territorio dello Stato. Ad avviso della ricorrente, infatti, la Corte di Appello avrebbe dovuto valutare se la distinzione che la legge opera tra cittadini e stranieri - stabilmente residenti in Italia da meno di un quinquennio e dunque sprovvisti della carta di soggiorno - risultasse costituzionalmente legittima. La legge in esame era stata oggetto di numerosi interventi della Corte Costituzionale . Valutazione che viene condivisa dalla Cassazione la quale, in un’ampia motivazione, ripercorre le numerose censure che, nel tempo, il Giudice delle Leggi ha mosso alla norma in commento Corte Cost. nnumero 306/2008 11/2009 187/2010 329/2011 3/2013 . In particolare, la Cassazione premette che la Corte Costituzionale aveva già confermato la possibilità per il Legislatore di dettare norme, non irragionevoli, che regolino l’ingresso e la permanenza degli extracomunitari in Italia, alle quali è possibile subordinare - ragionevolmente - l’erogazione di determinate prestazioni. Una volta però che tali condizioni siano verificate, non si possono discriminare gli stranieri stabilendo nei loro confronti particolari limitazioni per il godimento di diritti fondamentali della persona riconosciuti, invece, ai cittadini. Nelle sue ultime pronunce, inoltre, la stessa Corte Costituzionale ha poi inquadrato la problematica sotto l’ulteriore profilo del riconoscimento dei bisogni primari della persona, ribadendo l’incostituzionalità della norma de quo nella parte in cui subordina alla titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato – da un tempo apprezzabile ed in maniera non episodica – dell’indennità di accompagnamento in quanto, rispetto alle condizioni di salute particolarmente precarie dei richiedenti, vengono in rilievo valori di «essenziale risalto» e di indubbio rilievo costituzionale. I medesimi principi devono valere anche per le prestazioni assistenziali . Ciò premesso, la Cassazione ritiene che i principi ora affermati non possano non essere applicabili anche alle prestazioni assistenziali, in quanto dirette a fornire alla persona il sostentamento minimo per garantirne la sopravvivenza. Ed infatti, «l’indennità di accompagnamento per ciechi assoluti è una provvidenza che attiene anch’essa ai diritti fondamentali presupponendo una condizione fisica gravemente menomata e costituisce uno strumento previdenziale di carattere “essenziale” agli effetti della tutela degli interessi coinvolti ed un rimedio destinato a consentire il concreto soddisfacimento di bisogni primari [ ] che è compito della Repubblica promuovere». La valutazione deve quindi essere rimessa alla Corte Costituzionale . Per tali ragioni, la Corte ritiene necessaria la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale in quanto, nel caso di specie, non è possibile fornire una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in commento, né ritenere che siano state espunte dall’ordinamento sulla base delle precedenti pronunce della Corte Costituzionale, limitate alle prestazioni di volta in volta esaminate.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 29 gennaio – 20 maggio 2014, numero 11053 Presidente Roselli – Relatore Fernandes Fatto Il Tribunale di Pistoia con sentenze nnumero 207 e 208 dell'anno 2007 riconosceva a K.N. - cittadina extracomunitaria legalmente soggiornante in Italia - il diritto all'assegno sociale maggiorato nonché alla pensione ed all'indennità di accompagnamento per ciechi assoluti con decorrenza rispettivamente dal giugno 2004 e dal marzo 2005 prestazioni queste già attribuite in via amministrativa dal dicembre 2006, ossia da quando la K. aveva ottenuto la carta di soggiorno in virtù del conseguimento da parte di suo figlio della cittadinanza italiana . Tale decisione veniva riformata, su gravame dell'INPS, dalla Corte di appello di Firenze con sentenza del 23 gennaio 2009 di rigetto della domanda della K. . La Corte di merito osservava che l'appellata aveva ottenuto la carta di soggiorno con decorrenza dal quinquennio della sua costante permanenza in Italia, essendo soggiornante per ricongiungimento familiare dal 16.2.2001, ed infatti prima del decorso di tale periodo non avrebbe potuto conseguire detta carta ai sensi del disposto dell'articolo 80, comma 19, del d.Lgs. numero 388 del 23 dicembre 2000. Evidenziava, quindi, che la sentenza della Corte Costituzionale numero 306 del 2008 - nel dichiarare la incostituzionalità del citato articolo 80, co. 19, e delle disposizioni normative collegate nella parte in cui escludevano che l'indennità di accompagnamento, di cui all'articolo 1 della L. 11 febbraio 1980 numero 18, potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perché essi non risultavano in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del decreto legislativo 8 gennaio 2007 numero 3 per il permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo - aveva argomentato che era legittima la limitazione all'accesso ai benefici assistenziali sempre che non fosse palesemente irragionevole od arbitraria, tale essendo quella che subordinava detto accesso al possesso di un determinato reddito. Partendo, dunque, da tale rilievo la Corte di merito riteneva che era ragionevole condizionare il riconoscimento delle prestazioni assistenziali richieste nella presente controversia alla sussistenza degli altri requisiti richiesti per ottenere la carta di soggiorno e, in particolare, a quello della durata minima di soggiorno, indice evidente di una stabile residenza nel territorio dello Stato. Sottolineava che tale limitazione non era in contrasto con il divieto di discriminazione di cui all'articolo 14 CEDU, divieto che doveva trovare applicazione nell'ordinamento che aveva recepito le disposizioni CEDU con il rispetto del c.d. criterio del margine di apprezzamento, come univocamente affermato dalla stessa Corte di Strasburgo. Ed infatti, in ossequio a tale criterio, il divieto di discriminazione - da considerare come norma parametro di costituzionalità delle norme interne con esso contrastanti attraverso l'articolo 117 Cost. - non andava inteso in senso assoluto, bensì come principio di non discriminazione irrazionale o sproporzionata. Con la conseguenza che la previsione normativa dell'articolo 80, co. 19, non presentava profili di irragionevolezza o sproporzione nel prevedere, quale presupposto per l'attribuzione di una serie di benefici economici, che lo straniero avesse manifestato la volontà concreta di vivere in Italia soggiornandovi per un congruo periodo. In altro giudizio il Tribunale di Firenze, con sentenza del 31 marzo 2008, rigettava la domanda proposta dalla K. intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto all'assegno sociale maggiorato nonché alla pensione ed all'indennità di accompagnamento per ciechi assoluti con decorrenza dalla data delle domande amministrative - rispettivamente dal 30 maggio 2001 e 30 marzo 2001 - fino alla data dell'avvenuto riconoscimento in via amministrativa come detto, nel dicembre 2006 . La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 4 marzo 2009, rigettava il gravame proposto dalla K. confermando la decisione del primo giudice sulla scorta della stessa motivazione sopra riportata della decisione in data 23.1.2009. Con separati ricorsi, entrambi affidati a due motivi, la K. ha chiesto la cassazione delle due decisioni della Corte territoriale. In entrambi i giudizi ha resistito con controricorso l'INPS. La ricorrente ha depositato memorie ex articolo 378 c.p.c Diritto Preliminarmente, i ricorsi vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva stante la identità dei motivi ai sensi dell'articolo 274 c.p.c Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per aver la Corte di appello erroneamente ritenuto che la carta di soggiorno fosse stata rilasciata alla ricorrente dopo il decorso di cinque anni di permanenza in Italia, laddove il rilascio era avvenuto ai sensi dell'articolo 9, comma 2, T.U. numero 286/1998 in quanto la K. era madre di cittadino italiano avendo il di lei figlio conseguito la cittadinanza italiana nel febbraio 2005 . Si argomenta che da tale errata valutazione dei presupposti di fatto del conseguimento della carta di soggiorno era derivata una altrettanto non corretta impostazione della questione giuridica trattata nell'impugnata sentenza. Viene, quindi, censurato l'assunto secondo il quale la concessione della e carta di soggiorno, nella disciplina vigente ratione temporis , presuppone necessariamente, oltre al possesso dei requisiti reddituali, anche la prolungata permanenza nel territorio italiano,visto che sono contemplate altre ipotesi di rilascio che prescindevano del tutto dal requisito della residenza prolungata ad es., allo straniero coniuge o figlio minore o genitore conviventi di un cittadino italiano o di cittadino di uno Stato dell'Unione Europea residente in Italia . Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell'articolo 80 co. 19 L. numero 388/2000. Si evidenzia che l'impugnata sentenza - partendo dal rilievo che la decisione della Corte Cost. numero 306/2008 di incostituzionalità dell'articolo 80, co. 19, cit. avesse censurato la sola irragionevolezza del requisito reddituale, senza necessariamente travolgere l'intero impianto normativo - aveva erroneamente considerato costituzionalmente legittima la disposizione in esame laddove subordina la concessione delle provvidenze economiche al presupposto della prolungata residenza nel territorio dello Stato. In effetti, invece, la Corte di merito avrebbe dovuto valutare la diversa questione di diritto, cioè se il possesso della carta di soggiorno ritenuto emblematico della volontà di stabile permanenza nel territorio dello Stato potesse assumere efficacia discriminante ai fini dell'accesso agli invocati benefici, ovvero se la distinzione posta dall'ordinamento tra cittadini e stranieri, pur non occasionalmente residenti ma sprovvisti di tale titolo di soggiorno, risultasse costituzionalmente illegittima in quanto irragionevole, arbitraria e sproporzionata anche in relazione ai principi sanciti nell'articolo 14 della CEDU ed all'articolo 1 del Protocollo Addizionale. Si conclude, quindi, il motivo chiedendo, ove questa Corte non ritenga di poter accedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 80 co. 19 cit., di sollecitare nuovamente un intervento della Corte Costituzionale perché venga dichiarata la illegittimità costituzionale dell'articolo 80 comma 19 cit. .per contrasto con gli articolo 2, 3, 10 38 e con l'articolo 117 comma 1 Cost. in relazione al principio di uguaglianza e non discriminazione sancito dalla CEDU e dalla Carta di Nizza anche con riferimento a prestazione di sicurezza sociale ivi comprese quelle non contributive , nella parte in cui la censurata disposizione impone irragionevolmente il possesso della Carta di soggiorno oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ai fini della concessione dell'assegno sociale e delle altre provvidenze per invalidi civili nella fattispecie ciechi civili assoluti , da parte di stranieri regolarmente e non episodicamente soggiornanti in Italia, anziché richiedere semplicemente il soggiorno regolare e non episodico . Orbene, osserva il Collegio che entrambi i motivi risultano logicamente connessi e sono da trattare congiuntamente in quanto censurano le impugnate sentenze sostanzialmente per non avere riconosciuto le prestazioni richieste dalla K. solo ed unicamente perché a ciò ostava il disposto dell'articolo 80, comma 19, della legge numero 388 del 2000, non essendo la predetta in possesso della carta di soggiorno, stante la incontestata ricorrenza di tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa per poter accedere alle prestazioni invocate. È, dunque, evidente la rilevanza della questione di costituzionalità del citato articolo 80, comma 19, L. numero 388/2000 nel presente giudizio questione che, per quanto si dirà, non è manifestamente infondata. L'articolo 80, comma 19 cit. prevede che Ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, numero 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, numero 448, e successive modificazioni . L'articolo 41 del d.Lgs. numero 286/1998 a sua volta dispone Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti . La carta di soggiorno , regolata dall'articolo 9 del d.Lgs numero 286/1998 - ora permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo - come modificato dall'articolo 1, D.Lgs. numero 3/2007, richiede per il suo rilascio, tra l'altro, il possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità . Come è noto la giurisprudenza costituzionale si è occupata dell'articolo 80, comma 19 L. 388/1988 cit. ritenendo costituzionalmente illegittima la restrizione dell'ambito applicativo della disciplina, in riferimento a diverse prestazioni assistenziali di volta in volta interessate l'indennità di accompagnamento, l'assegno di invalidità, la pensione di inabilità, l'indennità di frequenza, tra le quali non vi sono quelle per cui è causa, come di seguito precisato . La Corte ha evidenziato che l'irragionevole differenziazione di trattamento viola gli articoli 2, 3, 10, 32 e 38, incidendo sul diritto alla salute, inteso anche come diritto ai possibili rimedi alle menomazioni prodotte da patologie di non lieve importanza, e sul principio di non discriminazione degli stranieri regolarmente soggiornanti nella garanzia dei diritti fondamentali della persona, che rientra tra le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Ha sottolineato che al legislatore italiano è consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con gli obblighi internazionali, che regolino l'ingresso e la permanenza degli extracomunitari in Italia e può subordinare altresì, non irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni - non inerenti a rimediare a gravi situazione di urgenza - alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata. Però, una volta che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini. In questo ambito, la Corte ha, nelle prime pronunce sent. nnumero 306/2008, 11/2009 , evidenziato l'incongruenza del legislatore nel subordinare la prestazione assistenziale a titoli di soggiorno che presuppongono un reddito, mentre nelle ultime pronunce a partire dal 2010, sent. nnumero 187/2010, 329/2011, 3/2013 ha inquadrato la problematica nel riconoscimento dei bisogni primari della persona e nei suoi diritti fondamentali, alla luce della CEDU e della relativa giurisprudenza. In particolare con sentenza numero 40 del 2013 la Corte è tornata ad occuparsi della legittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, numero 388, nella parte in cui subordina la concessione della indennità di accompagnamento al possesso della carta di soggiorno, e dunque anche al requisito della durata del soggiorno medesimo nel territorio dello Stato dichiarandone l'illegittimità costituzionale laddove subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennità di accompagnamento di cui all'articolo 1 della legge 11 febbraio 1980, numero 18 e della pensione di inabilità di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, numero 118. Ha osservato la decisione che in ragione delle gravi condizioni di salute dei soggetti di riferimento, portatori di handicap fortemente invalidanti in uno dei due giudizi a quibus si tratta addirittura di un minore , vengono infatti ad essere coinvolti una serie di valori di essenziale risalto - quali, in particolare, la salvaguardia della salute, le esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato disagio sociale, i doveri di assistenza per le famiglie -, tutti di rilievo costituzionale in riferimento ai parametri evocati, tra cui spicca l'articolo 2 della Costituzione - al lume, anche, delle diverse convenzioni internazionali che parimenti li presidiano - e che rendono priva di giustificazione la previsione di un regime restrittivo ratione temporis , così come ratione census nei confronti di cittadini extracomunitari, legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato da tempo apprezzabile ed in modo non episodico, come nei casi di specie. Ciò detto, va rilevato che i medesimi principi affermati nella riportata giurisprudenza della Corte Costituzionale non possono non valere anche con riferimento alle prestazioni assistenziali, richieste nel giudizio principale, della pensione di inabilità per ciechi assoluti istituita dall'articolo 8 della legge 10 febbraio 1962, dell'indennità di accompagnamento per ciechi assoluti istituita con l'articolo 1 della legge 28 marzo 1968 numero 406 - attualmente prevista dall'articolo 1 della legge 21 novembre 1988 numero 508 - e per l'assegno sociale di cui alla legge 8 agosto 1995, numero 335, all'articolo 3, comma 6 maggiorato dall'articolo 38 della legge 28 dicembre 2001 numero 448 del 2001, articolo 38. Ed infatti, tanto la pensione di inabilità per ciechi assoluti che l'assegno sociale maggiorato sono destinati non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo sostentamento idoneo ad assicurarne la sopravvivenza. Così come l'indennità di accompagnamento per ciechi assoluti è una provvidenza che attiene anch'essa ai diritti fondamentali presupponendo una condizione fisica gravemente menomata e costituisce uno strumento previdenziale di carattere essenziale agli effetti della tutela degli interessi coinvolti, ed un rimedio destinato a consentire il concreto soddisfacimento dei bisogni primari inerenti alla stessa sfera di tutela della persona umana, che è compito della Repubblica promuovere e salvaguardare. Riguardo a tale ultima prestazione è il caso di sottolineare che essa è prestazione diversa dalla indennità di accompagnamento prevista per coloro nei cui confronti sia stata accertata una totale inabilità per affezioni fisiche o psichiche e l'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti della vita, di avere bisogno di assistenza continua è di importo maggiore e le due indennità possono essere cumulate ai sensi dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 1991 numero 429 . Quanto all'assegno sociale maggiorato va pure precisato che l'articolo 20, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, numero 112 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria , convenuto, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, numero 133 è inapplicabile ratione temporis nel giudizio principale. Per quanto esposto il Collegio ritiene necessaria la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale dovendosi precisare che, avuto riguardo al tenore letterale delle norme sospettate di incostituzionalità, non è possibile fornire una interpretazione costituzionalmente orientata delle stesse né ritenere che siano state ormai espunte dall'ordinamento sulla base delle pronunce già emesse dal Giudice delle Leggi, aventi efficacia limitata alle prestazioni, di volta in volta esaminate. Peraltro, neppure è poi possibile procedere alla disapplicazione delle norme interne in contrasto con l'articolo 14 CEDU rappresentando quest'ultima solo una norma di principio non self executing ed alla luce dell'orientamento, ormai consolidato, della Corte Costituzionale secondo cui le previsioni della Convenzione non hanno efficacia diretta nel nostro ordinamento cfr. tra le varie, Corte Cost. sent. nnumero 80 del 2011, 348 e 349 del 2007 . Del resto, anche la Corte di Giustizia CGUE, sentenza Kamberaj del 24 marzo 2012, nella causa c-571/10 ha affermato che il rinvio operato dall'articolo 6, paragrafo 3 TUE alla CEDU non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e detta convenzione, di applicare direttamente le disposizioni di quest'ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19,della legge 23 novembre 2000 numero 388 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno a concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione e della indennità di accompagnamento per ciechi assoluti e dell'assegno sociale maggiorato. Dispone la sospensione dei procedimenti riuniti nnumero 2439/2010 e 6219/2010. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ordina alla Cancelleria che la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di legittimità, ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che essa sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati.