Estradizione di una persona verso un Paese dell’Unione Europea: il termine è ordinatorio

Il termine previsto dalla legge per adempiere alla richiesta di trasmissione di eventuale documentazione integrativa è ordinatorio, per cui è possibile rinviare la decisione. Tuttavia, se il termine viene fissato, il dies a quo è quello in cui la richiesta perviene all’autorità straniera.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7310, depositata il 14 febbraio 2014. Una richiesta negata. Nell’estate 2012, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato una richiesta di consegna da parte del Tribunale di Pest, in Ungheria, nei confronti di un cittadino serbo, in relazione ai provvedimenti cautelari adottati in relazione a due distinti procedimenti. Il motivo della decisione consiste nel fatto che l’autorità ungherese non ha trasmesso, nel termine stabilito dalla legge di 30 giorni, la documentazione integrativa di cui era stato sollecitato l’invio. Il Procuratore della Repubblica propone ricorso in Cassazione per due motivi, basati entrambi sulla legge n. 69/2005, in materia di mandato d'arresto europeo. Il primo riguarda la violazione di legge dell’art. 25, perché la Corte d’appello avrebbe disatteso la sollecitazione di trasmettere la decisione sulla richiesta ungherese all’autorità giudiziaria belga, dopo che la stessa Corte italiana ha accolto la richiesta di consegna del Tribunale di Anversa per il medesimo individuo. Il secondo consiste nella violazione degli artt. 6, comma 6, e 16, poiché la Corte territoriale italiana ha respinto la richiesta del Tribunale ungherese, nonostante non fosse ancora decorso il termine di 30 giorni, che parte dalla ricezione dell’autorità straniera della sollecitazione per la trasmissione della documentazione integrativa. L’Ungheria spera ancora. Il primo motivo viene rigettato, in quanto l’art. 25, che disciplina il divieto di consegna o di estradizione passiva, contiene una norma che salvaguarda il principio di specialità di cui all’articolo successivo. Si evita così che l’autorità giudiziaria dello Stato straniero in questo caso il Belgio , che ha emesso il mandato di arresto, possa procedere alla consegna o all’estradizione del medesimo soggetto verso uno Stato terzo ovvero l’Ungheria , in relazione ad un reato diverso, commesso anteriormente alla consegna, da quello per il quale la Corte italiana ha accolto la richiesta. In questo caso, quindi, non era stabilito un obbligo per l’autorità italiana di trasmettere la richiesta di consegna, o l’eventuale sentenza su tale richiesta, all’autorità belga. Il termine di 30 giorni è ordinatorio. Per quanto riguarda invece il secondo motivo, è ormai principio consolidato che il termine di 30 giorni, entro cui l’autorità straniera deve dare corso alla richiesta dell’autorità italiana di trasmissione della documentazione integrativa, sia in effetti ordinatorio, per cui il mancato rispetto del termine non preclude all’autorità italiana di rinviare la decisione in luogo dell’adozione del provvedimento di rigetto della domanda. Tuttavia, nel momento in cui il termine viene fissato, questo deve essere rispettato dalla medesima Corte di appello, con un calcolo della sua decorrenza che non può che avere come suo dies a quo quello in cui la richiesta è pervenuta all’autorità giudiziaria straniera, non potendo non essere considerati gli eventuali ritardi nella sua trasmissione all’estero, imputabili all’Autorità ministeriale Cass., SSUU, n. 4614/2007 . In questo caso, la Corte d’appello di Venezia ha omesso di verificare in quale data l’autorità ungherese abbia ricevuto la richiesta di trasmissione della documentazione integrativa, calcolando invece erroneamente il termine fissato dal giorno di adozione del provvedimento istruttorio. In più, la Corte ha attribuito a questa scadenza una sostanziale perentorietà, omettendo peraltro di motivare circa l’impossibilità di pronunciarsi sulla richiesta di consegna in base alla documentazione già a disposizione. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio - 14 febbraio 2014, n. 7310 Presidente Garribba – Relatore Aprile Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Venezia rigettava la richiesta di consegna contenuta di cui ai due mandati di arresto Europeo emessi il 31/07/2012 ed il 16/08/2012 dal Tribunale di Pest Ungheria nei confronti del cittadino serbo R.D. , in relazione ai provvedimenti cautelari adottati da quella autorità giudiziaria straniera nei riguardi dello stesso nell'ambito di due distinti procedimenti aventi ad oggetto i reati di evasione, furti aggravati e false generalità. Rilevava la Corte di appello come l'autorità ungherese, benché formalmente richiesta con provvedimento del 09/12/2013, non avesse trasmesso, nello stabilito termine di trenta giorni, la documentazione di cui era stato sollecitato l'invio. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso quella Corte di appello il quale ha dedotto i seguenti due motivi. 2.1. Violazione di legge, in relazione all'art. 25 legge n. 69 del 2005, per avere la Corte territoriale disatteso la sollecitazione di trasmettere la decisione sulla richiesta ungherese di consegna all'autorità giudiziaria belga, tenuto conto che, in precedenza, la medesima Corte aveva già accolto altra richiesta di consegna del R. formulata, con apposito mandato di arresto Europeo, dal tribunale di Anversa consegna che era stata, tuttavia, subordinata all'espiazione in Italia della pena definitiva per la quale il R. si trovava già detenuto in carcere . 2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 6, comma 6, e 16 legge n. 69 del 2005, per avere la Corte distrettuale respinto la richiesta di consegna del R. formulata dall'autorità giudiziaria ungherese, benché il termine di trenta giorni per la trasmissione della documentazione integrativa, decorrente dal momento in cui l'autorità straniera aveva ricevuto quella sollecitazione, non fosse ancora decorso, e nonostante tale autorità avesse già inviato, il 07/01/2014, una prima risposta in inglese contenente l'indicazione delle informazioni richieste. 3. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato, sia pure nei limiti di seguito precisati. 3.1. Del tutto priva di pregio è la prima doglianza del P.G. in quanto l'art. 25 legge n. 69 del 2005, nel disciplinare il divieto di consegna o di estradizione passiva, contiene una norma chiaramente finalizzata a salvaguardare il rispetto del principio di specialità di cui al successivo art. 26 della stessa legge, dunque ad evitare che, di regola, l'autorità giudiziaria dello Stato straniero che ha emesso il mandato di arresto Europeo possa procedere alla consegna o all'estradizione del medesimo soggetto verso uno Stato terzo, pure membro dell'Unione Europea, in relazione ad un reato diverso, ma commesso anteriormente alla consegna, da quello per il quale la Corte di appello italiana ha accolto la richiesta di consegna. Si tratta, dunque, di disposizione che riguarda le situazioni nelle quali eccezionalmente è possibile derogare al principio di specialità e nelle quali è possibile la stessa Corte di appello italiana, in accoglimento di apposita istanza, può accordare l'assenso alla consegna della persona interessata ad altro Stato membro dell'U.E. e che non stabiliva affatto - così come il P.G. ricorrente ha sostenuto - un obbligo per l'autorità giudiziaria italiana di trasmettere la richiesta di consegna, o la eventuale sentenza su tale richiesta, all'autorità giudiziaria belga, che già aveva visto accolta dalla Corte di appello una precedente richiesta di consegna adottata nei riguardi del medesimo soggetto. 3.2. Fondato è, invece, il secondo motivo del ricorso. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale il termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale, a mente del combinato disposto degli artt. 6, comma 6, e 16 legge n. 69 del 2005, l'autorità giudiziaria straniera deve dare corso alla richiesta dell'autorità italiana, inviata per il tramite del Ministero della giustizia, di trasmissione di documentazione integrativa, è si ordinatorio - nel senso che si tratta di un limite temporale destinato solo a imporre una certa celerità nella procedura - talché il mancato rispetto di quel termine, che ovviamente non può determinare direttamente un obbligo in capo all'autorità straniera, non preclude all'autorità giudiziaria italiana di rinviare la decisione in luogo dell'adozione del provvedimento di rigetto della domanda della consegna ma, nel momento in cui esso viene fissato, deve essere rispettato dalla medesima Corte di appello, con un calcolo della sua decorrenza che non può che avere come suo dies a quo quello in cui la richiesta è pervenuta all'autorità giudiziaria straniera, non potendo non essere considerati gli eventuali ritardi nella sua trasmissione all'estero, imputabili all'autorità ministeriale così Sez. U, n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 235350 sostanzialmente conformi, in seguito, Sez. 6, n. 27326 del 13/07/2010, El Moustaid, Rv. 247784 Sez. 6, n. 25829 del 19/06/2008, Bairam, Rv. 240327 Sez. 6, n. 13463 del 28/03/2008, Lubas, Rv. 239425 nonché Sez. F, n. 33633 del 28/08/2007, Bilan, Rv. 237054 Sez. F, n. 33327 del 21/08/2008, D'Onorio, non mass. sul punto Sez. 6, n. 13463, del 28/03/2008, Arnoldas, non mass. sul punto e Sez. 6, n. 16942, del 21/4/2008, Ruocco, non mass. sul punto . Di tale regula iuris la Corte di appello di Venezia non ha fatto corretta applicazione, omettendo di verificare in quale data l’autorità giudiziaria ungherese avesse ricevuto la richiesta di trasmissione della documentazione integrativa che, dagli atti, parrebbe essere stata inoltrata dal Ministero italiano a quello omologo di Ungheria non prima del 30/12/2013 , erronemanete calcolando il termine di trenta giorni, fissato per ricevere quella documentazione, con decorrenza dalla data del 09/12/2013 di adozione del relativo provvedimento istruttorio, ed attribuendo a quel termine un carattere di sostanziale perentorietà, avendo i Giudici veneziani preso atto esclusivamente dell’avvenuta scadenza ed avendo omesso di motivare circa l’impossibilità di pronunciarsi, comunque, sulla richiesta di consegna sulla base della documentazione a disposizione. 4. La sentenza annullata va, dunque, annullata con rinvio, per nuova deliberazione, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi previsti dalla normativa in materia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuova deliberazione, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.