Il credito dell’agente è ammissibile al passivo dell’impresa assicurativa in liquidazione?

La fattispecie oggetto di esame da parte dell’odierno giudice della legittimità riguarda l’accertamento di un diritto di credito derivante da un rapporto di agenzia intrattenuto da una società assicurativa con un’altra compagnia di assicurazione in liquidazione coatta amministrativa. Nello specifico, si tratta di stabilire se per l’accertamento del diritto di credito vantato dall’agente nei confronti della liquidazione coatta amministrativa valgano o meno le stesse regole dell’accertamento del passivo ai sensi degli articolo 51 e 52 l.fall

E i giudici della sez. I Civile di Piazza Cavour, con la sentenza numero 3338, depositata il 19 febbraio 2015, richiamando un grand arrêt delle Sezioni Unite v., SSUU numero 2907/1969 , ribadiscono il principio generale che nella liquidazione coatta amministrativa, in forza del richiamo che l’articolo 201, comma 1, l.fall., opera all’articolo 52 di tale legge, il creditore concorsuale, per diventare concorrente, deve sottoporre la propria pretesa al vaglio commissariale, nell’apposito procedimento di formazione del passivo disciplinata dall’articolo 209, l.fall., con rinvio anche agli articolo 98 e ss. , che riveste carattere di esclusività, sì da impedire la costituzione di un titolo, per la partecipazione al concorso, nella sede ordinaria e fuori del procedimento stesso. Nondimeno, la norma di cui all’articolo 95, comma 3, l.fall., secondo cui se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato è necessaria l’impugnazione ove non si voglia ammettere il credito stesso al passivo, è applicabile anche nel procedimento di liquidazione coatta amministrativa. Peraltro – precisano i supremi giudici, ribadendo un altro non lontano precedente v., Cass. numero 26041/2010 - tale principio è applicabile alla liquidazione coatta amministrativa anche nell’interpretazione estensiva accolta da questa Corte, secondo la quale la norma dell’articolo 95, comma 3, l.fall. – nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alla sostituzione disposta dall’articolo 80 d.lgs. numero 5/2006 – va interpretata estensivamente e trova applicazione, pertanto, anche nel caso in cui il fallimento sopravvenga alla sentenza di rigetto, anche solo parziale, della domanda proposta da un creditore, il quale deve, quindi, impugnarla, onde evitarne il passaggio in giudicato tale interpretazione estensiva è coerente con il principio di durata ragionevole del processo, ex articolo 111 Cost., e trova conforto nella più recente formulazione dell’articolo 96, comma 2, numero 3, l.fall. Il fatto. A seguito di opposizione allo stato passivo della Liquidazione Coatta Amministrativa della s.p.a. Alfa Assicurazioni, proposta dalla s.r.l. Beta ai sensi degli articolo 209 e 98 l.fall., il Tribunale di Roma, respingendo la domanda dell’opponente, non ammetteva un credito di quest’ultima derivante dal rapporto di agenzia intrattenuto dalla Società Beta con la Società Alfa Assicurazioni. Tale sentenza veniva quindi impugnata dalla Società Beta dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, la quale, tuttavia, compensando le spese, confermava la pronuncia del giudice di prime cure, con la quale era stata respinta la domanda di ammissione al passivo perché «tutti i crediti azionati erano oggetto di opposizione al decreto ingiuntivo pendente tra le parti». Avverso quest’ultima decisione la Società Beta proponeva ricorso per cassazione cui resisteva con controricorso la Liquidazione Coatta Amministrativa della s.p.a Nell’unico motivo di censura la predetta società chiedeva se l’accertamento del diritto di credito vantato dall’agente nei confronti della procedura della liquidazione coatta amministrativa debba avvenire secondo le forme previste per l’accertamento del passivo ai sensi degli articolo 52 e 53 l.fall., così come richiamati dall’articolo 201 l.fall. e secondo le forme dell’opposizione allo stato passivo secondo gli articolo 98 e 103 l.fall., cui rinvia espressamente l’articolo 209 l.fall E gli Ermellini, accogliendo in toto il ricorso, precisano che la norma di cui all’articolo 95, comma 3, l.fall., secondo cui se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato è necessaria l’impugnazione ove non si voglia ammettere il credito stesso al passivo, è applicabile anche al procedimento di liquidazione coatta amministrativa. Nel caso de quo, dalla sentenza impugnata risulta che il giudizio relativo al credito azionato in via monitoria era pendente, al momento della decisione, in grado di appello. Pertanto, la Corte territoriale erroneamente aveva ritenuto appropriata la decisione del giudice di prime cure affermando che correttamente il tribunale «non si era pronunciato sull’opposizione». Di conseguenza la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione. Il recesso per giusta causa nel rapporto di agenzia. Al rapporto di agenzia si applica l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’articolo 2119 c.c., stante l’evidente analogia che sussiste tra la disciplina del recesso nel contratto di agenzia con quella dello scioglimento del rapporto subordinato, fondati entrambi sull’elemento fiduciario pertanto, il concetto di giusta causa di cui all’articolo 2119 c.c., può essere utilizzato pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della configurazione giuridica dei due contratti per stabilire se lo scioglimento del contratto di agenzia sia avvenuto o non per un fatto imputabile all’agente, tale da precludere la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto. Nel caso che qui ci occupa la società assicurativa ricorrente aveva esercitato, appunto, il recesso per giusta causa, chiedendo ed ottenendo, in seguito, dal Tribunale di Roma decreto ingiuntivo per il riconoscimento delle indennità di risoluzione di cui agli articolo da 25 a 33 dell’Accordo Nazionale Agenti ANA . L’attività dell’agente di assicurazione. L’articolo 1753 c.c. estende le norme sul contratto di agenzia anche agli agenti di assicurazione, che trovano una precisa collocazione sistematica nell’articolo 1903 c.c Sono agenti di assicurazione quelli «autorizzati a concludere contratti di assicurazione» essi possono compiere gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei contratti medesimi, salvi i limiti contenuti nella procura che sia pubblicata nelle forme richieste dalla legge. Gli agenti di assicurazione possono promuovere azioni ed essere convenuti in giudizio in nome dell’assicuratore, per le obbligazioni dipendenti dagli atti compiuti nell’esecuzione del loro mandato, davanti l’autorità giudiziaria del luogo in cui ha sede l’agenzia presso la quale è stato concluso il contratto. La liquidazione coatta amministrativa di un’ impresa di assicurazione. Il Ministro dello Sviluppo economico, su proposta dell’ISVAP Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo , dispone, contestualmente alla revoca all’esercizio dell’attività in tutti i rami, la liquidazione coatta amministrativa, anche quando vi siano in corso l’amministrazione straordinaria o la liquidazione ordinaria dell’impresa di assicurazione, qualora le irregolarità nell’amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie, oppure le perdite siano di eccezionale gravità. La procedura di liquidazione è regolata in generale dagli articolo 194 e 215 l.fall. e successive modificazioni. Con le disposizioni del Codice delle Assicurazioni articolo 245-265 il procedimento di liquidazione valido per le Compagnie è integralmente ridisegnato, rispetto a quanto disciplinato in passato dalla legge fallimentare. Il decreto di liquidazione coatta amministrativa e tutti gli altri provvedimenti della procedura sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea nonché riprodotti nel Bollettino. Dal momento della pubblicazione in Gazzetta del decreto, la procedura acquista efficacia nei confronti dei terzi e comporta il divieto di assunzione di nuovi affari e la revoca dell’autorizzazione all’esercizio. L’accertamento del passivo nella procedura di liquidazione coatta amministrativa. La verifica del passivo è posta in essere esclusivamente da un organo amministrativo, il commissario liquidatore, senza le garanzie giurisdizionali date dalla presenza del giudice e dal contraddittorio degli interessati. Quest’ultimi, invero, possono proporre l’opposizione allo stato passivo nel termine di 15 giorni da quello in cui il commissario ha depositato nella cancelleria del Tribunale competente per territorio l’elenco dei crediti ammessi o respinti, mediante ricorso al giudice, designato dal Presidente del tribunale medesimo. Ed è quanto avvenuto nel caso che qui ci occupa, il Commissario Liquidatore dell’impresa assicurativa aveva escluso dal passivo il credito di un’altra società, parimenti attiva nel campo assicurativo, con la quale la stessa aveva trattenuto un rapporto di agenzia. Credito «oggetto del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo pendente tra le parti» che erroneamente, proprio perché pendente in via monitoria, veniva escluso, in primis, dal giudice di prime cure e, in seguito, anche dalla Corte di merito.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 7 gennaio – 19 febbraio 2015, numero 3338 Presidente Ceccherini – Relatore Didone Ragioni in fatto e in diritto della decisione 1.- Con la sentenza impugnata depositata il 14.4.2008 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione del tribunale, ha compensato le spese nel giudizio di opposizione allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della s.p.a. FIRS Italiana di Assicurazioni proposta dalla s.r.l. ASSINORD in relazione all'esclusione di un proprio credito di lire 825.884.774, confermando nel resto la pronuncia di primo grado, con la quale era stata respinta la domanda di ammissione al passivo perché tutti i crediti azionati erano oggetto del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo pendente tra le parti . Contro la sentenza di appello la società opponente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo. Resiste con controricorso la società in l.c.a. intimata, la quale ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso. 2.1.- Con l'unico motivo di ricorso la società ricorrente denuncia la violazione degli articolo 51, 93, da 98 a 103, 201 e 209 l. fall., nonché vizio di motivazione e formula - ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, il seguente quesito “se l'accertamento del diritto di credito vantato dall'agente nei confronti della procedura della liquidazione coatta amministrativa debba avvenire secondo le forme previste per l'accertamento del passivo ai sensi degli articolo 51-52 L.F., così come richiamati dall'articolo 201 l. fall. c.d. fase amministrativa e secondo le forme dell'opposizione allo stato passivo fase giudiziale secondo gli articolo 98 a 103 l. fall., cui rinvia espressamente l'articolo 209, 2 comma l. fall.”. 3.- Osserva preliminarmente la Corte che è infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente, contenendo il ricorso tutti i requisiti di cui agli articolo 366 in particolare, nnumero 3 e 6 e 366 bis c.p.c., fatta eccezione della sintesi del fatto controverso in relazione al vizio di motivazione denunciato, che dunque è inammissibile. 3.1.- Ciò premesso, dalla narrativa dei fatti del processo contenuta nel ricorso si evince che - il rapporto di agenzia è cessato il 3.6.1993, data in cui la società ricorrente aveva esercitato il recesso per giusta causa - a seguito del recesso la s.r.l. ASSINORD ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Roma decreto ingiuntivo per il riconoscimento delle indennità di risoluzione di cui agli articolo da 25 a 33 dell'Accordo Nazionale Agenti ANA per un ammontare complessivo di lire 493.759.946, oltre interessi - in data 18.10.1993 la Firs spa in amministrazione straordinaria ha proposto opposizione a decreto ingiuntivo chiedendo accertarsi un proprio maggior credito di lire 573.705.427, da compensarsi con le indennità di risoluzione vantate dalla Assinord - la Assinord, costituitasi nel giudizio di opposizione, ha spiegato domanda riconvenzionale per propri maggiori crediti per restituzione di somme indebitamente pagate a titolo di rivalsa del portafoglio - una volta sottoposta la Firs a liquidazione coatta amministrativa, Assinord ha proposto istanza di ammissione allo stato passivo per vedersi riconoscere i propri crediti ma, con comunicazione del 12.2.2001, il Commissario Liquidatore della Firs ha escluso tali crediti poiché aveva compensato con propri crediti l'importo di L. 187.246.463 e aveva escluso dal passivo l'importo di L. 641.261.150. Talché la s.r.l. Assinord ha proposto opposizione. 3.2.- La risposta al quesito di diritto formulato dalla ricorrente deve essere nel senso che Nella liquidazione coatta amministrativa in forza del richiamo che l'articolo 201, primo comma, opera all'articolo 52 di tale legge, il creditore concorsuale, per divenire concorrente, deve sottoporre la propria pretesa al vaglio commissariale, nell'apposito procedimento di formazione del passivo disciplinata dall'articolo 209 l. fall., con rinvio anche agli articolo 98 e ss. , che riveste carattere di esclusività, sì da impedire la costituzione di un titolo, per la partecipazione al concorso, nella sede ordinaria e fuori del procedimento stesso. Nondimeno, la norma di cui all'articolo 95, comma terzo, della legge fallimentare, secondo cui se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato è necessaria l'impugnazione ove non si voglia ammettere il credito stesso al passivo, è applicabile anche nel procedimento di liquidazione coatta amministrativa Sez. U, Sentenza numero 2907 del 31/07/1969 . Tale principio è applicabile alla l.c.a. anche nell'interpretazione estensiva accolta da questa Corte, secondo la quale la norma dell'articolo 95, terzo comma, legge fall. - nel testo applicabile ratione temporis , anteriore alla sostituzione disposta dall'articolo 80 del d.lgs. 9 gennaio 2006, numero 5 - va interpretata estensivamente e trova applicazione, pertanto, anche nel caso in cui il fallimento sopravvenga alla sentenza di rigetto, anche solo parziale, della domanda proposta da un creditore, il quale deve, quindi, impugnarla, onde evitarne il passaggio in giudicato tale interpretazione estensiva è coerente con il principio di durata ragionevole del processo, ex articolo 111 Cost., e trova conforto nella più recente formulazione dell'articolo 96, comma 2, numero 3, legge fall Ne consegue, che ove a seguito dell'impugnazione della sentenza di rigetto anche parziale della domanda da parte del creditore, il giudizio, interrottosi per la dichiarazione di fallimento del debitore, sia perseguito dal curatore o nei confronti dello stesso, la sentenza di accertamento del credito eventualmente emessa in riforma di quella di primo grado spiega efficacia nei confronti del fallimento, allo stesso modo di quella di rigetto dell'impugnazione proposta o proseguita dal curatore, in caso di accoglimento della domanda in primo grado né a tale efficacia osta la circostanza che la predetta sentenza sia intervenuta solo successivamente alla pronuncia sull'opposizione allo stato passivo impugnata e sia stata, quindi, prodotta per la prima volta nel giudizio di cassazione, essendo la sua esistenza, pari di quella del giudicato interno, rilevabile anche d'ufficio in tale fase. Sez. 1, Sentenza numero 26041 del 23/12/2010, Rv. 615853 . Nella concreta fattispecie, dalla sentenza impugnata risulta che il giudizio relativo al credito azionato in via monitoria era pendente, al momento della decisione, in grado di appello. Talché erroneamente la Corte di merito ha ritenuto corretta la decisione appellata affermando che correttamente il tribunale non si era pronunciato sull'opposizione . Pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.