Falsa documentazione per simulare l’esistenza di un credito: decisiva l’iscrizione informatica della situazione debitoria del contribuente

Per la consumazione del reato di truffa, la misura della corresponsione di un tributo è determinata dall’iscrizione in un apposto elenco, in modo tale da far derivare da essa il conseguimento dell’ingiusto profitto per il soggetto agente e del danno per la parte offesa.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 654 del 10 gennaio 2014. Il fatto. Il gup presso il Tribunale di Torre Annunziata riteneva responsabile un uomo, in concorso con un impiegato dell’Agenzia delle Entrate, per aver proceduto alla formazione di falsa documentazione informatica per simulare l’esistenza di un credito di imposta, conseguendo un ingiusto profitto grazie alla riduzione dell’importo effettivamente dovuto. L’imputato ricorre in Cassazione, lamentando che il coimputato non lo aveva incluso tra i contribuenti che lo avevano contattato perché egli manipolasse i dati informatici relativi alle loro posizioni e che fosse stata attribuita significatività probatoria al fatto che egli si era personalmente recato presso gli uffici dell’Agenzia invece di chiedere un appuntamento per via telematica Il comportamento del ricorrente ha piena valenza probatoria. La Corte di Cassazione giudica rilevante il fatto che l’imputato, per la pratica in esame, non si sia rivolto al proprio commercialista di fiducia ma si sia recato direttamente presso l’ufficio dell’impiegato. Tale comportamento assume la valenza di un contatto affinché l’alterazione dei dati fosse eseguita e non, come sostenuto dal ricorrente, di un mero tentativo per ottenere una rateizzazione del debito tributario, pur successivamente pagato. Truffa consumata. L'argomentazione del ricorrente, per la quale il reato si consumerebbe con l'emissione di una cartella esattoriale che tenga conto dell’indebita compensazione, e non la precedente annotazione di detta compensazione nel documento informatico, trascura la possibilità che la misura della corresponsione di un tributo sia determinata dall'iscrizione in un apposito elenco, in modo tale da far derivare da tale iscrizione il conseguimento dell’ingiusto profitto per il soggetto agente e del danno per la parte offesa, con la conseguente consumazione del reato di truffa. In un caso come quello esaminato, l'informatizzazione delle procedure tributarie attribuisce immediata efficacia all'iscrizione nel sistema informatico della situazione debitoria del contribuente l'illecito arricchimento del contribuente ed il depauperamento del patrimonio dell'amministrazione a seguito dell'eliminazione del debito tributario va, infatti, inteso attribuendo tale effetto eliminatorio all'iscrizione della compensazione non dovuta nel sistema informatico.

Corte di Cassazione, sez. V penale, sentenza 12 novembre 2013 – 10 gennaio 2014, n. 654 Presidente Ferrua – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Torre Annunziata dell'11/12/2008, con la quale G.E. era ritenuto responsabile del reato continuato di cui agli artt. 476, 479 e 640 cod. pen., commesso concorrendo quale contribuente con N.S. , impiegato dell'Agenzia delle Entrate di Castellammare di Stabia, nella formazione di falsa documentazione informatica con la quale veniva simulata l'esistenza di un credito di imposta ai fini di IVA e IRAP per l'anno 2002 pari ad Euro 4173, conseguendo l'ingiusto profitto della riduzione per tale importo dell'imposta effettivamente dovuta per Euro 4884,42. L'imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati. 1. Sull'affermazione di responsabilità, il ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione rispetto alle dichiarazioni ampiamente confessorie del coimputato N. , nelle quali lo stesso non includeva il G. fra i numerosi contribuenti che lo avevano contattato perché egli manipolasse i dati informatici relativi alle loro posizioni. Lamenta altresì illogicità dell'apodittica asserzione per la quale il N. agiva sempre a seguito di richiesta degli interessati e dell'attribuzione di significatività probatoria all'essersi l'imputato personalmente recato presso gli uffici dell'agenzia delle entrate invece di chiedere un appuntamento per via telematica, semmai indicativa del mero intento del G. di rateizzare l'imposta dovuta, in effetti pagata prima della ricezione dell'avviso di garanzia. 2. Sulla qualificazione della condotta di truffa come consumata anziché come tentata, il ricorrente deduce violazione di legge nel ritenuto perfezionamento del reato con l'alterazione del documento informatico e non con l'emissione di una cartella esattoriale riportante l'indebita compensazione. Considerato in diritto 1. I motivi di ricorso relativi all'affermazione di responsabilità dell'imputato sono infondati. Insussistente è in primo luogo il lamentato vizio di contraddittorietà della motivazione rispetto alle dichiarazioni con le quali il N. , nel rendere piena confessione sugli addebiti, non menzionava il G. come persona che lo avesse incaricato di manipolare i dati informatici relativi alla propria posizione. La circostanza veniva infatti coerentemente superata, nella sentenza impugnata, con una valutazione di sostanziale inattendibilità di tale passaggio dichiarativo nel momento in cui lo stesso avrebbe presupposto l'inverosimile ipotesi dell'aver il N. agito in questo caso, a differenza dei numerosi altri contestatigli, all'insaputa dell'unico interessato e senza richiedere allo stesso alcun compenso. Escluso conseguentemente che tale argomentazione abbia il carattere di apoditticità attribuitole dal ricorrente, la Corte territoriale attribuiva altrettanto coerentemente valenza probatoria all'ulteriore circostanza per la quale l'imputato non si rivolgeva per la pratica in esame al proprio commercialista di fiducia, ma si recava direttamente alla sede dell'Agenzia delle entrate in cui la lavorava il N. circostanza alla quale, in quanto valutata unitamente alla successiva alterazione dei dati, veniva attribuito, senza incorrere in vizi logici, il significato di un contatto perché l'alterazione venisse eseguita, piuttosto che quello ipotizzato dal ricorrente nel mero tentativo del G. di ottenere la rateizzazione del debito tributario. Il successivo pagamento dell'imposta da parte dell'imputato era infine correttamente considerato e ritenuto irrilevante dai giudici di merito in quanto intervenuto successivamente all'alterazione. 2. È altresì infondato il motivo di ricorso relativo alla qualificazione della condotta di truffa come consumata anziché come tentata. L'argomentazione del ricorrente, per la quale il reato si consumerebbe con l'emissione di una cartella esattoriale che tenga conto dell'indebita compensazione, e non la precedente annotazione di detta compensazione nel documento informatico, trascura la possibilità che la misura della corresponsione di un tributo sia determinata dall'iscrizione in un apposito elenco, in modo tale da far derivare da tale iscrizione il conseguimento dell'ingiusto profitto per il soggetto agente e del danno per la parte offesa, con la conseguente consumazione del reato di truffa Sez. 2, n. 1125 del 03/06/1974, Soccal, Rv. 128721 . In un caso come quello esaminato, l'informatizzazione delle procedure tributarie attribuisce immediata efficacia all'iscrizione nel sistema informatico della situazione debitoria del contribuente. Ed in tal senso, essendo dedotto dal ricorrente un motivo afferente ad una violazione di legge, può integrarsi la motivazione della sentenza impugnata sul punto il riferimento della stessa all'illecito arricchimento del contribuente ed al depauperamento del patrimonio dell'amministrazione a seguito dell'eliminazione del debito tributario va infatti inteso attribuendo tale effetto eliminatorio all'iscrizione della compensazione non dovuta nel sistema informatico. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.