Il lavoratore ha diritto al TFR anche senza fallimento: al pagamento ci pensa l'INPS

di Ciro Bianco

di Ciro Bianco *Anche in assenza del fallimento del datore di lavoro, il fondo di garanzia gestito dall'INPS è tenuto al pagamento del trattamento di fine rapporto. Ad affermarlo è la sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 7585 del 1° aprile.La fattispecie. Il lavoratore, creditore nei confronti del proprio datore per il pagamento del t.f.r., avviava una procedura di istanza di fallimento nei confronti del datore di lavoro insolvente, tesa ad ottenere il quantum. Il Tribunale, vista la irrisorietà della somma vantata dal lavoratore, respingeva tale richiesta ed allora il lavoratore si rivolgeva all'I.N.P.S., quale gestore del fondo di garanzia ai sensi dell'articolo 2 della legge numero 297/92, al fine di ottenere il pagamento del credito per t.f.r. maturato nei confronti del datore di lavoro. Tuttavia, l'Istituto previdenziale rigettava la domanda, in quanto il lavoratore aveva già presentato istanza di fallimento, nei confronti del datore di lavoro insolvente, all'epoca respinta. Il lavoratore decide di ricorrere, ancora una volta, al giudizio dei magistrati fino ad adire la Cassazione.Come interpretare la norma sul fondo di garanzia dell'INPS? Il punto centrale della decisione della Cassazione è l'articolo 2 della legge 297 del 1982. Con la sentenza numero 7585/2011, in linea con altre pronunce dello stesso tenore, la Suprema Corte fornisce un'interpretazione chiara e cristallina della norma in questione l'espressione non soggetto alle disposizioni del R.D. numero 267 del 1942 va interpretata nel senso che l'azione della citata legge L. numero 297 del 1982, ex articolo 2, comma 5, trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo .Vuoto normativo nella tutela del lavoratore. Basta pensare al caso in cui il datore di lavoro sia solo astrattamente assoggettabile al fallimento e non sia possibile dichiararlo fallito e l'esecuzione forzata, posta in esser dal lavoratore al fine di ottenere il pagamento di quanto dovuto, non dia un esito positivo.Dalla lettura interpretativa della norma appena fornita si evince la volontà della Corte di Cassazione di tutelare tutte quelle situazioni in cui il lavoratore, per ragioni esterne ad esso, non sia tutelato dalla copertura assicurativa.* Avvocato

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 marzo - 1° aprile 2011, numero 7585Presidente Roselli - Relatore MorcavalloRitenuto in fattoCon la sentenza specificata in epigrafe, la Corte d'appello di Milano, riformando la decisione di primo grado del Tribunale della stessa città, ha accolto la domanda di intesa ad ottenere dall'INPS, quale gestore del Fondo di garanzia ai sensi della legge numero 297 del 1982, il pagamento del credito per t.f.r., maturato nei confronti del datore di lavoro insolvente. Ha rilevato, in particolare, la Corte territoriale che - contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice - l'intervento del Fondo non era impedito, nel caso di specie, dalla circostanza che l'istanza di fallimento presentata dalla lavoratrice fosse stata respinta a causa della esiguità del credito azionato, dovendosi invece avere riguardo, ai fini della operatività della tutela prevista dall'articolo 2 della legge numero 297 del 1982, alla proposizione di concreti atti di iniziativa volti a far valere il credito di lavoro.Avverso tale sentenza l'Istituto ha proposto ricorso per cassazione deducendo un unico motivo di impugnazione. La lavoratrice ha resistito con controricorso.Considerato in diritto1. Con l'unico motivo di impugnazione l'Istituto ricorrente, denunciando violazione dell'articolo 2 della legge numero 297 del 1982. sostiene che in base a tale norma la garanzia non possa operare, in favore di lavoratori dipendenti da imprese soggette a fallimento, in assenza della procedura concorsuale, che nella specie era mancata.2. Tale motivo non è fondato.La legge numero 297 del 1982, all'articolo 2, ha previsto il pagamento del t.f.r. da parte dell'lNPS quando l'impresa sia assoggettata a fallimento, ovvero quando comma 5 il datore di lavoro, non soggetto alla legge fallimentare, venga sottoposto senza esito ad esecuzione forzata.Questa Corte ha recentemente ritenuto cfr. sentenze numero 7466 del 2007, numero 1178 del 2009, numero 15662 del 2010 che una lettura della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla direttiva CE numero 987 del 1980 consente, secondo una ragionevole interpretazione, l'ingresso ad un'azione nei confronti del Fondo di garanzia, quando l'imprenditore non sia in concreto assoggettato al fallimento e l'esecuzione forzata si riveli infruttuosa. L'espressione non soggetto alle disposizioni del R.D. numero 267 del 1942 va quindi interpretata nel senso che l'azione della citata L. numero 297 del 1982, ex articolo 2, comma 5, trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo.A tale interpretazione il Collegio intende dare continuità, anche con riferimento all'ipotesi, qui in rilievo, di rigetto dell'istanza di fallimento per la esiguità del credito.Da un lato, la interpretazione estensiva trova piena giustificazione nella facoltà data dalla direttiva comunitaria ai legislatori nazionali di assicurare la tutela dei lavoratori anche in casi di insolvenza accertati con modalità e in sedi diverse da quelle tipiche delle procedure concorsuali dall'altro, la medesima interpretazione esclude quella situazione di non-copertura assicurativa che altrimenti si verificherebbe quando, come nella specie, il datore di lavoro è astrattamente assoggettabile a fallimento, ma il fallimento non può essere dichiarato, mentre il lavoratore abbia intrapreso un'esecuzione forzata e questa non dia esito cfr. Cass numero 11379 del 2008 . L'esigenza di tutela effettiva, infine, è coerente con la finalità del Legislatore del 1982, che, mediante l'istituzione di un Fondo di garanzia affidato all'ente previdenziale pubblico, ha inteso compensare la peculiarità della disciplina del t.f.r. -in cui il sistema degli accantonamenti fa sì che gli importi spettanti al lavoratore vengano trattenuti e utilizzati dal datore di lavoro - con la previsione di una tutela certa del credito, realizzata attraverso modalità garantistiche e non soggetta alle limitazioni e difficoltà procedurali previste, invece, per la tutela delle ultime retribuzioni ai sensi del d.lgs. numero 80 del 1992 .2.4. Il principio da affermare, quindi, è che, ai fini della tutela prevista dalla legge numero 297 del 1982 in favore del lavoratore, per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro, quest'ultimo, se è assoggettabile a fallimento, ma in concreto non può essere dichiarato fallito per la esiguità del credito azionato, va considerato in concreto non soggetto a fallimento, e pertanto opera la disposizione dell'articolo 2, quinto comma, della predetta legge, secondo cui il lavoratore può conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia costituito presso l'INPS alle condizioni previste dal comma stesso, essendo sufficiente, in particolare, che il lavoratore abbia esperito infruttuosamente una procedura di esecuzione, salvo che risultino in atti altre circostanze le quali dimostrino che esistono altri beni aggredibili con l'azione esecutiva.2.5. In base a tale principio, deve concludersi che la decisione impugnata ha correttamente riconosciuto il diritto di ottenere la tutela del Fondo di garanzia, essendosi accertato, in modo pacifico, che la lavoratrice aveva vanamente proposto l'azione esecutiva, vedendosi quindi rigettare l'istanza di dichiarazione di fallimento, e aveva infine domandato l'intervento del Fondo.3. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.L'Istituto ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio, secondo il criterio della soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 15,00 per esborsi e in euro duemila per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge.