Senza supercondominio diventa difficile tutelare i beni comuni

L'amministratore del singolo condominio non può chiedere misure cautelari nell'interesse del supercondominio né avanzare pretese risarcitorie con la conseguenza che le relative azioni diventano improcedibili. Ha ragione il condòmino che aveva occupato il cortile condominiale comune a più condomini, senza supercondominio i vicini hanno le mani legate.

Cortile condominiale o supercondominiale? Il cortile condominiale è spesso al centro di accese discussioni in ambito condominiale. La situazione si complica, ovviamente, quando il cortile è comune ad una serie di edifici che costituiscono singoli condomini. Nel caso in esame un condomino, volendo trasformare la propria cantina in un box auto, aveva recintato una parte dell'area cortilizia ed era intenzionato ad avviare i lavori per realizzare una rampa di accesso carrabile alla propria unità esclusiva posta nell'interrato. Ovviamente la situazione aveva allertato i vicini che, rotti gli indugi, avevano intrapreso una serie di azioni giudiziarie. In un primo tempo veniva azionato un provvedimento di urgenza ex art. 703 c.p.c Il giudice riconosceva le ragioni della parte ricorrente ed accoglieva la domanda di reintegra nel possesso. Nell'immediatezza veniva presentato atto di citazione per chiedere la conferma del provvedimento interdittale e, parallelamente, una richiesta di risarcimento danni. La controparte si difendeva a spada tratta sostenendo la carenza di legittimazione passiva dei condomini ricorrenti. Senza supercondominio, l'azione diventa illegittima . Azione cautelate e giudizio di primo e secondo grado si svolgono praticamente a senso unico. L'organo giudicante accoglie le richieste della parte ricorrente prima concedendo le richieste misure interdittive avanzate nel procedimento d'urgenza, poi, in sede di merito, non solo confermando tali risultanze ma accogliendo anche l'azionata pretesa risarcitoria. L'amministratore di condominio non ha i necessari poteri. I provvedimenti di merito, peraltro, secondo la parte resistente-convenuta sarebbero illegittimi! Ma per quale ragione? La tesi della difesa parte da un dato di fatto il cortile non è un bene comune ad un singolo edificio bensì ad una pluralità di fabbricati costituenti, a loro volta, singoli condomini autonomi quindi, di conseguenza, sarebbe stato necessario procedere alla nomina di un amministratore di supercondominio per la gestione e tutela dei beni del supercondominio ivi compreso il cortile . In mancanza, del supercondominio, né l'amministratore del singolo condominio né i singoli condomini sarebbero stati legittimati all'azione. Partendo da questa premessa, viene proposto alla Cassazione un quesito di diritto. Piazza Cavour è chiamata a chiarire se, nell'ipotesi in cui un bene comune sia a servizio di una pluralità di edifici condominiali si realizzi il c.d. Supercondominio. Di conseguenza, se sia necessario procedere alla nomina di un amministratore di supercondominio come unico soggetto dotato dei necessari poteri di rappresentanza in giudizio. La Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19558 del 26 agosto 2013, accoglie la tesi della parte ricorrente e dichiara l'azione proposta dall'originaria parte attrice come improcedibile. Per giungere ad una decisione di questo tipo gli Ermellini seguono un complesso iter logico-giuridico. Si parte dal presupposto che il condominio è un ente di gestione dei beni comuni privo di personalità giuridica. Il potere di rappresentanza dell'amministratore trova il proprio fondamento negli artt. 1130 e 1131 c.c Dal combinato disposto delle due norme deriva che il potere di rappresentanza dell'amministratore di condominio è limitato alle controversie relative ai beni comuni e ovviamente all'esecuzione delle delibere assembleari. Il supercondominio. Il supercondominio, secondo la giurisprudenza pre-riforma, è un ente distinto ed autonomo rispetto ai singoli condomini. All'assemblea di supercondominio possono partecipare tutti i partecipanti ai singoli condomini e non gli amministratori dei singoli condomini o i c.d. capiscala” . La tutela passa dal supercondominio le ragioni della Cassazione . Ciò posto, l'amministratore del singolo condominio componente al supercondominio non può essere legittimato ad agire per la tutela dei bei del supercondominio a meno che non abbia ricevuto apposito mandato dai singoli condomini mandato che, nel caso in esame, viene a mancare . In parole povere, secondo la Cassazione, l'amministratore del singolo condominio può porre in essere azioni cautelari a tutela dei beni comuni del singolo condominio direttamente amministrato ma non può agire per la tutela dei beni comuni appartenenti al supercondominio. Ha ragione, quindi, il ricorrente nel ritenere che i vicini avrebbero dovuto costituire un supercondominio, procedere alla nomina di un amministratore del supercondominio conferendo ad esso i necessari poteri per proporre il ricorso ex art. 703 c.p.c. e la relativa azione risarcitoria. La riforma del condomino. La sentenza in esame in materia di supercondominio, viene emessa a cavallo della riforma del condominio portata dalla Legge 11 dicembre 2012, n. 220 Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici pubblicata sulla G.U. del 17 dicembre 2012, n. 293 ed entrata in vigore il 17 giugno 2013. Il concetto di supercondominio, ormai noto da anni e di uso ormai corrente, è stata introdotta nel nostro ordinamento solo con la riforma che ha dato un riconoscimento al c.d. condominio orizzontale. In linea di massima potremmo affermare che il Legislatore ha fatto proprie le regole che venivano consuetudinariamente applicate nella gestione dei supercondominii. Le novità riguardano principalmente la disciplina delle deleghe in assemblea. Mancava una nozione di supercondominio. Occorre tener presente che, fino a ieri, è mancata una definizione legislativa del concetto di supercondominio. La formula era stata inventata dalla giurisprudenza per rispondere ad esigenze concrete venutesi a creare nella pratica commerciale e per adattare le norme codicistiche, create nel 1942, ad una diversa realtà economica, molto più moderna ed attuale. Gli interpreti, in definitiva, avevano fatto una forzatura adattando al caso concreto una norma dettata per disciplinare una fattispecie simile e certamente sovrapponibile ma non del tutto identica. La novità della riforma. La novità è stata introdotta con l'art. 1117-bis, intitolato Ambito di applicabilità , che dispone Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117 . Ulteriore novità è rappresentata dalle deleghe che vengono ora disciplinate dalla nuova formulazione dell'art. 67 disp. att In tale contesto, per agevolare la partecipazione di tutti i condomini alla vita condominiale e, nello stesso tempo, facilitare il raggiungimento delle prescritte maggioranze, è stato dettato un principio di massima nei complessi con oltre venti condomini, il delegato può rappresentare, al massimo, un quinto dei condomini. Tale principio incontra una deroga in materia di supercondominio. Nel caso in cui i partecipanti al condominio siano, complessivamente, più di sessanta, viene introdotto un duplice correttivo per cui da un lato, cade il principio della partecipazione diretta del singolo condomino e dall'altro, parallelamente, viene introdotta una deroga al principio dettato per i condomini di dimensioni più modeste che vieta la concentrazione dei voti e, quindi, del potere decisionale nelle mani di un unico soggetto. Nel supercondominio, ex art. 67 disp. att., i condomini possono designare, con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 5, c.c., il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In parole povere, viene ufficializzata la nomina dei capiscala” dettando i quorum per la sua nomina.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 aprile - 26 agosto 2013, n. 19558 Presidente Oddo – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 703 c.p.c. notificato il 14 marzo 1995 i CONDOMINI di omissis e quello di omissis , siti in , evocavano, dinanzi al Pretore di Firenze, A.C. deducendo di essere comproprietari di area interclusa dai fabbricati condominiali, composta da un cortile condominiale, parte del quale adibito a giardino, alla quale si accedeva attraverso viali interni che conducevano ad autorimesse di proprietà esclusiva di singoli condomini e che la resistente quale proprietaria di cantine poste nel sottosuolo del Condominio di OMISSIS aveva dato corso ad una illegittima occupazione di una porzione di detta area, al fine di iniziare i lavori di costruzione di una rampa di accesso a tali cantine, che ella intendeva trasformare in autorimessa privata tanto premesso, chiedevano che venisse ordinato alla resistente l'immediata reintegrazione nel possesso dei condomini ricorrenti. Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della A., il Pretore adito con ordinanza del 28.2.1996 ordinava alla convenuta di reintegrare i CONDOMINI nel possesso della porzione di resede situata nel piazzale facente parte del cortile condominiale con accesso dal civico XX, dalla convenuta recintata, mediante immediata rimozione della transennatura costituita dai tubi di ferro e dalla rete di plastica. Con successivo atto di citazione notificato il 5 aprile 1996 i CONDOMINI instauravano, avanti al medesimo Pretore ora Tribunale di Firenze , il giudizio di merito chiedendo la conferma del provvedimento interdittale e la condanna della A. al risarcimento dei danni, da determinarsi con separato giudizio, il quale, nella resistenza delle convenuta, con sentenza n. 2948/2004, confermava l'ordinanza di reintegra nel possesso e disponeva in via definitiva la reintegrazione dei CONDOMINI nel possesso dell'area cortilizia, condannando, altresì, la convenuta al risarcimento dei danni conseguenti alla lesione del possesso, da accertarsi e determinarsi in separato giudizio. In virtù di rituale appello interposto dalla A. , con il quale lamentava che il giudice di prime cure avesse omesso di rilevare la carenza di legittimazione attiva dei CONDOMINI ricorrenti, senza considerare che unico legittimato all'azione sarebbe stato il supercondominio, a norma dell'art. 1129 c.c., non rientrando, peraltro, la richiesta di risarcimento dei danni nelle competenze dell'amministratore del condominio, la Corte di appello di Firenze, nella resistenza dei C. , rigettava integralmente il gravame. A sostegno della sentenza adottata la corte distrettuale evidenziava che ciascuno dei condomini ricorrenti, al pari di ciascun condomino, avrebbe avuto, anche da solo, la legittimazione ad agire, gravando sull'amministratore del condominio, ex artt. 1130 e 1131 c.c., il potere dovere di compiere atti conservativi, non avendo perciò alcuna rilevanza la circostanza che non fosse stato designato un amministratore del supercondominio. Aggiungeva che anche l'istanza di risarcimento dei danni, apparendo connessa con la conservazione dei diritti sulle parti comuni, risultava fondare la legittimazione attiva dei medesimi CONDOMINI. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione la A. , che risulta articolato in tre motivi, al quale hanno resistito i CONDOMINI con controricorso. Fissata pubblica udienza al 3 aprile 2012, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per mancanza di autorizzazione degli amministratori dei condomini resistenti ad agire in giudizio, prodotta per la successiva udienza pubblica. La ricorrente ha presentato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Occorre preliminarmente rilevare che tutti i Condomini costituiti - di viale OMISSIS - hanno depositato verbale di assemblea condominiale di autorizzazione a stare in giudizio, rispettivamente dell'8.10.2012 e del 10.10.2012 - per cui va ritenuta la ritualità della costituzione dei resistenti. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1117, 1130 e 1131 c.c. e dell'art. 62 disp. att. c.c. per avere la corte territoriale completamente ignorato l'istituto del supercondominio, in quanto trattandosi nella specie di parte comune ad una pluralità di condomini tra loro distinti, avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina predetta che ha fondamento nella lettera della legge e in particolare nell'art. 1130 n. 4 c.c A conclusione del motivo viene posto il seguente quesito di diritto nell'ipotesi di un bene comune che sia al servizio di più edifici condominiali si realizza l'ipotesi di creazione giurisprudenziale del c.d. supercondominio, la quale impone che i componenti i vari condomini nominino un amministratore del supercondominio che è l'unico soggetto dotato di autonoma legittimazione attiva in ordine ad ogni controversia inerente il suddetto bene comune, dovendosi viceversa escludere la legitimatio ad processum degli amministratori dei singoli condomini . Il motivo è fondato e pertanto merita accoglimento. Con tale doglianza la ricorrente ha inteso sostenere che gli amministratori di ciascun Condominio non abbiano legittimazione in ordine ai beni comuni ovvero a servizio di più edifici condominiali. Occorre, innanzitutto, evidenziare cfr., ad es., Cass. n. 7286 del 1996 e Cass. n. 2305 del 2008 che i singoli edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un supercondominio quando talune cose, impianti e servizi comuni viale d'ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o per l'alloggio del portiere, ecc. sono contestualmente legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici, appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva o analogica, dalle norme dettate per il condominio negli edifici. Ne consegue che le disposizioni previste dall'art. 1136 c.c., in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari. Questa Corte ha avuto già occasione di affermare nella ipotesi di un bene comune che sia a servizio di più edifici condominiali c.d. supercondominio , che vanno tenuti distinti i rapporti di proprietà comune ed indivisa tra i partecipanti ai singoli edifici, dal rapporto di comunione sul bene in comproprietà a tutti i partecipanti ai singoli condomini, mancando questi ultimi di personalità giuridica v. Cass. 4 maggio 1993 n. 5160 ed ha concluso nel senso che la gestione di tale bene comune spetta, pertanto, a tutti i comunisti, i quali debbono nominare un amministratore, e non come spesso avviene nella pratica al collegio costituito dagli amministratori dei singoli condomini, i quali possono esercitare i poteri previsti degli artt. 1130 e 1131 c.c. solo con riferimento all'edificio condominiale cui sono preposti. Ai fini della trattazione dell'argomento proposto occorre esaminare la natura giuridica dell'organo cui nel condominio è affidata la gestione amministrativa e cioè dell'amministratore, e le funzioni allo stesso affidate dalla legge, con particolare riguardo alla tutela in sede giudiziaria dei diritti di cui sono rispettivamente titolari l'ente condominiale e i singoli condomini. Partendo dal presupposto che il condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l'amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il fondamento normativo del potere di rappresentanza ed i suoi limiti. Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c. che, rispettivamente, disciplinano, il primo le attribuzioni dell'amministratore e il secondo, in forma specifica, la rappresentanza del condominio da parte dell'amministratore. Dall'art. 1131 c.c. si deduce che il potere di rappresentanza dell'amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni comuni. All'amministratore del condominio compete l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea nonché, in genere, tutta l'attività di ordinaria amministrazione giusta l'elenco analitico di attribuzioni previsto dall'art. 1130 c.c Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, egli ha la rappresentanza dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri art. 1131, primo e secondo comma . Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un intervento dell'amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purché colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata, l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Ovviamente, come è desumibile, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai compiti ed ai poteri, stabiliti dall'art. 1130 c.c In questo ambito va ad inserirsi la questione del supercondominio, che è un ente distinto ed autonomo rispetto ai singoli condomini, ancorché da essi composto, che viene in essere ipso iure et facto se il titolo non dispone altrimenti cfr Cass. n. 2305 del 2008 Cass. n. 13883 del 2010 Cass. n. 17332 del 2011 e, da ultimo, Cass. n. 19939 del 2012 , al fine di gestire beni posti in rapporto di accessorietà rispetto a tutti gli edifici condominiali e di proprietà, pro-indiviso, di tutti i membri di ciascun condominio. Al riguardo va osservato che questa Corte nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condomino contro l'amministrato del suo edificio, che agiva per conseguire il pagamento di somme dovute per il servizio di riscaldamento centrale facente capo ad un supercondominio, composto anche da altri fabbricati e disciplinato da un regolamento contrattuale, sollevata dall'opponente eccezione di difetto di legittimazione ad agire da parte dell'amministratore del suo edificio, ha ritenuto la fondatezza dell'eccezione sul presupposto che della inesistenza di un rapporto giuridico plurisoggettivo e sostanzialmente unico fra gli amministratori v. Cass. 29 settembre 1994 n. 7946 . In altra pronuncia Cass. 25 marzo 1994 n. 7894 , nel verificare le competenze del regolamento condominiale contrattuale, ha escluso che vi rientri la facoltà di derogare alla composizione dell'assemblea, cui devono partecipare tutti i condomini. In altre parole, al regolamento contrattuale non è consentito chiamare a far parte dell'assemblea del supercondominio, in luogo di tutti i partecipanti, gli amministratori dei singoli edifici. È contrario, cioè, a norma imperativa il regolamento contrattuale di condominio, che sostituisca l'assemblea dei condomini con il collegio degli amministratori. . Da ciò è seguita l'ulteriore affermazione che l'assemblea del supercondominio deve essere composta da tutti i partecipanti ai singoli condomini. Anche relativamente all'assemblea del supercondominio, ciascun partecipante ha il diritto di intervenire alla riunione e di esprimere l'assenso o il dissenso sugli argomenti all'ordine del giorno e di votare in proporzione alla sua quota. Pertanto, è contrario a norme imperative il regolamento contrattuale di condominio, che preveda essere l'assemblea del supercondominio composta dagli amministratori dei singoli condomini. Essendo all'assemblea demandata la formazione della volontà dei condomini in ordine alla gestione delle cose comuni, e l'amministratore affidata l'esecuzione delle disposizioni di legge, del regolamento e della stessa volontà dell'assemblea, la confusione dei ruoli non può ammettersi. Il regolamento contrattuale, quindi, non può affidare al collegio degli amministratori il compito di sostituire istituzionalmente l'assemblea dei condomini. . Applicando tali principi generali in materia condominiale cfr., ad es., Cass. n. 8842 del 2001 Cass. n. 12588 del 2002 Cass. n. 9206 del 2005 e Cass. n. 14765 del 2012 al caso in esame consegue che i giudici di merito avrebbero potuto affermare la legittimazione degli amministratori degli edifici componenti il supercondominio - a pretendere dall'attuale ricorrente il ripristino stato dei luoghi quanto al cortile antistante e comune gli edifici del complesso condominiale costituente il supercondominio - solo ove avessero ricevuto mandato dai singoli condomini. In proposito, infatti, va riconosciuto che anche nell'ipotesi di supercondominio , la legittimazione ad agire per la tutela di diritti comuni spetta a ciascun singolo condomino facente parte dei distinti condomini che compongono complessivamente il supercondominio , come precisato dalla Suprema Corte ex multis Cass. n. 8570 del 26 aprile 2005 , che per quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli , ha ritenuto necessario lo specifico mandato da parte di tutti. In altri termini, la legittimazione degli amministratori di ciascun condominio a compiere atti conservati, riconosciuta ex artt. 1130 e 1131 c.c., si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di richiedere le necessarie misure cautelari soltanto per i beni comuni all'edificio amministrato, non anche per quelli facenti parte del complesso immobiliare composto di più condomini, quale accorpamento di due o più singoli condomini per la gestione di beni comuni ferma l'autonomia amministrativa per i beni propri di ciascun distinto organismo , che deve essere costituito ed amministrato attraverso le deliberazioni dei propri organi assemblea, composta dai proprietari degli appartamenti che concorrono a formarlo, ed amministratore del supercondominio e, naturalmente, deve essere anche dotato di un proprio regolamento, che determini la misura in cui ciascun ente fondante partecipa alla gestione dei beni comuni, assumendo i relativi oneri e ripartendoli al suo interno. Al più - infatti - poteva risultare il conferimento del relativo potere da una deliberazione unanime delle assemblee assunte dai comproprietari dell'area. La esistenza di una simile delibera, però, non risulta dalla sentenza impugnata, la quale va, pertanto, cassata. Il secondo motivo, con il quale viene denunciata la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. per non avere la corte distrettuale ritenuto la carenza di legittimazione dei condomini in relazione alla richiesta di risarcimento dei danni, culmina nel seguente quesito di diritto gli artt. 1130 e 1131 c.c. fissano in maniera specifica le attribuzioni dell'amministratore del condominio, tra le quali non rientra quella di richiedere il risarcimento dei danni . Anche detto motivo va accolto per le medesime considerazioni svolte in relazione alla prima censura, per avere gli amministratori dei Condomini, nel chiedere il risarcimento dei danni, esercitato azione consequenziale all'impedimento frapposto alla tempestiva esecuzione di quanto richiesto per ottenere la reintegrazione nel possesso dell'area cortilizia cfr Cass. 22 ottobre 1998 n. 10474 . L'accoglimento della censura relativa al difetto di legittimazione comporta l'assorbimento dell'altra censura contenuta nel terzo motivo, con cui la ricorrente deduce che comunque mancava la motivazione della omessa applicazione dei principi in materia di supercondominio. Per effetto dell'accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata, ma non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito dichiarando improcedibili la domanda possessoria e quella risarcitoria proposte dagli amministratori dei singoli Condomini. In ordine alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità, stante la assoluta novità della questione esaminata, vanno interamente compensate fra le parti. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara improponibili la domanda possessoria e quella risarcitoria proposte dagli Amministratori dei singoli Condomini dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite di tutti i gradi di giudizio.