Praticanti, non personale dipendente: plausibile il rimborso dell’IRAP all’avvocato. Fino a prova contraria...

Non si può dedurre, in automatico, dalla presenza operativa dei praticanti nello studio, l’idea della autonoma organizzazione. Anche perché l’apprendista non partecipa alla formazione del reddito, ma compie semplicemente il proprio iter formativo.

Folla di praticanti in studio, ma ciò non basta, come elemento a sé stante, per negare all’avvocato il rimborso dell’IRAP. Non si può, difatti, catalogare il praticante, in automatico, come personale dipendente, e quindi non si può dare per scontata l’esistenza di una autonoma organizzazione. Cassazione, sent. n. 17920/2013, Sesta Sezione Civile tributaria, depositata oggi . Apprendista. Eppure, in origine, la posizione assunta dai giudici tributari, sia provinciali che regionali, è negativa per il professionista – un avvocato, per la precisione – che si vede negato il diritto al rimborso dell’IRAP , relativamente al periodo 2002-2006. Alla base di questa decisione la considerazione che è sufficiente, per la sottoposizione ad imposta, l’esistenza di spese per uno studio e di compensi corrisposti a praticanti . Ma questa valutazione viene ritenuta erronea, o, quantomeno, incompleta, dai giudici della Cassazione, i quali chiariscono che sarebbe stato molto necessario valutare, tenendo conto, ad esempio, della misura dei compensi , il ‘peso specifico’ dei praticanti all’interno dello studio professionale. Tale lacuna è gravissima, anche perché la presenza di praticanti in uno studio professionale , viene ribadito, non è sufficiente, di per sé, a determinare quella stabile organizzazione che determina la sottoposizione ad Irap . Senza dimenticare, poi, che l’apprendista non partecipa alla formazione del reddito in modo autonomo , bensì sta semplicemente compiendo il suo iter formativo . Quadro chiarissimo, quindi, ignorato però dai giudici della Commissione tributaria regionale, ai quali, però, ora, la questione viene nuovamente riaffidata dalla Cassazione. Prima di arrivare a una decisione sulla richiesta di rimborso dell’Irap, avanzata dall’avvocato, però, sarà necessario, concludono i giudici del Palazzaccio, approfondire natura e quantità delle funzioni svolte dai praticanti .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 12 giugno – 23 luglio 2013, n. 17920 Presidente/Relatore Cicala Svolgimento del processo e motivi della decisione L'Avv. A.G. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana 18/25/2011 dell'11 febbraio 2011 che rigettava l'appello del contribuente affermando la non spettanza del rimborso IRAP relativamente agli anni 2002- 2006 . L'Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso. Il relatore ha proposto l’accoglimento del ricorso osservando che il giudice di merito ha ritenuto sufficiente per la sottoposizione ad imposta l'esistenza di spese per uno studio e di compensi corrisposti a praticanti senza procedere ad una valutazione complessiva ad esempio tenendo conto della misura dei compensi che consentisse di affermare che i praticanti svolgevano di fatto le funzione di personale dipendente, in misura tale da determinare una autonoma organizzazione . Il Collegio ha ritenuto opportuno devolvere la controversia alla Pubblica Udienza. A seguito della pubblica udienza, il Collegio ha ritenuto di condividere l'originaria proposta del relatore in quanto la Corte di Cassazione ha affermato che la presenza di praticanti in uno studio professionale non è sufficiente di per sé a determinare quella stabile organizzazione che determina la sottoposizione ad IRAP. Si ricorda in proposito la sentenza n. 8834 del 14 aprile 2009 secondo cui costituisce principio consolidato, che consente il rigetto in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. del ricorso della Amministrazione, l'affermazione secondo l'utilizzo di un collaboratore che non sia già lui stesso avvocato può rectius non può ravvisare un principio di organizzazione, posto che l'apprendista non partecipa alla formazione del reddito in modo autonomo, ma sta compiendo il suo iter formativo lira quindi onere del giudice di merito provvedere ad una puntuale motivazione sulla natura e sulla quantità delle funzioni svolte dai praticanti, mentre non appare rilevante la disponibilità di locali adeguati per l'esercizio della professione, ed è generico il richiamo contenuto nella sentenza di merito alle spese affrontate dal professionista. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana che deciderà anche per le spese del giudizio di legittimità.