Foto proibite cancellate dal computer, recupero casuale del tecnico: immagini da valutare come ancora disponibili?

Scatta la prescrizione del reato, ma restano irrisolti i dubbi, rilevanti, sollevati in merito alla valutazione fornita in Appello sulle immagini che avevano portato alla condanna di un uomo. Nodo gordiano della vicenda è la cancellazione di quelle foto dal computer e il successivo recupero compiuto, in maniera casuale, da un tecnico, cui il computer era stato affidato per riparazioni.

Pedopornografia online fenomeno orrido sempre più diffuso, purtroppo. E, per giunta, non semplice da ‘tracciare’ per arrivare a ‘beccare’ i colpevoli. Per questo, spesso, punto d’appoggio fondamentale è il ritrovamento di materiale ‘proibito’ nei personal computer. Ma il discorso si complica ulteriormente quando quel materiale – delle immagini, ad esempio – viene cancellato Cassazione, sentenza n. 24808, sezione Terza Penale, depositata oggi . In memoria. Nessun dubbio viene espresso, né dal Giudice dell’udienza preliminare né dai giudici della Corte d’Appello, sulla colpevolezza di un uomo di mezza età, accusato di possesso di materiale pedopornografico, contenuto nei dischi rigidi fissi dei suoi due computer . Conseguenziale è la condanna, con pena sospesa , a 16 mesi di reclusione. Decisivo risulta il ‘recupero dati’ compiuto da un tecnico a quest’ultimo, difatti, l’uomo aveva affidato il proprio computer per alcune riparazioni . Questo elemento viene messo ora seriamente in discussione dai giudici della Cassazione, i quali, pur sancendo la prescrizione del reato, ritengono comunque plausibili le osservazioni critiche mosse dall’uomo rispetto alla ipotesi – ritenuta acclarata in secondo grado – della detenzione consapevole e volontaria del materiale pedopornografico . Come detto, il materiale, cancellato dai dischi rigidi del computer , era stato recuperato da un tecnico di laboratorio , e, secondo la Corte d’Appello, l’avvenuta cancellazione non influiva sulla permanente disponibilità delle immagini perché ne sarebbe stato possibile il recupero attraverso idonea procedura . Ma, osservano i giudici della Cassazione, non viene in alcun modo spiegato per quale ragione le immagini, pur essendo state cancellate, sarebbero state ancora disponibili, o con quali procedure o con quali programmi le immagini cancellate avrebbero potuto essere recuperate, o comunque se nel computer erano presenti tali programmi e se l’uomo fosse stato in grado di utilizzarli . Tutti dubbi rilevanti, quelli sollevati dai giudici della Cassazione, anche tenendo presente che, in Appello, è stato affermato che la cancellazione delle immagini non faceva venir meno il fatto che il reato si era già consumato, perché prima della cancellazione vi era stata una consapevole e volontaria disponibilità . Ma quei dubbi restano irrisolti, in sospeso

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 febbraio - 6 giugno 2013, n. 24808 Presidente Teresi – Relatore Franco Svolgimento del processo Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Bologna revocò le pene accessorie di cui all’art. 600 septies, comma 2, cod. pen. e confermò nel resto la sentenza emessa il 10 ottobre 2006 dal Gup del tribunale di Reggio Emilia, che aveva dichiarato G.M. colpevole del reato di cui all’art. 600 quater cod. pen. in relazione al materiale pedopornografico contenuto nei dischi rigidi fissi dei suoi due computer e lo aveva condannato alla pena sospesa di un anno e quattro mesi di reclusione, mentre lo aveva assolto in relazione ad altro materiale contenuto in altri dischi rigidi perché il fatto non sussiste. L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione deducendo 1 violazione dell’art. 62 bis cod. pen. per la mancata concessione delle attenuanti generiche, senza alcuna motivazione o con motivazione contraria alle risultanze processuali. 2 vizio di motivazione ed omessa pronuncia sulle conclusioni del Procuratore generale relative al reato con cui è contestata la detenzione di 14 foto. 3 inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 157 cod. pen. e vizio, di motivazione sulla eccezione difensiva secondo cui il reato era prescritto. Lamenta che la sentenza impugnata ha fatto generico riferimento alla data del giugno 2004, senza considerare che a tale data il computer era già in Francia per la riparazione. 4 mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine al terzo motivo di appello relativo alla mancanza di prova che i file in questione, dopo essere stati scaricati, fossero stati effettivamente visionati dall’imputato. 5 mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla censura mossa con il terzo motivo di appello secondo cui non vi era la prova che il materiale fosse stato detenuto consapevolmente dall’imputato. Su questa eccezione manca totalmente la motivazione. 6 avvenuta prescrizione del reato. Motivi della decisione Ritiene il Collegio che il ricorso non possa ritenersi manifestamente infondato, almeno con riguardo alla censura relativa alla mancanza e manifesta illogicità della motivazione sulla sussistenza di una detenzione consapevole e volontaria del materiale pedopornografico da parte dell’imputato, nonché alla censura relativa alla data di consumazione del reato. Nella specie deve infatti applicarsi il testo dell’art. 600 quater cod. pen. precedente alla modifica intervenuta con la legge 6 febbraio 2006, n. 38, il quale puniva chi consapevolmente si procura o dispone di materiale pedopornografico. Nella specie la sentenza impugnata ha accertato in fatto che il materiale in questione era stato cancellato dai dischi rigidi del computer dell’imputato e che di ciò si accorse solo il tecnico del laboratorio in Francia, dove il computer era stato inviato per riparazioni. La corte d’appello ha ritenuto che l’avvenuta cancellazione delle immagini non influiva sulla permanente disponibilità delle stesse perché ne sarebbe stato possibile il recupero attraverso idonea procedura. L’affermazione è apodittica perché non viene in alcun modo spiegato per quale ragione le immagini, pur essendo state cancellate, sarebbero state ancora disponibili, o con quali procedure e con quali programmi le immagini cancellate avrebbero potuto essere recuperate, o comunque se nel computer erano presenti tali programmi e se l’imputato fosse stato in grado di utilizzarli. Sembra peraltro che la corte d’appello abbia anche ritenuto che la cancellazione delle immagini non faceva venir meno il fatto che il reato si era già consumato perché prima della cancellazione vi era stata una consapevole e volontaria disponibilità. Va però osservato che in tal caso doveva comunque essere accertata dalla perizia la data di cancellazione, ossia di cessazione della permanenza, per stabilire se alla data della sentenza il reato non si fosse già prescritto. Stante la non manifesta infondatezza dei motivi, il ricorso non è inammissibile e pertanto il rapporto processuale di impugnazione si è regolarmente instaurato dinanzi a questa Corte, che quindi può e deve rilevare e dichiarare le cause di estinzione del reato verificatesi dopo l’emissione della sentenza impugnata. Nella specie, non si è verificata alcuna sospensione del corso della prescrizione, la quale quindi si è comunque maturata il 14.12.2011, anche a volerla fare decorrere dalla data del 14 giugno 2004, nella quale il tecnico del laboratorio francese si è reso conto del contenuto dei file cancellati. Dagli atti non risultano in modo evidente cause di proscioglimento nel merito. P.Q.M. La Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.