Il GIP può fare copia-incolla dalla richiesta del p.m.?

Non si può negare la legittimità della motivazione per relationem, considerata legittima, in passato, anche dalle Sezioni Unite ma è legittima anche se vi è richiamo integrale da parte del G.I.P. al contenuto della richiesta del p.m.?

«Non è nulla per difetto assoluto di motivazione l’ordinanza applicativa di una misura coercitiva nella quale sia riportata integralmente e letteralmente la richiesta avanzata dal p.m., a patto che risulti che il giudice abbia preso contezza del contenuto delle ragioni dell’atto incorporato, le abbia reputate coerenti col suo pensiero, così facendole proprie, e a patto che agli eventuali giudici del riesame e giudici di legittimità – ognuno nell’ambito delle rispettive competenze sia consentito di controllare il quadro indiziario e la tenuta logica dell’iter seguito dal primo giudicante inoltre, deve essere garantita all’interessato la conoscenza dell’atto, in modo da consentirgli di esercitare il diritto di difesa e impugnazione». Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 30448/2012, depositata il 25 luglio. Il caso. Il G.I.P. presso il Tribunale di Napoli emetteva ordinanza con la quale attingeva un cittadino extracomunitario, sottoponendolo alla custodia cautelare carceraria. Il Tribunale per il riesame adito annullava il suddetto provvedimento in quanto affetto da vizio non emendabile da parte del Tribunale stesso, ordinando l’immediata liberazione dell’indagato. Ad avviso del T.L. il G.I.P. avrebbe emanato un’ordinanza che si limitava a trasporre la richiesta del pubblico ministero, differenziandosi solo per un’aggiunta di poche righe, nelle quali si dava conto genericamente delle indagini svolte, si richiamava la giurisprudenza di legittimità in tema di motivazione per relationem e, attraverso una clausola di stile, si affermava la sussistenza delle esigenze cautelari. Quindi, il provvedimento difetterebbe di qualsivoglia riferimento alla vicenda specifica, nonché di un’autonoma valutazione del magistrato disponente, essendosi lo stesso limitato a trasfondere nel corpus dello stesso la richiesta integrale avanzata dal p.m Avverso tale ordinanza ricorreva per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, lamentando inosservanza/erronea applicazione delle norme processuali, oltre a manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, ritenendo in assoluto la motivazione per relationem legittima, seppur a determinate condizioni – comunque rispettate nel caso di specie. Non si può negare la legittimità della motivazione per relationem, considerata legittima, in passato, anche dalle Sezioni Unite ma è legittima anche se vi è richiamo integrale da parte del G.I.P. al contenuto della richiesta del p.m.? La motivazione per relationem è legittima soltanto se vengono rispettate alcune condizioni deve far riferimento a quella di un altro atto del procedimento che sia funzionale a giustificare il provvedimento che la richiama deve fornire la dimostrazione che il giudice abbia preso cognizione delle argomentazioni di riferimento, sposandole l’atto richiamato dev’essere conosciuto o quantomeno ostensibile all’interessato, e ciò per consentire l’esercizio del potere di critica, anche finalizzato ad eventuale gravame. La Seconda Sezione della Suprema Corte, sulla scia di costante giurisprudenza di legittimità, ricorda che non è nulla per difetto assoluto di motivazione l’ordinanza applicativa di una misura coercitiva nella quale sia riportata integralmente e letteralmente la richiesta avanzata dal p.m., a patto che emerga che il giudice ha preso contezza delle ragioni dell’atto incorporato, facendole proprie e che agli eventuali giudici del riesame e giudici di legittimità – ognuno nell’ambito delle rispettive competenze sia consentito di controllare il quadro indiziario e la tenuta logica dell’iter seguito dal primo giudicante. Inoltre è ormai consolidato come sia precluso al T.L. l’annullamento del provvedimento cautelare impugnato per difetto di motivazione – potere riservato al giudice di legittimità -, potendo solo integrarlo attraverso una autonoma valutazione del quadro indiziario già noto al G.I.P Il Tribunale del Riesame, infatti, può dichiarare la nullità del provvedimento impositivo della misura cautelare solo nelle ipotesi di mancanza grafica della motivazione o di riduzione della stessa a clausole di stile. La caducazione, quindi, si configura come extrema ratio, da evitare quando sia possibile sopperire con integrazioni. Ma i giudici del riesame potevano annullare l’ordinanza del G.I.P.? Ad avviso degli Ermellini il ricorso del P.G. è fondato, in quanto il T.L. non aveva il potere di annullare la censurata ordinanza. Nel caso di specie il G.I.P. ha trasfuso in toto nell’ordinanza dispositiva della misura carceraria la richiesta del p.m., ma, comunque, ad avviso della Corte, egli ha tale partorito una motivazione non priva dei requisiti che consentano di definirla ‘adeguata’-sulla scorta della giurisprudenza a giustificare l’adozione di misure e, soprattutto, ha permesso al destinatario di conoscere il contenuto della stessa, tanto è vero che lo stesso ha potuto proporre riesame. Inoltre, si rimarca come la difesa non sia stata minimamente menomata da questo metodo motivazionale il difensore dell’indagato, per l’appunto, in sede di gravame, non ha neppure ritenuto di sollevare eccezioni preliminari circa la nullità dell’ordinanza di cui trattasi, bensì è entrato direttamente nel merito del provvedimento dispositivo, così tacitamente avallando la legittimità della motivazione per relationem. Per la Suprema Corte, quindi, nel caso che ci occupa il Tribunale del riesame non avrebbe avuto i poteri per annullare l’ordinanza del G.I.P. in presenza di una motivazione insufficiente, che però non si sia limitata a mere clausole di stile, il T.L. avrebbe dovuto limitarsi ad integrare il percorso argomentativo del primo giudicante, attraverso una più approfondita valutazione critica delle risultanze investigative e dei concreti elementi posti a fondamento delle esigenze cautelari. Per tutte queste ragioni, si è imposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale competente per un nuovo riesame.

Corte di Cassazione, Sez. II Penale, sentenza 26 aprile – 25 luglio 2012, numero 30448 Presidente Carmenini – Relatore Cammino Osserva Il Pubblico Ministero ricorre avverso l'ordinanza emessa il 18 ottobre 2011 dal Tribunale del riesame di Napoli con la quale è stata annullata l'ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere disposta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli il 22 settembre 2011 nei confronti di O.K. , del quale è stata ordinata l'immediata scarcerazione se non detenuto per altro titolo. Il Tribunale ha rilevato che la motivazione dell'ordinanza impugnata era basata sulla trasposizione della richiesta del Pubblico Ministero a sua volta basata fondamentalmente sull’informativa della polizia giudiziaria con l'aggiunta di una breve nota introduttiva, contenente la generica descrizione delle indagini svolte dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, intercettazioni, indagini delegate alla polizia giudiziaria dal pubblico ministero e il richiamo alla giurisprudenza di legittimità in materia di motivazione per relationem, e di una parte finale costituita da una clausola di stile sulla sussistenza delle esigenze cautelari, priva di riferimenti alla vicenda specifica e identica ad altre ordinanze custodiali emesse dallo stesso ufficio giudiziario e portate a conoscenza del Tribunale del riesame. Il pubblico ministero ricorrente deduce l'inosservanza o erronea applicazione delle norme processuali e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione osservando che la giurisprudenza di legittimità in materia di motivazione per relationem Cass. Sez. Unumero numero 17/2000, Primavera , anche con specifico riferimento a ordinanze cautelari, rendeva legittimo nel caso specifico il richiamo integrale da parte del giudice per le indagini preliminari al condiviso contenuto della richiesta del pubblico ministero, considerato anche che lo stesso Tribunale del riesame ne aveva ritenuto in astratto l'adeguatezza e che alla difesa che nulla aveva eccepito era stato consentito di conoscere gli elementi di gravità indiziaria ritenuti sussistenti a carico dell'indagato. Va premesso che la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale, anche per le ordinanze di applicazione di misure cautelari personali, è legittima quando a faccia riferimento ad altro atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione b fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto delle ragioni del provvedimento di riferimento, ritenendole coerenti con la sua decisione c l'atto di riferimento sia conosciuto dall'interessato o almeno a lui ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione Cass. sez. IV 14 novembre 2007 numero 4181, Benincasa sez. IV 18 dicembre 2003 numero 17566, Florio Sez. Unumero 21 giugno 2000 numero 17, Primavera sez. I 25 marzo 1999 numero 2503, Bayan sez. V 9 ottobre 1996 numero 4144, Mannolo . Inoltre, come questa Corte ha già avuto modo di affermare in materia di misure cautelari Cass. sez. II 16 febbraio 2011 numero 13385, Soldano 26 gennaio 2011 numero 6966, Giampapa , non è nulla per difetto assoluto di motivazione l'ordinanza applicativa di una misura coercitiva in cui sia trasfusa integralmente e alla lettera la richiesta del pubblico ministero, sempre che risulti che il giudice abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell'atto incorporato ritenendole coerenti alla sua decisione e che al giudice del riesame e a quello di legittimità, nell'ambito delle rispettive competenze, sia consentito di controllare il quadro indiziario e la correttezza dell’iter logico seguito dal giudice di prime cure. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, inoltre, il Tribunale del riesame non può annullare il provvedimento cautelare impugnato per difetto di motivazione, potendo solo il giudice di legittimità pronunciare il relativo annullamento per tale vizio, ma deve provvedere integrativamente ad un'autonoma valutazione del quadro indiziario già conosciuto dal giudice per le indagini preliminari Cass. sez. II 30 novembre 2011 numero 7967, Romano sez. II 30 novembre 2011 numero 7971, Manfredi . La dichiarazione di nullità dell'ordinanza impositiva della misura cautelare personale da parte del Tribunale del riesame costituisce infatti l’extrema ratio, nel caso in cui il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico o la motivazione si risolva in clausole di stile Cass. sez. II 8 ottobre 2008 numero 39383, D'Amore sez. III 15 luglio 2010 numero 33753, Lteri Lulzim . Peraltro è principio giurisprudenziale consolidato che il provvedimento restrittivo della libertà personale e l'ordinanza che decide sul riesame sono strettamente collegati e complementari, con la conseguenza che - laddove si faccia questione della sufficienza, congruità ed esattezza delle indicazioni concernenti gli indizi e le esigenze cautelari - legittimamente il Tribunale del riesame integra e sana la motivazione insufficiente del provvedimento impugnato Cass. sez. V 24 marzo 2010 numero 16587, Di Lorenzo sez. V 7 dicembre 2006 numero 3255, Sarli Sez. Unumero 17 aprile 1996 numero 7, Moni . Alla luce dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, condivisi dal Collegio, il ricorso del pubblico ministero deve ritenersi fondato. La Corte rileva infatti che nel provvedimento impugnato non si nega la legittimità della motivazione per relationem e nemmeno che la richiesta del pubblico ministero, trasfusa integralmente nell'ordinanza oggetto di riesame, abbia tutti i contenuti per poter essere ritenuta in astratto adeguata a giustificare l'adozione di misure consentendo ai destinatari dell'ordinanza di conoscere gli elementi a loro carico per poter disporre un'adeguata difesa, tanto che il difensore ha inteso discutere il provvedimento impugnato nel merito, non sollevando, da parte sua, eccezione preliminare di nullità . Il Tribunale del riesame si pone invece il problema formale se, non esistendo motivazione del giudice, si realizzi la nullità dell'articolo 292 c.p.p., non emendabile con i poteri del Tribunale del riesame di integrazione della motivazione , concludendo che nel caso in esame vi è una nullità non emendabile in quanto la motivazione sarebbe limitata all'inserimento di clausole di stile inadeguate a garantire che il giudice abbia preso effettivamente cognizione del contenuto dell'atto incorporato nel testo del provvedimento impugnato. Sotto questo profilo tuttavia la Corte osserva che il giudice per le indagini preliminari con riferimento alla sussistenza della gravità indiziaria si era riportato alle considerazioni, definite esaustive e totalmente condivise , del pubblico ministero la cui dettagliata richiesta era stata integralmente riportata nel corpo dell'ordinanza custodiale. Non aveva peraltro tralasciato il giudice per le indagini preliminari di riservarsi la doverosa autonomia di valutazione degli atti di indagine e di indicare concisamente gli elementi di gravità indiziaria ritenuti specificamente rilevanti dichiarazioni rese dalle persone offese, intercettazioni telefoniche e attività di indagine delegate dal pubblico ministero . Il contesto della motivazione, comprendente la dettagliata richiesta del pubblico ministero condivisa dal giudice, consentiva peraltro di individuare l'esigenza cautelare del pericolo concreto di reiterazione della condotta criminosa che l'emissione dell'ordinanza custodiale era destinata a soddisfare. Appare pertanto sommaria la conclusione del Tribunale del riesame della mancanza nell'ordinanza di applicazione della misura cautelare di un'autonoma valutazione da parte del giudice per le indagini preliminari, in ragione sostanzialmente del limitato personale contributo motivazionale insito nell'adozione della tecnica di redazione del provvedimento per relationem che, peraltro, nel caso in esame non aveva dato adito a rilievi di sorta da parte della difesa. Apodittico, del resto, è l'assunto che il giudice non abbia preso cognizione dell'atto richiamato per relationem, in quanto la molteplicità di elementi indiziari che non lascia spazio per valutazioni diverse può rendere oggettivamente superfluo aggiungere ulteriori considerazioni o ripetere quelle già contenute nell'atto recepito e condiviso. Deve quindi ritenersi che nel caso di specie ricorrevano i presupposti, in presenza di una motivazione insufficiente ma non limitata a mere clausole di stile in relazione alla sussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza che dell'esigenza cautelare prevista dall'articolo 274 lett. c c.p.p., per l'esercizio del potere-dovere del Tribunale del riesame di procedere all'integrazione del percorso argomentativo del provvedimento oggetto di riesame attraverso una o più approfondita valutazione critica delle risultanze investigative e degli elementi concreti circa la sussistenza, con particolare riferimento alla persona del ricorrente, di esigenze cautelari. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.