Prescritto il reato di infedele patrocinio e assente la querela in relazione al reato di falso, sotto la lente di ingrandimento della Suprema Corte finiscono i soli effetti civili. In tema di motivazione della sentenza di condanna pronunciata in appello, in riforma di pronuncia assolutoria, il giudice ha sia l’obbligo di confutare in modo specifico e completo le argomentazioni della scelta di assoluzione, sia di valutare le ulteriori rilevazioni non sviluppate in tale decisione, ma comunque dedotte dall’imputato dopo la stessa pronuncia e quella di secondo grado
Questo il contenuto della pronuncia depositata il 23 luglio dalla Cassazione Penale, sentenza numero 30061/12. Partita tutta in famiglia. Tre avvocati venivano rinviati a giudizio davanti al Tribunale di Napoli per i reati di infedele patrocinio e di falso in concorso tra loro, nel giudizio instaurato da un cittadino contro una Banca, prestavano contemporaneamente il patrocinio e la consulenza legale in favore delle parti contrapposto. Il giudici prime cure riconosceva che la condotta degli imputati avesse violato i principi di deontologia – in quanto nessuno si era premurato di avvisare l’assistito della sostituzione di avvocato né aveva cercato un contatto diretto – tuttavia veniva esclusa la responsabilità penale circa l’articolo 381 c.p. mentre, in relazione al reato di falso, non si poteva procedere per mancanza di querela. La Corte d’Appello riformava la sentenza, evidenziando come elemento fortemente indiziario il consiglio dato dall’avvocato “originale” all’assistito di non recarsi in udienza il comportamento ambiguo e la falsificazione del mandato portavano alla condanna degli imputati, i quali si rivolgevano alla Cassazione. Avvenuta prescrizione. Preliminarmente viene rilevata l’estinzione del reato. I fatti contestati – spiegano gli Ermellini – risalgono al gennaio 2004. Il termine di prescrizione di sette anni e sei mesi previsto per il reato di infedeltà del patrocinatore è decorso di conseguenza a luglio 2011. Anche aggiungendo il periodo di sospensione del termine, il reato è prescritto successivamente alla sentenza di appello. La pronuncia impugnata viene perciò annullata, non potendosi procedere nei confronti degli imputati. Effetti civili. L’articolo 578 c.p. impone che – anche in presenza della dichiarazione di estinzione del reato – quando vi sia stata condanna, pure generica, al risarcimento del danno in favore della parte civile, venga ugualmente decisa l’impugnazione solo a questi effetti. I rincorsi prospettati dai legali appaiono fondati. Correttamente i ricorrenti lamentano una motivazione incompleta della sentenza che ha riformato la decisione assolutoria di primo grado sono stati omesse dall’analisi le argomentazioni utilizzate per addivenire all’assoluzione. In tema di motivazione della sentenza di condanna pronunciata in appello, il giudice ha l’obbligo di confutare in modo specifico e completo le argomentazioni della scelta di assoluzione e di valutare le ulteriori argomentazioni non sviluppate in tale decisione, ma comunque dedotte dall’imputato dopo la stessa pronuncia e quella di secondo grado Cass. nnumero 33748/2005 e 22120/2009 .
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 maggio – 23 luglio 2012, numero 30061 Presidente Garribba – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. G P. , Cl Pe. e A C. , tutti e tre avvocati, venivano rinviati a giudizio davanti al Tribunale di Napoli per i reati di infedele patrocinio di cui all'articolo 381 comma 1 c.p. e di falso, di cui agli articolo 61 numero 2 e 481 c.p., perché, in concorso tra loro, nel giudizio civile instaurato da G.M. contro la Banca Bippielle Network s.p.a., Commercial Union Previdenza s.p.a. e A I. , prestavano contemporaneamente il patrocinio e la consulenza legale in favore delle parti contrapposte G. e Bippielle. Secondo l'imputazione P. , consulente della Bippielle, dopo avere ricevuto il mandato difensivo da G. , faceva presente l'opportunità di non figurare quale difensore in quanto il fratello era consulente della Bippielle e lo invitava a sottoscrivere un altro mandato in favore di Pe. quest'ultimo, dopo avere ricevuto il mandato assumeva la difesa in giudizio della Bippielle C. prestava il patrocinio a favore del G. , in forza della contraffazione del mandato conferito a Pe. , in cui veniva sostituito il nome di Pe. con quello di C. , all'insaputa del G. . Il Tribunale, con sentenza del 20 maggio 2009, pur riconoscendo che la condotta degli imputati aveva violato i principi di deontologia professionale, in quanto nessuno di loro si era preoccupato di avvertire il G. della sostituzione dell'avvocato, né aveva cercato un diretto contatto con il cliente, escludeva la responsabilità penale degli imputati in ordine al reato di cui all'articolo 381 comma 1 c.p., mentre dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di falso, qualificato come falsità in scrittura privata, per mancanza di querela. In particolare, il primo giudice ha riconosciuto l'attendibilità delle dichiarazioni di G. e ha così ricostruito la vicenda G. conferisce incarico professionale al P. , versandogli un acconto di Euro 2.000,00, per intraprendere una controversi nei confronti della Bippielle, inerente un prodotto finanziario di cui aveva sottoscritto una polizza tramite la I. , dipendente della banca successivamente, P. informa G. di non poter assumere l'incarico a questo punto P. delega Pe. , ma questi rappresenta di non poter accettare per ragioni di incompatibilità, in quanto domiciliatario dello studio Nolasco per le controversie riguardanti proprio la Bippielle P. e Pe. concordano assieme di incaricare un collega di studio di quest'ultimo, C. , modificando il mandato a margine dell'atto di citazione già trasmesso al Pe. G. viene informato solo della prima sostituzione, quella del Pe. , sostituzione che aveva accettato nella consapevolezza che P. avrebbe continuato ad occuparsi della causa quest'ultimo non avverte G. della seconda sostituzione, quella con C. , esortandolo a non recarsi in udienza personalmente G. , invece, si reca in udienza e scopre che a difenderlo è C. , senza che abbia ricevuto alcun mandato, e che Pe. è il difensore della controparte nonostante tale scoperta, G. non revoca il mandato a C. , rassicurato da quanto in precedenza riferitogli dal P. circa il ruolo che Pe. avrebbe dovuto avere per realizzare una transazione favorevole. Sulla base di tale ricostruzione, il Tribunale ha ritenuto che la condotta ascritta agli imputati non corrispondesse alle risultanze in atti ha considerato effettivo il mandato difensivo rilasciato al P. , il quale ha continuato a gestire la controversia, mentre non è stato provato che abbia avuto incarichi professionali dalla Bippielle C. ha svolto funzioni dJ sostanziale domiciliatario del P. Pe. non ha avuto alcuna autonomia nella strategia processuale, essendosi limitato a ricevere inizialmente il mandato e a rifiutare l'Incarico. 2. Sulle impugnazioni del procuratore generale, del pubblico ministero presso il giudice a quo e della parte civile, la Corte d'appello ha integralmente riformato la sentenza di primo grado e ha dichiarato i tre imputati colpevoli del reato di cui all'articolo 381 comma 1 c.p., condannandoli alla pena di un anno di reclusione ed Euro 400/00 di multa, con l'interdizione dalla professione per lo stesso periodo, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidare in separata sede. I giudici di secondo grado hanno evidenziato come elemento fortemente indiziario il consiglio dato dal P. al G. di non recarsi in udienza personalmente, sottolineando che in questo modo l'imputato voleva nascondere la sostituzione del difensore operata all'insaputa della parte, con la falsificazione del mandato inoltre, hanno considerato come prova dell'accordo tra i tre l'avvenuta soccombenza del G. nella vertenza con la Bippielle. 3. Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione. 3.1. Nell'interesse di Pe. , l'avvocato Attilio Belloni ha dedotto l'erronea applicazione dell'articolo 381 c.p., sostenendo che non emerge dalla sentenza impugnata che l'imputato abbia mai accettato la difesa di G. , circostanza questa fondamentale, in quanto il reato in questione punisce la condotta infedele del patrocinatore che difenda contemporaneamente soggetti In posizione di antagonismo processuale. Nella specie il ricorrente sottolinea che non vi è mai stata una rituale accettazione di incarico da parte di Pe. e, inoltre, rileva che non può neppure sostenersi che C. sarebbe stata l'interposta persona che avrebbe accettato l'incarico nell'interesse di Pe. , dal momento che nemmeno la Corte territoriale ha avanzato una simile tesi, di cui peraltro non vi sono prove. Viene sottolineato come il Tribunale avesse dato atto di un espresso rifiuto di Pe. ad accettare la difesa di G. , rifiuto motivato dalla circostanza che era domiciliatario dello studio Nolasco per le vertenze che riguardavano la Bipelle. Sotto altro profilo viene escluso lo schema di interposizione sostenendo che il mandato tra C. e G. è stato ritenuto falsificato dal giudice di primo grado, sicché deve ritenersi che tra i due non si sia mai formato alcun tipo di contratto di prestazione d'opera intellettuale nel quale C. sia apparso come simulato contraente in luogo di Pe. . Con il secondo motivo viene dedotto il vizio di motivazione, in quanto la sentenza nel riformare integralmente la decisione assolutoria di primo grado non ha tenuto conto delle valutazioni svolte da questa, né ha indicato in maniera specifica le ragioni per le quali è addivenuta ad una conclusione diversa. Il ricorrente ripercorre le argomentazioni utilizzate dal Tribunale ed evidenzia come la Corte d'appello di Napoli non abbia in alcun modo dimostrato l'insostenibilità logica e giuridica della prima sentenza . Con il terzo motivo si denuncia lo stesso vizio di cui all'articolo 606 comma 1 lett. e c.p.p. sotto il profilo della motivazione apparente, evidenziando come le argomentazioni utilizzate nella sentenza risultino inconferenti rispetto all'oggetto del processo ovvero sfornite di qualsiasi supporto probatorio. Con un ulteriore motivo il ricorrente deduce l'omessa motivazione riguardo alle argomentazioni difensive esposte nelle memorie depositate nell'interesse di Pe. , con cui si indicavano documenti dai quali risultava che Pe. aveva prestato il suo patrocinio solo in favore della Bipielle, si dimostrava che G. era stato difeso solo dal C. , si censuravano le dichiarazioni di G. perché inattendibili. Infine, il ricorrente ha censurato la sentenza in ordine al trattamento sanzionatolo e alla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena. 3.2. L'avvocato Giuseppe Fusco, nell'interesse di P. , ha, con il primo motivo, dedotto la violazione dell'articolo 381 c.p., rilevando che la sentenza non ha dimostrato in alcun modo che vi sia stata una contemporanea difesa del G. e della sua controparte, ma che la Corte d'appello ha ritenuto la colpevolezza degli imputati unicamente in base all'esito del giudizio civile, circostanza neutra per provare la sussistenza del reato contestato. Gli elementi presi in considerazione dai giudici di secondo grado, cioè il suggerimento che P. ha dato al G. di conferire il mandato a Pe. , la scoperta da parte di quest'ultimo che il suo difensore era C. e che Pe. difendeva la controparte, la confidenza fatta dal P. al G. circa il ruolo di infiltrato che avrebbe dovuto svolgere Pe. per raggiungere un accordo con la controparte, la scoperta di documenti falsi nel fascicolo delle controparte e la sostituzione nel mandato difensivo del nome di Pe. con quello di C. , secondo il ricorrente possono avere rilievo sul piano disciplinare e deontologico, ma non provano che vi è stata un contemporaneo patrocinio da parte del P. delle controparti civili. La stessa sostituzione del legale, avvenuta all'insaputa del G. , non dimostra la sussistenza del reato, in quanto l'unico difensore del G. è stato sempre e solo C. , in quanto solo lui ha autenticato la firma della parte nel mandato difensivo, dopo la sostituzione del nome di P. . Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato la manifesta illogicità della motivazione, che non ha preso in esame tutte le argomentazioni con cui il primo giudice è pervenuto ad una decisione assolutoria. Con il terzo motivo ha lamentato l'eccessività del trattamento sanzionatorio e la mancata applicazione della sospensione condizionale della pena. 3.3. Nell'interesse di C. l'avvocato Umberto Valentino ha dedotto l'erronea applicazione dell'articolo 381 c.p., rilevando che la sentenza ha ritenuto provato l'accordo tra i tre imputati sulla base della accertata soccombenza del G. nel processo, senza considerare che la norma in esame si riferisce al patrocinatore che presta contemporaneamente il suo patrocinio a favore di parti contrarie , sicché l'esito del giudizio è circostanza del tutto irrilevante ai fini della responsabilità, per la quale avrebbe dovuto assumere significato la contemporaneità di un patrocinio a favore di parti contrarie. Rileva come la sentenza non abbia dimostrato che l'imputato rappresentasse in giudizio oltre al G. anche la controparte e richiama la decisione del primo giudice che ha ritenuto che C. era titolare di un effettivo mandato conferitogli dallo stesso G. . Inoltre, il ricorrente evidenzia che la nomina di Pe. come avvocato non vi è mai stata infatti, la sostituzione nel mandato difensivo del nome Pe. con quello di C. è avvenuta prima dell'autentica della firma di G. da parte di Pe. , firma che è stata autenticata dal solo C. , che deve essere considerato il solo difensore e procuratore di G. . In sostanza, l'unica procura alla lite valida ed efficace è solo quella conferita a C. . Con un secondo motivo il ricorrente ha denunciato il vizio di motivazione della sentenza, che nel riformare la decisione di primo grado non ha affrontato tutte le questioni trattate dal Tribunale, fornendo una motivazione del tutto incompleta. Con l'ultimo motivo ha censurato la sentenza in ordine al trattamento sanzionatorio, lamentando inoltre la mancata applicazione della sospensione condizionale della pena. 4. La parte civile, tramite il suo difensore, ha depositato una memoria con cui, oltre a censurare il contenuto dei ricorsi, chiede sia dichiarata l'avvenuta prescrizione dei reati e la conferma delle statuizioni civili. Considerato in diritto 5. Preliminarmente deve rilevarsi l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione. I fatti contestati agli imputati risalgono al 23.1.2004, sicché il termine di prescrizione di sette anni e sei mesi previsto per il reato di infedeltà del patrocinatore articolo 381 c.p. dagli articolo 157-161 c.p., come modificati dalla legge numero 251 del 2005, è interamente decorso al 23.7.2001, data alla quale deve essere aggiunto il periodo di sospensione del termine, pari a un mese e sedici giorni, per cui il reato risulta prescritto il 9.9.2011, successivamente alla sentenza d'appello. Ne consegue che, ai sensi dell'articolo 129 comma 1 c.p.p., la sentenza impugnata deve essere annullata non potendosi procedere nei confronti degli imputati per la suddetta causa di estinzione del reato e dovendosi escludere che il gravame sia fondato su motivi inammissibili all'origine, stante i contenuti delle censure mosse e, d'altra parte, dovendosi escludere la prova evidente dell'insussistenza del fatto, in presenza di due pronunce di merito contrastanti. 6. Tuttavia, l'articolo 578 c.p.p. impone che, anche in presenza della dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, quando vi sia stata condanna, anche generica, al risarcimento del danno in favore della parte civile, venga ugualmente decisa l'impugnazione ai soli effetti civili. 6.1. I ricorsi sono fondati, limitatamente alle disposizioni che concernono le statuizioni civili, con riferimento al vizio di motivazione dedotto sotto diversi profili. Colgono nel segno i ricorrenti che lamentano una motivazione incompleta della sentenza che ha riformato la decisione assolutoria di primo grado, omettendo di prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni utilizzate per l'assoluzione. In più occasioni questa Corte ha sottolineato che in tema di motivazione della sentenza di condanna pronunciata in appello, in riforma di sentenza assolutoria di primo rado, il giudice ha l'obbligo di confutare in modo specifico e completo le argomentazioni della decisione di assoluzione e di valutare le ulteriori argomentazioni non sviluppate in tale decisione, ma comunque dedotte dall'imputato dopo la stessa e prima della sentenza di secondo grado Sez. unumero , 12 luglio 2005, numero 33748, Mannino Sez. VI, 29 aprile 2009, numero 22120, Tatone . Nel caso in esame, la Corte territoriale ha dato una diversa lettura dei fatti contestati agli imputati, ma senza procedere ad una completa valutazione critica delle argomentazioni utilizzate dal primo giudice e, quindi, senza dimostrare l'insostenibilità logica della prima decisione. Inoltre, i giudici di secondo grado nel ribaltare le conclusioni del Tribunale hanno trascurato di esaminare anche le argomentazioni difensive contenute nella memoria depositate nell'interesse di Pe. . Sotto un diverso profilo appaiono fondate le critiche formulate dai ricorrenti P. e C. che hanno evidenziato un ulteriore vizio di motivazione della sentenza là dove, in maniera del tutto illogica, finisce per dare rilievo all'esito negativo del giudizio civile in cui era coinvolto il G. , per giustificare la sussistenza del reato. Invero, si tratta di una circostanza neutra, che non può essere trasformata in una prova a carico degli imputati, per sostenere l'esistenza di un accordo tra i tre avvocati e, conseguentemente, la sussistenza del patrocinio prestato contemporaneamente in favore delle parti contrapposte. 6.2. In conclusione, i rilevati vizi motivazionali determinano l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata in relazione alle statuizioni civili. Il rinvio non può essere disposto in favore del giudice penale, in quanto ciò determinerebbe comunque l'obbligo per quel giudice di dichiarare immediatamente la prescrizione e, inoltre, il rinvio sarebbe incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di proscioglimento per la rilevata prescrizione il rinvio deve essere fatto, ai sensi dell'articolo 622 c.p.p., al giudice civile competente per valore in grado di appello, il quale provvederà anche al regolamento tra le parti delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla la stessa sentenza nelle statuizioni civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado d'appello per nuovo giudizio.