Al via la ripartizione dei proventi che frenerà gli autovelox

Diventa finalmente operativa dopo due anni di stallo l’annunciata ripartizione dei proventi derivanti dalle multe per eccesso di velocità tra organo accertatore ed ente proprietario della strada. E per chi non relazionerà diligentemente al ministero l’ammontare complessivo delle multe accertate in generale saranno guai grossi. Restano però sul tappeto numerose questioni tecniche irrisolte che di fatto comportano la fine dei controlli elettronici di velocità senza la pattuglia dei vigili. Sono queste le conseguenze nascoste nelle pieghe della legge di conversione del dl 16/2012, che è stata licenziata definitivamente dal Senato - con 228 sì, 29 no e due astenuti - e che ora attende solo di essere pubblicata.

La questione degli autovelox utilizzati per fare cassa ha portato ad una levata di scudi che nell’ultima legge di riforma del codice della strada, la legge 120/2010, si è cristallizzata in una modifica dell’articolo 142 cds tanto fantasiosa quanto improbabile. Se il legislatore avesse avuto il coraggio di dichiarare fuori legge i misuratori elettronici comunali tutto sarebbe stato molto più semplice. Purtroppo però una gran parte degli introiti derivanti dall’eccesso di velocità finiscono nelle casse dello stato e per questo le misure di limitazione da dedicare solo ai comuni sono state complesse e di difficile interpretazione. In pratica con la riforma del 2010 sono stati introdotti, tra l’altro, due innovativi principi. Ovvero che gli enti locali devono obbligatoriamente rendicontare i proventi di tutte le multe ed il loro impiego. E che le sanzioni derivanti dall’eccesso di velocità vanno divise a metà tra ente proprietario della strada ed organo accertatore. Ma tutto il sistema richiedeva un decreto ad hoc che avrebbe specificato le regole di dettaglio e uniformato le modalità operative in generale per l’uso dell’autovelox. Questo decreto non è mai stato divulgato per una serie di problematiche tecniche ancora irrisolte e difficilmente risolvibili. La mini-riforma appena licenziata invece di sciogliere i nodi li amplifica. Specifica infatti testualmente il nuovo dettato normativo dell’articolo 142/quater, che l’atteso decreto previsto per la messa a regime del sistema autovelox dovrà essere emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del dl 16. In caso di mancata emanazione del decreto entro il predetto termine, prosegue la nuova legge, «trovano comunque applicazione le disposizioni di cui ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell’articolo 142 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, numero 285». In buona sostanza la novella forza la mano e specifica che decreto o non decreto la ripartizione dei proventi e la rendicontazione periodica delle multe dei comuni devono entrare in vigore. E per chi non si adopera in questo senso sono previsti guai seri. Specifica infatti la riforma che eventuali inadempienze dovranno essere segnalate alla corte dei conti. In buona sostanza è evidente che in assenza di possibili istruzioni tecniche di dettaglio la scelta dei comuni italiani sarà quella di abbandonare l’impiego di qualsiasi controllo di velocità su strade diverse da quelle comunali. In questo caso il comune dovrà solo rendicontare periodicamente quanto ha incassato dalle multe ma almeno non si renderà la vita difficile in improbabili transazioni economiche non meglio specificate da nessuno.