di Giulia Milizia
di Giulia Milizia *La Cass. penumero , sez. I, con sentenza numero 1405 dello scorso 19 gennaio, analizza i limiti alla prosecuzione dell'affidamento terapeutico nel caso in cui sopravvenga un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, relativo ad una pena superiore a quattro anni di reclusione e comprensivo dei reati per i quali l'Ordinamento Penitenziario vieta la concessione di benefici ai detenuti.L'affidamento terapeutico. È un particolare istituto disciplinato dalla L. 297/85, che ha introdotto l'articolo 47 bis nell'ordinamento penitenziario L. 354/75 . Tra le principali e numerose riforme subite si ricordi quella operata dall'articolo 12 della L. 663/86 legge Gozzini , dal DPR numero 309/90 e dalla L. 165/98 legge Simeone che ha sanato tutti i contrasti e colmato le lacune inizialmente segnalate. Ulteriori modifiche sono state apportate dalla L. numero 4/01.Come evidenzia l'articolo 656 cpp, novellato dalla Legge Simeone, ha una funzione deflattiva del sovraffollamento delle carceri e permette la sospensione dell'esecuzione della pena in particolari circostante. Possono usufruirne tossicodipendenti ed/od alcolisti che siano sottoposti ad un programma di recupero al momento o del passaggio in giudicato delle pena detentiva o della presentazione dell'istanza. Potranno perciò scontarne il resto all'interno di una struttura sanitaria per la loro completa guarigione.È un'evoluzione del precedente affidamento ai servizi sociali che trova il suo fondamento anche nell'articolo 32 Cost. Il suo fine ultimo è, invero, quello di tutelare la salute dei rei e, sotto questo aspetto, si differenzia da tutte le altre analoghe misure alternative alla pena. Ambito e presupposti di applicazione. Il reo, in sostituzione alla detenzione, è affidato alla struttura sanitaria per il completamento di un programma terapeutico concordato con le autorità. Tale beneficio non può essere concesso a soggetti pericolosi per i cui crimini efferati è richiesta una punizione esemplare, così come stabilito dall'articolo 4 bis O.P. cfr. amplius Donnarumma L'affidamento in prova del tossicodipendente e dell'alcoldipendentente , Fiorentin Le condizioni per l'affidamento terapeutico nota alla sua sentenza del Trib. sorv. di TO del 03/12/08, della medesima corte ord. numero 4/08 con commento di Cappuccini Il consumo soltanto occasionale di stupefacenti può precludere l'affidamento in prova ai servizi sociali negli arretrati del 26/02/08 . Questa disposizione introduce limiti più severi per l'applicazione di questo istituto se ricorrono le circostanze in essa descritte la pena non può superare i quattro anni, in tutti gli altri casi i sei, così come sancito dall'articolo 94, comma I DPR numero 309/90 e sue successive modifiche.Il caso. La vicenda in esame si fonda sulla corretta interpretazione da dare a questa norma. Un beneficiario di tale misura veniva condannato, nelle more, ad una pena superiore a quattro anni di reclusione, sì da incorrere in una delle condizioni ostative previste dal suddetto articolo. Col presente ricorso in Cassazione chiedeva l'annullamento dell'ordinanza che aveva sospeso questa misura e se, ai fini della verifica delle condizioni di prosecuzione della stessa, doveva essere applicato un cumulo delle pene o si doveva procedere allo scioglimento del medesimo.Il ricorrente contestava che la nuova condanna da sola non era sufficiente alla cessazione dell'affidamento, poiché mancava la prova che il nuovo reato fosse espressione di collegamenti con la criminalità .L'orientamento giurisprudenziale. La più recente e maggioritaria giurisprudenza, in analogia con le previsioni dell'applicazione di altri analoghi istituti indulto, amnistia, prescrizione del reato etc. , in caso di condanna per un reato continuato, esclude la scissione delle singole condanne. Rileva, anzi, con un'interpretazione logico-sistematica dell'intera disciplina, come sia conforme alla Costituzione la previsione che il reo possa chiedere la concessione di misure alternative purchè abbia già scontato la pena per il reato più grave e ne stia scontando una per un delitto minore e non ostativo alla concessione. Ciò avviene nel pieno rispetto dell'articolo 3 Cost. e del principio del favor rei. In base a questo assunto la Corte ha affermato che l'unificazione legislativa dei reati debba avvenire ogni qualvolta vi sia una disposizione in tal senso ovvero la soluzione unitaria sia più favorevole al reo v. punto 2 ss dell'annotata sentenza ed ex multis C.Cost. numero 361/94, Cass. sez. I penumero nnumero 41322/09, 2624 e3986/98, SS.UU. nnumero 14/99, 1,15/97, 2780/96 e 10928/81 e conformi . In questa ipotesi opera il principio della fictio iuris Cass. penumero sez. II nnumero 1417/00 e 8599/98, SS.UU. del 21/07/95, C.Cost. nnumero 108/73 e 154/76 .La decisione della Corte. In forza delle considerazioni sopra espresse la Corte ha affermato che, qualora nel corso di un affidamento terapeutico già concesso, sopravvenga un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, relativo ad una pena superiore a quattro anni di reclusione e comprensivo di reati indicati dall'articolo 4-bis dell'Ordinamento Penitenziario, è legittimo lo scioglimento del cumulo ai fini della verifica di ammissibilità di prosecuzione della misura, sempre che il condannato abbia espiato la parte di pena relativa ai reati ostativi. Si noti come tale principio di diritto, pur ispirandosi al descritto orientamento maggioritario, si ponga in netto contrasto con esso.* Praticante avvocato e conciliatore iscritta alla camera di Conciliazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Grosseto
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 dicembre 2010 - 19 gennaio 2011, numero 1405Presidente Chieffi - Relatore CassanoRitenuto in fatto1. Il 3 marzo 2010 il Tribunale di sorveglianza di Milano dichiarava cessata nei confronti di N.Z. la misura dell'affidamento terapeutico, disposta con ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Sassari dell'8 ottobre 2009, a seguito della sopravvenienza del provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minori di Milano del 3 febbraio 2010, concernente reati rientranti nella previsione di cui all'articolo 4-bis ord. penumero e comportanti una pena superiore ai quattro anni di reclusione fine pena il 10 novembre 2015 .2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione personalmente Z., il quale lamenta violazione ed erronea applicazione del D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 94 e articolo 4-bis ord. penumero , non essendo sufficiente, ai fini della dichiarazione di cessazione della misura dell'affidamento terapeutico, la circostanza che la condanna riguardi un titolo di reato rientrante nella previsione di cui all'articolo 4-bis ord. penumero , tenuto conto anche della mancanza della prova che il reato sia espressione di collegamenti con la criminalità organizzata.Osserva in dirittoIl ricorso è fondato nel senso di seguito precisato.1. Il Collegio è chiamato ad affrontare la questione se la sopravvenienza di un provvedimento di cumulo relativo ad una pena superiore a quattro anni di reclusione, comprendente reati rientranti nella previsione di cui all'articolo 4-bis ord. penumero , sia o meno compatibile con la prosecuzione della misura dell'affidamento terapeutico in precedenza concessa al condannato e se sia o meno consentita la scissione virtuale del cumulo al fine di imputare la porzione di pena già espiata ai reati in questione.In proposito assume rilievo l'esatta ricostruzione interpretativa del D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 94, comma 1, che gradua l'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale nei casi particolari di condannati, tossicodipendenti o alcooldipendenti in trattamento o che intendano sottoporsi al programma di recupero, in funzione della misura della pena detentiva inflitta o di quella residua espianda, stabilendo, come condizione di ammissibilità della misura alternativa, che la suddetta pena debba essere contenuta nel limite di sei anni ovvero - piu' rigorosamente - di quattro anni se relativa a titolo esecutivo forata comprendentereato di cui alla L. 26 luglio 1975, numero 354, articolo 4-bis e successive modificazioni .2. Il Collegio, pur consapevole di un recente indirizzo interpretativo contrario alla scissione virtuale del cumulo in presenza di un titolo esecutivo, comprensivo di reati elencati nella L. 26 luglio 1975, numero 354, articolo 4-bis e concernente una pena da espiare superiore al limite fissato dalla legge Sez. 1, 7 ottobre 2009, numero 41322 , ritiene di approdare ad una diversa soluzione ermeneutica che coniughi la lettura testuale del dato normativo con una ricostruzione logico-sistematica della disciplina che sia conforme ai principi costantemente espressi dalla giurisprudenza costituzionale e da quella di legittimità.2.1. Sotto il primo profilo occorre evidenziare che la Corte Costituzionale, con una fondamentale pronuncia sentenza 27 luglio 1994 numero 361 , ha affermato che la disciplina contenuta nell'articolo 4-bis ord. penumero non delinea uno status di detenuto pericoloso e ha precisato che detta norma va interpretata - in conformità del principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 Cost. - nel senso che possono essere concesse misure alternative alla detenzione ai condannati per i reati gravi, indicati dalla giurisprudenza, quando essi abbiano espiato per intero la pena per i reati stessi e stiano espiando pene per reati meno gravi non ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione .Ha, pertanto, concluso per la non conformità alla Costituzione di una diversa interpretazione che porti all'esclusione della concessione di misure alternative ai condannati per un reato grave, ostativo all'applicazione delle dette misure, anche quando essi, avendo espiato per intero la pena per il reato grave, stiano eseguendo la pena per reati meno gravi, non ostativi al predetto riconoscimento.2.2. Questi principi sono stati recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte che, nell'ambito di un'articolata elaborazione sulla natura giuridica e sulla ratio del reato continuato, ha argomentato che la disciplina del concorso formale di reati o del reato continuato persegue la finalità di mitigare l'effetto del cumulo materiale delle pene, cui viene sostituito un cumulo giuridico, e che, in particolare dopo la novella del 1974, l'estensione dell'operatività del sistema del cumulo giuridico della pena previsto dall'articolo 81 cpv. cod. penumero è espressione del rifiuto dell'automatismo repressivo proprio del cumulo materiale e dell'accentuazione del carattere personale della responsabilità penale, con conseguente esaltazione del ruolo e del senso di responsabilità del giudice nell'adeguamento della pena alla personalità del reo Sez. Unumero 26 febbraio 1997, numero 1 Sez. Unumero 30 giugno 1999, numero 14 .Sulla base di tali premesse la giurisprudenza di questa Corte ha sottolineato che l'unificazione legislativa dei reati deve affermarsi, qualora vi sia una disposizione apposita in tal senso ovvero la soluzione unitaria garantisca un risultato favorevole al reo, non dovendo e non potendo dimenticarsi che il trattamento di maggior favore per il reo è alla base della ratto del reato continuato Sez. unumero , 10 ottobre 1981, numero 10928 Sez. unumero , 26 novembre 1997, numero 15, in tema di scioglimento del cumulo, oltre che ai fini appena menzionati, anche in vista dell'individuazione del termine di prescrizione del reato in senso conforme Sez. unumero 16 novembre 1989, numero 18 e Sez. Unumero , 24 gennaio 1996, Panigoni, numero 2780 in materia di applicazione dell'indulto a reati uniti sotto il vincolo della continuazione con altri che non ne possano beneficiare Sez. 1, 11 maggio 1998, numero 2624 a proposito della revoca dell'indulto condizionato in presenza dell'irrogazione di una pena unica in ordine a piu' delitti unificati dalla continuazione Sez. 1, 3 luglio 1998, numero 3986 sulla scissione del reato continuato ai fini dell'applicazione dell'amnistia e dell'indulto Sez. 3, 2 giugno 1999, numero 2070 in tema di applicazione della sostituzione delle pene detentive brevi, L. 24 novembre 1981, ex articolo 53, u.c. in caso di reato continuato .Nella medesima prospettiva interpretativa questa Corte ha stabilito che il cumulo non si scioglie ed opera il principio della fictio iuris unificante ogniqualvolta la considerazione unitaria sia piu' favorevole al reo Sez. unumero , 21 luglio 1995, Zouine, C.E.D. numero 201549 Sez. 2, 20 novembre 1998, numero 8599 e Sez. 2, 13 novembre 2000, numero 1477 in materia di concessione della sospensione condizionale della pena Sez. 2, 20 novembre 1980, numero 11774 in tema di perdono giudiziale cfr. anche Corte Cost. 5 luglio 1973, numero 108 e Corte cost., 7 luglio 1976, numero 154 .3. Sulla base delle considerazioni sinora esposte è possibile affermare che, ove, come nel caso di specie, nel corso di un affidamento terapeutico D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 94 in precedenza concesso sopravvenga un provvedimento di unificazione di pene concorrenti relativo ad una pena superiore ai quattro anni di reclusione e comprensivo di reati elencati nell'articolo 4-bis ord. penumero , è legittimo lo scioglimento del cumulo ai fini della verifica di ammissibilità della prosecuzione della misura, sempre che il condannato abbia espiato la parte di pena relativa ai delitti ostativi.La diversa tesi della inscindibilità del cumulo Sez. 1, 7 ottobre 2009, numero 41322 , oltre a porsi in contrasto con i principi illustrati al paragrafo 2 , determinerebbe un'inaccettabile diversità di trattamento a seconda della eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente al cumulo, ovvero di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli che scaturiscono dalle singole condanne. Una conclusione del genere si porrebbero in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di uguaglianza e della funzione risocializzante della pena e non troverebbe una giustificazione plausibile e razionale nel principio della pena unica, sancito dall'articolo 76 c.p., comma 1 cfr. in tal senso Sez. Unumero 30 giugno 1999, numero 14 Sez. 1, 26 marzo 1999, numero 2529 Sez. 1, 12 aprile 2006, numero 14563 cfr. anche Corte Cost. sent. numero 386 del 1989 .4. L'approdo ermeneutico in precedenza illustrato appare atresia coerente con la ricostruzione dell'istituto dell'affidamento in prova in casi particolari operata dalla Corte Costituzionale ordinanza numero 367 del 1995 e sentenza numero 377 del 1997 secondo cui l'istituto disciplinato dal D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 94 pur inserendosi come species del genus dell'affidamento in prova già previsto dall'ordinamento penitenziario, rappresenta una risposta differenziata dell'ordinamento penale che trova la sua giustificazione nella singolarità della situazione dei suoi destinatali , ossia le persone tossicodipendenti o alcooldipendenti. Nell'affidamento in prova terapeutico, fondato su presupposti specifici e autonomi accertato stato di tossicodipendenza e idoneità del programma terapeutico ai fini del recupero del condannato assume, quindi, un rilievo preminente la cura dello stato di tossicodipendenza e il recupero da tale condizione.5. Per tutte le ragioni sin qui esposte s'impone, quindi, l'annullamento dell'ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano che, ai sensi dell'articolo 627 c.p.p., comma 3, si uniformerà ai principi sopra enunciati e dovrà valutare se, operato lo scioglimento del provvedimento di unificazione di pene concorrenti, sia possibile imputare la pena già espiata ai reati ricompresi nell'elenco di cui alla L. numero 354 del 1975, articolo 4-bis e successive modificazioni con conseguente ammissibilità della prosecuzione della misura dell'affidamento terapeutico D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 94 e successive modifiche in precedenza concessa.P.Q.M.Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.