Fin dove può spingersi l’interpretazione del contratto con cui si è assunto l’obbligo di impiantare un ascensore?

L’adozione dei criteri integrativi di ermeneutica contrattuale, previsti dagli artt. 1365-1371 c.c. c.d. criteri di interpretazione oggettiva , non può portare alla dilatazione del contenuto negoziale mediante l’individuazione di diritti e obblighi diversi da quelli contemplati nel contratto o mediante l’eterointegrazione dell’assetto negoziale previsto dai contraenti, neppure se tale adeguamento si presenti, in astratto, idoneo a ben contemperare i loro interessi.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25243, depositata l’8 novembre 2013. Il caso. Una società e i suoi amministratori, con l’atto di acquisto di due appartamenti, avevano assunto l’obbligo di impiantare a cura e spese proprie e senza oneri e obblighi a carico della parte venditrice, un ascensore . La venditrice aveva convenuto in giudizio la società e i soci di questa affinché fosse fissato il termine per la realizzazione dell’ascensore e la parte convenuta fosse condannata all’esecuzione dell’impianto. In sede di appello, la Corte territoriale aveva rilevato che, non essendo possibile per la società realizzare l’ascensore senza acquisire superfici di proprietà dei terzi e non avendo essa assunto alcun obbligo di acquistare la disponibilità di dette superfici, la realizzazione dell’ascensore si sarebbe dovuta ritenere incompatibile con la tecnica e la pratica eseguibilità dell’opera nella situazione data e che, quindi, non sussistesse, in capo alla stessa società, l’obbligo di impiantare l’ascensore. Contro tale decisione, la proprietaria degli appartamenti ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione dei criteri ermeneutici relativi all’interpretazione dell’atto di compravendita, in particolare, con riferimento alla previsione della clausola con la quale la parte acquirente aveva assunto l’obbligo - senza però determinazione di termine e compatibilmente alla tecnica e pratica eseguibilità dell’opera - di impiantare, a proprie cure e spese, senza oneri e obblighi a carico della parte venditrice, un ascensore. Per la Suprema Corte le censure sono infondate. Obbligazione impossibile per circostanze oggettive. Gli Ermellini hanno avallato la valutazione di secondo grado, in base alla quale, non essendo possibile per la società realizzare l’ascensore senza acquisire superfici di proprietà di terzi e non avendo essa alcun obbligo di acquisirle siccome non esplicitato nel contratto né desumibile diversamente , l’esecuzione dell’ascensore si sarebbe dovuta qualificare come incompatibile con la tecnica e pratica eseguibilità dell’opera nella situazione dettata di conseguenza, la società si sarebbe dovuta ritenere esonerata dall’obbligo di realizzare l’ascensore per una impossibilità oggettiva di adempimento della prestazione concordata . Secondo Piazza Cavour, alla stregua dell’interpretazione letterale della clausola controversa e della comune intenzione manifestata dalle parti contraenti, valorizzata nel contesto complessivo della conclusa convenzione, la Corte distrettuale ha legittimamente rilevato che la suddetta clausola comportava la sola insorgenza dell’obbligo dell’acquirente di eseguire le opere per l’installazione dell’ascensore limitatamente all’utilizzabilità dei diritti di proprietà di cui la società compratrice poteva disporre e non anche con coinvolgimento dei diritti di proprietà appartenenti a terzi, di cui non veniva fatta menzione nel testo contrattuale e senza che, peraltro, potessero considerarsi emergenti le condizioni per la configurazione di una condizione inesplicata ovvero presupposta , considerata la natura della prestazione e l’incidenza logistica dell’impianto da realizzare, implicante l’assunzione, da parte della stessa acquirente, della promessa dell’obbligazione o del fatto di terzi . Alla luce di ciò, essendo stata risolta la questio disputanda ” in base ai criteri ermeneutici prevalenti racchiusi negli artt. 1362 intenzione dei contraenti e 1363 interpretazione complessiva delle clausole c.c. – da cui l’insussistenza dei presupposti di operatività dei criteri interpretativi-integrativi ulteriori, pure dedotti dalla ricorrente -, il Collegio ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 giugno - 8 novembre 2013, n. 25243 Presidente Goldoni – Relatore Carrato Svolgimento del processo La Società Semplice Serena e gli amministratori P.A. e P.S. , con l'atto di acquisto di due appartamenti di proprietà della sig.ra P.B.G. , avevano assunto l'obbligo di impiantare a cura e spese proprie e senza oneri ed obblighi a carico della parte venditrice, un ascensore fino a raggiungere il piano ove erano ubicate le unità abitative compravendute . Sulla scorta di tale premessa, con atto di citazione, notificato il 10 aprile 1990, la sig.ra P.B.G. , dante causa della ricorrente V.B.M. e di V.F. , conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Perugia, la Società Semplice Serena, P.A. e P.S. , perché fosse fissato il termine per la realizzazione dell'ascensore fino al piano sovrastante e perché la società convenuta e i soci, illimitatamente responsabili, fossero condannati all'esecuzione di detto impianto. Successivamente, nell'udienza di precisazione delle conclusioni, i sigg.ri V.B.M. e V.F. , subentrati all'attrice quali suoi eredi, chiedevano anche la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni. Nella regolare costituzione del contraddittorio, il Tribunale adito, con sentenza non definitiva dell'8 marzo 1996, dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento del danno, perché proposta tardivamente, e, con separata ordinanza, rimetteva la causa in istruttoria, perché fosse accertato, mediante consulenza tecnica d'ufficio, se per la realizzazione dell'ascensore si rendeva necessario utilizzare un ulteriore vano di proprietà della stessa attrice. Espletata la consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale, con sentenza n. 635/02, condannava i convenuti a realizzare, entro il termine di un anno dal deposito della sentenza, l'ascensore, a loro spese, con l'utilizzo del vano di proprietà dell'attrice, nonché al pagamento delle spese processuali. Avverso le predette sentenze proponeva appello, dinanzi alla Corte d'Appello di Perugia, la Società Semplice Serena, con atto di citazione notificato il 16 maggio 2003, al quale resistevano gli originari attori appellati, che formulavano anche appello incidentale, affinché fosse riconosciuto che il diritto di utilizzazione dell'ascensore da parte loro era perenne e gratuito per 25 anni. La Corte d'Appello di Perugia, con sentenza n. 169/2007, depositata il 7 giugno 2007 e non notificata, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta da V.B.M. e V.F. nella qualità di eredi di P.B.G. , dichiarando interamente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. La Corte territoriale, a sostegno della sua decisione, rilevava che, non essendo possibile per la Società Serena realizzare l'ascensore senza acquisire superfici di proprietà dei terzi e non avendo essa assunto alcun obbligo di acquistare la disponibilità di dette superfici, la realizzazione dell'ascensore si sarebbe dovuta ritenere incompatibile con la tecnica e la pratica eseguibilità dell'opera nella situazione data e che, quindi, non sussistesse, in capo alla stessa Società, l'obbligo di impiantare l'ascensore. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione V.B.M. , articolato in otto motivi. Hanno resistito con controricorso la Società Semplice Serena e P.S. , in proprio e quale erede di P.A. , proponendo, altresì, ricorso incidentale condizionato, basato su un unico motivo. V.F. non ha svolto attività difensiva in questa sede. I difensori delle parti costituite hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente principale ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 1362, secondo comma, c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., formulando, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. ratione temporis applicabile alla fattispecie, risultando la sentenza impugnata pubblicata il 7 giugno 2007 , il seguente quesito di diritto l'acquirente di un immobile si obbliga a realizzare un ascensore destinato anche all'uso del venditore, a condizione che tale realizzazione sia compatibile alla tecnica e pratica eseguibilità dell'opera, e nel documento contenente il contratto non vi è alcun riferimento, né positivo, né negativo, all'obbligo di acquisire proprietà di terzi per realizzare il detto miglioramento. La circostanza, dichiarata in giudizio dall'acquirente, di aver inteso adempiere all'obbligazione contrattuale in questione, realizzando in concreto l'ascensore occupando la proprietà di un terzo rispetto al contratto, deve costituire criterio per l'interpretazione della volontà delle parti, nel senso che nel contratto si è voluto obbligare l'acquirente alla realizzazione dell'ascensore anche a costo di acquisire proprietà di terzi, indipendentemente dalla circostanza che il contratto sia redatto da un notaio? . 2. Con il secondo motivo la stessa ricorrente principale ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 disp. sulla legge in generale, in relazione all'art. 1372, primo comma c.c, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., ponendo il seguente quesito di diritto l'acquirente di un immobile si obbliga a realizzare un ascensore destinato anche all'uso del venditore, a condizione che tale realizzazione sia compatibile alla tecnica e pratica eseguibilità dell'opera, e nel documento contenente il contratto, redatto da un notaio, non vi è alcun riferimento, né positivo, né negativo, all'obbligo di acquisire proprietà di terzi per realizzare il detto miglioramento e vi è un'indicazione implicita ed approssimativa del luogo ove realizzarlo. Il significato letterale delle parole è il primo canone ermeneutico per l'interpretazione del contratto e l'espressione compatibilmente alla tecnica e pratica eseguibilità dell'opera deve essere riferita alla possibilità di realizzare l'ascensore nel luogo approssimativamente ed implicitamente indicato dalle parti nel contratto, escludendo, quindi, qualsiasi riferimento alla proprietà delle porzioni di edificio da utilizzare per realizzare lo stesso ascensore? . 3. Con il terzo motivo la ricorrente V.B.M. ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 1363 c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto nell'ipotesi di assenza sia di elementi certi rinvenibili nel documento contenente il contratto, sia di comportamenti delle parti che indichino la volontà di escludere un'obbligazione, l'indagine sulla comune intenzione delle parti nello stipulare il contratto può condurre ad affermare un contenuto contrattuale radicalmente diverso da quello rinvenibile dal senso letterale delle parole e contrastante con quello desumibile interpretando le varie clausole del contratto una per mezzo delle altre, con la conseguenza che, nel caso in questione, si può escludere l'obbligazione dell'acquirente di costruire l'ascensore se ciò lo obblighi ad utilizzare anche porzioni di edificio di terzi? . 4. Con il quarto motivo la suddetta ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 1366 c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto l'acquirente di un immobile si obbliga a realizzare un ascensore destinato anche all'uso della venditrice, senza oneri ed obblighi a carico della parte venditrice, e nel documento contenente il contratto, redatto da un notaio, non vi è alcun riferimento, né positivo, né negativo, all'obbligo di acquisire porzioni di edificio di proprietà altrui, quindi neppure quelle rimaste proprietà della venditrice, per realizzare il detto miglioramento. La clausola senza oneri ed obblighi a carico della parte venditrice può essere utilizzata per delimitare le circostanze che realizzano la condizione o, piuttosto, interpretata secondo buona fede, deve essere intesa come posta a tutela del diritto della parte venditrice ad ottenere la realizzazione dell'ascensore? E, se la venditrice è disponibile a far utilizzare una porzione della sua proprietà, deve ritenersi rimosso un ostacolo alla realizzazione della condizione? . 5. Con il quinto motivo la medesima ricorrente principale ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell'art. 1369 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto l'acquirente di un immobile si obbliga a realizzare un ascensore destinato anche all'uso della venditrice, senza oneri ed obblighi a carico della parte venditrice, e nel documento contenente il contratto, redatto da un notaio, non vi è alcun riferimento, né positivo, né negativo, all'obbligo di acquisire porzioni di edificio di proprietà altrui, quindi neppure quelle rimaste proprietà della venditrice, per realizzare il detto miglioramento. La clausola senza oneri ed obblighi a carico della parte venditrice può essere utilizzata per delimitare le circostanze che realizzano la condizione o tale interpretazione è esclusa perché contraria al senso più conveniente alla natura di corrispettivo della prestazione condizionata ed all'oggetto del contratto, che essendo di compravendita, prevede il pagamento del prezzo, cioè la costruzione dell'ascensore? . 6. Con il sesto motivo la ricorrente principale ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 1367 c.c., anche in relazione all'art. 1369 c.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto l'acquirente di un immobile si obbliga a realizzare un ascensore destinato anche all'uso della venditrice, dal piano terra al secondo piano dell'edificio, ove sono poste le unità immobiliari oggetto della vendita, compatibilmente alla tecnica e pratica eseguibilità dell'opera. I piani sottostanti al secondo non sono nella disponibilità dell'acquirente. La condizione sopra riportata deve essere riferita alla possibilità di realizzare l'ascensore considerando implicita la necessità di occupare porzioni di edificio che non sono nella disponibilità dell'acquirente e, quindi, interpretarla nel senso di escludere l'obbligo dell'acquirente di procurarsi i diritti per soddisfare detta necessità equivale a negare qualsiasi significato alla clausola contenente la condizione in questione? . 7. Con il settimo motivo la ricorrente ha denunciato il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., avendo la Corte territoriale argomentato l'interpretazione del contratto basandosi sull'assenza nel testo di un riferimento specifico all'obbligo di acquisire proprietà altrui e, quindi, su un fondamento illogico e carente. 8. Con l'ottavo ed ultimo motivo la ricorrente ha dedotto un ulteriore vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria, ai sensi all'art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione al rigetto della domanda degli appellati ed appellanti incidentali, relativa al diritto degli stessi all'utilizzazione dell'ascensore, basata su un percorso apodittico apparente ed illogico. 9. Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato la Società semplice Serena e P.S. della spiegata duplice qualità hanno dedotto l'inesistenza assoluta di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto Nella promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo, contenuta in un contratto a prestazioni corrispettive, è consentita l'esecuzione in forma specifica da parte del creditore o, invece, possono essere utilizzati solo i rimedi contro l'inadempimento? . 10. Rileva il collegio che i primi sette motivi riguardano assunte violazioni dei criteri ermeneutici relativi all'interpretazione dell'atto di compravendita del 31 ottobre 1980 intercorso tra la sig.ra P.B.G. dante causa dell'attuale ricorrente principale e la società semplice Serena , con riferimento, soprattutto, alla previsione della clausola con la quale la parte acquirente aveva assunto l'obbligo, senza però determinazione di termine e compatibilmente alla tecnica e pratica eseguibilità dell'opera , di impiantare, a proprie cure e spese e senza oneri ed obblighi a carico della parte venditrice, un ascensore fino a raggiungere il piano ove erano ubicate le unità abitative compravendute. Queste censure - siccome strettamente connesse - sono esaminabili congiuntamente. Esse sono infondate e devono, pertanto, essere rigettate. In linea generale deve osservarsi che - conformemente all'indirizzo costante della giurisprudenza di questa Corte - l'interpretazione del contratto così come degli atti di autonomia privata costituisce un'attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. È stato, altresì, precisato che, ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l'astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e degli argomenti attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonché, in ossequio al principio di specificità del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione. La denuncia del vizio di motivazione deve essere, invece, effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell'attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l'indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un'assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l'interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un'altra. É importante anche evidenziare cfr., ad es., Cass. n. 6852 del 2010 e, da ultimo, Cass. n. 925 del 2012 che le regole legali di ermeneutica contrattuale sono governate da un principio di gerarchia, in forza del quale i criteri degli artt. 1362 e 1363 c.c. prevalgono su quelli integrativi degli artt. 1365 - 1371 c.c., posto che la determinazione oggettiva del significato da attribuire alla dichiarazione non ha ragion d'essere quando la ricerca soggettiva conduca ad un utile risultato ovvero escluda da sola che le parti abbiano posto in essere un determinato rapporto giuridico ne consegue che l'adozione dei predetti criteri integrativi non può portare alla dilatazione del contenuto negoziale mediante l'individuazione di diritti ed obblighi diversi da quelli contemplati nel contratto o mediante l'eterointegrazione dell'assetto negoziale previsto dai contraenti, neppure se tale adeguamento si presenti, in astratto, idoneo a ben contemperare il loro interessi. Ciò posto, la Corte di appello perugina, sulla scorta della complessiva interpretazione della clausola in questione, ha ritenuto in base ai criteri principali di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. che, non essendo possibile per la società Serena realizzare l'ascensore senza acquisire superfici di proprietà di terzi e non avendo essa alcun obbligo di acquisirle siccome non esplicitato nel contratto né desumibile diversamente , l'esecuzione dell'ascensore si sarebbe dovuta qualificare come incompatibile con la tecnica e pratica eseguibilità dell'opera nella situazione data come espressamente previsto , donde, di conseguenza, la predetta società si sarebbe dovuta ritenere esonerata dall'obbligo di realizzare l'ascensore per una impossibilità oggettiva di adempimento della prestazione concordata . Pertanto, alla stregua dell'interpretazione letterale della clausola e della comune intenzione manifestata dalle parti contraenti, valorizzata nel contesto complessivo della conclusa convenzione, la Corte territoriale ha legittimamente rilevato che la suddetta clausola comportava la sola insorgenza dell'obbligo dell'acquirente di eseguire le opere per l'installazione dell'ascensore limitatamente all'utilizzabilità dei diritti di proprietà di cui la società compratrice poteva disporre e non anche con coinvolgimento dei diritti di proprietà appartenenti a terzi, di cui non veniva fatta menzione nel testo contrattuale e senza che, peraltro, potessero considerarsi emergenti le condizioni per la configurazione di una condizione inesplicata ovvero presupposta , considerata la natura della prestazione e l'incidenza logistica dell'impianto da realizzare, implicante l'assunzione, da parte della stessa acquirente, della promessa dell'obbligazione o del fatto di terzi. Oltretutto, la Corte umbra, nel pervenire a tale risultato ermeneutico, ha valorizzato anche l'influenza di ulteriori fattori giustificativi riconducibili al comportamento complessivo delle stesse parti contraenti , quali l'intervenuta stipula della compravendita nella forma dell'atto pubblico notarile che, ove con la vendita si fosse voluta prevedere l'assunzione dell'obbligo, particolarmente gravoso, in capo all'acquirente, di acquisire la disponibilità di superfici appartenenti a terzi, non avrebbe potuto non contenerne un'esplicita menzione e la circostanza che le superfici delle quali la società avrebbe dovuto disporre - nella ricostruzione della ricorrente - per la realizzazione dell'ascensore previsto in contratto appartenevano a terzi già al momento della stipulazione del contratto e non lo erano divenute né si era pattuito che lo dovessero divenire successivamente per alienazioni in cui sarebbe stata parte la società Serena, con la conseguenza che, sia sul piano soggettivo che della valorizzazione della condizione oggettiva dei luoghi, la realizzazione dell'ascensore non si sarebbe potuta considerare compatibile, in virtù - appunto - dell'assetto delle proprietà, con la tecnica e pratica eseguibilità dell'opera come concordato espressamente nella convenzione contrattuale . Del resto, l'oggetto del giudizio riguardava un rapporto contrattuale di tipo personale tra le parti in causa che investiva un'obbligazione quella della costruzione dell'ascensore assunta dalla società Serena, in concreto da qualificarsi impossibile per circostanze oggettive ed indipendenti dalla sua volontà. Ma dal contratto stesso oltretutto redatto nella forma dell'atto pubblico - come già puntualizzato e pur ponendo riferimento ai criteri interpretativi codicistici - non si evince la conclusione di un'apposita clausola tale da implicare che la società Serena si fosse obbligata a garantire, ai sensi dell'art. 1381 c.c., anche l'adempimento una promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo. Per queste complessive ragioni ed essendo stata risolta la questio disputanda in base ai criteri ermeneutici prevalenti racchiusi negli artt. 1362 e 1363 c.c. donde l'insussistenza dei presupposti di operatività dei criteri interpretativi-integrativi ulteriori, pure dedotti dalla ricorrente , le prime sette censure devono essere ritenute prive di pregio giuridico. 11. L'ottavo motivo formulato dalla ricorrente principale è da qualificarsi inammissibile per violazione dell'art. 366 bis c.p.c., poiché, rivolgendosi esso ad una supposta insufficienza ed illogicità della motivazione, non contiene alcuna congrua ed autonoma sintesi delle ragioni per le quali la dedotta carenza della motivazione si sarebbe dovuta ritenere inidonea a giustificare la decisione sul punto denunciato. 12. Il rigetto integrale del ricorso principale comporta l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato. 13. In virtù del principio della soccombenza, la ricorrente principale deve essere condannata al pagamento - in favore delle controricorrenti, in via fra loro solidale, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 applicabile nel caso di specie in virtù dell'art. 41 dello stesso D.M. cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore delle controricorrenti con vincolo solidale, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.