Sanzione massima per l’uomo fermato dalla polizia municipale 500 euro. Multa ridotta poi dai giudici. Ma la battaglia giudiziaria resta aperta, perché è da approfondire la legittimità dell’ordinanza firmata dal sindaco di un Comune abruzzese e finalizzata a combattere il fenomeno della prostituzione in strada.
Stop alle trattative a bordo strada tra l’automobilista – potenziale cliente – e la prostituta. A stabilirlo è un’ordinanza ad hoc del sindaco di un Comune abruzzese. A pagarne le conseguenze un uomo, condannato a pagare 250. Ma la legittimità della disposizione firmata dal ‘primo cittadino’ è tutta da dimostrare Cassazione, ordinanza numero 18073, Sesta sezione Civile, depositata oggi Beccato. Fatale, per un’automobilista, è il ‘parcheggio’ improvvisato a bordo strada per ‘trattare’ con una prostituta. Conseguenziale è la «ordinanza ingiunzione» del Comune per «violazione di ordinanza sindacale» che proibisce di «fermarsi con autoveicolo in prossimità di esercente il meretricio sulla via pubblica». Obiettivo del Comune è combattere il “fenomeno della prostituzione in strada”, che “offende la pubblica decenza” e, allo stesso tempo, crea “rischi alla sicurezza della circolazione”. E, in questa ottica, ad accompagnare l’ordinanza vi è anche l’allestimento, d’intesa con la Polizia Municipale, di “un controllo periodico” delle strade più ‘frequentate’, finalizzato a “multare tutti i responsabili di eventuali violazioni”. Multa da 500 euro – il massimo previsto dall’ordinanza –, in questo caso, ma ridotta a 250 euro dai giudici. Nessun dubbio, però, sulla violazione compiuta dall’automobilista ‘beccato’ dai vigili urbani. Poteri e limiti. Ad avviso dell’uomo, però, di fondo, vi è la illegittimità dell’ordinanza sindacale, «viziata», viene sostenuto nel ricorso in Cassazione, «da eccesso di potere». Soprattutto tenendo presente la sentenza 115 del 2011 della Corte Costituzionale, con cui è stata ritenuta non sostenibile la possibilità per «il sindaco, quale ufficiale del governo» di adottare «provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità e urgenza». Ebbene, questa visione viene ritenuta corretta dai giudici del Palazzaccio, i quali ricordano che è stata valutata in modo negativo la attribuzione «ai sindaci» del «potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur on potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico». Tale responso dei giudici costituzionali è legato a tre considerazioni primo, non è prevista «una delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello dell’imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati» secondo, «la pubblica amministrazione può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto, in via generale, è previsto dalla legge» terzo, «in assenza di una valida base legislativa, gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci». Evidenti, quindi, le perplessità manifestate rispetto alla ordinanza sindacale contestata dall’automobilista, perplessità fortissime che però potranno essere superate solo attraverso la valutazione della «legittimità della disposizione ordinanza sindacale posta a base della sanzione comunale». Valutazione, questa, affidata ai giudici del Tribunale, e da realizzare alla luce dei «principii sanciti dalla Corte Costituzionale in ordine ai poteri del sindaco in materia di sicurezza urbana».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 24 aprile - 25 luglio 2013, numero 18073 Presidente Goldoni – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 Il giudice di pace di Pescara ha respinto nel 2010 l'opposizione proposta dal ricorrente avverso l'ordinanza ingiunzione numero 479 del comune di Montesilvano per la violazione di ordinanza sindacale che proibiva di fermarsi con autoveicolo in prossimità di esercente il meretricio sulla via pubblica. Ha ridotto la sanzione da 500 a 250 euro e compensato le spese. Il tribunale di Pescara con sentenza 7 aprile 2011 ha rigettato l'appello dell'opponente e lo ha condannato al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio. L'opponente ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 26 aprile 2011. Il comune di Montesilvano è rimasto intimato. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, proponendo l'accoglimento del ricorso. 2 Il primo motivo di ricorso denuncia vizi di motivazione e violazione dell'articolo 54 d.lgs. numero 267/00 e DM Interno 5-8-2008 e articolo 7 e 157 CdS. Sostiene che l'ordinanza comunale è viziata da eccesso di potere e invoca tra l'altro la sentenza della Corte Cost. numero 115/11, con la quale è stato stabilito che è incostituzionale l'articolo 54, 4° comma, d.leg. 18 agosto 2000 numero 267, come sostituito dall'articolo 6 d.l. 23 maggio 2008 numero 92, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, 1° comma, l. 24 luglio 2008 numero 125, nella parte in cui consente che il sindaco, quale ufficiale del governo, adotti provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità e urgenza . 3 Il ricorso è fondato. La Corte Costituzionale ha ritenuto che la disposizione citata - attribuendo ai sindaci il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico - viola, da un lato, la riserva di legge relativa di cui all'articolo 23 cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello dell'imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati dall'altro, viola l'ulteriore riserva di legge relativa di cui all'articolo 97 cost., poiché la p.a. può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge e viola, infine, anche l'articolo 3, comma 1, cost., in quanto, in assenza di una valida base legislativa, gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci. Ne consegue che spetta al giudice di merito il compito di valutare nuovamente la legittimità della disposizione ordinanza sindacale posta a base della sanzione comunale, alla luce di principi sanciti dalla Corte Costituzionale in ordine ai poteri del Sindaco in materia di sicurezza urbana. Dovrà quindi verificare se l'ordinanza trovasse copertura normativa soltanto nella norma di legge dichiarata incostituzionale o fosse compatibile con il limitato potere in materia, abnormemente ampliato dal legislatore del 2008. 4 Fondato è anche ill secondo motivo, che denuncia la violazione degli articolo 91 e 112 cpc in relazione alla statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, adottata in difetto di specifico motivo di appello incidentale da parte del Comune, vittorioso in primo grado, che non si era però lamentato della compensazione disposta dal giudice di pace. Sul punto il tribunale ha violato il principio posto da Cass. Su 15559/03 e Cass. 6540/00, secondo cui il giudice di appello, nel caso di rigetto del gravame, non puo', in mancanza di uno specifico motivo d'impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado. 5 Resta assorbito il terzo motivo. La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altro giudice del tribunale di Pescara per il riesame dell'appello alla luce della modifica normativa causata dalla sentenza 115/11 . Provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro giudice del tribunale di Pescara, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.