Non sempre il committente risponde dell’infortunio al dipendente dell’appaltatore

In materia di appalto, la responsabilità per la violazione dell’obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro si estende al committente solo se quest’ultimo si sia reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si sia riservato i poteri tecnico-organizzativi dell’opera da eseguire.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 17178 dell’11 luglio 2013. Il caso . Un lavoratore ricorreva al Giudice del lavoro chiedendo la condanna, del proprio datore di lavoro e di un soggetto terzo, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito di un infortunio sul lavoro intercorso mentre stava caricando su un camion taluni prodotti, presso i magazzini del terzo/committente nell’esecuzione di un contratto di appalto stipulato da quest’ultimo con il proprio datore di lavoro. La Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava il datore di lavoro al ristoro del danno patito dal ricorrente, escludendo tuttavia qualsivoglia responsabilità in capo al committente. Contro tale sentenza il lavoratore proponeva ricorso alla Corte di Cassazione. La responsabilità del committente non è automatica Per quel che qui interessa esaminare, il ricorrente denunciava l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la sentenza impugnata escluso la responsabilità solidale del committente nonostante l’incidente si fosse verificato in spazi affidati al suo esclusivo controllo e nonostante fossero di sua proprietà i mezzi utilizzati per il carico e lo scarico della merce. Di diverso avviso è la Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Richiamando numerosi suoi precedenti inoltre Cass. numero 17092/2012 Cass. numero 3563/2012 , la Corte ritiene che «non sia configurabile una responsabilità del committente in re ipsa e cioè per il solo fatto di aver affidato in appalto determinati lavori ovvero un servizio». nemmeno dopo il T.U. Sicurezza Tale principio, prosegue la Corte, nemmeno contrasta con le disposizioni del c.d. T.U. Sicurezza il cui articolo 26 così dispone «[] l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore [.] per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore [.] non risulti indennizzato ad opera dell'INAIL o dell'IPSEMA. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici» il quale, se è vero che in caso di infortunio rende possibili «intrecci di responsabilità coinvolgenti il committente medesimo», non arriva al punto di esigere da quest’ultimo un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori. e deve fondarsi su un attento esame della situazione fattuale . Anche nell’attuale contesto normativo, pertanto, una responsabilità del committente può essere identificata solo all’esito di un «attento esame» della realtà fattuale, diretto a verificare - in concreto - quale sia stata l’effettiva incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento. A tale fine, prosegue la Corte, vanno considerati «la specificità dei lavori e le caratteristiche del servizio da svolgersi i criteri seguiti dal committente per la scelta dell’appaltatore [] l’ingerenza del committente stesso nell’esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto [.] nonché la percepibilità agevole ed immediata da parte del committente di eventuali situazioni di pericolo». Il ricorrente non aveva provato alcuno specifico inadempimento del committente . Nel caso di specie, conclude la Cassazione, il ricorrente non aveva provato alcun fatto che lasciasse presumere una responsabilità del committente rispetto all’infortunio occorsogli ed, anzi, l’istruttoria aveva confermato la sua totale estraneità rispetto all’eziologia dell’evento dannoso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 marzo - 11 luglio 2013, numero 17178 Presidente Stile – Relatore Marotta Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Vicenza, C.P. conveniva in giudizio il proprio datore di lavoro, e cioè la Trans Veneto s.numero c. ed i soci di questa, B.A.M. ed At Ba. , nonché la Trans Veneto s.r.l. collegata alla s.numero c. ed operante negli stessi locali di questa , il committente Pavesi S.p.A. che aveva appaltato il trasporto dei suoi prodotti alla Trans Veneto , poi Barilla G. e R. Fratelli S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in relazione all'infortunio sul lavoro verificatosi in data allorché egli, addetto al trasporto merci per la Trans Veneto s.numero c, dopo aver effettuato un carico di prodotti dolciari nel magazzino della Pavesi S.p.A. a Novara con l'utilizzo di una pedana mobile con carrello elettrico della Pavesi S.p.A., era salito sulla sponda del camion per chiudere il telone ed era scivolato a terra urtando lo spigolo della pedana ed aveva riportato postumi invalidanti permanenti. Il Tribunale, nel contraddittorio con la Barilla G. e R. Fratelli S.p.A., cessionaria della Pavesi S.p.A., autorizzata la chiamata in causa della Meie Assicurazioni S.p.A. poi INA Assitalia, nei limiti della quota di rischio assicurato del 15%, ACE Insurance nei limiti della quota di rischio assicurato del 25%, Bavaria nei limiti della quota di rischio assicurato del 50% , accertava la responsabilità della sola Trans Veneto s.numero c. e dei soci convenuti, ritenendo il concorso di colpa del lavoratore nella misura del 50%, e condannava il suddetto datore di lavoro al pagamento della somma di Euro 9.235,42 a titolo di danno biologico. A seguito di appello proposto dal C. , la Corte di appello di Venezia confermava le statuizioni del giudice di primo grado con riguardo alla esclusione di ogni responsabilità in capo alla committente Barilla G. e R. Fratelli S.p.A. ritenendo, però, che nessun concorso di colpa del dipendente potesse configurarsi nello svolgimento dell'infortunio in conseguenza condannava la Trans Veneto s.numero c. al pagamento in favore del C. della somma di Euro 18.470,85. Per la cassazione di tale sentenza ricorre C.P. affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso l'INA Assitalia S.p.A., la ACE Euopean Group LTD e la UGF Assicurazioni S.p.A Sono rimasti solo intimati A.M B. ed B.A. , soci illimitatamente responsabili della Trans Veneto s.numero c. in liquidazione, nonché la Trans Veneto s.r.l. e la Barilla G. e R. Fratelli S.p.A Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione dell'articolo 132 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360, numero 4, cod. proc. civ. nonché mancanza di motivazione in punto di prescrizione del diritto nei confronti della Barilla S.p.A. . Si duole della ritenuta prescrizione del diritto al risarcimento vantato nei confronti della Barilla S.p.A. senza sia stato precisato se trattavasi di prescrizione decennale contrattuale ex arti 2087 e 2946 cod. civ. ovvero di prescrizione quinquennale ex articolo 2043, 2049 e 2947 cod. civ. . 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione degli articolo 1310, 2935, 2943, 2946 e 2947 cod. civ. anche in relazione all'articolo 2087 cod. civ. ed all'articolo 2043 cod. civ. e dell'articolo 3 del d.lgs. numero 547/55 nonché omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia . Si duole della ritenuta esclusione della responsabilità della Barilla S.p.A. in ordine all'infortunio in questione ed evidenzia che l'istruttoria svolta deponeva nel senso che il luogo ove l'incidente si era verificato ricadeva sotto il controllo di tale società e dei suoi preposti così come alla stessa appartenevano i mezzi utilizzati per il carico e lo scarico delle merci. Il conseguenza rileva che, essendo il risarcimento del danno ricollegabile all'articolo 2087 cod. civ., la prescrizione del diritto non poteva che essere quella decennale. 3. I motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della intrinseca connessione, sono infondati. Come è noto, in materia di appalto, la responsabilità per la violazione dell'obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro si estende al committente solo ove lo stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si sia riservato i poteri tecnico-organizzativi dell'opera da eseguire cfr., in tal senso, Cass. 22 marzo 2002, numero 4129, id. 28 ottobre 2009, numero 22818 7 marzo 2012 numero 3563 8 ottobre 2012, numero 17092 . Non è, infatti, configurabile una responsabilità del committente in re ipsa e cioè per il solo fatto di aver affidato in appalto determinati lavori ovvero un servizio. È pur vero che è espressamente prevista dalla normativa di settore prima, il d.lgs. numero 626 del 1994, articolo 7 ora, trasfuso sostanzialmente nel d.lgs. numero 81 del 2008, articolo 26 tutta una serie di obblighi a carico del committente connessi ai contratti di appalto o d'opera o di somministrazione. Con riferimento ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera è pertanto vero che il dovere di sicurezza è riferibile, oltre che al datore di lavoro di regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche , anche al committente, con conseguente possibilità, in caso di infortunio, di intrecci di responsabilità, coinvolgenti anche il committente medesimo. È, però, altrettanto vero che va esclusa una applicazione automatica di tale principio, non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori. In questa prospettiva, per fondare la responsabilità del committente, non si deve prescindere da un attento esame della situazione fattuale, al fine di verificare quale sia stata, in concreto, l'effettiva incidenza della condotta del committente nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori ovvero per lo svolgimento del servizio. A tal fine, vanno considerati la specificità dei lavori da eseguire e le caratteristiche del servizio da svolgersi i criteri seguiti dal committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera quale soggetto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge e della capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa l'ingerenza del committente stesso nell'esecuzione dei lavori oggetto dell'appalto o del contratto di prestazione d'opera nonché, la percepibilità agevole ed immediata da parte del committente di eventuali situazioni di pericolo. Nella specie, nulla è dedotto in sede di ricorso in ordine alle circostanze da cui in concreto desumere che la committente Barilla S.p.A. si fosse riservata specifici poteri tecnico-organizzativi in relazione alle attività di carico e scarico delle merci di cui di cui al servizio appaltato. Peraltro, l'estraneità della Barilla S.p.A. è stata ritenuta dalla sentenza impugnata sulla base di plurime risultanze di causa l'infortunio si era verificato dopo le 20,00 e cioè quando la serranda del magazzino Pavesi era già chiusa nessun dipendente o incaricato della Barilla era presente ovvero aveva partecipato alle operazioni di chiusura del camion nessuna macchina aziendale era stata utilizzata per tale operazione, nessuna situazione di pericolo derivante dall'immobile era causalmente connessa con l'evento atteso che l'autista del camion aveva spostato il mezzo da luogo del caricamento - piattaforma del magazzino in cemento - fermandolo a circa mezzo metro da questo . Rispetto a tale motivazione, che appare coerente e logica, il ricorrente si limita ad opporre una propria valutazione delle prove. È, al riguardo, jus receptum che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito vedi, tra le tante Cass. 18 ottobre 2011, numero 21486 id. 20 aprile 2011, numero 9043 13 gennaio 2011, numero 313 3 gennaio 2011, numero 37 3 ottobre 2007, numero 20731 21 agosto 2006, numero 18214 16 febbraio 2006, numero 3436 27 aprile 2005, numero 8718 . Invero, le doglianze mosse dall'attuale ricorrente non risultano attenere all'iter logico-argomentativo che sorregge la decisione - che, peraltro, risulta congruo e chiaramente individuabile - ma si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal Giudice del merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono, quindi, nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità. 4. Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali tutte le altre eccezioni o obiezioni devono considerarsi assorbite, in conclusione, il ricorso va rigettato. 5. Per il criterio legale della soccombenza il ricorrente va condannato al pagamento, in favore dei controricorrenti INA Assitalia S.p.A., ACE European Group LTD e UGF Assicurazioni S.p.A., delle spese processuali, liquidate come in dispositivo tenendo conto del nuovo sistema di liquidazione dei compensi agli avvocati di cui al D.M. 20 luglio 2012, numero 140 che, all'articolo 41 stabilisce che le disposizioni regolamentari introdotte si applicano alle liquidazioni successive all'entrata in vigore del Decreto stesso, avvenuta il 23 agosto 2012 ed avuto riguardo allo scaglione di riferimento della causa considerati i parametri generali indicati nell'articolo 4 del D.M. e delle tre fasi previste per il giudizio di cassazione fase di studio, fase introduttiva e fase decisoria nella allegata Tabella A. 6. Infine, nulla va disposto per le spese processuali nei confronti delle altre parti rimaste solo intimate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore delle società INA Assitalia S.p.A., ACE European Group LTD e UGF Assicurazioni S.p.A. liquida tali spese, per ciascuna di dette società, in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge nulla per le spese nei confronti delle altre parti rimaste intimate.