L’infortunato deduce fatti e prove ma la Corte d’Appello non li valuta: tutto da rifare

Ove il giudice di merito, prendendo in esame soltanto alcune delle deduzioni e conclusioni della parte ometta ogni considerazione in ordine alle ulteriori deduzioni che per la loro specificità e pertinenza siano suscettibili di dare adeguata allegazione alle circostanze che la parte è onerata di provare al fine dell’accoglimento della domanda, si avrà insufficienza della motivazione adottata, in quanto condotta senza tener conto del contenuto complessivo degli atti oggetto di disamina.

Così ha affermato la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 16933, pubblicata l’8 luglio 2013. Il caso domanda di risarcimento danni subiti da un lavoratore in occasione di infortunio sul lavoro nei confronti del datore. Un lavoratore ricorreva al giudice del lavoro al fine di ottenere nei confronti del proprio datore di lavoro il risarcimento dei danni patiti a causa di infortunio sul lavoro. Il Tribunale del lavoro rigettava la domanda. Proponeva appello il lavoratore ma la Corte d’Appello rigettava il gravame. Ricorreva così in Cassazione il lavoratore per la riforma della sentenza d’appello. L’onere di allegazione e prova dei fatti costituenti inadempimento a carico del lavoratore. Secondo un costante insegnamento della Suprema Corte, il lavoratore che agisca in giudizio nei confronti del proprio datore di lavoro per ottenere il risarcimento dei danni, biologico e morale, conseguenti ad un infortunio sul lavoro deve allegare la responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell’obbligo contrattuale di sicurezza, dando altresì prova del fatto occorso e del nesso di causalità tra evento e danno restando a carico del datore di lavoro fornire la prova contraria di assenza di colpa a carico di quest’ultimo, essendo tale colpa presunta. La valutazione della pertinenza e sufficienza delle allegazioni è giudizio di merito La valutazione della pertinenza e sufficienza delle allegazioni della parte in relazione al contenuto e alla portata della domanda svolta costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se correttamente motivato, avuto riguardo all’intero contesto dell’atto. Nel caso in esame la Corte territoriale aveva affermato che il lavoratore si era limitato a rivendicare i propri diritti ad un equo risarcimento, tenuto conto della giovane età ed a richiedere il risarcimento nella misura indicata. I giudici di merito tuttavia non avevano preso in considerazione le ulteriori specifiche allegazioni sui fatti contenute nel ricorso introduttivo e nella successiva memoria ex art. 426 c.p.c., nonché delle deduzioni istruttorie nei medesimi atti contenute. ma deve essere correttamente e logicamente motivata. Laddove il giudice del merito, prendendo in esame soltanto alcune delle deduzioni e conclusioni della parte, ometta qualsivoglia considerazione in ordine a quelle ulteriori allegazioni che, per la specificità e pertinenza rispetto al contenuto della domanda svolta, siano suscettibili di configurare un’adeguata allegazione delle circostanze fattuali che la parte è onerata di provare al fine dell’accoglimento della domanda, si avrà vizio di insufficiente motivazione della sentenza. Nella vicenda esaminata, la Corte d’Appello ha omesso la valutazione di quegli elementi di giudizio dedotti dal ricorrente, vertenti sull’attività lavorativa svolta, sulle dimensioni e peso dell’oggetto trasportato e sul mezzo di trasporto utilizzato, sulla dinamica del sinistro, sulle conseguenze dell’infortunio, le cure sanitarie praticate e sugli esiti finali dell’infortunio sugli elementi, in sostanza, astrattamente idonei a configurare il danno, l’inadempimento datoriale il relativo nesso causale. Tale mancata valutazione depone per l’insufficienza della motivazione della decisione adottata, condotta senza tener conto del contenuto complessivo degli atti oggetto di disamina. Cassata la sentenza d’appello. La Suprema Corte ha così ritenuto fondati i motivi di ricorso proposti, accogliendo il ricorso e cassando la sentenza d’appello impugnata, con rinvio ad altra Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 maggio - 8 luglio 2013, n. 16933 Presidente Roselli – Relatore Bandini Svolgimento del processo Con sentenza del 17.10 - 24.11.2006 la Corte d'Appello di Roma rigettò il gravame proposto da D.G.V. nei confronti della ABB PT spa avverso la pronuncia di prime cure, che aveva respinto il ricorso diretto al risarcimento dei danni patiti per effetto di un incidente occorso durante la prestazione di attività lavorativa alle dipendenze della Società. A sostegno del decisum la Corte territoriale, premesso che la verificazione del danno biologico e del danno morale deve essere oggetto di specifica allegazione da parte del lavoratore che ne chieda il risarcimento, ha osservato che il D.G. si era sottratto a tale onere di allegazione, posto che negli atti introduttivi del giudizio di primo grado atto di citazione e memorie autorizzate si era limitato a rivendicare il diritto ad ottenere un equo risarcimento anche in considerazione della giovane età e a chiedere la condanna della Società datrice di lavoro al risarcimento dei danni tutti subiti in dipendenza del sinistro de quo danni da determinarsi nella misura di L. 500.000.000, o in quella maggiore o minore e per l'effetto detratta la somma di L. 85.764.00 già corrisposta condannarla al pagamento della residua somma oltre al danno estetico al danno morale pertanto l'assenza qualsivoglia spiegazione sulle conseguenze lesive dell'infortunio non consentiva di individuare criteri predeterminati e standardizzati, quali le cosiddette tabelle elaborate da alcuni uffici giudiziari e di personalizzare in modo logico e corretto una misura del risarcimento, che tenesse conto della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno ne conseguiva che non poteva trovare spazio la richiesta di CTU medico legale, essendo quest'ultima strumento di valutazione di fatti già dimostrati e non un mezzo volto a sopperire all'inerzia delle parti. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, D.G.V. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi. L'intimata ABB PT spa non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione di plurime disposizioni di legge e vizio di motivazione, osserva che, contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, aveva provveduto ad assolvere l'onere di allegazione su di lui incombente, definendo gli elementi qualificanti del danno, in larga parte riconosciuti o comunque non specificamente contraddetti dalla parte datoriale, e che la motivazione della sentenza impugnata si presentava incongrua e insufficiente, per non avere proceduto ad una valutazione ed interpretazione complessiva degli atti e della situazione dedotta in giudizio, limitandosi all'estrapolazione di due minuti brani uno dei quali addirittura relativo alle conclusioni e omettendo qualsivoglia esame delle ulteriori deduzioni concernenti i profili, la tipologia e l'entità del danno subito nell'infortunio. Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione di plurime disposizioni di legge e vizio di motivazione, osserva che, con riferimento al nesso di causalità tra la condotta inadempiente della datrice di lavoro ed i danni patiti, in sede di memoria ex art. 426 cpc erano stati formulati numerosi capitoli di prova testimoniale, configuranti essi stessi allegazione dei fatti ivi indicati, inerenti al contesto e alle modalità di verificazione del sinistro, nonché alle circostanze che lo avevano immediatamente preceduto, onde, anche tenuto conto dei riconoscimenti effettuati dalla controparte ivi compreso il già avvenuto, seppur parziale, risarcimento del danno , erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto il difetto di allegazione al riguardo, attraverso una motivazione insufficiente per non aver tenuto conto del complesso delle deduzioni svolte. Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione di plurime disposizioni di legge e vizio di motivazione, si duole della mancata ammissione delle prove richieste, siccome conseguente all'erronea valutazione della portata delle allegazioni svolte e all'omessa considerazione sia delle medesime nel loro complesso, sia dei riconoscimenti e delle ammissioni della controparte. 2. I primi due motivi, fra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente. La Corte territoriale ha fatto riferimento alla giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel caso in cui il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento integrale del danno biologico e morale conseguenti ad un infortunio sul lavoro in fattispecie precedente all'entrata in vigore dell'art. 13 del dl.vo n. 38/00, che ha esteso la copertura assicurativa obbligatoria al danno biologico , il diritto al risarcimento è subordinato alla sussistenza dei presupposti rispettivi della responsabilità civile del datore di lavoro per le due ipotesi di danno in particolare, in riferimento al danno biologico, di natura contrattuale, ove il lavoratore alleghi la responsabilità del datore per inadempimento dell'obbligo di sicurezza, egli ha l'obbligo di provare il fatto costituente l'inadempimento e il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento e il danno, non essendo invece tenuto a fornire la prova della colpa del datore di lavoro, che si presume, mentre tale presunzione non è configurabile in relazione alla risarcibilità del danno morale cfr, ex plurimis, Cass., n. 8386/2006 . La Corte territoriale, pacifica essendo l'esistenza dell'obbligazione lavorativa, ha ritenuto, nei termini indicati nello storico di lite, il mancato adempimento da parte del lavoratore degli oneri di allegazione propedeutici a quelli probatori . Va considerato che la valutazione della pertinenza e sufficienza delle allegazioni della parte in relazione al contenuto e alla portata della domanda svolta costituisce un accertamento di fatto riservato al Giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata, avuto riguardo all'intero contesto dell'atto. Conseguentemente il vizio di insufficiente motivazione sarà ravvisabile laddove il giudice del merito, prendendo in esame soltanto alcune delle deduzioni e conclusioni della parte, ometta qualsivoglia considerazione in ordine a quelle ulteriori allegazioni che, per la loro specificità e pertinenza al contenuto della domanda svolta, siano suscettibili di configurare un'adeguata allegazione delle circostanze fattuali che la parte è onerata di provare al fine dell'accoglimento della domanda stessa. Nel caso che ne occupa la Corte territoriale ha affermato che il lavoratore si era limitato a rivendicare i propri diritti ad un equo risarcimento anche in considerazione della giovane età e a richiedere tale risarcimento nella misura indicata, ma non ha svolto alcuna valutazione in ordine alla rilevanza, ai fini de quibus , delle ulteriori specifiche allegazioni fattuali contenute nel ricorso introduttivo di primo grado e nella memoria ex art. 426 cpc anche attraverso la formulazione dei capitoli di prova in ordine all'attività lavorativa di cui il ricorrente era stato incaricato alle dimensioni e al peso dell'oggetto trasportato ai mezzi che gli erano stati forniti allo scopo alle cause del sinistro alla mancanza di istruzioni e di indicazioni sull'utilizzo e la portata del mezzo di trasporto adoperato alle condizioni dissestate del pavimento alla dinamica dell'evento alle conseguenze lesive dell'infortunio e alle cure che, in più riprese, avevano dovuto essergli praticate agli esiti finali residuati alla dedotta sussistenza di un danno biologico permanente all'avvenuto seppur asseritamene insufficiente risarcimento riconosciutogli dalla parte datoriale al mutamento di mansioni lavorative resosi necessario a seguito dell'infortunio. La mancata valutazione di tali elementi di giudizio - astrattamente idonei a configurare il danno, l'inadempimento datoriale e il relativo nesso causale - conduce a ritenere l'insufficienza della motivazione adottata, siccome condotta senza tener conto del contenuto complessivo degli atti oggetto di disamina. In tali limiti i motivi all'esame risultano quindi fondati. 3. L'accoglimento dei motivi anzidetti comporta l'assorbimento del terzo, posto che la mancata ammissione dei mezzi istruttori è stata conseguenza della ritenuta inosservanza degli oneri di allegazione. 4. In definitiva il ricorso va accolto nei termini anzidetti e la sentenza impugnata dev'essere cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procederà a nuovo esame e provvederà altresì sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie per quanto di ragione il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.