Compiti suddivisi tra i due uomini protagonisti dell’attività di spaccio. Ciò però non basta per adottare la linea dura. Rimessa in discussione la condanna a 4 anni di reclusione ciascuno. Plausibile l’applicazione dell’attenuante speciale del fatto di lieve entità.
Coppia stupefacente uno consegna la droga – marijuana –, l’altro passa all’incasso dei pagamenti. Meccanismo consolidato, tale da creare, in strada, una sorta di ‘punto vendita’ di riferimento per i consumatori. Ma ciò non basta per escludere l’ipotesi che i fatti, addebitati ai 2 uomini, siano valutabili come “di lieve entità” Cass., sent. numero 23930/2014, Sezione Sesta Penale, depositata oggi ‘Punto vendita’. Linea di pensiero comune per il Giudice dell’udienza preliminare e per i giudici della Corte d’Appello condanna per due uomini, ritenuti colpevoli di «concorso nella cessione a terzi di sostanze stupefacenti, del tipo marijuana, suddivisa in ‘stecchette’ di carta». Dura la pena inflitta «4 anni di reclusione» a testa. Per i giudici, «le modalità dello spaccio, su strada e con ripartizione dei compiti» consentono di ritenere che i 2 uomini «avessero costituito una sorta di ‘punto vendita’, noto ai consumatori» che si «avvicinavano in autovettura per rifornirsi». E ciò conduce, inevitabilmente, sempre secondo i giudici, ad escludere «l’attenuante del fatto di lieve entità». Spaccio lieve Ma tale valutazione viene sbugiardata, clamorosamente, dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, accogliendo il ricorso proposto dai due uomini, ritengono che, anzi, «le modalità della condotta non siano affatto preclusive del riconoscimento dell’attenuante speciale del fatto di lieve entità». A sostegno di questa visione, poi, pure il richiamo alla normativa, secondo cui «anche la cessione continuativa a terzi di sostanze stupefacenti può integrare il fatto di lieve entità». Tornando alla vicenda, spiegano i giudici, «appare evidente come la mera ripartizione di compiti» non può «assurgere a ragione ostativa al riconoscimento della ipotesi della lieve entità», anche perché «l’attività di cessione si svolgeva» sì «secondo la suddivisione di compiti» tra i due uomini – «uno addetto alla materiale consegna agli acquirenti, l’altro deputato ad incamerare il corrispettivo della cessione» – ma «nell’ambito di un contesto organizzativo il cui livello di complessità consisteva praticamente in essa». E anche il sostenere, come fatto dai giudici di merito, che i due uomini avevano «costituito una sorta di centro di smercio al dettaglio di marijuana» vuol dire sì che «essi erano dediti all’attività di cessione in maniera continuativa» ma non permette di escludere a priori il «riconoscimento dell’attenuante» del «fatto di lieve entità».
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 aprile – 6 giugno 2014, numero 23930 Presidente Ippolito – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte d'Appello di Catania, a conferma di quella resa in data 19/07/2012 dal GUP del locale Tribunale all'esito di giudizio abbreviato, ribadiva la condanna di C.F. e C.A. alla pena di quattro anni di reclusione ciascuno per il reato di concorso nella cessione a terzi di sostanze stupefacenti del tipo marijuana suddivisa in stecchette di carta articolo 110 cod. penumero , 73 d.P.R. numero 309 del 1990 . La Corte rigettava la richiesta di C.A. di assoluzione per non aver commesso il fatto e quella formulata da entrambi gli appellanti di riconoscere l'attenuante del fatto di lieve entità di cui all'articolo 73, comma 5 d.P.R. numero 309/90, osservando che le modalità dello spaccio su strada e con ripartizione dei compiti fra i correi denotavano come gli stessi avessero costituito una sorta di 'punto vendita' di marijuana noto ai consumatori che li avvicinavano in autovettura per rifornirsi e che la circostanza non consentiva di ravvisare l'invocata attenuante speciale. 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, entrambi riferiti alla mancata applicazione dell'attenuante di cui al comma 5 dell'articolo 73 d.P.R. numero 309 del 1990 nonché alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta fondato nei termini di cui alla motivazione. Nel respingere la censura difensiva in ordine alla denegata applicazione dell'articolo 73, comma 5 d.P.R. numero 309 del 1990, la Corte territoriale ha valorizzato la circostanza che gli imputati procedessero alla cessione delle sostanze stupefacenti sulla pubblica via e secondo una rudimentale ripartizione di compiti, che prevedeva come uno fosse addetto alla materiale consegna agli acquirenti e l'altro deputato ad incamerare il corrispettivo della cessione, in tal modo costituendo una sorta di 'punto vendita' di marijuana noto ai consumatori che li avvicinavano in autovettura per rifornirsi . Reputa, tuttavia, il collegio che le indicate modalità della condotta non siano affatto preclusive del riconoscimento dell'attenuante speciale del fatto di lieve entità, secondo le condizioni che ne legittimano la ricorrenza, rimaste sostanzialmente inalterate all'esito della temperie di pronunzie d'illegittimità costituzionale sent. Corte Costituzionale numero 32 del 2014 e di interventi normativi d.l. numero 146 del 2013 conv. nella l. numero 94 del 2014 e da ultimo d.l. numero 36 del 2014 conv. nella l. numero 79 del 2014 che direttamente o indirettamente l'hanno investita, peraltro con riferimento esclusivo al trattamento sanzionatorio ivi previsto. Come, infatti, risulta evidente dall'articolo 74, comma 6 d.P.R. numero 309 del 1990, anche la cessione continuativa a terzi di sostanze stupefacenti può integrare il fatto di lieve entità, avuto riguardo alla quantità e qualità della sostanza detenuta e spacciata, da accertarsi con riguardo al principio attivo, alla complessità ed all'ampiezza della organizzazione, al numero ed alla qualità dei soggetti coinvolti, nonché più in generale ad ogni altro profilo della vicenda che, secondo il giudizio discrezionale ma motivato del giudice di merito, appaia idoneo ad incidere sulla entità del fatto Cass. Sez. 6, numero 5415 del 10/03/1995, Corrente ed altri, Rv. 201644 e in termini analoghi ma al di fuori di contesti associativi, Sez. 6, numero 29250 del 01/07/2010, Moutawakkil, Rv. 249369 . Se, dunque, appare normativamente sancita la compatibilità dell'attenuante speciale addirittura con la partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico continuativo di modiche quantità sostanze stupefacenti, appare evidente come la mera ripartizione di compiti tra i concorrenti nel reato che caratterizza la fattispecie non possa assurgere a ragione ostativa al riconoscimento della ipotesi della lieve entità. E' infatti la stessa Corte territoriale a ricordare che l'attività di cessione si svolgeva secondo la suddivisione di compiti già ricordata, ma nell'ambito di un contesto organizzativo il cui livello di complessità consisteva praticamente in essa. Risalta, allora e con tutta evidenza, preminente nell'argomentare dei giudici d'appello la considerazione che gli imputati avessero costituito una sorta di centro di smercio al dettaglio di marijuana, che altro non vuoi dire che essi erano dediti all'attività di cessione in maniera continuativa, situazione la cui rilevanza preclusiva ai fini del riconoscimento dell'attenuante è stata, come anzidetto, già esclusa dalla giurisprudenza di questa Corte. Spetterà alla Corte territoriale valutare la ricorrenza di altre condizioni ostative, diverse da quelle ritenute con la sentenza impugnata, al delinearsi dell'ipotesi di cui all'articolo 73, comma 5 d.P.R. numero 309 del 1990, nel rispetto del principio di diritto che la mera reiterazione nel tempo di più condotte di cessione di modiche quantità sostanze stupefacenti non osta al relativo riconoscimento risulta assorbito dalla pronunzia l'atro motivo di ricorso. 4. All'accoglimento del ricorso consegue l'annullamento della decisione impugnata sul punto con rinvio alla Corte d'Appello di Catania per nuovo giudizio. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata limitatamente all'applicabilità dell'articolo 73, comma 5 d.P.R. numero 309 del 1990 e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'Appello di Catania.