Nesso causale tra falso in bilancio e dissesto: consigliere responsabile per le capitalizzazioni ingiustificate

Ai fini della configurabilità della bancarotta da reato societario rilevano anche le condotte che non abbiano da sole determinato, ma abbiano concorso a cagionare il dissesto, sia aggravando l’effetto di cause preesistenti, che inserendosi in una serie di fattori intervenuti anche successivamente.

Questo il principio affermato dalla sezione V Penale della Cassazione, nella sentenza numero 28508 del 2 luglio 2013. La nuova bancarotta societaria. Come noto, con l’art. 4, d.lgs. 11 aprile 2002 numero 61 il legislatore ha provveduto a riformulare il testo dell’art. 223, comma 2, numero 1, l.f Se infatti il testo previgente si limitava a sanzionare coloro che hanno commesso alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 2612, 2622, 2623, 2628, 2630 c.c. , l’attuale dettato normativo richiede che abbiano cagionato o concorso a cagionare il dissesto della società commettendo alcuno dei fatti previsti dagli artt. 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633, 2634 c.c. . A prescindere dalla divergenza delle norme del codice civile richiamate a seguito anche della contestuale riformulazione delle medesime è di immediata evidenza la nuova struttura della bancarotta da reato societario, che diventa reato di evento – in senso naturalistico –, richiedendosi ora che il dissesto, assurto appunto ad evento del reato, sia conseguenza, secondo il principio della causalità penalistica, della commissione dei fatti” richiamati. Per contro, la precedente fattispecie incriminatrice non richiedeva, al fine della integrazione del delitto di bancarotta, l’esistenza di alcun nesso causale tra i fatti” richiamati e lo stato di insolvenza della società. Sotto il profilo della analisi del reato appare evidente come la bancarotta societaria, da reato di pericolo presunto, sia divenuta un reato di danno e, da reato di mera condotta, un reato di evento in senso naturalistico. Proprio sulla sussistenza del nesso causale si appunta la parte centrale della impugnazione rivolta alla Suprema Corte lamenta infatti il ricorrente che il falso in bilancio avrebbe semplicemente aggravato, ma non cagionato la preesistente insolvenza e che, peraltro, il curatore avrebbe riferito di altre e diverse cause sopravvenute, che avevano dato luogo al dissesto della società poi dichiarata fallita. La corte di appello di Milano, prosegue il ricorrente, avrebbe dunque violato il dettato normativo del vigente art. 223, comma 2, numero 1, l.f., che richiede, ora, esplicitamente la sussistenza di un nesso causale tra il falso in bilancio ed il dissesto societario. La condanna della Corte di Appello avrebbe dunque di fatto negato la valenza innovativa della riforma operata con il d.lgs. numero 61/2002 sulla bancarotta societaria. La Cassazione invero rileva che, se da un lato la stessa Corte territoriale ha correttamente evidenziato come il dissesto della società fosse stato cagionato anche da altri fattori causali sia precedenti, che successivi, alla condotta di false comunicazioni sociali, dall’altro lato, errata è l’interpretazione della fattispecie astratta operata dal ricorrente. Invero, chiarisce la Corte, al fine della configurabilità della bancarotta da reato societario rilevano anche le condotte che non abbiano da sole determinato lo stato di insolvenza, ma abbiano concorso a cagionare il dissesto, sia aggravando l’effetto di cause preesistenti che inserendosi in una serie di fattori causali intervenuti anche successivamente. A supporto di tale interpretazione, argomenta la Corte, vi sono sia il dettato letterale dell’art. 223 comma 2°, numero 1, che esplicitamente utilizza la formula cagionato o concorso a cagionare , sia le norme di parte generale del codice penale in tema di nesso di causalità, sia, infine, la naturale progressività dei fenomeni determinativi del dissesto di una impresa. Argomenti che militano a favore Per l’impostazione sostenuta nella pronuncia che si commenta militano, in primis, alcuni precedenti giurisprudenziali fra i quali merita menzione Cass. Sez. V, 4 marzo 2010, numero 16529 che hanno chiarito come, in tema di bancarotta societaria art. 223, comma 2, numero 1, l.f. , rilevino ai fini della responsabilità penale anche le condotte successive alla irreversibilità del dissesto, ciò in quanto sia il richiamo alla rilevanza delle cause successive – espressamente statuita dall'art. 41 c.p., che disciplina in via generale il legame eziologico tra il comportamento illecito e l'evento –, sia la circostanza per cui il fenomeno del dissesto non si esprime istantaneamente, ma con progressione e durata nel tempo tanto da essere suscettibile di misurazione , assegnano influenza ad ogni condotta che incida, aggravandolo, sullo stato di dissesto già maturato. Deve inoltre evidenziarsi come l’inciso concorso a cagionare sia stato inserito dal legislatore delegato dopo esplicito richiamo del Senato a rispettare il contenuto della legge delega, e dunque sia espressione di una conclamata scelta di politica legislativa. Tutto ciò nonostante, e peraltro in linea con la motivazione della Suprema Corte nel caso in esame, si sia da più parti osservato come l’introduzione dell’inciso sia pleonastica in quanto già l’art. 41 c.p. afferma espressamente che il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dalla azione od omissione del reo, non esclude il nesso di causalità tra condotta ed evento. e contro. È opportuno, tuttavia, rimarcare l’esistenza di un pregevole e illustre filone dottrinario che prende in parte le distanza dalla suddetta interpretazione sulla base di fondati argomenti interpretativi di carattere sistematico. Secondo Mucciarelli e Putinati, infatti, le condotte integranti fatti” di cui alle norme del codice civile richiamate, che si inseriscono tra l’insorgere del dissesto e la dichiarazione di fallimento, sarebbero escluse dalla penale rilevanza ai sensi dell’art. 223, comma 2, numero 1, l.f Secondo tale filone interpretativo, andrebbero dunque esenti da sanzione penale quelle condotte che sia siano limitate ad eventualmente aggravare una situazione di dissesto già esistente. A sostegno di tale impostazione si è, infatti, rilevato che il legislatore fallimentare, laddove abbia inteso attribuire valenza penale anche al mero aggravamento di uno stato di dissesto preesistente, ne ha espressamente previsto la rilevanza a fianco della diversa condotta del cagionare il dissesto vedasi il dettato normativo dell’art. 224, numero 2, l.f. . Il rispetto dei canoni penalistici di tassatività e determinatezza della fattispecie dovrebbe, pertanto, indurre l’interprete ad escludere la rilevanza penale di condotte che siano intervenute solo successivamente ad una già consolidata situazione di dissesto, e rendere preferibile tale interpretazione. Contro tale argomento si è osservato che l’adozione di tale impostazione costituirebbe una sorta di licenza di impunità per l’imprenditore a saccheggiare la società una volta intervenuto lo stato di dissesto. Rilievo, tuttavia, che tale obiezione può essere agevolmente smentita dalla banale osservazione che la commissione di taluno dei fatti integranti gli illeciti societari richiamati, che non abbia concorso a cagionare il dissesto, ma si sia limitato ad aggravarlo, rimarrebbe comunque punibile – e dunque non priva di sanzione penale – quale illecito societario, secondo le norme penali contenute nel codice civile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 aprile - 2 luglio 2013, n. 28508 Presidente Dubolino – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Milano dell'01/12/2009, con la quale P M. veniva ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 2621, 2622 cod. dv. e 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, commesso quale consigliere delegato dal omissis e successivamente liquidatore fino al omissis della ANIT s.p.a., dichiarata fallita in omissis , in concorso con il presidente del consiglio di amministrazione e, dall' omissis , liquidatore G.D. , appostando nel bilancio relativo all'anno 2004 una voce di avviamento per L. 693.542,43 derivante da illegittima capitalizzazione di costi operativi, una voce di immobilizzazioni materiali da attrezzature di cantiere per Euro 180.000 derivante da illegittima capitalizzazione di costi di noleggio di attrezzature e una voce di crediti verso clienti per Euro 630.000 fondata su fatture mai emesse e riguardante un credito non riconosciuto dalla debitrice Nuclearmontaji, di conseguenza occultando la perdita integrale del capitale sociale e cagionando il dissesto della società con la mancata richiesta di fallimento e la prosecuzione dell'attività di impresa capo A veniva altresì ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 216 e 223 legge fall., commesso distraendo la somma di Euro 40.000 ricevuta in pagamento dalla cliente Edilsara, contabilizzata falsamente come versata in cassa il 05/06/2006 e invece depositata su un conto corrente personale del M. , e distraendo e dissipando attrezzature di un cantiere ed un autoveicolo ceduti senza corrispettivo alla Newcoengineering s.a.s. capo C e veniva condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile. L'imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati. 1. Sulla sussistenza delle contestate condotte di false comunicazioni sociali, il ricorrente deduce violazione di legge e mancanza di motivazione nell'acritico recepimento delle conclusioni del consulente tecnico del pubblico ministero e nell'apodittico giudizio di genericità dei rilievi di cui alla consulenza tecnica depositata dalla difesa con l'atto di appello. 2. Sul rapporto causale fra le condotte di false comunicazioni sociali ed il dissesto della fallita, il ricorrente deduce violazione di legge ed illogicità della motivazione rispetto alla ricostruzione delle condotte di cui sopra come tali da occultare una difficoltà finanziaria preesistente, e quindi da aggravare e non cagionare l'insolvenza. Lamenta altresì mancanza di motivazione in ordine a quanto riferito dallo stesso curatore sulle cause diverse e successivamente sopravvenute che davano luogo al dissesto. 3. Sull'affermazione di responsabilità per i fatti di bancarotta impropria, il ricorrente deduce mancanza di motivazione in ordine al peso preponderante che nella fallita esercitava il coimputato G. , rispetto al ruolo meramente esecutivo del M. , ed alla predisposizione del bilancio da parte dello stesso G. in base a scelte gestionali risalenti al 2003. Lamenta altresì illogicità della motivazione rispetto alla posizione critica assunta dal M. sul bilancio. 4. Sull'affermazione di responsabilità per i fatti di bancarotta fraudolenta, il ricorrente deduce illogicità e contraddittorietà della motivazione rispetto alle risultanze processuali nell'esclusione dell'attendibilità della tesi difensiva in ordine alla destinazione della somma incassata dalla Edilsara al pagamento di creditori della fallita ed alla collocazione delle attrezzature e dell'autoveicolo presso alcuni depositi dopo lo smantellamento dei cantieri. 5. Sul trattamento sanzionatorio, il ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche rispetto all'esclusione in primo grado dell'aggravante del danno rilevante, al ruolo marginale del M. ed al carattere risalente dei precedenti penali dello stesso. Lamenta altresì violazione di legge nella valutazione degli stessi elementi ai fini dell'esclusione delle invocate attenuanti e della determinazione della pena. Considerato in diritto 1. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza delle contestate condotte di false comunicazioni sociali sono infondati. Vertendo il tema proposto dal ricorrente sulla prevalenza accordata dai giudici di merito alle tesi del consulente del pubblico ministero rispetto a quelle esposte nella consulenza depositata dalla difesa, va rammentato che l'adesione del giudice ad una delle diverse tesi proposte consulenti tecnici dell'accusa e della difesa costituisce un giudizio di fatto, insindacabile in questa sede purché le ragioni della scelta siano esposte dando conto dei contenuti delle difformi prospettazioni e delle ragioni che sostengono l'opzione per quella preferita Sez. 4, n. 45126 del 06/11/2008, Ghisellini, Rv. 241907 Sez. 4, n. 34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv. 253512 . Ciò detto, la persuasività delle conclusioni del consulente dell'accusa era oggetto nella sentenza impugnata di una dettagliata motivazione, che teneva specificamente conto del criteri normativi dettati dall'art. 2426 cod. civ., punti, 5, 6, 8 e 12, sulle voci di bilancio alle quali sono riconduci bili le appostazioni oggetto dell'imputazione. L'argomentazione della Corte territoriale era in particolare fondata sull'esame della sussistenza dei requisiti alla ricorrenza dei quali la norma subordina l'iscrizione all'attivo delle singole tipologie di voci, requisiti correttamente identificati nella riconducibilità dei costi all'acquisto di impianti, ad ampliamenti, alla ricerca, allo sviluppo ed alla pubblicità, nonché nella loro utilità pluriennale nel carattere oneroso dell'acquisto dell'avviamento nell'ammortizzabilità quinquennale dei costi fin qui menzionati nell'appostazione dei crediti secondo il loro valore presumibile di realizzazione e nel costante rinnovo delle attrezzature, nella loro scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio e nella mancanza di variazioni sensibili nell'entità, nel valore e nella composizione delle stesse. I giudici di merito osservavano segnatamente che l'avviamento era iscritto al bilancio della ANIT in assenza delle predette condizioni e peraltro sulla base di costi non registrabili all'attivo, in quanto di natura corrente e non pluriennale, ed in mancanza di prospettive di utili, attesa la difficoltà finanziaria della società che i costi di noleggio capitalizzati ed iscritti quali attrezzature non presentavano le caratteristiche richieste in quanto relativi a beni non appartenenti alla società, oltretutto risultando il saldo delle attrezzature azzerato nelle schede di mastro relative all'anno 2005 e che il credito iscritto come vantato dei confronti della Nuciearmontaji non era stato neppure fatturato, era fondato su una valutazione unilaterale, da parte della ANIT, di un ipotetico danno subito per la fornitura di manodopera non giustificata e non compariva nelle scritture contabili relative agli anni successivi, mentre veniva di contro ammessa l'insinuazione al passivo della Nuciearmontaji per un proprio credito. Svolte queste già articolate argomentazioni, i rilievi contenuti nella consulenza difensiva venivano specificamente presi in esame e disattesi, considerando che i conteggi esposti sull'esistenza del credito non trovavano corrispondenza nelle scritture contabili della società o in altra documentazione, e che la tesi di una sostanziale locazione finanziaria delle attrezzature era smentita dalla diversa giustificazione esposta nella relazione di accompagnamento al bilancio del 2004 con riferimento a trattative pendenti per l'acquisto dei beni e dalla mancata iscrizione della voce nel bilancio dell'anno successivo. Ed a queste osservazioni il ricorrente oppone la mera riproposizione delle tesi difensive sulle singole voci contestate, che non evidenzia vizi logici nella trattazione dei giudici di merito. Pur non essendo il punto specificamente trattato nel ricorso, va aggiunto che la sussistenza dei fatti di false comunicazioni sociali, prevista dall'art. 223 legge fall., quale presupposto del reato di bancarotta impropria, veniva nella specie coerentemente motivata anche con riferimento alla ravvisabilità del dolo specifico che li connota pur nel loro essere elementi costitutivi del reato di cui sopra Sez. 5, n. 854 del 18/02/1999, Galli, Rv. 212857 , laddove la Corte territoriale faceva cenno all'intento di occultare, con le perdite prodotte dalla gestione della società, la necessità di ricapitalizzazione della stessa finalità che, in quanto diretta a favorire indebitamente i soci, soggetto maggioritario dei quali era la società Nuciearmontaji rappresentata dall'imputato, integra il fine di ingiusto profitto richiesto dagli artt. 2621 e 2622 cod. civ 2. I motivi di ricorso relativi al rapporto causale fra le condotte di false comunicazioni sociali ed il dissesto della fallita sono infondati. Come appena accennato al punto precedente, nella sentenza impugnata si osservava che l'esposizione delle voci di bilancio contestate, occultando una situazione di sostanziale perdita del capitale sociale delia ANIT, la quale avrebbe imposto il rifinanziamento o la liquidazione delia società, consentiva di non evidenziare la necessità di tali provvedimenti, la mancata adozione dei quali determinava l'aggravamento del dissesto. La Corte territoriale non ometteva pertanto di considerare che tale dissesto, come dedotto dal ricorrente, derivava anche da altre cause, sia precedenti che successive alla condotta di false comunicazioni sociali a dire il vero una delle quali, ovvero la mancata immissione di capitali da parte della soda maggioritaria Nudearmontaji, si poneva in stretto rapporto con la dissimulazione delle condizioni che rendevano tale operazione indispensabile. Ma notava tuttavia correttamente che ai fini della configurabilità del reato di bancarotta da reato societario rilevano anche condotte che non abbiano da sole determinato, ma, come del resto testualmente previsto dall'art. 223, comma secondo, n. 1 legge fall., abbiano concorso a cagionare” il dissesto, sia aggravando l'effetto di cause preesistenti che inserendosi in una serie di fattori intervenuti anche successivamente e tanto, oltre che per effetto del già decisivo dato letterale, sia in applicazione dei principi generali in tema di causalità che per la naturale progressività dei fenomeni determinativi del dissesto di un'impresa Sez. 5, n. 16259 del 04/03/2010, Chini, Rv. 247254 . 3. I motivi di ricorso relativi all'affermazione di responsabilità dell'imputato per i fatti di bancarotta impropria sono infondati. La rilevanza determinante della posizione amministrativa formale dell'imputato non è infatti superata dalle considerazioni del ricorrente sulla preponderanza di fatto del ruolo del coimputato G. , amministratore della soda ECM s.r.l., inizialmente procuratore dell'altra soda Nudearmontaji e dotato di specifica esperienza nel settore, rispetto alla posizione dei M. , subentrato solo nell'aprile del 2005 quale procuratore e portavoce della Nudearmontaji considerazioni che non influiscono sulle responsabilità gestionali che la carica attribuiva all'imputato, e in ordine alle quali neppure incide la circostanza, dedotta nel ricorso, per la quale il bilancio contestato sarebbe stato predisposto dal G. . Tanto escludendo il lamentato vizio di carenza motivazionale nell'essere state dette argomentazioni disattese, la Corte territoriale osservava peraltro che il M. era comunque presente nella ANIT quale esponente della soda di maggioranza, esercitando nella stessa un peso rappresentativo che si contrapponeva efficacemente a quello del G. . Quanto poi all'atteggiamento concretamente assunto dal M. rispetto al bilancio, dal quale il ricorrente mette in luce la presa di distanza dell'imputato nell'aver lo stesso dapprima approvato il bilancio con riserva, poi revocato l'approvazione ed infine rilasciato quest'ultima a seguito della mancanza di rilievi del collegio sindacale, si tratta di circostanza della quale la sentenza impugnata poneva coerentemente in rilievo non solo il carattere non determinante, ma addirittura la significatività in senso accusatorio e ciò nell'evidenziare per un verso che il M. aveva colto le criticità di quel bilancio, e per altro che tanto trovava in realtà conferma nella linea assunta dal collegio sindacale, che faceva rilevare a verbale come in assenza della voce attiva relativa all'avviamento sarebbe risultata la perdita della maggior parte del capitale della società. Motivatamente si riteneva pertanto che, anche sotto questo profilo, la valenza determinante della posizione amministrativa dell'imputato non fosse superabile. 4. I motivi di ricorso relativi all'affermazione di responsabilità dell'imputato per i fatti di bancarotta fraudolenta sono infondati. Posto che la somma di Euro. 40.000 corrisposta dalla cliente Edilsara, contabilizzata come versata in cassa, risultava in realtà incassata dal M. , la tesi difensiva dell'utilizzazione della somma di Euro 13.000 per il pagamento di creditori veniva coerentemente ritenuta non provata dal mero schema, predisposto dalla difesa, di versamenti a fornitori e dipendenti non insinuatisi al fallimento, contrastante con la scheda contabile dei rapporti fra l'imputato e la fallita, ove risultava la diversa somma di Euro 15.000, e comunque riferibile solo ad una parte della somma distratta osservando a questo proposito la Corte territoriale che la somma di Euro 16.393,84, indicata dal ricorrente come importo dell'effettiva distrazione accertata dal consulente tecnico del pubblico ministero, era stata in realtà indicata da questi come oggetto di un'ulteriore sottrazione ad opera del M. . Per ciò che riguarda la distrazione delle attrezzature e del veicolo, quanto dedotto dalla difesa sulla loro destinazione ad alcuni depositi con la dismissione dei cantieri veniva valutato e motivatamente disatteso dai giudici di merito in base ai dati documentali rappresentati dai documenti di trasporto per le attrezzature e dalla fattura di vendita per l'autovettura, che evidenziavano il trasferimento dei beni alla Newcoengineering senza alcun corrispettivo per la fallita. 5. Sono da ultimi infondati i motivi di ricorso relativi al trattamento sanzionatolo. Infondata è in particolare la censura relativa alla valutazione degli stessi elementi ai fini del diniego delle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena, viceversa possibile attesa la diversa prospettiva dei due giudizi Sez. 4, n. 35930 del 27/06/2002, Martino, Rv. 222351 . Per il resto, la sentenza era congruamente motivata nel riferimento alla gravità dei precedenti penali dell'imputato per i reati di rapina, detenzione di armi ed associazione a delinquere, assorbente rispetto ai rilievi dei ricorrente sulla datazione degli stessi, ed alla pluralità dei fatti non esclusa, quest'ultima, da quanto rilevato dal ricorrente sull'essere la condotta di false comunicazioni sociali elemento costitutivo del reato di bancarotta impropria, tenuto conto dell'ulteriore reato di bancarotta per distrazione. Né alcuna contraddittorietà è ravvisabile rispetto all'esclusione dell'aggravante del danno rilevante ed al ruolo del M. nella vicenda, elementi ritenuti non illogicamente soccombenti rispetto a quelli fin qui evidenziati. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.