Il quesito non può dunque consistere in una domanda che si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni illustrate nel motivo e porre la Corte di Cassazione in condizione di rispondere al quesito con l’enunciazione di una regula iuris principio di diritto che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
Così si erano espresse le Sezioni Unite nell'ordinanza del 5 febbraio 2008, numero 2658. E forse non è un caso che il presidente del Collegio della sentenza in commento, la numero 12407 del 29 maggio 2014, sia colui Amatucci che fu relatore in quell'ordinanza. Il caso. Va detto che è un peccato che la Terza Sezione abbia affrontato la vicenda da un punto di vista squisitamente processuale, giacchè avrebbe meritato una decisione nel merito come vedremo in conclusione di questo breve commento per la verità qualche riga sul merito viene spesa, ma ciò non costituisce certo il cuore della decisione . La causa di risarcimento dei danni subiti in occasione di un sinistro stradale venne radicata davanti al tribunale chiedendo l'affermazione della debenza da parte della compagnia assicurativa di somme, a titolo di risarcimento, che il liquidatore si sarebbe impegnato a versare alla danneggiata. A titolo di prova venne depositata una cassetta contenente la registrazione di tale promessa. In effetti questa situazione per cui le compagnie assicurative sono il liquidatore se tutto va bene, mentre, come d'incanto, diventano altro nel momento in cui fa loro comodo andrebbe anche ridefinita, una volta per tutte. Il giudice di primo grado rigettò la domanda affermando invece la carenza di legittimazione passiva della compagnia assicurativa, non ritenendo configurabile l'assunzione di alcuna obbligazione da parte della stessa. La stesa posizione venne mantenuta dalla Corte d'Appello, e si giunse perciò avanti la Cassazione. Il quesito di diritto ex articolo 366 bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile nel caso di specie . Purtroppo, per il ricorrente e, per i motivi detti, anche per noi i nove motivi di ricorso sono stati dichiarati tutti inammissibili «in quanto nella formulazione del quesito i ricorrenti [in realtà il ricorrente è uno solo, numero d.s.] non si sono attenuti ai criteri più volte espressi da questa Corte». Va detto peraltro che la censura è relativa all'obbligo previsto dall'articolo 366-bis del codice di procedura civile di formulare il quesito di diritto, e tale articolo è stato abrogato dall’articolo 47, comma 1, lett. d , della legge 18 giugno 2009, numero 69 in virtù dell’articolo 58, comma 5 della predetta legge, però, l'articolo abrogato e il conseguente obbligo ancora ha trovato applicazione nel caso che ci occupa, essendo la sentenza d'appello stata pubblicata antecedentemente all'abrogazione del sopracitato articolo 366-bis. La Terza Sezione ricorda quindi i principi più volte espressi, nella vigenza dell'articolo 366-bis, ovvero che il quesito di diritto di cui all'articolo 366 bis c.p.c. deve comprendere a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice c la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Sconta invece la la pena dell'inammissibilità il quesito di diritto che si risolva nella richiesta alla Corte, sic et simpliciter, di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge. Nelle ultime righe della sentenza pag. 17-18 i giudici della Terza Sezione entrano peraltro anche nel merito della vicenda, affermando che la proposta del liquidatore in maniera assolutamente evidente concretasse una proposta di definizione transattiva, che non era stata accettata, e non una promessa di pagamento.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 marzo - 29 maggio 2014, numero 12047 Presidente Amatucci – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. G.A. , premesso di aver subito danni in un sinistro stradale avvenuto il 28 maggio 2002 per colpa di V.A.M. , convenne in giudizio la sua assicuratrice Unipol Assicurazioni s.p.a. domandandone la condanna al pagamento di L. 20.000.000 che - affermò - il liquidatore di quest'ultima, tal P. , si era impegnato a versargli. Produsse una cassetta contenente la registrazione di tale affermata promessa. Si costituì la spa Unipol la quale, da una parte, contestò la responsabilità di V.A.M. e sostenne che la propria assicurata, sul presupposto della esclusiva colpa della controparte, era stata interamente risarcita dalla compagnia assicurativa del G. dall'altra parte, negò che il P. potesse in alcun modo impegnare la compagnia. Chiese pertanto il rigetto della domanda. V.A.M. , chiamata in causa, contestò a sua volta ogni pretesa attorea e sottolineò che, comunque, nei propri confronti non era stata proposta alcuna domanda. Con sentenza del 18 novembre 2005 il Tribunale di Asti, ritenuta la carenza di legittimazione passiva della Unipol per non essere configurabile l'assunzione di alcuna obbligazione da parte della stessa, rigettò ogni pretesa attrice compensando tra le parti le spese processuali. 2. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Torino ha respinto l'appello del G. , cui avevano resistito la Unipol s.p.a. ed V.A.M. . 3. Ricorre per cassazione G.A. , articolando nove motivi illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso la Unipol s.p.a V.A.M. non svolge attività difensiva. Motivi della decisione 1. L'Unipol ha prospettato inammissibilità del ricorso in quanto notificato non già al procuratore dell'Unipol in grado di appello e cioè all'avv. Francesco Gatti, con domicilio a Torino presso l'avv. Sergio Artico , bensì all'Unipol, elettivamente domiciliata in Torino presso lo stesso avv. Sergio Artico. L'eccezione va disattesa per l'assorbente ragione che qualsiasi nullità sarebbe stata comunque sanata, per intervenuto raggiungimento dello scopo dell'atto, in seguito al deposito del controricorso. 2. Il ricorrente ha a sua volta prospettato in memoria l'inammissibilità del controricorso per essersi Unipol costituita in persona del suo procuratore S.S. , mentre la procura rilasciata a margine del controricorso reca l'indicazione di Sc.St. quale procuratore ad negotia, di cui neppure è giustificata la fonte e l'estensione dei poteri rappresentativi. L'eccezione è infondata poiché già in secondo grado Unipol era rappresentata dal suo procuratore Sc.St. , sicché la contestazione relativa alla sussistenza in capo allo stesso di poteri rappresentativi è tardivamente prospettata in questa sede. Quanto all'indicazione del cognome S. , invece di S. , è del tutto evidente che si versa in ipotesi di mero lapsus calami, tenuto anche conto dell'identità del nome S. . 3. Il ricorrente denuncia a col primo motivo, “violazione di cui all'articolo 360 comma 1 numero 3 e/o 5 c.p.comma in relazione all'articolo 1387 e/o 1388 e/o 1389 e/o 1392 e/o 2209 c.comma e/o in relazione all'articolo 246 c.p.comma laddove nega l'ammissibilità e/o rilevanza del capo di prova relativo alla paternità della voce registrata argomentando relativamente al potere del liquidatore di Unipol Dott. P. di rappresentare Unipol nell'ambito delle mansioni lui affidategli e quindi di obbligare direttamente la compagnia, per violazione e/o falsa interpretazione di legge relativamente alle norme ricordate e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa e/o apparente motivazione sul punto con riferimento alla sentenza gravata pagg. 11 II capoverso ”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio per cui il liquidatore di una Compagnia di assicurazione in conformità all'articolo 2209 c.c., ha il potere di rappresentare la compagnia stessa negli atti devoluti per necessità e/o natura intrinseca e/o destinazione naturale al compito lui affidatogli, e che l'attività del medesimo produce in capo alla Compagnia in relazione all'articolo 1387 e/o 1388 e/o 1389 e/o 1392 e/o 2209 c.comma l'obbligo di adempiere a quanto dallo stesso offerto e/o transatto senza poter opporre alcuna carenza di potere al terzo contraente/danneggiato in forza di mandato anche implicito della Compagnia necessario alla trattazione del sinistro affermando nel caso specifico che l'operato del Dott. P. , in quanto liquidatore di Unipol Assicurazioni, ha il potere — derivantegli dall'incarico di liquidatore destinato alla trattazione del sinistro - di obbligare direttamente la Compagnia Unipol relativamente alle somme da questi offerte e/o transatte, e ciò in forza del mandato anche implicito della Compagnia, evidenziato anche dai gravi ed univoci indizi connotanti la di lui condotta durante la fase stragiudiziale della trattazione del sinistro, non potendosi esso considerare terzo estraneo alla lite, bensì rappresentante e/o procuratore di UNIPOL, con la conseguenza che è ammissibile il capo di prova circa la paternità della voce incisa sul nastro prodotto in atti” b col secondo, “violazione di cui all'articolo 360 comma numero 3 e/o 5 c.p.comma in relazione all'articolo 2712 c.comma e/o in relazione all'articolo 246 c.p.comma in relazione alla possibilità di provare l'autenticità della riproduzione meccanica attraverso la prova testimoniale, nonché all'efficacia probatoria della riproduzione stessa, nonché in relazione al modo e tempo per l'effettuazione del disconoscimento ed alle sue conseguenze, per violazione e/o falsa interpretazione di legge relativamente alle norme ricordate e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa e/o apparente motivazione sul punto con riferimento alla Sentenza gravata, ove il Collegio nega la prova testimoniale sulla paternità della voce incisa sul nastro prodotto in causa, nonché in relazione all'efficacia probatoria che il Collegio attribuisce alla cassetta ed alla sua trascrizione pag 11 Sentenza ”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio per cui in relazione all'articolo 2712 c.comma e/o in relazione all'articolo 246 c.p.comma sussista la possibilità di provare l'autenticità della riproduzione meccanica disconosciuta attraverso la prova testimoniale del suo autore, e che la riproduzione stessa ha efficacia probatoria se non tempestivamente disconosciuta, e che il disconoscimento risulta tardivo se effettuato oltre la prima difesa utile successiva alla sua produzione, nonché la circostanza che il Giudice non può aprioristicamente escludere l'ammissibilità di un teste per presunta incapacità senza specifica e tempestiva contestazione, infine pronunciandosi sull'insussistenza dell'immedesimazione organica del dipendente con funzioni di liquidatore con la Compagnia di assicurazioni, con riferimento al caso concreto affermando che il Dott. P. può testimoniare sulla paternità della voce incisa sul nastro e che tale testimonianza rende la registrazione una prova, dimostrandone la provenienza nonché che Unipol è decaduta dalla facoltà di disconoscere la registrazione e - ove non decaduta - non abbia operato alcun valido ed efficace disconoscimento della registrazione stessa, con la conseguenza che il Giudice deve valutare la prova costituita dalla registrazione, al fine di decidere il processo” c con il terzo, “violazione di cui all'articolo 360 comma 1 numero 3 e/o 5 c.p.comma in relazione all'articolo 3 DL 857/76, per violazione e/o falsa interpretazione di legge relativamente alle norme ricordate e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa e/o apparente motivazione sul punto con riferimento alla Sentenza gravata pagg. 13/14, ove il Collegio nega l'operatività della norma sull'apodittico assunto della mancanza di prova dell'invio della raccomma ex articolo 22 LAO ”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio per cui in relazione all'articolo 3 DL 857/76, una volta effettuata un'offerta da parte della Compagnia, essa sia obbligata al pagamento di quanto offerto, indipendentemente da un'accettazione del danneggiato, anche se non vi sia la formale messa in mora ex articolo 22 l. 990/69, avendo con l'offerta l'assicurazione dimostrato di poter addivenire ugualmente ad una congrua valutazione del sinistro e di essere a conoscenza del sinistro stesso, con riferimento al caso concreto affermando che UNIPOL, per il solo effetto dell'offerta delle somme di denaro per cui oggi è causa — indipendentemente dall'avvenuta accettazione delle stesse da parte del Dott. G. — sia obbligata al pagamento di quanto offerto, dato atto che UNIPOL — prima di offrire quanto oggetto della causa — ebbe ad erogare la somma di E. 5.491,00, ed ebbe a far effettuare una perizia sul veicolo sinistrato docomma 2 di prime cure dimostrando quindi di essere stata posta in condizione di poter compiutamente definire il sinistro occorso al Dott. G. ” d con il quarto, “violazione di cui all'articolo 360 comma 1 numero 3 e/o 5 c.p.comma in relazione all'articolo 210 c.p.comma e/o in relazione all'articolo 1967 c.comma in relazione alla mancata ammissione dell'ordinanza di esibizione del fascicolo del sinistro, in possesso di UNIPOL, in relazione alla possibilità di provare documentalmente la transazione, per violazione e/o falsa interpretazione di legge relativamente alle norme ricordate e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa e/o apparente motivazione sul punto con riferimento alla Sentenza gravata pag. 14, ove il Collegio nega la sussistenza della transazione per mancanza di prova scritta in relazione alla pag. 11 Sentenza dove il Collegio nega le istanze istruttorie, in particolare l'istanza di esibizione del fascicolo istanza C/3 di conclusione di parte appellante ”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio per cui in relazione all'articolo 1967 c.comma e/o in relazione all'articolo 210 c.p.comma sia possibile la prova della transazione attraverso la richiesta di esibizione di documenti e/o attraverso la produzione della registrazione e/o della sua trascrizione, contenente la transazione stessa e che pertanto sia rilevante ed importante la richiesta istruttoria di esibizione formulata dal soggetto che tale transazione intende provare, 3 DL 857/76, una volta effettuata un'offerta da parte della Compagnia, con riferimento al caso concreto affermando che il rigetto dell'istanza di esibizione ex articolo 210 c.p.comma da parte del Collegio è erronea e/o infondata e/o apparentemente e/o falsamente motivata e/o immotivata e che - qualora il negozio sia da interpretarsi come transazione - il Dott. G. ben può provare la stessa attraverso la produzione della cassetta e/o della trascrizione nonché attraverso l'ordinanza di esibizione” e con il quinto, “violazione di cui all'articolo 360 e. 1 numero 4 c.p.comma in relazione all'articolo 112 c.p.comma in relazione all'omesso esame dell'istanza di emissione di ordinanza di esibizione del fascicolo del sinistro, in possesso di Unipol, in relazione alla possibilità di provare documentalmente la transazione istanza C3.d.c.d.p.a. .c.c.numero d.S.e. o del Processo d'Appello”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio per cui in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 4 c.p.comma e/o in relazione all'articolo 112 c.p.comma la Sentenza e/o il procedimento d'Appello è nullo se il Collegio non ha esaminato una richiesta istruttoria determinante ai fini del decidere, con riferimento al caso concreto affermando che l'omessa pronuncia del Collegio sull'istanza di esibizione ritualmente e regolarmente formulata dal ricorrente Dott. G. , ha viziato di nullità la sentenza e/o il procedimento d'Appello” f con il sesto, “violazione di cui all'articolo 360 ci numero 3 e/o 5 c.p.comma in relazione all'articolo 1988 c.comma e/o in relazione all'articolo 3 DL 857/76, e/o in relazione all'articolo 1208 cc, in relazione alla ritenuta insussistenza di un'offerta da parte del liquidatore, per violazione e/o falsa interpretazione di legge relativamente alle norme ricordate e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa e/o apparente e/o erronea motivazione sul punto con riferimento alla Sentenza gravata pag.14 e 15 ove il Collegio nega la sussistenza della promessa e/o offerta per aver il Dott. P. solamente affrontato una trattativa, per non aver la Compagnia riconosciuto una responsabilità nel sinistro, per non aver la Compagnia quantificato l'importo delle spese mediche, nonché l'importo del fermo macchina, e per non aver il Dott. G. accettato le somme offerte”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio, con riferimento al caso concreto, per cui in relazione all'articolo 1988 c.comma e/o in relazione all'articolo 3 DI 857/76 e/o ex articolo 1208 c.comma il liquidatore di UNIPOL Dott. P. aveva fatto una promessa e/o offerta valida ed efficace al Dott. G. , contenente tutti gli elementi atti a far ritenere la stessa completa quantificazione delle spese mediche quantificazione del fermo macchina, quantificazione della percentuale di responsabilità, valutazione degli elementi in fatto ed in diritto del sinistro — id est valutazione dell'avvenuto annullamento delle contestazioni —, accettazione della stessa da parte del danneggiato, con pretesa di non operare la riduzione dell'IVA, benché l'offerta — nel caso di specie — fosse valida e vincolante anche in caso di rifiuto del danneggiato, giusto l'articolo 3 comma 7 D.I. 857/76 — , e che tale offerta fosse vincolante per UNIPOL, nonché foriera dell'obbligo di adempimento da parte della stessa, con la conseguenza che, sul punto la motivazione della Corte Territoriale è erronea e/o infondata e/o apparentemente e/o falsamente motivata e che — qualora il negozio sia da interpretarsi come promessa e/o offerta, il Dott. G. ben può e deve ottenere il pagamento di quanto da UNIPOL affermato come dovuto, non limitandosi la stessa ad una semplice trattativa” g con il settimo, “violazione di cui all'articolo 360 comma 1 numero 3 e/o 5 c.p.comma in relazione all'articolo 1224 c.comma e/o in relazione all'articolo 3 DL 857/76, per violazione e/o falsa interpretazione di legge relativamente alle norme ricordate e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa e/o apparente e/o erronea motivazione sul punto con riferimento alla Sentenza gravata pag. 11 ove il Collegio afferma, in relazione alla richiesta dei danni ulteriori da parte dell'appellante, che gli stessi sarebbero inammissibili”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio, per cui in relazione all'articolo 1224 c.c., la Compagnia Assicuratrice, che non ha ottemperato all'obbligo di erogare le somme offerte entro i termini di cui all'articolo 3 DL 857/76, è tenuta a risarcire il maggior danno derivante dalla mora colpevole c.d. mala gestio impropria al danneggiato, e che tale voce di danno non trae origine dalla dinamica del sinistro e dalle somme offerte bensì dalle conseguenze sfavorevoli che il protrarsi del ritardo fa gravare sul danneggiato, affermando nel caso concreto che la Corte Territoriale ha travisato e/o errato nell'interpretare l'inammissibilità della domanda siccome formulata dall'attore in punto danni ulteriori rispetto alle somme offerte da UNIPOL, con la conseguenza che, nel caso concreto, UNIPOL, non avendo ottemperato al disposto di cui all'articolo 3 DL 857/76 in ordine al tempo e modo di pagamento di quanto offerto e/o promesso e/o transatto, relativamente al sinistro occorso al Dottor G. , è tenuta al pagamento dei danni ex articolo 1224 c.comma ulteriori e differenti rispetto a quelli oggetto dell'offerta e/o promessa e/o transazione non adempiuta, aventi origine proprio dalla mancata ottemperanza, nei termini di legge, all'erogazione delle somme siccome dovute, sicché sul punto la motivazione è erronea e/o infondata e/o apparentemente e/o falsamente motivata e che il Dott. G. ben può e deve ottenere il risarcimento ulteriore petito h con l'ottavo, “violazione di cui all'articolo 360 comma 1 numero 3 e/o 5 c.p.comma in relazione all'articolo 244 c.p.comma e/o 245 c.p.comma in relazione alla mancata ammissione da parte del Collegio delle prove testimoniali non ammesse in Primo Grado, in relazione alla ritenuta loro genericità ed irrilevanza, per violazione e/o falsa interpretazione di legge relativamente alle norme ricordate e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa e/o apparente e/o erronea motivazione sul punto con riferimento alla Sentenza gravata pag. 11 righe 10/24 pag.12 righe 1 e 2”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio per cui in relazione all'articolo 244 c.comma e/o in relazione all'articolo 245 c.p.comma sussistano le condizioni per ammettere le capitolazioni probatorie richieste con l'atto d'appello, con l'escussione dei relativi testi, non sussistendo, in ordine alle medesime, le ventilate condizioni di inammissibilità e/o irrilevanza, ma essendo le medesime necessarie e rilevanti per la prova dei fatti sottesi alle domande, con riferimento al caso concreto affermando che il Dott. P. può testimoniare sul contenuto dell'offerta e/o promessa nonché sull'ammontare delle spese legali, nonché che il sig. M. ed il geom. Ma. possono testimoniare sulle modalità e tempistica di effettuazione della perizia e sul rifiuto di consegnare la vettura senza il preventivo saldo del deposito, in quanto circostanze importanti e decisive ai fini della determinazione dell'an e del quantum delle domande” i con il nono, “violazione di cui all'articolo 360 comma 1 numero 4 c.p.comma in relazione all'articolo 23 l. 273/2002 e/o in relazione all'articolo 18 del D.P.R. 26 ottobre 1972 numero 633 e/o in relazione all'articolo 112 c.p.c., in relazione all'omessa pronuncia da parte del Collegio sulla domanda di declaratoria di illiceità del rifiuto di pagamento dell'IVA sulla riparazione in assenza di fattura con riferimento alla Sentenza gravata pag. 2, con conseguente nullità della sentenza e/o del procedimento di appello”. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto “Il ricorrente chiede che venga affermato il principio per cui in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 4 c.p.comma e/o in relazione all'articolo 112 c.p.c., la Sentenza e/o il procedimento d'Appello è nullo se il Collegio non ha esaminato una domanda introdotta legittimamente con l'atto introduttivo, con riferimento al caso concreto affermando che l'omessa pronuncia del Collegio sulla richiesta di pronunciamento in ordine all'illegittimità della condotta del Dott. P. relativamente alle modalità di erogazione degli importi correlativi all'ammontare dell'IVA sulle riparazioni, per contrarietà all'articolo 23 l. 273/02 allora vigente, regolarmente formulata dal ricorrente Dott. G. , ha viziato di nullità la sentenza e/o il procedimento d'Appello”. 2. I motivi sono inammissibili in quanto nella formulazione del quesito i ricorrenti non si sono attenuti ai criteri più volte espressi da questa Corte. Il quesito di diritto di cui all'articolo 366 bis c.p.comma deve infatti compendiare a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice c la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. È, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge Cass., 17 luglio 2008, numero 19769 . Nel caso in esame non risulta indicata quale sia la regula iuris in ipotesi errata applicata dal giudice di merito e quale la diversa regola in ipotesi corretta nel cui ambito applicativo la fattispecie si sarebbe dovuta sussumere, risolvendosi invece i quesiti in generiche istanze di decisione sull'esistenza della violazione di legge denunciata in ciascun motivo, nella presupposta fondatezza degli assunti anche fattuali dello stesso ricorrente. Quanto ai pretesi vizi motivazionali, mancano i relativi momenti di sintesi o quesiti di fatto, che la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha più volte detto necessari nella vigenza dell'articolo 366 bis c.p.c. Va peraltro osservato che, anche da quanto dallo stesso ricorrente affermato alle pagine 52-54 del ricorso , risulta assolutamente evidente come il liquidatore di Unipol avesse fatto una proposta di definizione transattiva e non già una promessa di pagamento. La proposta non fu accettata in relazione al perdurante dissenso sul rimborso dell'IVA io l'IVA la voglio pagata pag. 53 del ricorso . Non essendo intervenuto alcun accordo transattivo e difettando una promessa di pagamento, mancavano dunque entrambi i presupposti sui quali l'attore, attuale ricorrente, aveva alternativamente basato la propria pretesa creditoria. Né è ipotizzabile in iure che l'accettazione di una proposta di definizione transattiva globale possa essere riferita solo a parte della proposta, per l'ovvia ragione che l'incontro delle volontà non si realizza e dunque il contratto non si conclude a mezzo di un'accettazione parziale. 3.- Il ricorso è dunque respinto, con la conseguente condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione in favore di Unipol. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.