I presunti elementi di novità non sussistono: confermata la confisca della villa di famiglia

La «prova nuova» non può consistere in una diversa valutazione tecnico scientifica di dati già oggetto di accertamento è dunque corretto l’operato dei giudici di merito, che giustamente hanno ritenuto non vi fosse alcuna novità riferibile a circostanze non valutate espressamente.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 15378/13, depositata il 3 aprile. Il caso. La Corte di Appello di Napoli conferma il provvedimento di confisca di una villa e relativi accessori il proprietario si era opposto offrendo nuove prove per dimostrare che l’immobile non gli era pervenuto in modo illecito, ma era stato oggetto di donazione da parte del padre, che l’aveva edificato e ampliato abusivamente prima del 1981 inoltre egli avrebbe sempre vissuto nella villa in oggetto fin dal momento della nascita. Il concetto di «prova nuova». A proposito della possibilità di revisione per nuove emergenze probatorie, la Corte di merito rileva che la «prova nuova» non può consistere in una diversa valutazione tecnico scientifica di dati già oggetto di accertamento in particolare, era noto al procedimento che la villa era già abitata dal ricorrente e che era stata edificata su suolo di provenienza familiare in più fasi, prima e dopo il 1986. Il decreto di confisca è chiaro. La questione è posta al vaglio della S.C Gli Ermellini ribadiscono però che la Corte di Appello ha correttamente interpretato le premesse di fatto il decreto di confisca ha dato atto che la villa era stata inizialmente realizzata prima del 1986 anno della prima richiesta di condono edilizio ex l. numero 47/1985 sul fondo del padre ed era poi stata oggetto, dopo questa data, di attività di ristrutturazione ed ampliamento. Non vi sono elementi di novità. La S.C. afferma che si tratta delle medesime circostanze che la difesa intende dimostrare, senza che vi sia alcun elemento di novità il ricorso sembra operare una differenza con riferimento alle attività edilizie di ampliamento, nel senso che la parte significativa dell’intervento sarebbe stata realizzata dal padre del ricorrente. In ogni caso, dal provvedimento impugnato risulta che le nuove prove offerte non smentiscono affatto tale ampliamento successivo. E’ dunque corretto l’operato dei giudici di merito, che giustamente hanno ritenuto non vi fosse alcuna prova nuova riferibile a circostanze non valutate espressamente per questi motivi la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 5 marzo – 3 aprile 2013, numero 15378 Presidente Agrò – Relatore Di Stefano Considerato in fatto Nel confronti di S.A. con provvedimento definitivo del 21 maggio 2001 era stata disposta la confisca di prevenzione di una villa ed accessori sita in omissis . Nell'interesse della parte è stata poi presentata richiesta di revoca della confisca, rigettata con decreto del 9 aprile 2008 del Tribunale di Napoli confermato dalla Corte di Appello di Napoli con decreto 2 novembre 2010/14 luglio 2011, oggetto dell'odierna impugnazione. Risulta dal decreto impugnato che S.A. fondava tale richiesta di revoca sulle nuove prove offerte per dimostrare che l'immobile confiscato non era a lui pervenuto illecitamente in quanto oggetto di donazione da parte del padre che aveva edificato ed ampliato abusivamente la villa in periodo anteriore al 31 dicembre 81 e che in tale immobile lui stesso aveva vissuto sin dalla nascita. In caso di ritenuta insufficienza della consulenza tecnica e dell'altra documentazione, chiedeva che venisse effettuata perizia di ufficio. In linea subordinata, sulle stesse premesse, chiedeva che la confisca fosse limitata all'area di sedime oppure che la misura venisse convertita in altra misura patrimoniale avente ad oggetto un valore pari all'aumento di valore dell'immobile dovuto alle opere di restauro dello stesso effettuate dal ricorrente. La Corte d'Appello rileva che, anche in materia di misure di prevenzione, in presenza di circostanze equivalenti a quelle poste a base di cui all'articolo 630 cod. proc. penumero , è possibile la revoca del provvedimento ma rammenta che, per il caso che qui interessa della revisione per nuove emergenze probatorie, si debba trattare di prove nuove non valutate neanche implicitamente e quindi che la prova nuova non può consistere in una diversa valutazione tecnico scientifica di dati già oggetto di accertamento. Su queste premesse, la Corte ritiene che, poiché il decreto originario individuava la villa quale edificata abusivamente prima del 1986, ma in seguito, sempre abusivamente, ristrutturata ed ampliata, fondo, di provenienza paterna , evidentemente era già noto nel procedimento, e non oggetto di contestazione, che la villa era già abitata dal ricorrente e che era stata edificata su suolo di provenienza familiare in modo abusivo in più fasi, prima e dopo il 1986. Ciò posto, conclude la Corte, con il decreto originario erano stati valutati esattamente gli stessi elementi posti oggi nuovamente in discussione dal ricorrente con un semplice approfondimento degli elementi mediante una consulenza fondata su documenti che, in realtà, non affermano alcunché di nuovo. Pertanto ritiene infondata sia la richiesta di revoca totale che quella di revoca parziale. S.A. propone ricorso a mezzo dei propri difensori deducendo con primo motivo il vizio di motivazione ed il travisamento delle risultanze processuali. La Corte di Appello ha motivato nel senso che già i giudici del provvedimento originario avevano ritenuto l'immobile edificato abusivamente prima del 1986, ma la propria istanza deduceva il diverso profilo delle modalità con le quali il bene era pervenuto al ricorrente. Con secondo motivo deduce la erronea applicazione della legge processuale in relazione agli articoli 125 terzo comma, 630 primo comma lettera e , 678 primo comma cod. proc. penumero . Osserva che il Tribunale, nel confermare la giurisprudenza in materia di revoca per prove sopravvenute, ha ritenuto che nel concetto di prove che non si possono ritenere nuove rientrano anche gli elementi deducibili e non dedotti nel procedimento di prevenzione. Tale interpretazione limitatrice non trova corrispondenza nella fondamentale sentenza S.U. 57/2007 che adotta un concetto di prova nuova che ricomprende anche quella presentata per la prima volta tale interpretazione, secondo il ricorrente, è tanto più obbligata per il procedimento di prevenzione, che è di natura sostanzialmente inquisitoria, per il quale, non essendovi uno specifico riconoscimento del diritto alla prova né un corrispondente onere della prova, non può assumere significato la condotta omissiva o negligente della parte processuale in ordine alla indicazione della prova. Chiede, in conclusione, l'annullamento del decreto impugnato con rinvio per nuovo esame. Il Procuratore Generale presso questa Corte con propria requisitoria scritta chiede dichiararsi inammissibile il ricorso rilevando che le allegazioni della difesa non costituiscono prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento di prevenzione e che riguardano, comunque, elementi valutati nel procedimento posto che erano certamente già deducibili. Ritenuto in conseguenza che i motivi di ricorso non presentino i necessari caratteri di specificità rispetto agli argomenti sviluppati dalla Corte di Appello, conclude per la inammissibilità del ricorso. Con ulteriore memoria la parte ricorrente insiste nelle proprie richieste precisando che le prove addotte nelle istanze di revoca erano costituite da un rilievo aerofotogrammetrico ed una perizia contabile. Ribadisce che il concetto di novità della prova nel giudizio di revoca della misura di prevenzione comprende non solo le prove sopravvenute alla decisione definitiva ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. Con il primo motivo si afferma che la Corte di Appello non avrebbe adeguatamente motivato sugli elementi di fatto prodotti o comunque avrebbe travisato la portata degli stessi. Il provvedimento impugnato così descrive le prove asseritamente nuove offerte dalla difesa una consulenza tecnica basata su - gli atti di donazione prima in favore del padre e poi da quest'ultimo in favore del ricorrente - il certificato anagrafico attestante la residenza del ricorrente in quel luogo fin dalla nascita - una perizia giurata sulla esistenza e consistenza dell'immobile alla data del 31 dicembre 81. Osservano i giudici di merito che il provvedimento di confisca originario dava atto della provenienza del bene dal padre, che la villa era stata edificata prima del 1986 e poi successivamente ristrutturata ed ampliata l’evidente che già all'epoca era chiaro ai giudici e non controverso in atti che la villa in questione era l'abitazione del S. , che era stata costruita su suolo di provenienza familiare, che l'edificazione era avvenuta sempre in maniera abusiva in più fasi, prima e dopo il 1986”. Ciò che, invece rileva secondo il ricorrente è che il bene era stato donato dal padre, edificato ed ampliato prima del 1981, pur riconoscendo i successivi interventi che, per quanto inizialmente sminuiti nella loro portata eventuali piccoli e perfettamente legittimi, interventi di manutenzione , sono poi riconosciuti di rilevante entità attesa la richiesta subordinata di limitare la confisca ad una somma equivalente pari all'aumento di valore dell'immobile. Si legge difatti nel ricorso essendo stato identificato rectius edificato e poi abusivamente ampliato in epoca anteriore al 31 dicembre 1981 dal padre di lui, L S. , su un suolo che quest'ultimo aveva ricevuto, a sua volta, dai suoi genitori, bene donato, poi, dal genitore ad A S. con atto pubblico del notaio Luigi d'Anna di Casoria del 17 marzo 1984 . Senza necessità di affrontare i temi in diritto posti dalla difesa e dal Procuratore Generale, quanto riportato già dimostra la inammissibilità del ricorso. Risulta innanzitutto che la Corte di Appello ha correttamente interpretato le premesse in fatto il decreto di confisca dava atto che la villa era stata inizialmente realizzata prima del 1986 riferimento temporale ragionevolmente scelto in quanto anno della prima richiesta di condono edilizio ex I. 47/85 sul fondo del padre ed era poi stata oggetto, dopo il 1986, di attività di ristrutturazione ed ampliamento. Si tratta esattamente delle medesime circostanze che la difesa intende dimostrare, senza quindi alcun elemento di novità. Nel ricorso sembra farsi una differenza con riferimento alle attività edilizie di ampliamento, nel senso che queste non sarebbero di particolare consistenza essendo la parte significativa dell'intervento edilizio realizzato dal padre di S.A. , ma, al di là di quanto affermato, quel che rileva è che dal decreto oggi impugnato risulta che le nuove prove offerte non erano affatto dirette a smentire tale ampliamento successivo. Il riferimento può essere fatto solo a quanto risulta dal testo del provvedimento non essendovi stata alcuna deduzione, nelle forme del caso, di travisamento di singole prove. Correttamente, quindi, la Corte di Appello ha ritenuto che non vi fosse alcuna prova nuova riferibile a circostanze non valutate espressamente. Le ragioni dell'infondatezza del primo motivo rendono superflua la valutazione delle questioni in diritto sollevate con secondo motivo, irrilevanti ai fini della decisione. Valutate le ragioni della declaratoria di inammissibilità, la sanzione pecuniaria può essere determinata nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.