Da corruzione a finanziamento illecito ai partiti, custodia cautelare inapplicabile. Legittima la riparazione? Dipende dalle conoscenze del giudice cautelare...

Imprenditore salvato dalla prescrizione, mentre viene prosciolto dalla accusa di concussione. In ballo la richiesta di un indennizzo per la sofferenza provocata dal carcere. Per valutare il ‘contributo’ dato dall’imputato, con i propri comportamenti, però, va tenuto conto del quadro degli elementi a disposizione del giudice fin dall’origine.

Accuse gravissime per il titolare di un’impresa, parte integrante di un consorzio per appalti pubblici, soprattutto nell’anno di grazia 1993 corruzione e concussione. Scattano anche le manette, ma la posizione si alleggerisce proscioglimento dall’imputazione di concussione, prescrizione per quella di corruzione, trasformata, però, in finanziamento illecito continuato di partito politico. Restano, però, i giorni trascorsi in carcere E resta anche la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione Onere del giudice di merito ‘ripesare’ gli elementi fondamentali, ab origine, per valutare la possibilità di una riparazione economica Cassazione, sentenza numero 13559, Quarta sezione Penale, depositata oggi . Zero indennizzo. Ma la questione non è affatto semplice. Perché, prima di arrivare in Cassazione, è stata la Corte d’Appello, con un’ordinanza, a negare l’indennizzo all’imprenditore. Su quali basi? Molto semplicemente, viene chiarito dai giudici, l’uomo «era stato attinto da misura cautelare concernente una pluralità di imputazioni e non per tutte era stato prosciolto con formula piena», e, peraltro, acclarato che «la riqualificazione dell’imputazione di corruzione era relativa ad una fattispecie di reato che non consentiva l’adozione della misura cautelare», l’indennizzo, comunque, «non poteva essere riconosciuto in ragione del fatto che, nella condotta» dell’uomo, «si rinvenivano profili di colpa grave che inibivano il riconoscimento del diritto alla riparazione». Su tali profili, poi, i giudici si soffermano, richiamando «le erogazioni di danaro» effettuate «in modo illecito» a favore di un partito e che «avevano indotto il giudice della cautela a ritenere la strumentalità delle erogazioni con il beneficio delle attribuzione di lavori pubblici». Nodo da sciogliere. Battaglia giudiziaria chiusa? Assolutamente no Lo dimostra il ricorso per cassazione presentato dall’imprenditore, che, tramite il proprio legale, chiede di una rivisitazione della vicenda, sottolineando, in particolare, un aspetto «la riparazione spetta in ragione del proscioglimento adottato con qualsiasi formula, in quanto idoneo a connotare di ingiustizia la detenzione patita». Per inquadrare pienamente la questione, i giudici di Cassazione richiamano, innanzitutto, alcuni cardini giurisprudenziali, ossia la considerazione che la «riqualificazione del fatto» e la «derubricazione del reato» possono non consentire «l’applicazione della misura custodiale», da un lato, e l’affermazione che «la derubricazione del reato, in un diverso titolo che non consente la cautela, è idonea a rendere ex post ingiusta la custodia». Alla luce di questi elementi, nella vicenda in esame ricorrono in astratto «i presupposti per il riconoscimento della riparazione». C’è un ‘ma’ quello relativo ai possibili «comportamenti dolosi o gravemente negligenti dell’imputato». Ebbene, a questo proposito, i giudici ricordano che «se l’accertamento della insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale» avviene «sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento della cautela», allora «è preclusa la possibilità di valutare l’incidenza della condotta dolosa o colposa dell’imputato». Alla luce di questo elemento, viene azzerata la pronuncia di secondo grado, e la questione viene riaffidata alla Corte d’Appello, che, alla luce delle indicazioni fornite dalla Cassazione, dovrà «stabilire se l’accertamento della insussistenza delle condizioni per l’applicazione della misura sia stato effettuato sulla base di elementi a disposizione del giudice fin dall’origine ovvero sulla base di successiva acquisizione».

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 dicembre 2011 – 11 aprile 2012, numero 13559 Presidente Galbiati – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18/5/2010 la Corte di Appello di Napoli rigettava la domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da B.A. Il ricorrente era stato arrestato il 6/4/1993, in esecuzione di ordinanza cautelare del G.I.P. di Napoli, per i delitti di corruzione continuata e concussione. Con provvedimento del 30/4/1993 il Tribunale del Riesame annullava la misura per difetto delle esigenze cautelari. Successivamente, con sentenza del 25/2/2003 irrevocabile il 17/4/03 il Tribunale di Napoli proscioglieva il B. dall’imputazione di concussione, perché il fatto non costituisce reato e dalla corruzione, derubricato il fatto in finanziamento illecito continuato di partito politico, per intervenuta prescrizione. Nel negare l’equo indennizzo, il giudice di merito osservava che - il ricorrente era stato attinto da misura cautelare concernente una pluralità di imputazioni e non per tutte era stato prosciolto con formula piena - vero è che la riqualificazione dell’imputazione di corruzione era relativa ad una fattispecie di reato che non consentiva l’adozione della misura cautelare, ma l’indennizzo non poteva essere riconosciuto in ragione del fatto che, nella condotta del B., si rinvenivano profili di colpa grave che inibivano il riconoscimento del diritto alla riparazione. Infatti, essendo titolare di un’impresa partecipante ad un consorzio per appalti pubblici, tra i quali la Linea Tranviaria Rapida nel territorio napoletano, le erogazioni di danaro al partito Liberale dell’onumero D.L. , effettuate in modo illecito, ragionevolmente avevano indotto il giudice della cautela a ritenere la strumentalità delle erogazioni con il beneficio dell’attribuzione di lavori pubblici. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del B., lamentando 2.1. la violazione di legge per la mancata acquisizione agli atti dell’interrogatorio reso dal B. al P.M. in data 7/4/1993 e nel corso del quale il ricorrente aveva delineato la sua linea difensiva 2.2. la violazione di legge ed il difetto di motivazione laddove la Corte di merito non aveva riconosciuto che la riparazione spetta in ragione del proscioglimento adottato con qualsiasi formula, in quanto idoneo a connotare di ingiustizia la detenzione patita. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. 3.1. Questa Corte di legittimità ha statuito che in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione, se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempre che autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni Cass. Sez. 4, Sentenza numero 27466 del 26/03/2009 Cc. dep. 06/07/2009 , Rv. 245108 . L’affermazione di tale principio di diritto non è però pertinente al caso che ci occupa in quanto nella vicenda che ha visto coinvolto il B., l’imputazione di corruzione è stata derubricata in finanziamento illecito di partito politico, reato per il quale non era consentita l’adozione della misura cautelare. Sul punto va invece rammento il recente indirizzo, che trova origine nell’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale “È configurabile il diritto alla riparazione nel caso in cui l’ingiustizia della detenzione venga correlata all’intervenuta riqualificazione del fatto in sede di merito, con conseguente derubricazione del reato contestato nell’incidente cautelare in altro meno grave, i cui limiti edittali di pena non avrebbero consentito l’applicazione della misura custodiale’’ Cass. Sez. 4, Sentenza numero 21342 del 19/04/2011 Cc. dep. 27/05/2011 , Rv. 250474 . Invero, premesso che la domanda di riparazione deve ritenersi ammissibile anche nel caso che la “ingiustizia’’ venga accertata nel processo e non nella procedura incidentale “de libertate”, la derubricazione del reato in un diverso titolo che non consente la cautela, è idonea a rendere “ex post’’ ingiusta la custodia, per violazione dell’articolo 280 c.p.p., con conseguente diritto alla riparazione, ai sensi del secondo comma dell’articolo 314 c.p.p. c.d. ingiustizia “formale’’ . Pertanto, anche nell’ipotesi di cui all’odierno giudizio, ricorrono astrattamente i presupposti per il riconoscimento della riparazione. 3.2. Ciò detto va ricordato che mentre l’ingiustizia sostanziale presuppone l’affermazione dell’innocenza dell’istante, l’ingiustizia formale prescinde da tale accertamento e richiede solamente l’accertamento della illegalità del provvedimento restrittivo, assunto in difetto delle condizioni previste dagli articolo 273 e 280. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente sciolto un dubbio interpretativo e se cioè, anche nel caso di ingiustizia formale rilevassero, come cause ostative i comportamenti dolosi o gravemente colposi delle persona illegalmente ristretta. E’ stato stabilito che la circostanza di avere dato o ricorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave opera, quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, anche in relazione alle misure disposte in difetto delle condizioni di applicabilità previste dagli articolo 273 e 280 c.p.p. secondo comma dell’articolo 314 Cass. Sez. Unumero , Sentenza numero 32383 del 27/05/2010 Cc. dep. 30/08/2010 , Rv. 247663 . Ha osservato la Corte di legittimità che anche nel caso della insussistenza originaria delle condizioni per l’adozione o il mantenimento della misura custodiale, l’obiettiva ingiustizia della detenzione subita può trovare scaturigine in comportamenti dolosi o gravemente negligenti dell’imputato. Pertanto attribuire rilevanza ostativa a tali condotte ben si concilia con il fondamento solidaristico dell’istituto della riparazione per ingiusta detenzione, alla cui stregua è ragionevole che il ristoro assicurato dall’ordinamento sia riconosciuto a chi abbia “patito’’, e non concorso a determinare, l’applicazione del provvedimento restrittivo. Le Sezioni Unite hanno però fatto una ulteriore importante precisazione. Se l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale avvenga sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento della cautela, è preclusa la possibilità di valutare l’incidenza della condotta dolosa o colposa dell’imputato infatti in tali casi il giudice era oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura e, pertanto, nessuna efficienza causale nella sua determinazione può attribuirsi al soggetto passivo. Potrà invece effettuare la valutazione della sinergia causale del dolo o della colpa grave, se l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale sia avvenuto alla stregua di un materiale probatorio contrassegnato da diversità rispetto a quello originariamente detenuto dal giudice della cautela. 3.3. Alla luce di quanto esposto, si impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Invero, premesso che può essere oggetto di riparazione anche la ingiusta detenzione patita in ragione della riqualificazione dell’originaria imputazione e della conseguente dichiarazione di prescrizione premesso che effettivamente il dolo o la colpa grave possono essere cause ostativa al riconoscimento dell’equo indennizzo spetta al giudice di merito, nel rispetto dei principi statuiti dalle Sezioni Unite con la sentenza numero 32383 del 2010, stabilire se l’accertamento della insussistenza delle condizioni per l’applicazione della misura sia stato effettuato sulla base di elementi a disposizione del giudice fin dall’origine, ovvero sulla base di successive acquisizione e non mere rivalutazioni dell’esistente . A tal proposito valuterà il giudice di rinvio l’opportunità dell’acquisizione dell’interrogatorio reso dal ricorrente al P.M. e che, secondo le deduzioni difensive, non risulta presente in atti. P.Q.M. La Corte annulla il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Napoli.