Notifica da rinnovare? Bisogna sperare nel giudice magnanimo

La decisione del giudice di non rinnovare la notificazione di un decreto ingiuntivo non è autonomamente impugnabile, come non lo sono i vizi che determinano la nullità della notifica.

Lo sostiene la Corte di Cassazione nella sentenza numero 4517, depositata il 26 febbraio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Venezia confermava una sentenza di primo grado, che giudicava inammissibile l’opposizione tardiva di una società ad un decreto ingiuntivo, emesso nei suoi confronti. La società sosteneva di non aver potuto impugnare il decreto per irregolarità della notifica, da ritenersi in ogni caso nulla o inesistente. Veniva proposto ricorso in Cassazione. Con il primo motivo, la società lamentava che il giudice non avesse ordinato la rinnovazione della notifica prima di dichiarare esecutivo il decreto. Con il secondo, contestava al giudice di aver ritenuto la sussistenza di giudicato interno relativamente al decreto ingiuntivo reso esecutivo. Con il terzo, la mancata indicazione del luogo di affissione e di bollo sull’avviso di ricevimento inviato per posta. Irregolarità del decreto. Analizzando la questione, la Corte di Cassazione ricordava che il decreto ingiuntivo non opposto in termini passa in giudicato e che l’opposizione tardiva ex articolo 650 c.p.c. è ammissibile, solo se l’opponente prova di non aver avuto conoscenza del decreto per irregolarità della notifica. Il giudice, a cui venga richiesto di attribuire esecutorietà al decreto ingiuntivo, contro cui non sia stata proposta opposizione, ordina la rinnovazione della notifica, quando risulti od appaia probabile che l’intimato non ne abbia avuto conoscenza. Questa previsione è da porre in collegamento con l’articolo 650 c.p.c. ed i relativi presupposti dell’esecuzione tardiva, diversamente da quanto ritenuto dai ricorrenti. Il potere del giudice. La scelta del giudice di non ordinare la rinnovazione non è autonomamente impugnabile, come non lo è il decreto di esecutorietà, una volta trascorsi i termini dell’opposizione. Allo stesso modo, non lo sono i vizi che determinano la nullità della notifica. Il controllo viene svolto in sede di opposizione tardiva, in quanto ne sussistano i presupposti. La notifica è regolare ratione temporis, né i ricorrenti hanno chiesto di provare l’esistenza di caso fortuito o forza maggiore che impedissero la conoscenza del decreto. Di conseguenza, la Cassazione riteneva infondati i primi due motivi. I requisiti. Riguardo al terzo, la l. numero 890/1982 prevede i requisiti dell’avviso di ricevimento del piego, ivi compreso il bollo, qualora l’avviso stesso sia consegnato al destinatario, mentre, nel caso di specie, l’avviso di ricevimento fu restituito al mittente per compiuta giacenza. Se l’agente postale non può recapitare il piego, questo è depositato subito nell’ufficio postale e l’agente rilascia avviso al destinatario, mediante affissione alla porta d’ingresso o immissione nella cassetta di corrispondenza. Di tali accorgimenti viene fatta menzione anche sull’avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall’agente postale, è unito al piego. Compiuta la giacenza, il piego è datato e sottoscritto dall’impiegato e subito restituito unitamente all’avviso di ricevimento al mittente. Nel caso di specie, erano menzionate, sull’avviso di ricevimento e sul piego, tutte le formalità necessarie attestazione dell’avvenuto deposito presso l’ufficio postale, rilascio dell’avviso al destinatario, avvenuto mediante l’immissione nella cassetta di corrispondenza dello stabile in cui c’è la sede della società, i motivi che avevano determinato le formalità mancanza del destinatario o inidoneità delle persone abilitate , data e sottoscrizione dell’agente postale sull’avviso di ricevimento, unito al piego restituito al mittente. Per questi motivi, la Cassazione riteneva infondato anche il terzo motivo e rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 dicembre 2013 – 26 febbraio 2014, numero 4517 Presidente Salmè – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 03/03/2000, a Banco Ambrosiano Veneto s.p.a. creditore e in data 06/03/2000 a Intesa Gestione Crediti s.p.a. cessionaria, ASCOT srl proponeva opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, emesso nei suoi confronti, sostenendo di non aver potuto impugnare il decreto per irregolarità della notifica, da ritenersi in ogni caso nulla o inesistente. Costituitosi regolarmente il contraddittorio, le convenute chiedevano in via pregiudiziale dichiararsi inammissibile l'opposizione tardiva e, nel merito, il suo rigetto. Il Tribunale di Vicenza, con sentenza in data 19/02/2003, dichiarava inammissibile l'opposizione. Proponeva appello ASCOT srl. Costituitosi il contraddittorio, Intesa Gestione Crediti spa e Banca Intesa spa, successore del Banco Ambrosiano Veneto chiedevano il rigetto dell'appello. La Corte di Appello di Venezia con sentenza del 3 ottobre 2006, rigettava l'appello. Ricorre per cassazione, ALPA S.p.A., successore di ASCOT srl. Resiste con controricorso Italfondiario spa, procuratrice di Castello Finance srl, cessionaria del credito di Intesa Gestione Crediti s.p.a., nonché procuratrice di Intesa San Paolo spa, già Banca Intesa s.p.a Entrambe le parti depositano memoria per l'udienza. Motivi della decisione Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli articolo 647, 650 145, 149 cpc , articolo 8 L. 890/1982, per non avere il giudice ordinato la rinnovazione della notifica prima di dichiarare esecutivo il decreto. Con il secondo, violazione degli articolo 647, 650, 324 c.p.c., 2909 c.c., 30 L. 87 del 1953, 8 L. numero 890 del 1982, per avere il giudice ritenuto la sussistenza di giudicato interno relativamente al decreto ingiuntivo reso esecutivo Con il terzo, violazione delle medesime norme, per mancata indicazione del luogo di affissione e di bollo sull'avviso di ricevimento inviato per posta. I primi due motivi vanno trattati congiuntamente, perché strettamente connessi. Giurisprudenza ampiamente consolidata tra le altre, Cass. S.U. numero 1154/98 numero 19429/05 precisa che il decreto ingiuntivo non opposto in termini passa in giudicato. L'opposizione tardiva di cui all'articolo 650 c.p.c. è ammissibile, se l'opponente prova di non aver avuto conoscenza del decreto per irregolarità della notifica ovvero per caso fortuito o forza maggiore. Va precisato che il decreto ingiuntivo fu reso esecutivo poco tempo prima della nota sentenza della Corte Costituzionale numero 346 del 1998, che dichiarò costituzionalmente illegittimo l'articolo 8, terzo comma, L. numero 890 del 1982, in tema di notificazione di atti giudiziari a mezzo posta, nella parte in cui prevedeva che il piego fosse restituito al mittente in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci gg. dal deposito presso l'ufficio postale e indicò la necessità di un’ulteriore raccomandata, con indicazione delle formalità effettuate. Il decreto ingiuntivo fu notificato a mezzo posta secondo le formalità previste dal predetto articolo 8 prima dell'intervento dei giudici della Consulta. Ma, all'evidenza, il passaggio in giudicato del decreto stesso impedisce necessariamente che possa prendersi in considerazione tale intervento della Corte di legittimità. Ai sensi dell'articolo 647 c.p.c., il giudice, richiesto di attribuire esecutorietà al decreto ingiuntivo, contro il quale non sia stata proposta opposizione, ordina la rinnovazione della notifica, quando risulti od appaia probabile che l'intimato non ne abbia avuto conoscenza. Pacificamente il giudice non ha disposto rinnovazione della notifica, ma la previsione dell'articolo 647 c.p.c. è da porre in stretto collegamento con l'articolo 650 c.p.c. e i presupposti dell'esecuzione tardiva, diversamente da quanto sostengono i ricorrenti. La scelta del giudice di non ordinare la rinnovazione della notifica non è autonomamente impugnabile, come non lo è il decreto di esecutorietà dopo trascorsi i termini dell'opposizione tra le altre, Cass. numero 9314/87 , e allo stesso modo non lo sono i vizi che determinano la nullità della notifica. Il controllo è effettuato in sede di opposizione tardiva, in quanto ne sussistano i presupposti come si detto, la notifica è regolare ratione temporis, né i ricorrenti hanno provato o chiesto di provare l'esistenza di caso fortuito o forza maggiore, impeditivi della conoscenza del decreto. I due motivi vanno pertanto rigettati in quanto infondati. Quanto al terzo motivo, va precisato che l'articolo 4 L. numero 890 del 1982 prevede i requisiti dell'avviso di ricevimento del piego, ivi compreso il bollo, qualora l’avviso stesso sia consegnato al destinatario, mentre, nella specie, l'avviso di ricevimento fu restituito al mittente per compiuta giacenza. Ai sensi dell'articolo 8 L. numero 890 del 1982, se l'agente postale non può recapitare il piego, questo è depositato subito nell'ufficio postale e l'agente rilascia avviso al destinatario, mediante affissione alla porta di ingresso od immissione nella cassetta di corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. Di tali formalità e del deposito, nonché dei motivi che li hanno determinati è fatta menzione anche e sul punto è corretta l'affermazione dei ricorrenti sull'avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall'agente postale, è unito al piego. Compiuta la giacenza, il piego è datato e sottoscritto dall'impiegato e subito restituito in raccomandazione unitamente all'avviso di ricevimento al mittente. Nel caso in esame risulta - e non è contestato - che sull'avviso di ricevimento e sul piego sono menzionate le formalità prescritte dalla legge, attestazione dell'avvenuto deposito presso l'ufficio postale, rilascio dell'avviso al destinatario, avvenuto mediante immissione nella cassetta di corrispondenza dello stabile in indirizzo sede della società, nonché l’indicazione dei motivi avevano determinato le formalità mancanza del destinatario o inidoneità delle persone abilitate. Sono presenti infine sull'avviso di ricevimento, unito al piego restituito al mittente, data e sottoscrizione dell'agente postale. Va pertanto rigettato anche il terzo motivo. Conclusivamente va rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 7.500,00 di cui £. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.