Bene pertinente al reato? Non importa

La Cassazione ha ribadito nuovamente l’irrilevanza del requisito della “pertinenzialità” del bene rispetto al reato per cui si procede.

Il caso. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 9113/13 depositata il 26 febbraio, si trova ad affrontare nuovamente la spinosa questione della confisca ex articolo 12 sexies, comma 1 e 2, d.l. numero 306/1992. Nel caso esaminato era stato confiscato un fabbricato ad un uomo condannato per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope articolo 74 d.p.r. numero 309/1990 . Tale immobile, costruito negli anni ’50, era stato già una volta pignorato al genero del condannato e, successivamente, riacquistato all’asta dalla stessa famiglia. È irrilevante la “pertinenzialità” del bene rispetto al reato. La S.C., con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, concorda con i giudici di merito, ritenendo irrilevante il requisito della “pertinenzialità” del bene rispetto al reato per cui si procede. In sostanza, «la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato» Cass., numero 920/2004 .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 gennaio – 26 febbraio 2013, numero 9113 Presidente Zampetti – Relatore Bonito La Corte ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con ordinanza del 13 dicembre 2011 la Corte di appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell'esecuzione, accoglieva parzialmente l'opposizione proposta da C.G. avverso l'ordinanza del 17 febbraio 2011 dispositiva del sequestro preventivo e della confisca, ex articolo 12-sexies DL 306/1992 convertito in L. 356/1992, di un fabbricato, confisca collegata alla condanna definitiva di C.F. , padre del ricorrente, per il delitto di cui all'articolo 74 dpr 309/1990. Per effetto del parziale accoglimento il provvedimento ablatorio veniva contenuto nel 30% della quota ideale dell'immobile. A sostegno della decisione il G.E. argomentava - l'immobile confiscato risulta acquistato nel 2009 ad un'asta giudiziaria per il prezzo di Euro 61.347,20 da parte di C.G. - l'evidente sproporzione tra flussi reddituali di C.G. e dei suoi familiari ha convinto gli investigatori che detto acquisto sia avvenuto simulando la reale proprietà del padre C.G. , condannato nel 2001 alla pena di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione per il reato di cui all'articolo 74 dpr 309/1990, per il quale è prevista la speciale confisca disciplinata dall'articolo 12-sexies dl. 306/1992 - opponendosi al provvedimento per questo disposto, C.G. evidenziava che l'immobile per cui è causa è stato costruito negli anni '50 dai nonni ed adibito a residenza familiare fino a quando è stata sottoposta ad esecuzione forzata in danno di F.V. , cognato di C.G. e genero di C.F. , esecuzione forzata in seguita alla quale è poi avvenuto l'acquisto all'asta - l'asta ha quindi riguardato il riacquisto della casa familiare - C.G. è stato ristretto in carcere dal 2000 al 2007 e da allora, secondo il figlio, ha lasciato l'Italia - il figlio Francesco, abilitato all'attività forense, dal 2008 risiede nella casa confiscata, che ha cercato da subito di riacquistare chiedendo prestiti bancari ed alla fine ottenendo aiuti da congiunti canadesi, i quali gli hanno erogato complessivamente 100.000.000 dollari canadesi come documentalmente provato - la lontananza del padre dall'Italia non appare circostanza decisiva - viceversa decisiva è la circostanza che l'abitazione confiscata era abitata dalla madre, dalla moglie e dai figli del condannato, circostanza che prova l'interesse di C.F. all'acquisto del bene - il ricorrente ha dimostrato la provvista di 100.000 dollari canadesi ed anche i vani tentativi di ottenere prestiti bancari - cionondimeno la somma detta corrisponde ad Euro 62.783, inferiore al valore denunciato dal ricorrente di Euro 80.000,00 - al momento di aggiudicazione dell'immobile C.G. versò 20.000,00 Euro in contanti dei quali non ha dato giustificazione quanto alla fonte - il ricorrente ha altresì esibito, per questo, un assegno di 10.000 dollari canadesi, del quale peraltro nulla si sa quanto a provenienza - la confisca va pertanto confermata ancorché nei limiti del 30% del valore immobiliare, quota per la quale deve ritenersi illecita la fonte delle risorse utilizzate per l'acquisto. 2. Ricorre avverso tale ordinanza C.G. , assistito dal difensore di fiducia, che a tal fine sviluppa tre motivi di impugnazione. 2.1 Col primo motivo di doglianza denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione, in particolare deducendo il travisamento della prova documentale offerta bancaria e notarile attestante il prestito per complessivi 100.000,00 dollari canadesi, al quale deve altresì riferirsi l'assegno di 10.000,00 dollari canadesi, capaci di giustificare l'acquisto all'asta per Euro 61.000,00 circa. 2.2 Col secondo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente violazione dell'articolo 12-sexies d.l. 306/1992 in relazione alla disponibilità diretta del bene da parte di C.F. che, ad avviso della difesa, non sarebbe stato oggetto di alcuna considerazione motivazionale, disponibilità peraltro mai riferibile al condannato, come evidenziato dalla storia del bene confiscato, costruito negli anni '50, pignorato al genero del condannato ed acquistato all'asta in periodo in cui C.F. era emigrato in . La stessa corte di merito, sottolinea il difensore, da atto di una inesistente disponibilità del condannato, che trasforma in mero interesse all'acquisto, irrilevante ai sensi di legge nella fattispecie in esame. 2.3 Col terzo ed ultimo motivo di impugnazione denuncia infine la difesa ricorrente violazione di legge in relazione alla ritenuta interposizione fittizia parziale, in particolare osservando che essa, interposizione, non risulta logicamente argomentata e che la medesima si scontra logicamente con l'unico atto dispositivo del trasferimento, in forza del quale, secondo ipotesi di accusa, lo stesso soggetto sarebbe proprietario pieno e proprietario fittizio. 3. Il Procuratore Generale in sede, con motivata requisitoria scritta, concludeva per il rigetto del ricorso, conclusioni alle quale la difesa ricorrente opponeva, con memoria aggiunta, più insistite argomentazioni circa la congruenza tra gli importi ricevuti in prestito e somma versata per l'acquisto dell'immobile per cui è causa. 4. Il ricorso è manifestamente infondato. 4.1 Giova premettere che le condizioni necessarie e sufficienti per disporre la confisca di beni a norma dell'articolo 12-sexies, primo e secondo comma, D.L. 8 giugno 1992, numero 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992, numero 356 modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa , consistono nella accertata configurabilità di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, nonché nella presenza di seri indizi in ordine alla sussistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi Cass., Sez. Unite, 19/01/2004, numero 920 e da ultimo Cass., Sez. I, 19.1.2007, numero 15908 . A tale ultimo proposito è stato poi affermata l’irrilevanza del requisito della pertinenzialità del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, di guisa che la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato sempre Cass., Sez. Unite, 19/01/2004, numero 920 . Tanto sul rilievo che la funzione della norma di riferimento è quella di stabilire una presunzione relativa di illecita accumulazione in presenza di patrimoni nella disponibilità di imputati di reati particolarmente significativi nella prospettiva dell'arricchimento criminale. È appena il caso di sottolineare, infine, che la confisca in parola, secondo quanto disposto dall'articolo 12 sexies co. 1 legge cit., può riguardare denaro , beni o altre utilità di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica , il condannato risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo . Tale disposizione, infine, va letta ed interpretata alla luce del principio generale di cui all'articolo 240 co. 3 c.p., relativo all'istituto della confisca ordinaria, di cui quella atipica in esame costituisce figura speciale, di guisa che l'istituto in parola non può mai trovare applicazione in danno del proprietario estraneo al reato Cass., Sez. I, 21.4.2004, numero 21860 . 4.2 Tanto premesso sul piano dei principi, osserva la Corte che nel caso di specie il giudice territoriale ha fatto di essi puntuale applicazione, argomentando coerentemente le conclusioni assunte a fondamento della decisione attraverso la valorizzazione della circostanza fattuale che il ricorrente non aveva la disponibilità economica e la capacità reddituale per l'esborso richiesto dall'acquisto dell'immobile confiscato circostanza peraltro non contestata dall'interessato e che la documentazione della provvista ricevuta a tal fine dall'estero a titolo di prestito non copriva affatto, se non parzialmente, l'importo erogato per l'acquisizione del bene mediante asta pubblica. All'articolata motivazione della corte territoriale il ricorrente oppone una altrettanto articolata trattazione delle tesi difensive, peraltro caratterizzate da argomenti tipicamente volti a censure dell'apparato motivazionale del provvedimento impugnato mediante letture alternative delle acquisizioni procedimentali, tesi per questo improponibili in questa sede di legittimità. Tanto in riferimento, in particolare, al versamento sul suo conto corrente bancario, da parte del ricorrente, della somma di Euro 20.000,00 necessaria per il saldo dell'acquisto rinveniente dall'asta pubblica attraverso la quale lo stesso conseguì l'alloggio oggetto di pignoramento immobiliare. 5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00. P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.