Si può verificare la legittimità delle consulenze esterne per rilevare danni erariali

Le scelte degli amministratori sono sottoposti al controllo della Corte dei conti perché assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa.

La vicenda . La decisione delle Sezioni Unite si concentra sulla legittimità di una deliberazione di un ente pubblico, che aveva conferito ad un collegio di avvocati l’incarico di redigere un parere per approfondire la problematica relativa alla titolarità dello stesso ente di un segnale televisivo, e per esaminare la documentazione relativa al bando di gara, con l’opportunità di optare per la costituzione di una società mista per la fornitura del servizio, indicando le caratteristiche delle diverse ipotesi in relazione alle finalità e compiti dell’ente. La fattispecie al centro della controversia in esame inizia con la citazione in giudizio degli amministratori e dei dipendenti dell’ente UNIRE - Unione Nazionale Incremento Razze Equine - da parte di una Procura Regionale, domandandone la condanna per responsabilità amministrativo-contabile per avere assegnato incarichi professionali a soggetti esterni all’ente stesso. La Corte dei Conti accoglieva parzialmente la domanda e escludeva dal calcolo del danno l’IVA, ma condannava i convenuti al risarcimento del danno per illecito conferimento dell’incarico di redazione di un parere agli avvocati, per illecito conferimento agli stessi avvocati del mandato difensivo in relazione al ricorso promosso davanti al Tar, nonché per illecito conferimento del mandato difensivo ad un numero eccessivo di professionisti. A fondamento di tale decisione, la Corte dei Conti affermava che la PA ha l’obbligo, sancito dall’art. 7, comma 6, D.Lgs 165/2001, di provvedere ai compiti assegnatigli con la propria organizzazione ed il proprio personale in servizio. Il ricorso a soggetti esterni è sì previsto, ma è limitato esclusivamente alle ipotesi stabilite dalla legge o per eventi straordinari per i quali non è possibile sopperire con la struttura burocratica interna. Di conseguenza, osserva la Corte dei Conti, l’incarico esterno deve essere necessariamente collegato con i compiti istituzionali dell’ente e deve essere conferito ad esperti individuati per un periodo di tempo e per un oggetto prestabilito. Tanto più nel caso in cui i compiti richiesti al collegio di avvocati possono essere soddisfatte dalla struttura burocratica e dal direttore generale, nonché dal responsabile interno dell’ufficio legale, che avevano espresso pareri sulla congruità delle parcelle presentate dai professionisti esterni. Quindi, il personale interno all’ente era specificamente competente e per nulla eccessivamente caricato di lavoro, pertanto il conferimento dell’incarico era illecito e l’importo pagato ai legali professionisti costituiva un pregiudizio all’ente per l’intero ammontare, visto che non vi era nessun vantaggio. Per i ricorrenti la Corte Conti non può ingerirsi nelle scelte discrezionali. Gli amministratori e i dipendenti dell’ente UNIRE ricorrono per cassazione sostenendo che la Corte dei Conti avesse violato il limite esterno della funzione giurisdizionale, rappresentato dalla gestione di interessi pubblici che spetta agli amministratori. Tali interessi, secondo i ricorrenti, non possono essere valutati dalla Corte dei Conti, la quale, invece, è tenuta a limitarsi a verificare l’allontanamento dalle condizioni normative senza potersi spingere fino a realizzare un apprezzamento discrezionale attinente a scelte di politica gestionale, preferendo una gestione alternativa. In particolare, i ricorrenti ritengono che, anche se il direttore generale e il capo dell’ufficio legale avessero conoscenza della questione, essi non erano sufficientemente competenti per garantire rapidamente e in maniera adeguata una congrua soluzione alle problematiche emergenti. Oltre a ciò i ricorrenti lamentano l’eccesso di potere giurisdizionale esercitato dalla Corte dei Conti, per essersi indebitamente ingerita nella valutazione di merito nel conferimento dell’incarico di assistenza giudiziale davanti al TAR e al Consiglio di Stato, considerando, peraltro, inutile l’apporto professionale solo perché vi erano altri difensori, senza evidenziare l’urgenza e la necessità della difesa. Il quadro normativo alla base della decisione delle Sezioni Unite . La Cassazione, nel rigettare il ricorso, fonda la propria decisione sulla discrezionalità che l’art. 1, l. n. 20/1994 riconosce agli amministratori pubblici nell’individuazione della scelta più idonea a realizzare, nel singolo caso concreto, il pubblico interesse. Tale discrezionalità deve rispettare i criteri che informano l’attività della PA previsti dagli artt. 97 Cost. e 1, l. n. 241/1990 per cui l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario . Gli stessi principi sono attestati dall’art. 1, D.lgs. n. 29/1993 e dalla l. n. 286/1999. Dal suddetto quadro normativo emerge come le scelte degli amministratori devono conformarsi ai criteri di legalità e ai criteri giuridici di economicità ossia ottimizzazione dei risultati in relazione alle risorse disponibili , di efficacia idoneità dell’azione amministrativa alla cura effettiva degli interessi pubblici da perseguire, congruenza teleologica e funzionale e di buon andamento. Tali criteri sono soggetti al controllo della Corte dei Conti perché rilevano sotto un profilo di legittimità e non di semplice opportunità dell’azione amministrativa. L’insindacabilità nel merito delle scelte non è sottratta al sindacato giurisdizionale . Quindi, la Corte dei Conti non supera i limiti della giurisdizione contabile se verifica che se l’amministrazione abbia o meno compiuto l’attività per il perseguimento di finalità istituzionali dell’ente. Rientra inoltre all’interno del perimetro della giurisdizione della Corte dei Conti la valutazione relativa all’agire amministrativo dell’ente con riferimento al rispetto delle norme e principi giuridici. La Corte non ha quindi violato il limite della riserva di amministrazione nel senso di preferenza tra alternative, nell’ambito della ragionevolezza, per il soddisfacimento dell’interesse pubblico, nel verificare anche la giuridicità sostanziale dell’esercizio del potere discrezionale, ossia l’osservanza dei criteri di correttezza e adeguatezza dell’agire, logicità e proporzionalità tra costi affrontati e obbiettivi conseguiti. Tali criteri costituiscono allo stesso tempo indici di misura del potere amministrativo e limiti del sindacato giurisdizionale. La discrezionalità deve comunque essere verificata dalla Corte Conti . Le Sezioni Unite affermano dunque che l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali effettuate dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti non implica che le stesse scelte non possano essere oggetto di sindacato giurisdizionale secondo la legge che regolamenta l’attività e l’organizzazione amministrativa. Pertanto, i limiti della giurisdizione contabile non sono violati nel caso in cui la Corte sottopone a giudizio di responsabilità per danno erariale gli amministratori che hanno conferito incarichi professionali senza precisare un contenuto specifico, né la durata, i criteri e il compenso, in violazione dell’art. 7, d.lgs. n. 29/1993. Da una parte, infatti, il conferimento di una consulenza continuativa, indefinita nel contenuto e non destinata ad esaurirsi in relazione a singole, specifiche situazioni, contrasta con il principio sotteso all'art. 7, dall'altra, la collaborazione di un consulente esterno all'azienda si sarebbe potuto ricorrere, secondo la norma richiamata, solo in ipotesi di inadeguatezza del personale interno in servizio o di impossibilità oggettiva. La verifica della legittimità della scelta non travalica la giurisdizione . Pertanto, nel respingere il ricorso, la Cassazione afferma che la valutazione del conferimento dell’incarico a professionisti esterni per consulenze e difesa giudiziale, per verificare la legittimità della scelta e la correttezza della gestione delle risorse pubbliche per i compensi corrisposti non travalica il limite esterno della giurisdizione della Corte dei Conti.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 8 maggio 2012 - 21 febbraio 2013, n. 4283 Presidente Vittoria – Relatore Chiarini Svolgimento del processo Con citazione del 27 novembre 2003 la Procura Regionale per il Lazio conveniva in giudizio, tra gli altri, S.F. , M.M. , R B. , G P. , G.M. , amministratori e dipendenti dell’UNIRE, chiedendone la condanna per responsabilità amministrativo-contabile per aver conferito incarichi professionali ad esterni all'ente e per l’utilizzo del segnale televisivo per la trasmissione delle corse fuori dei locali in cui avviene l’accettazione delle scommesse. La Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, con sentenza 273 del 2006, dichiarata la parziale inutilizzabilità della documentazione sequestrata in violazione dell’art. 103 del codice di procedura penale, ha accolto parzialmente la domanda escludendo dal computo del danno l’IVA e riducendo la somma richiesta. Sia il Procuratore Generale sia i soccombenti hanno interposto appello. La Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale della Corte dei Conti ha dichiarato inammissibile con decreto 58 del 2007 la richiesta definizione agevolata. Con sentenza 400 del 2010, depositata il 15 ottobre 2010 la Corte dei Conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale, riformata la pronuncia di inutilizzabilità della documentazione acquisita ai sensi dell’art. 103 cod. proc. pen. nel giudizio di responsabilità amministrativa, ha condannato S.F. , M.M. , R B. , G P. , M G. , a pagare Euro 39.734,81 ciascuno per illecito conferimento dell’incarico di redazione di un parere pro ventate agli avvocati Be. , Gr. , Te. e A. e a pagare Euro 4.291,35 ciascuno per illecito conferimento ai medesimi avvocati del mandato difensivo in relazione al ricorso promosso innanzi al Tar da Sisal, nonché al pagamento di Euro 3.214 ciascuno per illecito conferimento del mandato difensivo ad un numero eccessivo di professionisti in relazione al ricorso promosso innanzi al Consiglio di Stato da Sisal. A fondamento della decisione la Sezione Giurisdizionale ha affermato 1 il danno sotteso alla responsabilità amministrativa è la mancanza di utilità della spesa in rapporto all’interesse pubblico da soddisfare 2 la P.A., a norma dell’art. 7 comma 6, dlgs 29/1993, riprodotto nell’art. 7, comma 6, Dlgs 165/2001, ha l’obbligo di provvedere ai compiti affidatile con la propria organizzazione ed il proprio personale in servizio ed il ricorso a soggetti esterni è consentito soltanto nei casi previsti dalla legge o per eventi straordinari, non sopperibili con la struttura burocratica. Quindi l’incarico esterno, oltre a dover essere indispensabilmente collegato con i compiti istituzionali dell’ente, deve essere conferito ad esperti individuati, di particolare e comprovata competenza, e per un tempo, luogo, oggetto e compenso predeterminati, pur collegialmente nel caso di professionisti del libero foro essendo consentito il mandato a più difensori dagli artt. 1176 cod. civ. e 85 cod. proc. civ. e dalle tariffe professionali, ma considerando che le circolari nn. 42 dell’ottobre 1997, 36 del novembre 1998 e 29 del novembre 1999 del Ministero delle politiche agricole e forestali, autorità vigilante sull’UNIRE, avevano indicato come obbiettivo dei bilanci per gli esercizi 1998, 1999, 2000 l’eliminazione o il significativo ridimensionamento delle spese per studi, incarichi speciali e consulenze 3 con deliberazione 2/2000, ratificata dal consiglio di amministrazione costituito da S.F. , M.M. , R B. , G P. , M G. , il P M.D. aveva conferito agli avvocati Be. , Gr. , Te. e A. l’incarico di redigere un parere prò ventate per approfondire la problematica relativa alla titolarità di UNIRE del segnale televisivo ai sensi dell’art. 13 d.P.R. 169/1998, da attribuire con atti di evidenza pubblica, assegnato, fino all’aggiudicazione dell’appalto della gestione, provvisoriamente a CRAI per la trasmissione delle corse, con atto contestato dal direttore generale sulla base di un parere dell’ufficio legale ed impugnato dinanzi al TAR dalla SISAL, nonché per esaminare la documentazione relativa al bando di gara, gli aspetti amministrativi del capitolato tecnico e di oneri, e l’opportunità di optare invece per la costituzione di una società mista per la fornitura del servizio, indicando le caratteristiche delle diverse ipotesi in relazione alle finalità e compiti dell’ente 4 queste esigenze potevano esser soddisfatte dalla struttura burocratica e dal direttore generale G.D. nonché dal responsabile dell’ufficio legale Pr. che avevano espresso pareri sulla legittimità dell’accordo stipulato con CRAI e sui rapporti tra detti enti, sulla documentazione per predisporre il bando di gara, sulla congruità delle parcelle presentate dai professionisti esterni e predisposto un appunto per il Capo di Gabinetto del Ministero per le Politiche Agricole, atti tutti che evidenziano una specifica competenza di costoro e smentiscono l’eccessivo carico di lavoro e la carenza di professionalità anche in relazione ai mutamenti legislativi intervenuti sulle questioni, ed infatti da un confronto tra i predetti pareri e le perizie emerge che contengono gli stessi concetti sostanziali inoltre l’avv. Pr. era stato nominato, con altri due professionisti esterni, difensore di UNIRE nel giudizio dinanzi al TAR peraltro gli stessi professionisti incaricati avevano espresso parere che sull’opportunità di gestire la concessione con appalto di servizio o mediante costituzione di una società mista, la relativa opzione era di competenza del C.d.A. perché scelta meramente imprenditoriale, da adottare in base ai concreti progetti e assetti gestori, e non giuridica 5 perciò il conferimento dell’incarico era illecito e l’importo pagato ai professionisti - Euro 278.143,66 - costituiva danno dell’ente per l’intero ammontare non essendovi stato nessun vantaggio dunque non vi era stata invasione del giudice di primo grado sul merito dell’azione amministrativa e sulla necessità della competenza dell’incaricato esterno 6 l’elemento psicologico era esistente perché il magistrato contabile nella seduta del C.d.A. del 21 giugno 2000, che aveva ratificato l’incarico, aveva manifestato i suoi rilievi e il collegio dei revisori dei conti nella seduta di 4 luglio le sue osservazioni 7 con deliberazione 5/2000 del luglio il C.d.A. aveva conferito mandato agli stessi professionisti per difendere l’UNIRE dinanzi al TAR avverso il ricorso proposto dalla Sisal per il quale erano stati nominati già altri tre difensori - di cui uno però aveva rinunciato al mandato - e senza che nella delibera fosse indicata la necessità di estendere l’incarico, ma soltanto una generica valutazione di opportunità, né a giustificare questo altro incarico può sopperire il richiamo al precedente parere espresso dagli stessi, atteso che coincidevano con quelli di Pr. se poi vi fosse stato contrasto tra i difensori, avrebbero dovuti esser revocati i precedenti difensori 8 conseguentemente il pagamento di Euro 60.078,89 agli avvocati, dovuto perché ciascun difensore, nel caso di incarico plurimo, ha diritto nei confronti del cliente agli onorari per l’opera prestata, mentre in caso di vittoria può esser rimborsato dalla controparte l’onorario soltanto per un difensore, costituiva danno dell’ente senza vantaggio alcuno perché la prestazione si era sovrapposta a quella degli altri professionisti, come risulta espressamente dalla delibera di conferimento, e l’illiceità dell’incarico rende irrilevante la doglianza dell’invasione nel merito dell’azione amministrativa 9 ai medesimi professionisti con deliberazione 16/2000, ratificata dal C.d.A., il Presidente M.D. aveva conferito l’incarico per il patrocinio dell’UNIRE al Consiglio di Stato nel giudizio di appello proposto da CRAI avverso l’ordinanza del TAR e questo incarico era illecito per l’eccessivo numero dei difensori, aggiunti ad altri due legali anche del primo grado, di cui uno esterno e senza accertare se quello interno era abilitato ad agire dinanzi alle magistrature superiori - ed infatti era risultato inabilitato - così dimostrando grave negligenza, non giustificato nella delibera approvata dal succitato Consiglio di amministrazione, mentre l’opportunità di farsi difendere da professionisti a conoscenza della questione per averla patrocinata in primo grado era raggiungibile nominandone uno solo, né vi era collegamento con il parere pro ventate perché inutile quindi la somma pagata - Euro 44.995,09 - costituiva danno dell’ente e doveva esser ripartita tra i responsabili. Ricorrono per cassazione S.F. , M.M. , B.R. , G P. , M G. cui resiste il Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero preso la Corte dei Conti. Motivi della decisione 1.- Pregiudizialmente va esaminato il rilievo del Procuratore Generale presso la Corte dei Conti di giudicato implicito formatosi sulla giurisdizione per M M. , S.F. , B.R. e M G. , non avendo i primi tre impugnato la sentenza di primo grado per difetto di giurisdizione, mentre il quarto si è limitato a denunciare una presunta ingerenza del sindacato giudiziale, e non essendovi alcuna pronuncia ex professo in secondo grado sulla giurisdizione, bensì di merito, implicitamente è stata ritenuta la giurisdizione contabile. Il rilievo è infondato. Infatti, incontroverso che la sentenza impugnata ha condannato gli amministratori dell’Unire al risarcimento dei danni per l’affidamento soggetti estranei di incarichi di collaborazione, consulenza e studio pur potendo costoro avvalersi di personale interno, la prospettazione dei motivi di appello proposti dagli stessi è stata volta a contestare la giurisdizione della Corte dei Conti, e a negare l’incidenza negativa sul bilancio dell’ente attraverso la denuncia della violazione di norme e principi che, nel disciplinare i poteri degli amministratori nella gestione della finanza pubblica, costituiscono il merito dell’azione amministrativa, sì che i relativi comportamenti non sarebbero sindacabili dalla Corte dei Conti. Pertanto il thema devolutum in appello è se le contestazioni rivolte agli amministratori attengono esclusivamente alle loro scelte discrezionali, ovvero alla violazione dei limiti giuridici all’esercizio del potere di costoro -con conseguente interazione tra giurisdizione e merito - il cui controllo di legittimità spetta alla giurisdizionale contabile, organo a cui l’art. 102 della Costituzione demanda la verifica del rispetto delle regole in materia di contabilità pubblica. Pertanto i ricorsi di M M. , S.F. , B.R. e M G. , con cui, in unico, identico motivo, deducono Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 e s.m.i. violazione e/o falsa applicazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 e s.m.i., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 1 c.p.c. sono ammissibili. 2.- Con il primo motivo G P. deduce In riferimento all’art. 362, primo comma, cod. proc. civ. in ordine all’eccesso di potere giurisdizionale esercitato dalla Corte dei Conti per indebito sindacato, nel merito, del conferimento di incarico di consulenza agli avvocati Be. , Gr. , T. e A. per la redazione di un parere pro ventate, punto n. 7 della gravata sentenza in violazione dell’art. 1, comma 1, legge 20 del 14 gennaio 1994 come all’epoca dei fatti modificato dall'art. 3 DLGS 449 del 1999 e lamenta la violazione del limite esterno della funzione giurisdizionale, costituito dalla gestione di interessi pubblici che spetta agli amministratori, non potendo esser ponderati dalla Corte dei Conti gli interessi dell’ente, dovendosi invece limitare a verificare lo scostamento dalle condizioni normative senza effettuare un apprezzamento discrezionale di preferenza di una gestione alternativa a quella praticata. Ed infatti la conoscenza che della questione avevano il direttore generale ed il capo dell’Ufficio legale non significa che gli stessi erano anche abili e competenti per garantire, in tempi rapidi, una congrua soluzione, ed anzi detta conoscenza e la modifica di un precedente parere di un professionista esterno dimostrano l’incapacità della struttura interna di far fronte alle problematiche emergenti, e peraltro tale constatazione non significa violazione della legge, costituendo tutt' al più elemento valutativo in un giudizio di comparazione che non spetta al giudice contabile. Invece la Corte dei Conti, constatato che all’interno dell’ente vi era personale tecnico, senza considerarne l’adeguatezza, ha ritenuto inopportuno ricorrere a professionisti esterni ben più qualificati, ma questa è una scelta di politica gestionale, mentre il rilievo che la durata dell’incarico non sia stata determinata non significa che non era determinabile, ed il ripetersi degli incarichi era dovuto all’intensificarsi della vicenda, anche giurisdizionale, e dunque sussiste l’invasione nella riserva di amministrazione. 2.1. - Con il secondo motivo deduce In riferimento all’art. 362, primo comma, cod. proc. civ. in ordine all’eccesso di potere giurisdizionale esercitato dalla Corte dei Conti con sentenza n. 400 del 2010 per indebito sindacato nel merito, del conferimento di incarico di assistenza giudiziale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio nonché innanzi al Consiglio di Stato nel ricorso proposto rispettivamente dalla società Sisal e dalla società Crai, agli avvocati Be. , Gr. , A. , T. , punti numero 8 e 10 della gravata sentenza in violazione dell’art. 1, comma 1, legge 20 del 14 gennaio 1994 come all’epoca dei fatti modificato dall’art. 3 del DLGS 449/1999 e lamenta che immotivatamente la Corte dei Conti ha ritenuto inutile l’apporto professionale nei relativi giudizi soltanto perché vi erano già altri difensori, di cui uno ha rinunciato al mandato, e senza considerare l’urgenza e la necessità della difesa, ed ha escluso l’ingerenza di amministrazione in base alla mera inutilità degli incarichi, così effettuando un giudizio di merito perché la legge non vieta un successivo incarico se le esigenze non si potevano fronteggiare con il personale interno, verifica che la Corte non ha effettuato, e non ha neppure considerato le condizioni straordinarie esistenti e messe in luce proprio dal Procuratore Generale e dalla Corte, mentre ha comparato le capacità dei professionisti interni ed esterni all’ente, attività preclusa alla Corte. 2.2. - M M. , R B. , G.M. e F S. con il richiamato motivo lamentano che illegittimamente la Corte dei Conti ha sindacato l’esercizio, da parte di un organo di amministrazione attiva, del potere procedimentale di acquisire un parere da soggetti estranei all’amministrazione, senza tener conto che la P.A., nel rispetto del principio dell’adeguatezza e completezza dell’istruttoria, è obbligata ad accertare d' ufficio la realtà dei fatti e la consistenza degli atti. La sufficienza qualitativa e quantitativa dei mezzi istruttori è rimessa alla discrezionalità dell’organo deputato a provvedere e perciò le scelte sono sindacabili soltanto nel merito, ed anche il precitato art. 1 comma 1, della legge 20 del 1994 ribadisce l’insindacabilità delle scelte discrezionali. La complessità ed eterogeneità delle questioni, tra cui la funzione del segnale televisivo e del connesso affidamento delle concessioni radio televisive, sono state affrontate dal C.D.A. dell’Unire pochi giorni dopo il suo insediamento nel giugno 2000, e il cautelare doveva esser trattato dinanzi al Tar era il 13 luglio 2000. Quindi era necessaria l’acquisizione di un parere in materia di nuova competenza - Dlgs 449 del 1999 che ha affidato all’UNIRE la gestione del servizio televisivo, di enorme rilevanza economica - nei ristretti tempi a disposizione, senza adeguata esperienza amministrativa degli uffici, mentre l’avv. Pr. poteva avere interesse a difendere le proprie scelte tecniche, anche perché uno dei temi in trattazione era la convenzione SNAI/CRAI che aveva originato il contenzioso SISAL, e quindi non poteva farsi affidamento sul lavoro precedentemente svolto. L’Ufficio legale era composto da un solo avvocato e da due funzionari che dovevano fronteggiare il contenzioso complessivo, considerando altresì che nell’UNIRE erano stati accorpati cinque enti tecnici, e l’inadeguatezza di tale ufficio, anche per le fasi successive, è stata valuta ex ante. Peraltro anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri con decreto dell’aprile 2003 ha autorizzato l’Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza processuale dell’UNIRE, in tal modo confermando l’inadeguatezza dell’Ufficio interno a svolgere non solo l’attività di consulenza, ma anche quella di difesa. I pareri resi dai professionisti incaricati secondo cui il regime provvisorio era da affidare mediante procedura informale ad evidenza pubblica, sono stati ritenuti validi e legittimi dall’autorità giurisdizionale, che, successivamente all’espletamento della gara per trattativa privata, ha rigettato il cautelare chiesto dalla Sisal e le coeve iniziative di SNAI/CRAI, intraprese per sottrarsi alla procedura ad evidenza pubblica per effetto della scrittura del 22 gennaio 2000, intercorsa con il Commissario Governativo. Quindi la consulenza svolta era quanto meno opportuna ed il compenso liquidato era pari a quello spettante ad un solo professionista, considerate le T.P., la solerzia e l’urgenza del parere. Il rapporto di consulenza con l’avv. D. , concernente la transazione con CRAI-SNAI, atteneva ai rapporti con il Commissario M. , non riconosciuto dal C.d.A. dell’Unire. Peraltro i pareri dell’avv. D. a stipulare con la CRAI una convenzione per la gestione del segnale televisivo avevano generato una controversia all’esito della quale il Tar aveva giudicato illegittima la convenzione e quindi era necessario rivolgersi ad altri consulenti di fiducia del C.d.A., responsabili poi delle scelte amministrative. L’ufficio legale interno non aveva competenze ulteriori alle problematiche ippiche in senso stretto, a cui non appartiene la gestione del segnale televisivo ippico. Del resto la stessa decisione della Corte dei Conti è contraddittoria perché alcuni amministratori, per la consulenza richiesta alla Rai, sono stati assolti perché ritenuta specialistica, mentre quella per gestire il segnale televisivo, che è prettamente giuridica, si è ritenuto potesse esser svolta dall’Unire. I motivi di tutti i ricorrenti, che possono trattarsi congiuntamente perché attengono alla medesima questione, sono infondati. La discrezionalità che l’art. 1 comma 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20 riconosce agli amministratori pubblici nell'individuazione della scelta più idonea, nel caso concreto, per il perseguimento del pubblico interesse - causa e limite intrinseco e funzionale dell’attività della P.A. - per esser legittima deve rispettare i criteri giuridici informatori dell’agere della P.A. dettati dalla Costituzione art. 97 , codificati nella legge 7 agosto 1990 n. 241 - art. 1, comma 1 L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità - ribaditi dall’art. 1 Dlgs 3 febbraio del 1993 n. 29 e dalla legge 30 luglio 1999 n. 286 [ art. 1, primo comma Le pubbliche amministrazioni devono a garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa controllo di regolarità amministrativa e contabile b verificare l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati controllo di gestione ] . Pertanto le scelte elettive degli amministratori, dovendo conformarsi ai suddetti criteri di legalità e a quelli giuridici di economicità ottimizzazione dei risultati in relazione alle risorse disponibili , di efficacia idoneità dell’azione amministrativa alla cura effettiva degli interessi pubblici da perseguire, congruenza teleologia e funzionale e di buon andamento, sono soggette al controllo della Corte dei Conti perché assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa. Perciò non eccede la giurisdizione contabile non solo la verifica se l'amministratore abbia compiuto l'attività per il perseguimento di finalità istituzionali dell'ente, ma anche se nell'agire amministrativo ha rispettato dette norme e principi giuridici e dunque la Corte dei Conti non viola il limite giuridico della riserva di amministrazione - da intendere come preferenza tra alternative, nell’ambito della ragionevolezza, per il soddisfacimento dell’interesse pubblico - sancito dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, come modificato dall’art. 3 della legge 23 ottobre 1993 n. 546 ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali . - nel controllare anche la giuridicità sostanziale - e cioè l’osservanza dei criteri di razionalità, nel senso di correttezza e adeguatezza dell’agire, logicità, e proporzionalità tra costi affrontati e obbiettivi conseguiti, costituenti al contempo indici di misura del potere amministrativo e confini del sindacato giurisdizionale - dell’esercizio del potere discrezionale. Ne consegue che è da ribadire il principio secondo il quale l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali compiute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti non comporta che esse siano sottratte al sindacato giurisdizionale di conformità alla legge formale e sostanziale che regola l'attività e l’organizzazione amministrativa, e quindi il giudice contabile non viola i limiti esterni della propria giurisdizione quando sottopone a giudizio di responsabilità per danno erariale gli amministratori che hanno conferito incarichi professionali senza determinazione specifica di contenuto, durata, criteri, compenso, in contrasto con l'art. 7, ultimo comma, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, secondo il quale per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione , e dunque il conferimento dell'incarico è legittimo solo in ipotesi di impossibilità oggettiva, da rappresentare nella delibera di far fronte all’esigenza richiesta con personale interno all’organizzazione Sezioni Unite 25 gennaio 2006 n. 1376 , la cui qualificazione professionale l’amministrazione ha infatti l’obbligo di verificare periodicamente ed incrementare. Pertanto l’esame da parte della Corte dei Conti delle scelte degli amministratori pubblici di UNIRE di incaricare professionisti esterni per consulenze, pareri e difesa giudiziale alla luce dei presupposti legali e delle clausole generali di giuridicità innanzi richiamati al fine di verificare la legittimità della scelta e la correttezza della gestione delle risorse pubbliche per i compensi corrisposti, alla luce anche del fondamentale principio del buon andamento e della ragionevole proporzionalità tra costi e benefici in relazione ai fini da perseguire, non travalica il limite esterno della giurisdizione erariale Sezioni Unite 5 marzo 2009 n. 5288, 9 maggio 2011 n. 10069, 13 giugno 2011 n. 12902, 23 gennaio 2012 n. 831, 13 febbraio del 2012, n. 1979 . Tutte le altre doglianze concernenti una erronea interpretazione dei principi e delle norme innanzi richiamate art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, artt. 1 e 7 del Dlgs 29/1993, art. 1 della legge 286 del 1999 costituiscono vizi di decisione nel merito concreto, non denunciabili in cassazione quale vizio attinente alla giurisdizione. Dunque il ricorso va respinto, con conseguente declaratoria di giurisdizione della Corte dei Conti. Non si deve provvedere sulle spese del giudizio di cassazione atteso che ha resistito il Procuratore Generale, rappresentante il P.M. della Corte dei Conti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti.