Se è vero che la determinazione dell’assegno divorzile è indipendente dalle situazioni patrimoniali dei coniugi presenti durante la separazione, è pur vero che il giudice deve comunque procedere alla verifica delle attuali condizioni economiche delle parti in rapporto al pregresso tenore di vita coniugale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 1275 del 22 gennaio 2014. Il fatto. Il Tribunale di Verona dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra due coniugi, ribattendo la domanda della moglie di assegno divorzile. Quest’ultima proponeva appello, chiedendo il ripristino dei provvedimenti adottati in sede di omologa delle condizioni di separazione. La Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame, sostenendo che la donna disponeva di mezzi adeguati per garantirle un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, anche perché, rispetto all’epoca in cui la stessa fruiva dell’assegno di mantenimento, le sue disponibilità economiche non erano mutate in peius. Lo donna ricorre per cassazione. Criteri di determinazione dell’assegno. Secondo la ricorrente, premessa l’irrilevanza della misura dell’assegno di mantenimento concordata in sede di separazione, la Corte d’Appello avrebbe errato nell’escludere il diritto all’assegno divorzile in modo automatico, collegandolo alla mera coincidenza tra i redditi da lei percepiti in atto e quelli all’epoca della separazione. Ora, se è vero che la determinazione dell’assegno divorzile è indipendente dalle situazioni patrimoniali dei coniugi presenti durante la separazione, è pur vero che il giudice deve comunque procedere alla verifica delle attuali condizioni economiche delle parti in rapporto al pregresso tenore di vita coniugale. Da questo punto di vista, l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi. La decisione della Corte lagunare si è correttamente basata sul fatto che i soli redditi derivanti dall’attività lavorativa della donna e l’assegno di mantenimento bastavano per mantenere un tenore di vita analogo a quello matrimoniale. La valutazione deve avvenire rebus sic stantibus. Né vale ad escludere tale correttezza, come lamentato dalla donna, la mancata considerazione che il suo reddito deriverebbe unicamente da un rapporto di lavoro a progetto del tutto precario e il fatto che le sue condizioni economiche sono inevitabilmente destinate a peggiorare nell’immediato futuro «correttamente il giudice di secondo grado ha escluso la rilevanza, ai fini di detta decisione, della rilevata circostanza, sottolineando che la valutazione al riguardo deve essere espressa rebus sic stanti bus. E difatti, l'ordinamento appresta strumenti di modifica della regolamentazione economica del divorzio, in presenza di mutamenti delle condizioni reddituali degli ex coniugi». Quando e perché interviene la Polizia Tributaria. La ricorrente denuncia, poi, il mancato coinvolgimento della Polizia Tributaria per accertare i redditi e il patrimonio dell’ex marito. La doglianza è infondata il giudice di merito, discrezionalmente, decide se avvalersene per compiere indagini patrimoniali, essendo una deroga alle regole generali sull’onere della prova e non un dovere imposto sulla base della semplice contestazione delle parti in ordine alle loro rispettive condizioni economiche. Un obbligo in tal senso sussiste solo se manca la dimostrazione degli assunti sui quali si fondano le istanze delle parti relative al riconoscimento e alla determinazione dell’assegno. Ciò, nel caso di specie, non si è verificato. Alla luce di tali conclusioni, il ricorso non può che essere rigettato.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 aprile 2013 – 22 gennaio 2014, numero 1275 Presidente Salmè – Relatore San Giorgio Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Verona, con sentenza numero 2509 del 2005, dichiarò la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto in data 21 ottobre 1992 da M.F. e D.T.S. , rimettendo le parti innanzi al giudice istruttore per la definizione degli aspetti patrimoniali oggetto di contestazione. Quindi, acquisite agli atti le dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi tre anni, con sentenza del 6 dicembre 2006 il Tribunale rigettò la domanda di assegno divorzile presentata dalla D.T. , che propose appello, chiedendo il ripristino dei provvedimenti adottati in sede di omologa delle condizioni di separazione, con il riconoscimento in suo favore e a carico dell'ex coniuge di un assegno superiore ad Euro 1150,00. 2. - Con sentenza depositata il 18 settembre 2007, la Corte d'appello di Venezia rigettò il gravame. Condivise il giudice di secondo grado la conclusione cui era pervenuto il Tribunale, secondo cui la D.T. disponeva dei mezzi adeguati per garantirle un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, osservando che, rispetto all'epoca in cui la stessa fruiva dell'assegno di mantenimento, le sue disponibilità economiche non erano complessivamente mutate in peius, in quanto ella percepiva con i propri redditi una somma almeno pari al reddito di cui aveva goduto all'epoca della separazione, comprensivo dell'assegno di mantenimento. Circa la doglianza prospettata dall'appellante, che lamentava il mancato ricorso da parte del Tribunale alle indagini di polizia tributaria, rilevò la Corte di merito che l'esercizio del potere di disporre indagini sui redditi ed i patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella discrezionalità del giudice e non può essere considerato come un dovere imposto sulla base della semplice contestazione delle parti in ordine alle loro rispettive condizioni economiche. Tale discrezionalità - osservò la Corte di merito - incontra un solo limite, nel senso che il giudice non può rigettare le istanze delle parti relative al riconoscimento ed alla determinazione dell'assegno sotto il profilo della mancata dimostrazione degli assunti sui quali si fondano senza avere prima disposto accertamenti di ufficio, diverso essendo il caso, come quello di specie, in cui lo stesso giudice ritenga raggiunta la prova della insussistenza dei presupposti che condizionano detto riconoscimento. Quanto alla omessa valorizzazione, contestata dall'appellante, della natura precaria della sua fonte di retribuzione, la Corte osservò che la valutazione doveva essere espressa rebus sic stantibus. 3. - Per la cassazione di tale sentenza la D.T. ha proposto un primo ricorso, notificato il 1 settembre 2008, ma non iscritto a ruolo e depositato poi dal solo controricorrente M. r.g. numero 25882/2008 , ed un secondo ricorso, notificato il 7 ottobre 2008 r.g. numero 23901/2008 , cui resiste il M. . Le parti hanno depositato memorie. Considerato in diritto 1. - Deve, preliminarmente, procedersi, ai sensi dell'articolo 335 cod.proc.civ., alla riunione dei ricorsi, siccome proposti nei confronti della medesima sentenza. 2. - Il ricorso r.g. numero 25882/2008 deve essere dichiarato improcedibile, a norma dell'articolo 369, primo comma, cod.proc.civ., in quanto non depositato dalla ricorrente nel termine di legge. 3. - Quanto al ricorso r.g. numero 23901/2008, con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di determinazione dell'assegno divorzile articolo 5, comma sesto, della legge numero 898 del 1970, come modificato dalla legge numero 74 del 1987 . Premesso il richiamo dell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale è al riguardo irrilevante la misura dell'assegno di mantenimento attribuito, o concordato, in sede di separazione, la ricorrente denuncia la decisione della Corte di merito di escluderne il diritto all'assegno divorzile in modo sostanzialmente automatico, in quanto collegato alla mera coincidenza tra i redditi percepiti in atto dalla stessa e quelli sui quali poteva contare all'epoca della separazione per effetto anche dell'assegno di mantenimento. La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione, ai sensi dell'articolo 366-bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis, del seguente quesito di diritto “Dica la Corte Ecc.ma se è corretta la decisione del Giudice di merito che esclude l’attribuzione dell'assegno divorzile al coniuge che già godeva di assegno di mantenimento soltanto ritenendo che il reddito attuale personale del coniuge richiedente è sostanzialmente pari al precedente reddito comprensivo dell'assegno determinato in sede di separazione, cosi deducendo quanto necessario ad assicurare al coniuge il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio esclusivamente dall'assetto economico relativo alla separazione, mentre avrebbe dovuto considerare tale assetto solo come uno degli indici di riferimento dell'assegno divorzile, dovendo questo essere valutato alla luce dei criteri propri ed autonomi previsti dall'articolo 5 Legge 898/1970”. 4. - La censura non merita accoglimento. 4.1. - È pur vero che la determinazione dell'assegno divorzile, alla stregua dell'articolo 5 della legge 1 dicembre 1970, numero 898, modificato dall'articolo 10 della legge 6 marzo 1987, numero 74, è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti in vigenza di separazione dei coniugi, come già chiarito da questa Corte, che ne ha tratto la conseguenza che il diniego dello stesso non può fondarsi sul rilievo che negli accordi di separazione i coniugi pattuirono che nessun assegno fosse versato dal marito per il mantenimento della moglie, dovendo comunque il giudice procedere alla verifica del rapporto delle attuali condizioni economiche delle parti con il pregresso tenore di vita coniugale v. Cass., sent. numero 1758 del 2008 . E tuttavia, l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi v. Cass., sent. numero 22500 del 2006 . 4.2. - Nella specie, la Corte lagunare ha fatto riferimento alla misura dell'assegno di mantenimento a favore della attuale ricorrente convenuto all'epoca della separazione non già al fine della determinazione dell'assegno divorzile tout court, bensì allo scopo di stabilire da ritenere idonea, in assenza di dimostrazioni in senso contrario da parte della D.T. , a consentire alla stessa la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, comparando tale somma a quella, superiore, da lei percepita in atto per effetto della sola propria attività lavorativa, e giungendo per tale via alla conclusione, corretta sul piano logico-giuridico, della non spettanza alla donna dell'assegno divorzile. 5. - Con il secondo motivo si denuncia la insufficiente e/o inadeguata motivazione su un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla mancata indagine della Polizia Tributaria per accertare i redditi ed il patrimonio del M. . Avrebbe errato la Corte di merito nell'affermare che l'esercizio del potere di disporre indagini sui redditi e patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella discrezionalità del giudice senza considerare che, in caso di motivata contestazione sulla entità di tali redditi, come avvenuto nella specie, il ricorso alle indagini è obbligatorio, salva adeguata motivazione. A completamento della illustrazione del motivo, “si rappresenta come non sia idonea a giustificare la decisione circa il mancato ricorso alle indagini di Polizia Tributaria la motivazione che, senza alcun riferimento agli elementi presuntivi di maggior reddito dedotti in causa, si basi sulla mancanza dei presupposti dell'assegno divorzile dedotta erroneamente ed illegittimamente dal semplice raffronto con l’assetto della separazione”. 6. - La doglianza è infondata. 6.1. - Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l'esercizio del potere di disporre indagini patrimoniali con l'avvalimento della polizia tributaria, che costituisce una deroga alle regole generali sull'onere della prova, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, e non può essere considerato anche come un dovere imposto sulla base della semplice contestazione delle parti in ordine alle loro rispettive condizioni economiche. Tale discrezionalità, tuttavia, incontra un limite nella circostanza che il giudice, potendosi avvalere di siffatto potere, non può rigettare le istanze delle parti relative al riconoscimento e alla determinazione dell'assegno sotto il profilo della mancata dimostrazione degli assunti sui quali si fondano, giacché in tal caso il giudice ha l'obbligo di disporre accertamenti d'ufficio, avvalendosi anche della polizia tributaria v., tra le altre, Cass., sentt. numero 12308 del 2007, numero 9861 del 2006, numero 10344 del 2005 . 6.2. - Nella specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale principio, adeguatamente motivando, alla stregua delle argomentazioni la cui congruità è già stata scrutinata sub 4.2., il proprio convincimento in ordine all'avvenuto raggiungimento della prova della insussistenza dei presupposti legittimanti il riconoscimento della spettanza dell'assegno divorzile. 7. - Con il terzo motivo si deduce omessa o insufficiente motivazione circa un punto controverso o decisivo per il giudizio e riguardante la richiesta di prove orali per interrogatorio e per testimoni. Sarebbe insussistente o insufficiente l'implicita motivazione del mancato accoglimento delle istanze istruttorie volte all'accertamento delle reali capacità patrimoniali del M. . A completamento della illustrazione della censura, la ricorrente “rappresenta come l’implicito rigetto delle istanze istruttorie orali relative alla situazione patrimoniale dei coniugi, determinato dalla ritenuta raggiunta prova dell'insussistenza dei presupposti dell'assegno di divorzio dedotta illegittimamente ed erroneamente dal mero raffronto con l’assetto economico della separazione risulta privo di motivazione o comunque con motivazione inidonea a giustificare la decisione”. 8. - La doglianza è inammissibile. Come esattamente rilevato dal controricorrente, i capitoli di prova dedotti avevano ad oggetto non già alla dimostrazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio, elemento, questo sì, idoneo a fondare una diversa decisione in ordine all'assetto economico del divorzio, ma piuttosto la determinazione della situazione patrimoniale e reddituale del M. . E, dunque, l'ammissione delle prove richieste non avrebbe avuto alcuna rilevanza ai fini della decisione. 9. - Con il quarto motivo si lamenta la insufficiente e/o inadeguata motivazione su di un punto decisivo della controversia. La Corte di merito avrebbe erroneamente valutato la fonte del reddito della ricorrente, derivante esclusivamente da un rapporto di lavoro a progetto del tutto precario, con conseguente evidente deterioramento delle condizioni economiche della stessa rispetto a quelle godute in costanza di matrimonio, in quanto destinate a peggiorare nell'immediato futuro, tenuto anche conto della mancanza di prospettive di nuove occasioni di lavoro. A conclusione della illustrazione del motivo la ricorrente “rappresenta come sia insufficiente ed incongrua la motivazione della esclusione dell'assegno divorzile fondata sul reddito attuale derivante da un lavoro a progetto, mentre la precarietà dello stesso ha invece immediate e significative ripercussioni sia sul piano personale, sia sul piano economico e del tenore di vita, determinando una sicura posizione di inferiorità”. 10. - Con il quinto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 10 della legge numero 34 del 1987. Avrebbe errato la Corte di merito nel non tenere conto degli ulteriori sviluppi della situazione della ricorrente, avuto riguardo al carattere precario della sua attività lavorativa e all'età della donna 57 anni , che difficilmente le avrebbe consentito il reperimento di una nuova occupazione. La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto “Se nella verifica della sussistenza del diritto all’assegno divorzile, di cui all'articolo 10 L. 6 marzo 1987, numero 34, abbia errato il Giudice di merito, il quale, con riferimento alla situazione economica del soggetto lavoratore a progetto che richiede l’assegno, abbia valutato le condizioni patrimoniali rebus sic stanti bus, mentre avrebbe dovuta valutare, anche in via di ragionevole previsione, gli sviluppi futuri, in senso peggiorativo, tenendo conto del carattere temporaneo e precario della stessa, ed altresì di tutti gli elementi e fattori individuali, ambientali, territoriali, economico-sociali della specifica fattispecie”. 11. - I motivi, che per la stretta connessione logico-giuridica che li avvince - volti come sono, entrambi, alla critica della mancata considerazione da parte della Corte territoriale, ai fini della decisione sulla spettanza alla ricorrente dell'assegno divorzile, della natura, che la stessa asseritamente precaria, della propria occupazione lavorativa -non colgono nel segno. Correttamente il giudice di secondo grado ha escluso la rilevanza, ai fini di detta decisione, della rilevata circostanza, sottolineando che la valutazione al riguardo deve essere espressa rebus sic stantibus. Ed infatti, l'ordinamento appresta strumenti di modifica della regolamentazione economica del divorzio, in presenza di mutamenti delle condizioni reddituali degli ex coniugi. 12.- Conclusivamente, il ricorso r.g. numero 25882/2008 deve essere dichiarato improcedibile, mentre il ricorso r.g. numero 23901 del 2008 deve essere rigettato. In applicazione del principio della soccombenza, le spese del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico della ricorrente. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara improcedibile il ricorso r.g. numero 25882/2008, rigetta il ricorso r.g. numero 23901/2008. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.