Sì del Garante per la privacy allo schema di decreto legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione relativo agli obblighi di trasparenza della Pa, ma a determinate condizioni. Nel dare il suo parere favorevole, il Garante ha infatti «posto una serie di “paletti”» - queste le testuali parole apparse sul sito ufficiale del Garante, in merito ad un parere datato 7 febbraio 2013 - «chiedendo che alcune norme vengano modificate, introducendo maggiori garanzie a tutela delle persone».
Il sì del Garante privacy in merito allo schema di decreto legislativo relativo agli obblighi di trasparenza della Pa è arrivato, ma a determinate condizioni. Il Garante ha infatti posto una serie di “paletti” chiedendo di introdurre «maggiori garanzie a tutela delle persone». L’importante è non ledere i diritti dei cittadini, specialmente di quelli in condizioni più disagiate. L'Authority, pur condividendo le ragioni sottese al provvedimento e «l'obiettivo di garantire la trasparenza nell'attività della Pa», ritiene, d’altra parte, che un tale valore debba essere comunque «bilanciato con un diritto di pari rango costituzionale come quello della riservatezza e della protezione dei dati che trova la sua matrice nella normativa europea». Alcune informazioni che verrebbero messe online sono “delicate”. Il Garante fa alcuni esempi di informazioni che verrebbero messe online e della loro facile reperibilità e riutilizzabilità incontrollata grazie ai motori di ricerca dati sensibili o in grado di rivelare condizioni di disagio economico e sociale di anziani, disabili o altri soggetti deboli che beneficiano di sussidi es. social card , la cui diffusione potrebbe comportare irreversibili danni per la dignità degli interessati, anche considerate le difficoltà oggettive di cancellare tali informazioni una volta in rete. I dati personali non pertinenti dovranno essere resi inintelligibili. L'Autorità ha avanzato quindi delle richieste sui siti web della Pa non dovranno mai essere diffusi dati sulla salute e sulla vita sessuale, quindi «vanno esclusi dalla pubblicazione i dati identificativi dei destinatari dei provvedimenti dai quali si possano ricavare dati sullo stato di salute o di uno stato economico-sociale degli interessati», come il riconoscimento di agevolazioni economiche, la fruizione di prestazioni sociali collegate al reddito, l'esenzione dal contributo per le refezione scolastica o dal ticket sanitario e, ancora, i contributi erogati per la cura di particolari malattie o per le vittime di violenza sessuale. Altri dati da non diffondere sono l'indirizzo di casa, il codice fiscale, le coordinate bancarie, la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce ISEE, informazioni sulle condizioni di indigenza, in quanto non pertinenti rispetto alle finalità perseguite. Inoltre, precisa il Garante, «i documenti pubblicati dovranno essere rintracciabili solo mediante i motori di ricerca interna al sito del soggetto pubblico e non attraverso i comuni motori di ricerca generalisti». Un consenso deve essere libero e non condizionato. Infine, l’Autorità ha chiarito che «occorre circoscrivere il contenuto delle dichiarazioni dei redditi da pubblicare alle sole notizie risultanti dal quadro riepilogativo della dichiarazioni stesse, allo scopo di evitare la diffusione di dati anche sensibili come la scelta del contribuente sulla destinazione del “5 per mille” ». Lo stesso discorso vale per soggetti estranei all'incarico pubblico come coniugi, figli, parenti , ai quali «è comunque necessario chiedere il consenso alla pubblicazione dei dati».
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