Impugnazione tardiva: la negligenza dell’avvocato integra il caso fortuito?

Il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è mai idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore.

Lo ribadisce la Corte di legittimità con sentenza numero 37772/18 depositata il 3 agosto. Il caso. L’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello con cui era stata rigettata l’impugnazione tardiva e la contestuale istanza di rimessione in termini avente ad oggetto la sentenza di condanna emessa dai Giudici di merito, divenuta irrevocabile nel 2016. In particolare, l’imputato lamenta di non aver proposto impugnazione tempestiva avverso tale sentenza a causa dell’ignoranza incolpevole circa la disciplina della decorrenza dei termini processuali, determinata dalla negligenza del precedente difensore di fiducia. Esclusa la configurabilità del caso fortuito o di forza maggiore. Relativamente alla possibile configurabilità del caso fortuito o di forza maggiore come prospettata dal ricorrente, la Corte di Cassazione afferma che «il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è mai idoneo a realizzarle», «sia perché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, sia perché non può essere esclusa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito». Le stesse sezioni civili della Corte hanno più volte ribadito che «la decadenza di un termine processuale, compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustifica, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto». Pertanto, i Giudici di legittimità dichiarano il ricorso inammissibile e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 marzo – 3 agosto 2018, numero 37772 Presidente Villoni – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. Il difensore di P.F.H. ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui la Corte di appello di Milano ha rigettato l’impugnazione tardiva e la contestuale istanza di rimessione in termini avente ad oggetto la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Como, divenuta irrevocabile il 13/09/2016. 2. Sono stati articolati due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge penale in relazione agli articolo 5-cod. penumero - 24-111 Cost. l’impugnazione avverso la sentenza non sarebbe stata proposta tempestivamente a causa della ignoranza incolpevole dell’imputato sulla disciplina dei termini processuali e della loro decorrenza P. avrebbe richiesto informazioni al difensore di fiducia dell’epoca ma avrebbe ricevuto da questi risposte che lo avrebbero tratto in errore. Sulla base di tale presupposto si sostiene che nelle specie il ricorrente sarebbe stato in uno stato di errore scusabile, ai sensi dell’articolo 5 cod. penumero . 2.2. Con il secondo motivo si lamenta l’erronea applicazione dell’articolo 175 cod. proc. penumero si contesta l’affermazione della Corte di appello che ha ritenuto tardiva l’istanza di rimessione in termini proposta il 22/12/2016. Secondo la Corte di merito il condannato avrebbe avuto conoscenza della sentenza divenuta irrevocabile in occasione della notifica a mani proprie, avvenuta il 30/09/2016, dell’ordinanza di cessazione della misura del divieto di allontanamento della casa famigliare in seguito all’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza nella relata si sarebbe fatto riferimento alla decisione ed al numero del procedimento. Sostiene invece il ricorrente che la conoscenza della sentenza sarebbe avvenuta solo il 13/12/2016, in occasione della notifica dell’ordine di esecuzione. 3. Il 2 ed il 5 marzo 2017 sono stati depositati motivi aggiunti e nuovi da parte di due nuovi difensori. Si argomenta, da una parte, in ordine al tema della tardività della istanza di rimessione, sostenendo come il termine dovrebbe decorrere solo a seguito della effettiva conoscenza della sentenza, e, dall’altra, sul prospettato caso fortuito o forza maggiore. La prova della negligenza del primo difensore sarebbe costituita anche dal fatto che questi sarebbe stato condannato per peculato all’esito di altro processo penale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Prescindendo dal tema della tempestività della richiesta di rimessione in termini, il primo motivo di ricorso - che ha valenza assorbente -, relativo alla configurazione del caso fortuito e della forza maggiore, è inammissibile perché manifestamente infondato. Dagli atti emerge che il ricorrente, assistito nel processo da un difensore di fiducia, fu, almeno in parte, personalmente presente all’udienza del 13/04/2016, nel corso della quale rese dichiarazioni spontanee prima di allontanarsi ed essere rappresentato dal suo difensore di fiducia, che assistette al momento in cui il Tribunale, in quella stessa udienza, dette lettura del dispositivo della sentenza. 3. In tale quadro di riferimento, il motivo di impugnazione è strutturalmente generico, non essendo stato neppure allegato un qualunque elemento volto a comprovare che effettivamente il ricorrente, che era a conoscenza del processo, contattò il suo difensore dopo la decisione del Tribunale, chiese informazioni sull’esito del processo e sui suoi sviluppi possibili e ricevette risposte fuorvianti. Sul tema il ricorso è totalmente silente. 4. Peraltro, ove pure fosse configurabile un inadempimento o un inesatto adempimento da parte dell’allora difensore di fiducia del ricorrente, secondo l’orientamento largamente maggioritario della giurisprudenza, che questo Collegio condivide, il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore cfr., segnatamente, tra le tante Sez. 4, numero 55106 del 18/10/2017, Hudorovich, Rv. 271660 Sez. 6, numero 3631 del 20/12/2016, dep. 2017, Porricelli, Rv. 269738 Sez. 6, numero 18716 del 31/03/2016, Saracinelli, Rv. 266926 Sez. 2, numero 16066 del 02/04/2015, Costica, Rv. 263761 Sez. 3, numero 39437 del 05/06/2013, Leka, Rv. 257221 Sez. 1, numero 1801 del 30/11/2012, dep. 2013, Masini, Rv. 254211 Sez. 4, numero 20655 del 14/03/2012, Ferioli, Rv. 254072 Sez. 2, numero 18886 del 24/01/2012, Dennaoui, Rv. 252812 Sez. 5, numero 43277 del 06/07/2011, Mangano, Rv. 251695 Sez. 2, numero 48243 del 11/11/2003, La Spina, Rv. 227085 Sez. 2, numero 49179 del 11/11/2003, Sulli, Rv. 227696 Sez. 5, numero 626 del 01/02/2000, Bettili, Rv. 215490 . A sostegno di questa conclusione si osserva che il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore - che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termini - sia perché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, sia perché non può essere esclusa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo. Si tratta di una impostazione coerente anche con le indicazioni della giurisprudenza delle sezioni civili, secondo la quale la decadenza da un temine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto così Sez. 3 civ., numero 17704 del 29/07/2010, Rv. 615151 . 5. All’inammissibilità del motivo, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.