Medici con doppia convenzione, il compenso aggiuntivo è limitato

Il compenso aggiuntivo per i medici con doppia convenzione non può superare l'importo spettante al sanitario con unica convenzione.

Il compenso spettante a un medico titolare di doppia convenzione non può superare l'importo spettante al sanitario con unica convenzione, essendo inammissibile il cumulo dei due compensi. È il principio espresso dalla sezione Lavoro della Corte di Cassazione, nella sentenza numero 15493 del 14 luglio.Il caso. Un medico, titolare di una duplice convenzione con i servizi sanitari, otteneva in appello il compenso aggiuntivo su entrambe le convenzioni il gravame proposto dalla Amministrazione Unità Sanitaria locale Ausl competente veniva, infatti, rigettato. Doppia convenzione, doppio compenso? Con il ricorso per cassazione, la Ausl contesta le conclusioni della Corte d'Appello, secondo cui gli incarichi sono cumulabili e in ciascuno di essi il compenso va calcolato separatamente, senza limiti quantitativi massimi. Sostiene, invece, la Ausl, che al medico titolare di doppia convenzione non può essere riconosciuto un compenso aggiuntivo superiore a quello più favorevole riconosciuto al sanitario massimalista con unico incarico.Per i giudici di merito la non cumulabilità dovrebbe essere specificamente prevista, ma non vi sono divieti espressi di conseguenza, appare chiara la volontà di non porre limiti al cumulo. Non c'è un tetto massimo che non può essere superato questo il principio espresso dalla sentenza impugnata.Il compenso aggiuntivo è soggetto a limiti precisi niente cumulo. Di parere contrario, invece, sono i giudici di legittimità che, ritenendo fondato il ricorso della Ausl, riscontrano l'esistenza di un limite generale nella fruizione di emolumenti, stabilito dall'articolo 45, d.p.r. numero 486/1996 mediane la fissazione di una misura massima del compenso aggiuntivo. Si tratta di un limite che, conformemente a quanto sostenuto dal ricorrente, è destinato ad operare come criterio interpretativo anche nelle ipotesi di doppio incarico.Il Collegio, infatti, afferma che il compenso aggiuntivo previsto per i medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale non può superare l'importo spettante al sanitario con unica convenzione, restando inammissibile il cumulo in favore del medico con doppia convenzione. È applicabile, infatti, il regime giuridico vigente per l'istituto delle quote di carovita, regime che appare compatibile con il nuovo meccanismo di incrementi automatici del compenso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 aprile - 14 luglio 2011, numero 15493Presidente Lamorgese - Relatore CurcurutoRitenuto in fattoLa Corte d'Appello di Messina, rigettando il gravame della AUSL 5 contro la parte ora intimata, ha riconosciuto a quest'ultima, medico convenzionato titolare di duplice convenzione, il compenso aggiuntivo su entrambe le convenzioni dal 1° gennaio 1995.Secondo la Corte territoriale gli incarichi sono senz'altro cumulabili e in ciascuno di essi il compenso in questione è diversamente strutturato, quindi va calcolato separatamente per ciascuno di essi. La non cumulabilità dovrebbe essere specificamente prevista mentre non lo è nulla si rinviene al riguardo nell'articolo 45 del d.p.r. 22 luglio 1994, numero 484. L'assenza dei divieti esprime la volontà contrattuale di non porre limiti al cumulo ciascuno dei compensi incontra i propri limiti specifici ma non vi è un tetto massimo da non superare. Non si può estendere al compenso aggiuntivo la disciplina in tema di compenso per la variazione del costo vita, perché si tratta di fattispecie diverse. Il d.p.r. 484/96, quale atto di normazione secondaria cui va applicato l'articolo 15 delle Preleggi, ridisciplinando il trattamento retributivo dei medici convenzionati ha abrogato il precedente compenso per la variazione del costo vita previsto dal d.p.r. 314/1980. Inoltre, a conforto della diversità dei due istituti nessun riferimento si rinviene, in tale normativa successiva, sulle quote di carovita. Pertanto, il compenso aggiuntivo, quale quota fissa di retribuzione, va corrisposto dall'entrata in vigore del d.p.r. 484/96 che, a questo limitato effetto, decorre dal 1° gennaio 1995.La AUSL 5 di Messina chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per un motivo.La parte intimata resiste con controricorso, illustrato con memoria. Considerato in dirittoLe eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di valida procura speciale e di autosufficienza , sollevate nel controricorso sono infondate.La procura al difensore della parte ricorrente è conferita a margine del ricorso per cassazione e tanto basta. secondo un ormai saldissimo orientamento giurisprudenziale, per il quale ogni citazione sarebbe superflua, a farla ritenere validamente conferita per impugnare la sentenza dinanzi a questa Corte.La parte controricorrente nel sostenere, poi, che la specialità della materia trattata imporrebbe un richiamo integrale a tutti gli articoli di legge, norme contrattuali e accordi collettivi indicati in ricorso , a parte l'improprio richiamo alla necessità di riproduzione delle norme di legge, trascura di considerare che le norme contenute negli accordi collettivi di cui si tratta, sono direttamente conoscibili da questa Corte vista la specifica tecnica normativa con cui essi sono stati recepiti.L'unico motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 25 d.p.r. 484/96. in connessione con gli articoli 45.58 e 14 dello stesso d.p.r. Violazione dei canoni ermeneutici di cui agli articoli 1362 e 1363 codice civile.Si addebita alla sentenza impugnata di avere, in violazione delle norme richiamate, riconosciuto alla sanitario titolare di doppia convenzione un compenso aggiuntivo di importo superiore a quello più favorevole riconoscibile a sanitario massimalista con un unico incarico, senza tener conto del limite generale nella fruizione dell'emolumento stabilito dall'articolo 45 del d.p.r. 484/1996 attraverso la fissazione di una misura massima del compenso aggiuntivo, limite destinato ad operare come criterio interpretativo anche nelle ipotesi di doppio incarico.Il motivo è fondato.La giurisprudenza di questa Corte è prevalentemente orientata nel senso che il compenso aggiuntivo per i medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale, di cui all'articolo 45 lett C del d.P.R. 22 luglio 1996 numero 484, non può superare l'importo spettante al sanitario con unica convenzione, restando inammissibile il cumulo in favore del medico convenzionato che sia titolare di due rapporti, atteso che si applica senza limitazioni, in forza del richiamo fattone dall'articolo 41 , lett. F, del d.P.R. numero 314 del 1990, il regime giuridico già vigente per l'istituto delle quote di carovita, regime perfettamente compatibile con il nuovo meccanismo di incrementi automatici del compenso. Né a sostegno di diversa interpretazione possono valere argomenti sistematici come il riferimento all'articolo 36 Cost., non applicabile in relazione a prestazione d'opera professionale autonoma, o quello all'art 8 d. lgs. numero 502 del 1992 - nel testo vigente ratione temporis -nella parte concernente la struttura del compenso spettante al medico, perché con riguardo ai compensi fissi ben poteva stabilirsi una limitazione dell'erogazione, confermando quanto ai meccanismi automatici di adeguamento la disciplina già operante per il soppresso istituto delle quote di carovita. Cass. 24164/2006 conf. Cass. 16681/2008 13279/2010 in senso contrario, isolatamente, a quanto consta, Cass. 4412/2006 .Nè la sentenza impugnata né le difese del controricorrente contengono argomenti che possano indurre questa Corte a mutare tale orientamento. Quindi il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.Poiché non vi è necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa può esser decisa nel merito, con rigetto della domanda svolta dalla parte intimata contro la parte ricorrente.Quanto alle spese, possono essere compensate quelle dei giudizi di merito, svoltisi prima del definitivo consolidarsi della giurisprudenza di questa Corte, mentre la parte intimata va condannata alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda proposta da G. M., che condanna al pagamento in favore della AUSL ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in €.20,00 per esborsi ed in € 3000 tremila per onorari, oltre IVA. CPA e spese generali compensa interamente fra le parti le spese del giudizio di merito.