Rilascia un’intervista sull’ex collega ritenendolo indegno di riassunzione: va assolto dal risarcimento danni

Il risarcimento dei danni da diffamazione è escluso dall'esimente dell'esercizio del diritto di critica quando i fatti narrati corrispondano a verità e l’autore, nell’esposizione degli stessi seppur con terminologia aspra e di pungente disapprovazione , si sia limitato ad esprimere l’insieme delle proprie opinioni.

La sentenza che si annota ha ad oggetto il tema del risarcimento del danno per diffamazione a mezzo stampa. Come noto, l’esimente del diritto di critica soggiace al limite della continenza, che comporta moderazione, misura e proporzione nelle modalità espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l'altrui dignità morale e professionale . Si rende così necessario un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita. E’ così che al citato presupposto formale relativo alla c.d. continenza si aggiunge l’ulteriore verifica dell'interesse dell'opinione pubblica a conoscere non tanto il fatto storico in sé, quanto piuttosto la critica ossia l’interpretazione del fatto stesso c.d. pertinenza . Entro tali limiti, la critica , siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell'agente, può anche essere pretestuosa ed ingiustificata, oltre che caratterizzata da forte asprezza. Il fatto. Nel caso di specie, il direttore amministrativo di un ente pubblico economico rilasciava ad un giornalista un’intervista in termini particolarmente critici in merito alla riassunzione in servizio, presso il predetto ente, di altro direttore amministrativo. In particolare, nell’intervista si stigmatizzava, con termini particolarmente aspri e denigratori, la circostanza che il soggetto fosse stato reintegrato in servizio pur essendo stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile alla pena della reclusione di anni uno e mesi sei per diversi reati di notevole allarme sociale tra cui l’associazione a delinquere per fatti riconducibili ad episodi in cui il reo era investito di poteri gestori dell’ente medesimo. Dalle presunte frasi diffamatorie riferite scaturiva un giudizio civile di risarcimento dei danni che in primo grado si chiudeva con il rigetto della domanda mentre in sede di appello la condotta del convenuto veniva considerata illegittima per violazione del principio di continenza. Nella parte motiva il giudice di appello riteneva come la critica, seppur vivace ed aspra, «non possa mai trasmodare in espressioni di incivile denigrazione, che trascenda ad attacchi personali volti precipuamente a ferire su un piano personale la figura del soggetto attaccato». Seguiva il giudizio dinanzi alla Suprema Corte. Il ricorrente, tra i vari motivi di doglianza, censura la decisione emessa dal giudice di seconde cure perché lesiva dell’articolo 21 Cost. e dell’articolo 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, posti a tutela della libertà di opinione e del diritto di critica. Nello specifico ritiene non offensiva la frase rivolta a controparte nell’intervista dal seguente letterale tenore «con quale autorità e carisma potrà tornare in servizio e impartire ordini ai suoi subalterni?». L’intervista, per quanto iperbolica e polemica, non lede la reputazione. Per gli ermellini i motivi di doglianza sono fondati, giacché le argomentazioni del giudice d’appello non colgono nel segno almeno sotto due distinti profili. Le espressioni del ricorrente, vergate nell’intervista, hanno avuto la finalità non di denigrare l’operato dell’ex collega, bensì di sensibilizzare l’opinione pubblica, nell’alveo del diritto costituzionale di critica, sulla circostanza che i responsabili dell’ente economico avessero inteso nonostante l’evidenza di fatti penali di riassumere in servizio un soggetto coinvolto in una grave vicenda giudiziaria. Per cui – proseguono gli ermellini – qualora l’intervista avesse avuto i contorni di una diffamazione e/o ingiuria, il controricorrente sarebbe da considerarsi soggetto terzo rispetto alle critiche formulate dall’intervistato che avrebbero attinto se ed in quanto provate sul piano dell’offesa esclusivamente l’ente pubblico o i suoi amministratori. V’è da dire, comunque, come nel caso in parola, la Suprema Corte non abbia neppure individuato nell’intervista profili di responsabilità aquiliana, in quanto la frase proferita «con quale autorità e carisma potrà tornare in servizio e impartire ordini ai suoi subalterni?» non è in alcun modo lesiva dell’onore del soggetto in forza della grave vicenda giudiziaria in cui era stato coinvolto e l’applicazione di una pena detentiva di non breve durata . Parimenti per le altre frasi inserite all’interno dell’intervista che, in quanto iperboliche e polemiche es. «ma per essere licenziato cosa deve fare il L., uccidere uno per uno i suoi dipendenti?» non sono in grado di ledere la reputazione del controricorrente, perché continuano a stigmatizzare la decisione dell’ente pubblico di riassumere in servizio il precedente amministratore. Concludendo. In tale cornice, e nonostante il rigetto, la sentenza esaminata si inserisce in quel filone di decisioni secondo cui il legittimo esercizio della diritto di critica, inteso quale esimente ai fini della responsabilità civile per ingiuria e/o diffamazione, non deve mai travalicare, come anticipato in premessa, i limiti imposti dalla convivenza civile, mediante offese gratuite o insulti per pretesa indegnità personale cfr. ex multis Cass. Civ., sent. 23.2.2010, numero 4325 Cass. Civ., sent. 16.5.2001, numero 6707 Cass. Civ., sent. 27.6.2000, numero 8734 . Tant’è che il risarcimento dei danni da diffamazione va escluso dall’esercizio del diritto di critica tutte le volte in cui i fatti narrati corrispondano a verità e l’esposizione degli stessi, misurata e pertinente, sia necessaria ad informare l’opinione pubblica su quanto occorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 maggio – 19 giugno 2012, numero 10031 Presidente Preden – Relatore Finocchiaro Svolgimento del processo Con atto 21 marzo 1995 L.E. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Messina P.O. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni tutti patiti da esso concludente a causa delle frasi diffamatorie riferite dalla convenuta il omississ a un giornalista del omississ e pubblicate dal quotidiano in un articolo uscito il giorno successivo. Costituitasi in giudizio la P. ha resistito alla avversa domanda deducendone la infondatezza e chiedendone il rigetto, facendo presente che essendo vari i fatti riferiti nell'articolo giornalistico essa concludente si era limitata a esercitare il diritto di libera manifestazione del pensiero. Svoltasi la istruttoria del caso l'adito tribunale, con sentenza 5 novembre 2004 ha rigettato la domanda. Gravata tale pronunzia dal soccombente L. la Corte di appello di Messina con sentenza 2 -13 luglio 2009 in totale riforma della decisione del primo giudice ha dichiarato illegittima la condotta della P. per violazione del principio della continenza con condanna della stessa al pagamento della somma di Euro 30 mila attualizzata al momento della decisione oltre interessi a decorrere dalla sentenza stessa. Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso, affidato a due motivi e illustrato da memoria P.O. . Resiste, con controricorso, L.E. . Motivi della decisione 1. Come accennato in parte espositiva in data omississ P.O. , direttore amministrativo del Consorzio autostrade siciliane ha rilasciato - a un giornalista del omississ - una intervista, pubblicata il giorno successivo, in termini particolarmente critici in margine alla riassunzione in servizio, presso il detto Consorzio, di altro direttore amministrativo, L.E. , dopo che con sentenza 6 dicembre 1994 il giudice per le indagini preliminari di Messina aveva pronunziato - nei confronti del L. - sentenza divenuta irrevocabile di applicazione della pena di un anno e mesi sei di reclusione per i reati di associazione per delinquere, abuso di ufficio, turbativa d'asta e corruzione, per fatti da ricondursi a episodi di gestione del Consorzio da parte dello stesso L. . Andando di contrario avviso, rispetto alle conclusioni fatte proprie dal primo giudice, la Corte di appello di Messina ha ritenuto illegittima la condotta della P. , atteso che quanto dalla stessa dichiarato, ancorché conforme a verità, violava il principio della continenza con conseguente condanna al risarcimento dei danni in favore del L. , liquidati in Euro 30 mila . La P. - hanno affermato i giudici di secondo grado – ha violato il principio della continenza se è pure vero che anche nelle vicende giudiziarie è consentita la critica pur vivace e aspra, non è consentito che essa trasmodi in espressioni di incivile denigrazione, che trascenda ad attacchi personali volti precipuamente a ferire su un piano personale la figura del soggetto attaccato. In altri termini la P. , a proposito della riassunzione del L. era legittimata a stigmatizzare la condotta dalla Autostrada che aveva riassunto un dipendente pur coinvolto in precedenza in quella grave vicenda giudiziaria, ma non poteva giudicare e bollare il L. con categoricità assoluta responsabile e colpevole di qualsiasi ladrocinio e, perciò, indegno a coprire la carica assegnatagli. Invero - prosegue la sentenza ora oggetto di ricorso - è pacifico che nell'intervista rilasciata a proposito della riassunzione del L. la P. affermò tra l'altro con quale carisma potrà impartire ordini così si legittima qualsiasi ladrocinio ma per essere licenziato cosa deve fare il L. , uccidere uno per uno i suoi dipendenti?. In tal modo - conclude la sentenza impugnata - la P. fece chiaramente intendere che il L. non era più degno a coprire la carica in precedenza assunta, dato che era stato ritenuto responsabile di tutte le peggiori nequizie previste dalla legge che ci governa a prescindere dall'omicidio. 2. La ricorrente censura la riassunta pronunzia de-nunziando, con il primo motivo, violazione di norme, in particolare degli articolo 21 Cost. e 10 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, 1 e 595 cod. penumero con riferimento all'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., a tutela della libertà di opinione e del diritto di critica sul requisito della continenza , atteso che essa ricorrente non ha adoperato espressioni offensiva allorché si è rivolta alla persona del L. con quale autorità e carisma potrà tornare in servizio e impartire ordini ai suoi subalterni? mentre l'essere indegno a coprire la carica è una mera deduzione formulata dal Collegio e non è espressione riconducibile a essa concludente e, del resto, neppure il ricorso alla retorica e all'iperbole ma per essere licenziato cosa deve fare L. , uccidere uno per uno tutti i dipendenti? Così si legittima qualsiasi ladrocino sfocia in un gratuito attacco alla persona del L. , ma stigmatizza la situazione paradossale e soprattutto esprime una ferma e aspra critica non già alla condotta del L. , ma quella del Commissario straordinario del Consorzio possibile responsabile di omissisone di atti di ufficio . 3. Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento. Alla luce delle considerazioni che seguono. 3.1. Come accennato sopra è pacifico, in causa - da un lato, che - in data 6 dicembre 1994 - il giudice per le indagini preliminari di Messina ha emesso sentenza - divenuta irrevocabile - di applicazione, nei confronti di L.E. , direttore amministrativo del Consorzio Autostrade Siciliane, della pena detentiva di un anno e mesi sei di reclusione per una serie di reati obiettivamente di notevole allarme sociale associazione per delinquere, abuso di ufficio, turbativa d' asta, corruzione , per comportamenti da ricondursi a episodi di gestione del Consorzio Autostrade Siciliane da parte dello stesso L. - dall'altro, che il Consorzio - datore di Lavoro del L. - dopo la sentenza sopra ricordata, ha riassunto in servizio il L. - da ultimo, che la P. , anche essa direttore amministrativo dello stesso Consorzio Autostrade Siciliane, ha rilasciato una intervista al Giornale di Sicilia, stigmatizzando il provvedimento di riassunzione adottato dal comune datore di lavoro. 3.2. Assume la sentenza ora impugnata che è consentita la critica pur vivace e aspra, ma non è consentito che essa trasmodi in espressioni di incivile denigrazione, che trascenda ad attacchi personali volti precipuamente a ferire su un piano personale la figura del soggetto attaccato, atteso che la P. , a proposito della riassunzione del L. era legittimata a stigmatizzare la condotta dalla Autostrada che aveva riassunto un dipendente pur coinvolto in precedenza in quella grave vicenda giudiziaria, ma non poteva giudicare e bollare il L. con categoricità assoluta responsabile e colpevole di qualsiasi ladrocinio e, perciò, indegno a coprire la carica assegnatagli. Il rilievo non coglie nel segno. Almeno sotto due - concorrenti - profili. 3.2.1. La P. - come puntualmente evidenziato anche dalla sentenza impugnata - intendeva denunziare - e ha denunziato - alla pubblica opinione cioè criticare non l'operato del collega [cioè del L. ] e i fatti da costui posti in essere neppure sommariamente indicati , ma i responsabili del Consorzio Autostrade Siciliane che avevano riassunto in servizio un dipendente coinvolto in una grave vicenda giudiziaria. È di palmare evidenza, tale essendo il non contestato contenuto dell'intervista, che in tanto poteva farsi applicazione - da parte della sentenza gravata - della pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo cui il legittimo esercizio del diritto di critica, inteso come esimente rilevante anche ai fini della responsabilità civile da ingiuria e/o diffamazione, pur potendo contemplare toni aspri e di disapprovazione pungenti ed incisivi comunque non deve trasmodare nell'attacco personale e nella pura contumelia e non deve ledere il diritto altrui all'integrità morale cfr., ad esempio, Cass. 23 febbraio 2010, numero 4325 Cass. 16 maggio 2001, numero 6707 Cass. 27 giugno 2000, numero 8734 in quanto le critiche mosse dalla P. fossero trasmodate in espressioni di incivile denigrazione, o in attacchi personali volti precipuamente a ferire su un piano personale la figura del soggetto attaccato, cioè l’Ente Consorzio Autostrade Siciliane o i suoi amministratori [e non certamente, come si assume, un terzo, rispetto alle critiche formulate, cioè il L. ]. 3.2.2. In secondo luogo - sempre in termini opposti rispetto a quanto affermato dalla Corte di appello - deve escludersi che nella intervista per cui è controversia siano contenute offese alla persona del L. . Infatti - l'espressione con quale autorità e carisma, [il L. ] potrà tornare in servizio e impartire ordini ai suoi subalterni? non è in alcun modo lesiva dell'onore del L. , certo essendo - come evidenziato sopra - da un lato, che lo stesso era stato coinvolto in una grave vicenda giudiziaria, dall'altro, che era stata applicata una pena detentiva non breve su richiesta delle parti - l'espressione stessa dimostra - esclusivamente - la disapprovazione - che ex articolo 21 Cost. non può non essere ritenuta lecita - da parte di altro dipendente dallo stesso Consorzio per il provvedimento di riassunzione disposto dal comune datore di lavoro pur essendo intervenuti i detti fatti, e, quindi, senza manifestare nessun apprezzamento per la condotta tenuta dal L. ma stigmatizzando, come già notato sopra, la condotta del Consorzio e dei suoi amministratori - allorché la P. ha affermato così si legittima qualsiasi ladrocinio la stessa non ha fatto alcun riferimento - contrariamente a quanto del tutto apoditticcamente supposto dalla sentenza impugnata - alle condotte poste in essere dal L. , né ha - neppure indirettamente - fatto intendere al lettore dell'intervista che il L. si fosse reso responsabile di tutte le peggiori nequizie previste dalla legge a prescindere dall'omicidio come pur si afferma nella sentenza impugnata - in realtà la P. , sempre nella propria critica ai responsabili del Consorzio e non al L. si è limitata a evidenziare che per tal via, riassumendo cioè in servizio presso il Consorzio persone nei cui confronti è stata applicata una pena detentiva su richiesta delle parti per fatti posti in essere proprio nella qualità di dipendenti del Consorzio, quest'ultimo [e non certamente il L. ] nel futuro non avrebbe potuto che rendere legittima cioè priva di qualsiasi sanzione nell'ambito del rapporto di lavoro qualsiasi condotta penalmente rilevante e deve escludersi che in tale - legittima - critica alla condotta del Consorzio datore di lavoro, sia ravvisabile una offesa alla reputazione dell'odierno contro ricorrente ai sensi dell'articolo 595 cod. penumero - deve escludersi, da ultimo, altresì, che possa costituire offesa alla reputazione dell'odierno contro ricorrente l'iperbole, posta a fondamento della ritenuta responsabilità della P. ma, per essere licenziato cosa, deve fare il L. , uccidere uno per uno i suoi dipendenti? - non condividendo la P. il provvedimento di riassunzione adottato dal Consorzio, atteso che - a suo parere - detto provvedimento, in esito alle pacifiche emergenze, era totalmente ingiustificato - la stessa affermando - ma per essere licenziato cosa deve fare il L. , uccidere uno per uno i suoi dipendenti? lungi dall'offendere la reputazione del L. circostanza indispensabile perché sia configurabile il sussistere della diffamazione , si è limitata a esprimere un proprio - legittimo - giudizio non sulla vicenda giudiziaria che aveva avuto come protagonista il L. , ma sulla diversa, circostanza, costituita dalla riassunzione in servizio di questi da parte del comune datore di lavoro - la vicenda del L. coinvolgimento in una grave vicenda penale e condanna ex articolo 445 cod. proc. penumero , del resto, era nota all'intervistatore e ai lettori del quotidiano il omississ , e in margine alla stessa la P. non ha espresso alcuna valutazione spregiativa sulla persona del L. - in realtà l'espressione - polemica - ma per essere licenziato cosa deve fare il L. , uccidere uno per uno i suoi dipendenti?, non riguarda in alcun modo la persona del L. , ma la condotta del Consorzio che - ad avviso della P. erroneamente aveva riassunto in servizio il L. - ed è evidente, pertanto, che il destinatario di tale iperbolica considerazione [e che, eventualmente, poteva dolersi della stessa sul presupposto che ledeva il suo onore] era il Consorzio e non certamente il L. . 4. Risultato fondato il primo motivo di ricorso, rimane assorbito il secondo relativo al quantum del risarcimento riconosciuto al L. con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Atteso che non sono necessari ulteriori accertamenti di merito la causa può essere decisa nel merito. In particolare, essendo rimasta accertata la insussistenza di una condotta illegittima della P. in ordine alle dichiarazioni dalla stessa rilasciate a un giornalista del omississ il omississ , deve essere rigettato l'appello avverso la sentenza 5 novembre 2004 del tribunale di Messina proposto da L.E. nei confronti di P.O. , con condanna del L. al pagamento delle spese sia del giudizio di appello che si questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo di ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l'appello avverso la sentenza 5 novembre 2004 del tribunale di Messina proposto da L.E. nei confronti di P.O. condanna L.E. al pagamento delle spese del giudizio di appello, liquidate nella stessa misura fissata dalla Corte di appello Euro 5.160,00, oltre accessori nonché a quelle di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge.