E’ illogico attribuire una portata minacciosa alla condotta gestuale dell’imputato che, puntando l’indice alla propria fronte, aveva simulato un colpo di pistola.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16579/13, depositata il 12 aprile. Il caso il gesto del colpo di pistola. Un uomo viene condannato per minaccia a pubblico ufficiale articolo 336 c.p. per aver puntato l’indice della mano alla propria fronte, simulando il gesto di sparare un colpo di pistola, con l’intento di costringere un carabiniere a omettere l’atto di perquisizione all’interno della propria abitazione i giudici di merito, infatti, ritengono che il segno di esplosione di un colpo di pistola concretizzi la minaccia ai danni del milite che stava eseguendo la perquisizione. La ricostruzione dei giudici di merito è illogica. L’imputato ricorre allora per cassazione, lamentando l’illogicità della ricostruzione dell’elemento oggettivo dell’ipotesi contestata, conseguenza dell’indebita valorizzazione dei suoi precedenti penali. A giudizio degli Ermellini la censura è fondata, in quanto è illogico attribuire alla condotta gestuale autolesionistica dell’imputato una portata minacciosa nei confronti del carabiniere. Per questo motivo la Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 marzo – 12 aprile 2013, numero 16579 Presidente Milo – Relatore Capozzi Considerato in fatto e ritenuto in diritto 1. Con sentenza del 19.6.2012 la Corte di appello di Palermo, a seguito di appello dell'imputato B.G., confermava la sentenza emessa in data 25.6.2009 nei confronti di quest'ultimo dal Tribunale di Palermo con la quale era stata affermata la penale responsabilità del B. in ordine al delitto di cui all'articolo 336 c.p. condannandolo a pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza la difesa dell'imputato propone ricorso per cassazione deducendo con unico motivo violazione dell'articolo 336 c.p., 125 e 546 c.p.p. in relazione all'articolo 606 co. 1 lett. b ed e c.p.p. avendo la sentenza illogicamente ricostruito l'elemento oggettivo della ipotesi contestata attribuendo al gesto dell'imputato di portare la propria mano alla tempia mimando un colpo di pistola la valenza intimidatrice nei confronti di uno dei CC procedenti, valorizzando all'uopo indebitamente i precedenti penali dell'imputato. 3. L'imputato è stato accusato - secondo l'imputazione elevata - del “delitto di cui al'articolo 336 c.p. perché con minaccia rivolta al C.re G.A., consistita nel puntare l'indice della mano alla propria fronte e nel simulare il gesto di sparare un colpo di pistola, esercitava tale condotta per costringere il P.U. ad omettere un atto di ufficio/di servizio ed in particolare un atto di perquisizione all'interno dell'abitazione del B.”. 4. La Corte di Appello, nel confermare la statuizione di primo grado, ha desunto che l'imputato dopo aver richiamato l'attenzione del carabiniere “gli aveva fatto inequivoco segno di esplosione ai suoi danni di un colpo di pistola”, così concludendo per la verificazione della minaccia ai danni del predetto milite che stava eseguendo, con altri commilitoni, la perquisizione domiciliare ai danni del B 5. Siffatta ricostruzione, a giudizio del Collegio, risulta illogica attribuendosi alla condotta gestuale autolesionistica dell'imputato la sentenza di primo grado dice chiaramente, seguendo l'annotazione di p.g., che l'imputato “simulando il gesto di sparare con una pistola, si puntava il dito indice con il pollice sollevato alla fronte” una portata minacciosa nei confronti dell'operante. 6. Il fatto, pertanto, così ricostruito dai giudici di merito non integra l'elemento obiettivo del delitto ipotizzato. 7. Deve, quindi, disporsi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.