Con la Legge numero 9/2012 di conversione del d.l. 22 dicembre 2011 numero 211, oltre alle novità sul giudizio direttissimo davanti al Tribunale monocratico, si sono apportate significative modifiche di sistema nel rapporto esistente tra strutture giudiziarie, da una parte, e persona ristretta anche solo a titolo provvisorio o pre-cautelare, dall’altra.
Il luogo di audizione a del testimone e dell’indagato detenuti. Il «nuovo» principio, astrattamente derogabile, fatto proprio dalla normativa in questione può essere così riassunto l’audizione del soggetto testimone, che si trovi a qualunque titolo in stato di detenzione, deve essere sentito a «distanza» così il nuovo comma 1- bis articolo 146 bis disp. att. c.p.p. . Anche nei confronti dell’indagato «ristretto», peraltro, si manifesta un favor per una sua sostanziale immobilità, posto che la sua audizione deve ora avvenire nel luogo in cui egli si trovi detenuto secondo periodo del nuovo articolo 123 disp. att. c.p.p. . Tale ultima disposizione, tuttavia, è assai fragile, poiché il giudice può comunque ordinare la comparizione avanti a sé dell’arrestato, del fermato o del detenuto. Il provvedimento in questione deve ovviamente seguire le indicazioni legali sul punto, dettate dall’eccezionalità ed urgenza dell’audizione, ma, avendo forma di decreto motivato, ogni abuso o comunque ogni sviamento del mezzo rispetto al fine rileverà sul piano squisitamente disciplinare. La logica sottostante a tali innovazioni è di natura meramente economica. Come peraltro desumibile anche dalla relazione al testo presentato al Senato se si evitano, nei confronti di persone ristrette, spostamenti «inutili» o comunque non necessari al fine di un formale svolgimento del «giusto processo», vi è un sicuro risparmio in termini di mezzi e persone, che altrimenti andrebbero utilizzati sia per detti spostamenti che per la custodia extramuraria. Se l’intento della riforma può essere condivisibile in astratto, specie in tempi in cui vige imperante la necessità di una contrazione della spesa pubblica, non altrettanto si può dire relativamente a tutte le modifiche sopra segnalate e segnatamente all’espansione dei casi di partecipazione a distanza del testimone al processo. Già il comma 1 dell’articolo 146- bis disp. att. c.p.p., che – è bene forse ricordarlo – di per sé costituisce una deroga ad un principio che è quanto mai essenziale per un corretto e proficuo svolgimento del processo accusatorio si riferisce al principio dell’immediatezza , prende in considerazione l’aspetto economico e di celerità del processo al fine di poter giustificare, per la serie dei delitti ivi contemplati, l’audizione a distanza dell’imputato che si trovi in stato di detenzione. Con la riforma in questione il giudizio si può svolgere a distanza anche con riferimento a testimoni detenuti. È evidente allora che per i procedimenti, che destano certamente maggiore allarme sociale e che per ciò solo meritano la massima attenzione e scrupolo nell’accertamento, non fosse altro che in ragione delle sanzioni applicabili in caso di condanna, il legislatore ha immaginato e soprattutto legalizzato la possibilità di un giudizio meramente virtuale, ove imputato e testimoni si trovino a contatto con il giudice, il pubblico ministero e il difensore solo grazie a strumenti informatici o mediatici. Con questo provvedimento, insomma, si sono poste le basi perché, specie nei maxiprocessi, la figura della persona, che accusa o che si difende, rimanga sempre più distante dal giudice, dal pubblico ministero e dal difensore. Conclusioni. La tecnologia, in effetti, oggi permette – anche e soprattutto per il testimone non ristretto – la possibilità di partecipare al processo «a distanza», ma è pur vero che all’accusato deve pur sempre essergli riconosciuto il diritto «davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico» articolo 111 comma 3 cost. . Ecco che allora non si comprende la ragione della deroga generale disposta con l’innovazione in oggetto. Se non vi è alcuna problematica inerente alla sicurezza o tutela del processo o del testimone e se non vi sono particolari ragioni relative alla speditezza del processo dopo tutto spetta al giudice stabilire se e quando sentire i testimoni , allora tale deroga a principi fondamentali appare francamente di dubbia accettabilità. La disorganizzazione dell’apparato amministrativo o giudiziario e la scarsità delle risorse non costituiscono – a parere di chi scrive – valide ragioni per derogare all’immediatezza tra giudice, accusa e soprattutto difesa, da una parte, e testimone, dall’altra. Dopo tutto, l’economia ben può costituire un’ottima giuda per l’analisi del diritto, ma i diritti – ed in particolar modo quelli che godono di copertura costituzionale e che sono frutto di lotte secolari – non sono fatti di pura economia.