Foto del Duce e motti fascisti: maglietta ‘vietata’. Condanna per averla esibita nel ‘Palazzetto’

Condanna non discutibile, quella inflitta a un giovane tifoso, presentatosi con una maglietta ‘a tinte fasciste’ ad assistere a un incontro di hockey. Quadro normativo di riferimento è quello finalizzato a combattere la discriminazione razziale nessun dubbio sul significato della scelta di indossare la t-shirt inneggiante al fascismo.

Sulla maglietta, a campeggiare, l’immagine – non difficilmente riconoscibile – di Benito Mussolini, accompagnata da frasi tipiche dell’ideologia fascista. Discutibile l’idea di indossarla a casa propria, ma assolutamente vietata la scelta di mostrarla – anche con un pizzico di orgoglio, si presume – in pubblico, soprattutto perché è evidente l’intento di richiamare idee di superiorità razziale e di odio etnico. Assolutamente legittima, quindi, la condanna per la persona – un giovane – che ha pensato di poter fare politica e di diffondere l’ideologia del Ventennio grazie a una t-shirt. Cassazione, sentenza numero 39860, Prima sezione Penale, depositata oggi Maglietta ‘vietata’. A sorpresa, però, scenario dell’episodio non è, come ipotizzabile, uno stadio di calcio, bensì un palazzetto dello sport lì, difatti, in occasione di un incontro di hockey , un giovane tifoso si presenta indossando una maglietta a chiare tinte fasciste. Assolutamente indiscutibile, anche per i giudici, il valore da attribuire alla immagine di Benito Mussolini, che ‘occupa’ la t-shirt, corredata da scritte proprie dell’ideologia fascista ecco spiegata la condanna, in primo grado, alla pena di 2 mesi di arresto . Pena poi commutata, in secondo grado, in una semplice ammenda di 2.800 euro. Secondo il legale del tifoso, però, la scelta di indossare la maglietta raffigurante Mussolini non era finalizzata a discriminare . E, allo stesso tempo, tale azione era valutabile come semplice diffusione delle idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico , non come più grave propaganda di quelle idee. Per il legale, quindi, indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista non può essere valutabile come reato . Ma tale quadro viene completamente smentito dai giudici della Cassazione, i quali, richiamando la normativa finalizzata a combattere il pericolo della discriminazione razziale, etnica e religiosa”, ricordano che è sufficiente recare con sé emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti . Di conseguenza, non è discutibile l’addebito nei confronti del giovane tifoso, presentatosi nel palazzetto dello sport esibendo la maglietta con le scritte ed i simboli inneggianti al regime fascista ed ai valori dell’ideologia fascista .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 giugno – 25 settembre 2013, n. 39860 Presidente Bardovagni – Relatore La Posta Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28.9.2010 il Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Brunico, per quanto qui interessa, condannava C.P., con le circostanze attenuanti generiche, alla pena dì mesi due di arresto in relazione al reato di cui all'art. 2, comma 2, legge n. 205 del 1993 per avere fatto uso di simboli delle organizzazioni nazionaliste indossando in occasione di un incontro sportivo di hockey una maglietta con la immagine di Benito Mussolini e riproducente scritte proprie dell'ideologia fascista. La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, in parziale riforma della predetta decisione, sostituiva la pena detentiva inflitta all'imputato con l'equivalente pena pecuniaria di euro 2.280 di ammenda. 2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione a seguito di travisamento del fatto. Rileva che la norma di riferimento per la individuazione degli elementi costitutivi del reato contestato è l'art. 3 della legge n. 654 del 1975 che, a seguito della modifica del 2006, non sanziona più la semplice diffusione delle idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, bensì la propaganda delle stesse non è più rilevante penalmente il semplice incitamento a commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, essendo necessaria la istigazione. Il legislatore, in sostanza, ha introdotto il dolo specifico. Nella specie, i giudici di merito hanno omesso di valutare se il ricorrente avesse indossato la maglietta per propagandare all'interno del palazzetto del ghiaccio idee fondate sulla superiorità razziale o istigare taluno a compire reati qualificati. In sostanza, indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista non può in sé integrare le fattispecie di reato di cui alle norme citate, atteso che la violazione contestata non può essere considerata disgiuntamente dall'art. 3 della legge n. 654 del 1975. Conclude affermando che il ricorrente indossando la maglietta raffigurante Mussolini con scritte fasciste non aveva alcuna intenzione di discriminare ed offendere l'altrui dignità. Considerato in diritto Il reato di cui all'art. 2, comma secondo, d.l. 26 aprile 1993 n. 122, conv. con modif. in legge 25 giugno 1993 n. 205, sussiste per il solo fatto che taluno acceda ai luoghi di svolgimento di manifestazioni agonistiche recando con sé emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti e simili, nulla rilevando che a tali gruppi o associazioni egli non sia iscritto Sez. 3, n. 9793 del 29/11/2006 - dep. 08/03/2007, Lucani, rv. 235820 . Esclusivamente in detti termini si individua l'elemento oggettivo della fattispecie in esame, laddove il rinvio contenuto nella norma citata all'art. 3 della legge n. 654 del 1975, all'evidenza, è funzionale soltanto ad individuare le organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi i cui simboli o emblemi non posso accedere ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni agonistiche, senza alcun riferimento agli elementi costitutivi di detta diversa fattispecie criminosa. Non sono, quindi, in termini le pronunce relative alla violazione del predetto art. 3, nonché ad altre fattispecie di reato diverse da quella in relazione alla quale è stata affermata la responsabilità del ricorrente. Né, invero, la fattispecie contravvenzionale richiede il dolo specifico come rilevato dal ricorrente, Pertanto, correttamente e con discorso giustificativo compiuto ed immune dai denunciati vizi la Corte territoriale ha ritenuto la configurabilità della contravvenzione contestata, tenuto conto anche del luogo di consumazione del fatto e dell'occasione in cui è stata posta in essere la condotta. In particolare, ha dato atto che l'essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte ed i simboli inneggianti al regime fascista ed ai valori dell'ideologia fascista nel contesto dello specifico incontro sportivo di hockey svoltosi in Alto Adige, notoriamente caratterizzato da contrasti delle opposte tifoserie, integra, la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste ed i comportamenti vietati e sanzionati dalla legge n. 205 del 1993 che richiama l'art. 3 della legge n. 654 del 1975. In conclusione, risultando infondato per tutti i rilievi, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.