La persona offesa minorenne, le cui dichiarazioni hanno portato alla condanna dei parenti autori del reato, che si sia costituita parte civile rimane tale anche se nel corso del processo ha raggiunto la maggiore età.
Lo ha stabilito la Cassazione, sez. Terza penale, con la sentenza numero 43897/12. Il caso. Due condanne, ridotte in sede d’appello per l’equivalenza tra attenuanti generiche e aggravanti, per due uomini, padre e ascendente di secondo grado della vittima, responsabili dei reati di cui agli articolo 609bis, 609ter, 609quater nnumero 1 e 2 e 609septies commessi in danno della medesima minore. Entrambi ricorrono per cassazione, sulla base di motivi di carattere processuale e sostanziale. Parte civile minorenne, non c’è rinuncia per la maggiore età . La Cassazione, che respinge il ricorso, rigetta innanzi tutto il motivo inerente la costituzione di parte civile della minore a mezzo dell’esercente la potestà genitoriale, ricordando che tale costituzione non perde efficacia nel caso in cui il minore raggiunga, nelle more del processo, la maggiore età, non potendosi così configurare una rinuncia implicita. Attendibilità della p.o. e gravità della violenza. Quanto alla valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, sulle quali può ben fondarsi la condanna, la Suprema Corte aggiunge che è consentita anche la motivazione per relationem con riferimento da parte del giudice d’appello, cioè, alla pronuncia di primo grado nei casi in cui le censure sottoposte al giudice di seconde cure non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi. Nel caso di specie, quindi, le dichiarazioni delle giovanissima vittima - che si era confidata con i compagni di classe, la maestra e la madre ed era, poi, stata sentita in incidente probatorio assistita da una psicologa – risultano essere pienamente attendibili. Parimenti è da escludersi l’applicazione dell’attenuante ex articolo 609bis, comma 3 c.p., poiché gli atti sessuali sono stati ripetitivi e invasivi della sfera sessuale della minore, aggravati dalla stretto rapporto di parentela tra vittima e imputati.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 ottobre – 13 novembre 2012, numero 43897 Presidente Gentile – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 11.3.2008 il G.U.P. presso il Tribunale di Taranto condannava D.B.G. , tenuto conto della diminuente per la scelta del rito, alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione per il reato di cui al capo A p. e p. dagli articolo 81, 609 bis, 609 ter, 609 quater nnumero 1 e 2 c.p., 609 septies c.p. perché nella qualità di ascendente di secondo grado e persona a cui la vittima veniva affidata per ragioni di cura e custodia, costringeva, usando violenza morale, B.F. , minore di anni 10 nata il omissis a subire atti sessuali, toccandola nelle parti intime del corpo, facendola denudare completamente, e ponendosi con la bocca in corrispondenza delle parti intime che baciava. Condannava altresì B.S. , tenuto conto della diminuente per la scelta del rito, alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione per il reato di cui al capo D p. e p. dagli articolo 609 bis, 609 ter, 609 quater nnumero 1 e 2 c.p., 609 septies c.p. perché nella qualità di genitore di B.F. , compiva atti sessuali con la figlia minore, conducendola nella camera da letto, costringendola contro la sua volontà a spogliarsi e ad assistere ad attività di masturbazione con eiaculazione, così provando appagamento fisico dalla nudità della minore, e inducendola ad indossare il perizoma della madre, e ad assumere posizioni particolari per indurre uno stato di eccitazione sessuale in omissis . Entrambi venivano condannati al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, e nei loro confronti venivano applicate le pene accessorie e dichiarato il B. decaduto dalla potestà di genitore. Un terzo imputato, Ba.Fa. , congiunto anch'egli della parte offesa, chiedeva di definire la propria posizione processuale mediante applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p. e pertanto il g.i.p. disponeva la separazione del giudizio nei suoi confronti. 2. L'imputato D.B.G. proponeva appello avverso la suddetta sentenza chiedendo di essere assolto dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste o con altra formula ritenuta di giustizia, contestando l'attendibilità della minore - persona offesa, sulle cui dichiarazioni il primo Giudice aveva fondato il giudizio di colpevolezza. In subordine chiedeva riconoscersi l'ipotesi attenuata di cui all'articolo 609 bis, comma 3, c.p., trattandosi di fatti sporadici e di lieve entità, che peraltro non avevano determinato il sorgere di fattori di natura psicotica, come emergeva dalla consulenza della psicologa Dr. F. . In via più gradata chiedeva concedersi le attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulle contestate aggravanti e contenere la pena nei minimi edittali, anche alla stregua del comportamento processuale dell'imputato, presentatosi spontaneamente al P.M., e sostanzialmente reo confesso. Anche l'imputato B.S. proponeva appello avverso la suddetta sentenza chiedendo di essere assolto dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste, non potendosi considerare atto sessuale l'atto di concupiscenza che non intacca la sfera della sessualità fisica della vittima, ma offende solo la sua libertà morale, non comportando alcun contatto fisico tra agente e vittima. In subordine chiedeva applicarsi l'attenuante di cui all'articolo 609 bis, u.c., c.p. e le attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulle contestate aggravanti, con conseguente riduzione della pena. Chiedeva altresì revocarsi la pena accessoria della decadenza dalla potestà genitoriale, riducendo altresì l'aumento di pena irrogato a titolo di continuazione. La Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 3 marzo 2011, in parziale riforma della sentenza del GUP presso il Tribunale di Taranto, riconosciute in favore di entrambi gli imputati le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, riduceva la pena nei confronti del D.B. ad anni quattro e mesi otto di reclusione e nei confronti del B. ad anni quattro di reclusione. Confermava nel resto l'impugnata sentenza e condannava gli appellanti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile B.F. . 3. Avverso questa pronuncia entrambi gli imputato propongono ricorso per cassazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso di B.S. è articolato in quattro motivi Con il primo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza impugnata per omessa notifica della fissazione dell'udienza in grado d'appello alla parte civile. Infatti essendo quest'ultima divenuta maggiorenne nelle more della fissazione del giudizio di secondo grado il decreto di citazione a giudizio avrebbe dovuto essere notificato direttamente alla stessa. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per insufficienza di motivazione essendosi la corte d'appello limitata a confermare il giudizio di responsabilità espresso dal giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Taranto. In particolare la corte d'appello non avrebbe risposto ai motivi di censura proposti con l'atto d'appello né avrebbe motivato in ordine alla attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa minorenne. Con il terzo motivo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui all'articolo 609 bis c.p Con il quarto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto le circostanze attenuanti generiche soltanto equivalenti, e non già prevalenti, alle contestate aggravanti. 1.2. Anche il ricorso di D.B.G. è articolato in quattro motivi. Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per insufficienza di motivazione quanto alle censure articolate nell'atto d'appello. In particolare la corte d'appello ha omesso di verificare se effettivamente il primo giudice avesse proceduto alla necessario vaglio critico in ordine alla credibilità della parte offesa. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa valutazione della memoria difensiva presentata ai sensi dell'articolo 121 c.p.p Con il terzo motivo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità di cui al terzo comma dell'articolo 609 bis c.p Con il quarto motivo il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento del carattere prevalente delle attenuanti generiche. 2. Entrambi i ricorsi sono infondati. 2. 1. Il primo motivo del primo ricorso è infondato. Questa Corte Cass., Sez. 1, 22/06/2006 - 18/07/2006, numero 24683 ha già affermato - e qui ribadisce - che la costituzione di parte civile da parte di un minore, avvenuta a mezzo dell'esercente la potestà genitoriale, conserva la sua validità, pur in assenza di rinnovazione, anche nel caso che il minore, nel corso del giudizio, raggiunga la maggiore età, in assenza di dichiarazione al riguardo da parte del difensore e di iniziative delle controparti. Cfr. anche Cass., Sez. 3, 22/10/2008 - 27/11/2008, numero 44167, secondo cui nell'ipotesi di parte civile minorenne costituitasi a mezzo del genitore, la mancata dichiarazione, nelle more del giudizio, del raggiungimento della maggiore età non può essere interpretata come un'implicita rinuncia alla costituzione da parte del minore medesimo né tale conseguimento di maggiore età può essere rilevato d'ufficio dai giudice. 2. 2. Infondate sono poi le censure di imputati quanto alla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa minorenne. La corte d'appello ha interamente condiviso la puntuale e dettagliata motivazione del giudice di primo grado. In particolare ha considerato che l'attendibilità della parte offesa era stata riscontrata anche dalla consulenza tecnica svolta in primo grado. In proposito deve ribadirsi quanto già affermato da questa Corte Cass., Sez. 4, 17/09/2008 - 14/10/2008, numero 38824 secondo cui nel giudizio di appello, è consentita la motivazione per relationem , con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso. Pertanto - può aggiungersi - il ricorrente che lamenti l'illegittimità della tecnica della motivazione per relationem - o comunque l'insufficienza, sotto questo profilo, della sentenza d'appello - deve dedurre che la censura d'appello, riprodotta in ricorso, concerne un profilo che non sia stato trattato nella sentenza di primo grado talché il richiamo per relationem di quest'ultima si sostanzia in una mancanza di motivazione. Ove invece vi sia coerenza e logica continuità tra la censura mossa con l'atto d'appello e la motivazione sul punto della sentenza di primo grado, il giudice d'appello che condivida nel merito quest'ultima può - invece di ripetere testualmente il percorso argomentativo - limitarsi a richiamarla sicché, in parte qua, la pronuncia d'appello fa corpo con quella di primo grado. Nella specie è stata puntualmente verificata l'origine del disvelamento dell'abuso, che veniva confidato dalla piccola F. ai suoi compagni di classe, i quali ciò riferivano all'insegnante. La bambina poi è stata sentita in presenza della psicoterapeuta F.R. ed ha narrato gli episodi di abuso sessuale subito. Ulteriore conferma vi è stata allorché la bambina veniva sentita con l'assistenza della madre e della psicologa Fr.Si. . Inoltre la piccola F. è stata sentita in sede di incidente probatorio dinanzi al gip in presenza della psicologa dottoressa N. . La madre della bambina ha poi confermato questa narrazione rivelando anzi di aver già avuto in passato confidenze di tal genere dalla figlia, pur serbando un prolungato silenzio. Anche un amico della bambina, che aveva raccolto le confidenze, ha confermato questa narrazione. Complessivamente i giudici di merito hanno ritenuto che le dichiarazioni più volte rese dalla minore B.F. consentivano di formulare un giudizio di piena attendibilità. 2.3. La corte d'appello ha poi puntualmente motivato in ordine all'esclusione dell'ipotesi attenuata del terzo comma dell'articolo 609 bis c.p. richiamando la ripetitività e l'invasività degli atti lesivi della sfera sessuale della minore. Inoltre l'abuso era aggravato dal rapporto di parentela tra gli imputati e la parte offesa entrambi ascendenti rispettivamente di secondo in primo grado . 2.4. Inammissibile poi la censura che attiene al mancato riconoscimento del carattere prevalente delle attenuanti generiche non avendo gli imputati indicato alcun elemento utile che la corte d'appello avrebbe trascurato di valutare ciò per altro fronte di ripetuti abusi sessuali di notevole gravità della giovane entità della parte offesa minorenne e per il rapporto parentale con la stessa. 3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. la Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03.