Non si può considerare conforme ai canoni logici dell’argomentare giuridico una motivazione in cui da due fatti negativi si trae la dimostrazione di un fatto positivo.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 19532/12, depositata il 9 novembre. Il caso. A seguito del verificarsi di alcune infiltrazioni in un locale seminterrato, la proprietaria dello stesso promuove tre giudizi, poi riuniti. Dopo aver accertato che le infiltrazioni hanno origini distinte, il Tribunale condanna il Condominio A al risarcimento dei danni, salva rivalsa nei confronti dei proprietari di alcuni lucernai appartenenti al Condominio B. Nel giudizio di appello quest’ultimo viene condannato all’intero risarcimento delle infiltrazioni provenienti dai lucernai e avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione. La prova della proprietà. Con il primo motivo di ricorso, il Condominio B denuncia la violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alle norme in materia di prova della proprietà il ricorrente censura poi la motivazione della sentenza laddove essa ritiene di proprietà del Condominio anche i lucernai che sarebbero di proprietà della società costruttrice. L’attribuzione della proprietà dei lucernai in questione, infatti, sarebbe stata derivata solo in via di presunzione, prendendo spunto da una clausola contenuta in un rogito messa in relazione - mediante un procedimento logico non conforme - con un’affermazione dell’amministratore. Due fatti negativi dimostrano un fatto positivo? Gli Ermellini confermano la sussistenza di un collegamento tra lo svolgimento argomentativo operato dai giudici di merito e la contestata violazione delle regole di diritto in particolare la S.C. rileva che il ragionamento della Corte d’Appello appare illogico laddove trae l’esistenza di un diritto dominicale sui lucernai dapprima citando un testo contrattuale che pare affermare la perdurante proprietà in capo ai costruttori venditori, per poi negare che tale interpretazione possa trovare conforto dalla dichiarazione dell’amministratore che ne aveva confermato il contenuto. In pratica, secondo i giudici di legittimità, la Corte territoriale ha commesso un duplice errore da un lato, come visto, ha redatto una motivazione non conforme ai canoni della logica, dal momento che da due fatti negativi non può nascere la dimostrazione di un fatto di rilievo negoziale positivo dall’altro non ha applicato correttamente le norme sulla prova dei titoli di proprietà degli immobili, che non possono essere presunti da fatti diretti a negare tesi configgenti. La Cassazione dichiara pertanto assorbito il secondo motivo di ricorso, volto a contestare la ripartizione del risarcimento, e cassa con rinvio la sentenza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 ottobre – 9 novembre 2012, numero 19532 Presidente Rovelli – Relatore Bianchini Svolgimento del processo Mi Sa. , proprietaria di un locale posto al piano seminterrato dello stabile condominiale sito in omissis , locato a terza società che vi svolgeva l'attività di autofficina, con citazione innanzi al Tribunale di Roma, evocò in giudizio causa numero r.g. numero 91434/1994 i proprietari degli appartamenti sovrastanti tali D.C. e R.M. ritenendo che da essi fossero originate le infiltrazioni d'acqua ed i conseguenti ammaloramenti dei propri locali dal momento che la consulenza tecnica effettuata in quel giudizio, aveva fatto emergere una diversa linea causale, conducente ai latistanti e distinti Condomini di via omissis via omissis e via omissis , citò in giudizio anche tali enti di gestione, dando origine ai giudizi nnumero r.g. 6913/1997 e r.g. 8037/1997. Riuniti i tre giudizi e costituitesi le parti a contrastare le domande della Sa. , da successiva consulenza tecnica si era accertato che le infiltrazioni si potevano distinguere in tre distinti gruppi di cui il primo derivante dal deterioramento della impermeabilizzazione della sovrastante pavimentazione del terrazzo annesso ad un appartamento facente parte del Condominio di via omissis il secondo, causato dal cattivo funzionamento dei gocciolatoi delle coperture del muretto di accesso o dalla discontinuità della guaina impermeabilizzatrice del pavimento del vialetto di accesso al Condominio di via omissis il terzo da attribuire al cattivo funzionamento di sette lucernai presenti sul soffitto del locale della attrice, lucernai di cui due erano nella disponibilità dei citati D.C. e R. e cinque della impresa Sabbatini Bettazzi, originaria costruttrice del fabbricato di via omissis . L'adito Tribunale, pronunziando sentenza numero 20872/2002, condannò il Condominio di via omissis alla rifusione delle spese emendative ed al risarcimento dei danni, ivi compresi quelli derivanti dalle infiltrazioni dai lucernai, salva rivalsa nei confronti dei proprietari dei medesimi. Tale decisione fu impugnata dal Condominio di via omissis al fine di vedersi addebitati i soli danni derivanti dalle infiltrazioni dei primi due gruppi, con esclusione quindi di quelle originate dal fabbricato di competenza del Condominio di via omissis la Sa. propose a sua volta un gravame incidentale condizionato al fine di far condannare in via solidale i due citati Condomini anche il Condominio di via omissis propose appello incidentale perché fosse esclusa ogni propria responsabilità, ribadendo che dall'istruttoria di causa non sarebbe emerso alcun elemento dal quale desumere che i lucernai sovrastanti i locali della Sa. fossero di proprietà di esso appellante in ordine poi al quantum debeatur contestò che potessero essergli addebitati i costi di lavori di ripristino fatti autonomamente eseguire in corso di causa dalla Sa. , al di fuori di qualunque delibera condominiale che ne attestasse l’indifferibilità e l'urgenza. Il Condominio di via omissis non si costituì e quello, pure citato nel giudizio di primo grado, sito in via omissis , chiese la conferma dell'esclusione di ogni sua responsabilità per i danni lamentati dalla Sa. . La Corte di Appello, pronunziando sentenza numero 3890/2005, condannò il Condominio di via omissis all'intero risarcimento dei danni derivanti dalle infiltrazione provenienti dai lucernai, ritenendolo proprietario esclusivo di cinque di essi. Per la cassazione di tale sentenza il soccombente Condominio ha proposto ricorso in sede di legittimità, sulla base di due motivi il Condominio di via omissis e la Sa. hanno resistito con controricorso le altre parti non hanno articolato difese. Motivi della decisione 1 — Vanno disattese entrambe le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla difesa del Condominio di via omissis a quanto a quella relativa alla mancanza della delibera di autorizzazione dell'amministratore a stare in giudizio in sede di legittimità, perché la stessa è rinvenibile in atti ed è specifica v. punto 10 della deliberazione dell'assemblea del 18 febbraio 2006, richiamata nella procura a margine del ricorso b quanto a quella attinente alla mancata formulazione dei quesiti di diritto, secondo quando stabilito nell'articolo 366 bis cpc, introdotto con d. lgs numero 40/2006, poiché la norma in questione poi abrogata con legge numero 69/2009 si applicava ai ricorsi avverso sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 mentre la decisione in esame è stata depositata il 20 settembre 2005. 2 Con il primo motivo viene innanzi tutto denunziata la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di prova della proprietà, in capo al ricorrente Condominio sito al civico numero XX, di parte dei lucernari dai quali sarebbero discese le infiltrazioni d'acqua in particolare si assumono violate le norme prescriventi la forma scritta dei negozi aventi diritti immobiliari articolo 1350 cod. civ. - i principi disciplinanti i casi in cui di un diritto possa darsi prova per iscritto, con conseguente divieto di prova per presunzioni — articolo 2725 e 2729 cod. civ.- la interpretazione della dichiarazione resa in causa come confessione giudiziale articolo 2733 cod. civ. il tutto nella dedotta violazione, da parte del giudice del gravame, dei limiti di valutazione delle prove offerte dalle parti articolo 115 e 116 cpcomma 2 Con lo stesso mezzo viene dedotto altresì un vizio di motivazione dedotta ad un tempo come omessa, insufficiente e contraddittoria in cui sarebbe incorso il giudice dell'appello, laddove avrebbe ritenuto di proprietà del ricorrente Condominio sito al civico 15, anche i cinque lucernai che invece erano stati, in primo grado, ritenuti di proprietà della società costruttrice e come tali considerati in sede di consulenza tecnica di ufficio censura in particolare il Condominio ricorrente la validità del ragionamento del giudice del merito che avrebbe tratto l'attribuibilità ad essa parte dei lucernai solo in via di presunzione, traendo spunto da una non condivisa interpretazione di una clausola contenuta nel rogito notar Pampersi del 18 maggio 1957 con il quale gli originari costruttori s. -Be. , nell'alienare a tali P. -G. un appartamento sito nel fabbricato del Condominio di via OMISSIS , si erano riservata la proprietà dei distacchi del fabbricato tale espressione che la Corte romana giudicò di dubbio significato sarebbe stata messa in relazione, con procedimento logico che la ricorrente giudica non conforme a norma, con la dichiarazione resa dall'amministratore — rappresentante, tra l'altro, dei due Condomini in contesa -, tale Gi Pe. , che aveva affermato, in sede di interrogatorio formale, che sul piano sovrastante i locali della Sa. , oltre ai terrazzi di proprietà esclusiva dei M. -D.C. non parti in giudizio esisteva un lucernaio confinante con il punto di distacco dal fabbricato del quale i s. -Be. si erano riservati la proprietà contestando la valenza assertiva della proprietà dei predetti la Corte di Appello aveva poi tratto immotivatamente la conclusione dell'attribuzione al ricorrente Condominio della proprietà dell'area coperta dai lucernai. 4 — Con secondo motivo, logicamente condizionato all'accoglimento del primo, si duole il Condominio ricorrente che la pur contestata proprietà dei cinque lucernai avesse comportato una condanna per l'intero e non già rispettando la proporzione di un terzo stabilita dall'articolo 1126 cod. civ., norma di cui con seguentemente lamenta la violazione con connesso mancato assolvimento dell'onere di fornire una motivazione congrua e non contraddittoria di tale statuizione. 5 — Il primo motivo è fondato ed il secondo ne risulta assorbito. 5.a — Va preliminarmente osservato che non si rinviene, nel motivo in esame, una violazione del principio di chiarezza per essersi dedotti ad un tempo vizi attinenti alla violazione di legge ed al procedimento logico seguito dal giudice del merito, dal momento che lo svolgimento argomentativo del mezzo rende evidente l'intrinseco collegamento della contestazione del procedimento logico del giudice dell'appello con i risultati ai quali esso perveniva in termini di violazione delle richiamate regulae juris del pari il richiamo, ad un tempo, nell'ambito della titolazione della censura attinente alla motivazione, a vizi attinenti alla omissione ed alla contraddittorietà del percorso logico del giudice, non introduce un vulnus al principio della chiarezza, rinvenendosi una precisa contestazione della concludenza del ragionamento del giudice del gravame rispetto alle sue premesse logiche. 5.b Scendendo all'analisi del mezzo, si rileva che il ragionamento della Corte del merito non ha rispettato i canoni logici dell'argomentare giuridico laddove ha tratto la esistenza di un diritto dominicale sui lucernai in questione dapprima citando un testo contrattuale che riguardava un accordo inter alias il cui tenore letterale era astrattamente interpretabile nel senso della perdurante proprietà in capo dei costruttori venditori — e non quindi del Condominio sito al civico numero 15 per poi negare che tale interpretazione potesse trovare conforto dalla dichiarazione dell'amministratore Pe. che ne aveva confermato il contenuto. 5.c In sostanza quindi la Corte distrettuale ha tratto da due emergenze istruttorie negative la inevitabilità dell'attribuzione proprietaria al Condominio oggi ricorrente, incorrendo dunque non solo in una motivazione non rispettosa dei canoni della logica formale — dacché da due fatti negativi non può nascere la dimostrazione di un fatto di rilievo negoziale positivo ma anche in un erroneo delinearsi dei confini applicativi delle norme sulla prova dei titoli di proprietà degli immobili che non possono essere dedotti — e quindi presunti da fatti, come detto, diretti alla mera negazione di tesi confliggenti. 6 La seconda censura, di conseguenza, viene assorbita dall'accoglimento della prima. 7 — La sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio a diversa sezione della Corte di Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo cassa e rinvia a diversa sezione della Corte di Appello di Roma anche per le spese.