Indennizzo per le lungaggini del processo? Sì, ma la domanda non può essere frazionata

La domanda di equo indennizzo per l’eccessiva durata di una causa può essere proposta, ma in riferimento all’intero svolgimento del processo, non potendosi questa riferire ad un solo grado di giudizio.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 13712, depositata il 17 giugno 2014. Il caso. Il ricorrente adiva la Corte d’appello di Napoli, richiedendo la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi dell’articolo 2, l. numero 89/2001, in relazione all’articolo 6 CEDU, per l’eccessiva durata di una causa civile instaurata innanzi al Tribunale di Salerno in primo grado e ancora pendente in secondo grado. La Corte partenopea accoglieva in parte la domanda. Per la cassazione di tale decreto ricorreva l’uomo, lamentando il malgoverno dei precedenti della Suprema Corte da parte dei Giudici territoriali. La Cassazione riconosce una falsa applicazione dei precedenti da parte della Corte d’appello, in materia di frazionamento della domanda di equa riparazione. In essi si afferma che, quando il processo si articoli in vari gradi e fasi, per valutare e apprezzare il mancato rispetto del termine ragionevole, di cui all’art 6 CEDU, occorre aver riguardo all’intero svolgimento del processo medesimo, dall’introduzione fino al momento della proposizione della domanda di equa riparazione. Non rientra, pertanto, nella disponibilità della parte riferire la domanda ad uno solo dei gradi di giudizio, optando per quello nell’ambito del quale si sia prodotta una protrazione oltre il limite della ragionevolezza Cass., numero 23506/2008 . Tali precedenti hanno lo scopo di evitare che il ricorrente frazioni la domanda al solo scopo di evitare che il minor dispendio di tempo in un grado possa compensare la maggior durata dell’altro, lucrando così un indennizzo, che, diversamente, non gli sarebbe dovuto. La Corte d’appello aveva richiamato i suddetti principi tuttavia, al momento di verificare la violazione, ha considerato quale durata ragionevole per il giudizio d’appello quella standard di 2 anni, senza considerare che il giudizio in esame non era stato ancora definito. L’equa riparazione può essere richiesta in riferimento all’intero svolgimento del processo. Il decreto impugnato viene perciò cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli. Il Collegio precisa che i Giudici territoriali, nel decidere il merito, dovranno attenersi al principio di diritto secondo il quale in tema di equa riparazione ex lege numero 89/2001, allorché il giudizio presupposto sia ancora pendente alla data della proposizione della domanda, il giudice deve valutare la durata complessiva di esso così come svoltosi sino a tale momento, e liquidare l’indennizzo in base alla differenza fra il tempo trascorso e quello, inferiore, che sarebbe stato ragionevole per compiere le medesime attività processuali, operando una giusta proporzione tra quest’ultimo e lo standard temporale di definizione dell’intero giudizio.

Corte di cassazione, sez. Vi Civile - 2, sentenza 18 marzo – 17 giugno 2014, numero 13712 Presidente Petitti – Relatore Manna In fatto Con ricorso del 5.6.2012 P.S. adiva la Corte d'appello di Napoli per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi dell'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, numero 89, in relazione all'articolo 6, paragrafo 1 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo CEDU , del 4.11.1950, ratificata con legge numero 848/55, per l'eccessiva durata di una causa civile instaurata innanzi al Tribunale di Salerno il 21.12.2005 e ancora pendente in secondo grado, innanzi alla Corte d'appello del medesimo centro, alla data di presentazione del ricorso ex lege c.d. Pinto. Il Ministero resisteva in giudizio. Con decreto del 15.11.2012 la Corte partenopea accoglieva in parte la domanda, liquidando in favore del ricorrente la somma di Euro 1.667,00. Osservava detta Corte che sebbene la domanda avesse avuto riguardo al solo giudizio di primo grado, la cui durata era stata eccedente il limite di ragionevolezza, l'esame doveva essere complessivo e coinvolgere l'intera durata del processo. Diversamente, si sarebbe avuta un'inammissibile parcellizzazione della domanda per segmenti processuali, con possibilità di abuso del rimedio indennitario. Rilevava, quindi, che dalla documentazione prodotta era emerso che il giudizio presupposto era durato dal 7.7.2005 al 10.5.2012, data oltre la quale non era stata dimostrata l'ulteriore pendenza del processo d'appello, e che, considerati i due gradi di giudizio, l'eccedenza di durata era da calcolare in un anno e otto mesi. Per la cassazione di tale decreto ricorre P.S. , in base a due motivi. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia. Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo è dedotta la violazione degli articolo 2 e 4 della legge numero 89/01, 6, 32 e 41 CEDU e 132, 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione ai nnumero 3 e 4 dell'articolo 360 c.p.c Pare ricorrente lamenta che a la Corte territoriale abbia accertato d'ufficio il ritardo nella trattazione del giudizio presupposto in appello, benché ciò non fosse stato richiesto, e che alla data del 10.5.2012 l'appello non era stato definito, sicché la Corte partenopea avrebbe dovuto coerentemente dichiarare inammissibile il ricorso e non già accoglierlo ultra petita b la legge numero 89/01, nel testo applicabile ratione temporis anteriore alle modifiche apportatevi dal D.L. numero 83/12, convertito in legge numero 134/12, non imponeva al ricorrente di richiedere l'indennizzo in ragione dello sviluppo del processo sino al momento di proposizione della domanda ba inoltre, la Corte distrettuale nell'accertare il ritardo ha incluso nella durata complessiva anche il tempo intercorso fra il deposito della decisione di primo grado 27.1.2011 e la notifica dell'atto d'appello 11.5.2012 c il decreto impugnato ha fatto malgoverno dei precedenti di questa Corte in materia, che hanno escluso il diritto della parte ricorrente di disporre della domanda riferendola al solo grado di giudizio la cui durata sia stata irragionevole, sul presupposto, però, che anche il giudizio d'appello si sia concluso, il che non è avvenuto nella specie, essendo stata fissata l'udienza di precisazione delle conclusioni per la data del 24.9.2015. 2. - Il secondo mezzo d'annullamento denuncia la violazione degli articolo 101, 115 e 132 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione ai nnumero 3 e 4 dell'articolo 360 c.p.c., perché la Corte territoriale non ha chiesto al ricorrente di fornire la prova del perdurare del giudizio d'appello, ma ha deciso ritenendo, contrariamente alle risultanze probatorie in atti e senza provocare il contraddittorio sul punto, che il giudizio si fosse concluso in data 10.5.2012, mentre la causa presupposta era stata semplicemente rinviata a tale data per carico del ruolo del relatore/assenza del relatore . 3. - Il primo motivo di ricorso è fondato nei limiti che seguono, nel senso che la Corte territoriale è incorsa in una falsa applicazione dei precedenti di questa Corte in materia di frazionamento della domanda di equa riparazione. In essi si afferma che pur essendo possibile individuare degli standard di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest'ultimo si sia articolato in vari gradi e fasi, agli effetti dell'apprezzamento del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, occorre avere riguardo all'intero svolgimento del processo medesimo, dall'introduzione fino al momento della proposizione della domanda di equa riparazione, dovendosi cioè addivenire ad una valutazione sintetica e complessiva dell'unico processo da considerare nella sua complessiva articolazione non rientra, pertanto, nella disponibilità della parte riferire la sua domanda ad uno solo dei gradi di giudizio, optando per quello nell'ambito del quale si sia prodotta una protrazione oltre il limite della ragionevolezza Cass. numero 23506/08 conformi, nnumero 14786/13 e 15974/13 . Tali precedenti suppongono che il ricorrente frazioni la domanda al solo scopo di evitare che il minor dispendio di tempo nell'un grado possa compensare, come in effetti può compensare, la maggior durata nell'altro, lucrando così un indennizzo che, diversamente, non gli sarebbe dovuto. 3.1. - Nello specifico, la Corte territoriale, pur avendo esattamente premesso che occorreva far riferimento all'intero processo così come al tempo di proposizione della domanda si era effettivamente sviluppato e svolto , al momento di verificare la violazione ha considerato quale durata ragionevole per il giudizio d'appello quella standard di due anni v. pag. 6 decreto impugnato , senza considerare che però nella specie quest'ultimo grado di merito non era stato ancora definito come premesso nella narrativa del provvedimento . In tal modo la Corte partenopea non si è avveduta di confrontare tra loro due dati disomogenei, ossia il termine di due anni entro cui di regola va definito il giudizio d'appello, con quello inferiore in cui era stata svolta soltanto una parte del processo di secondo grado tant'è che la stessa Corte campana ha rilevato al riguardo che il ricorrente non aveva comprovato la perdurante pendenza del giudizio presupposto alla data dell'udienza del 2.11.2012 . Per contro, la Corte d'appello avrebbe dovuto valutare la durata complessiva del giudizio presupposto sino alla data di proposizione della domanda e liquidare l'indennizzo in base alla differenza fra il temoo trascorso e quello, inferiore, che sarebbe stato ragionevole per compiere le medesime attività processuali, operando una giusta proporzione tra quest'ultimo e lo standard temporale di definizione dell'intero giudizio. 4. - L'accoglimento del motivo nei limiti anzi detti assorbe ogni restante censura, e cioè sia le altre doglianze del primo mezzo sia il secondo motivo. 5. - Pertanto, il decreto impugnato va cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, la quale nel decidere il merito si atterrà al seguente principio di diritto che ovviamente concerne la legge numero 89/01 nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. numero 83/12, convertito con modificazioni in legge numero 134/12 in tema di equa riparazione ex lege numero 89/01, il giudice di merito, allorché il giudizio presupposto sia ancora pendente alla data della proposizione della domanda, deve valutare la durata complessiva di esso così come svoltosi sino a tale momento, e liquidare l'indennizzo in base alla differenza fra il tempo trascorso e quello, inferiore, che sarebbe stato ragionevole per compiere le medesime attività processuali, operando una giusta proporzione tra quest'ultimo e lo standard temporale di definizione dell'intero giudizio . 6. - Il giudice di rinvio provvederà, altresì, sulle spese di cassazione, di cui questa Corte fa rimessione ai sensi dell'articolo 385, 3 comma c.p.c P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo nei limiti di cui in motivazione, assorbita ogni altra censura, cassa il decreto impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che provvederà altresì sulle spese di cassazione.